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Kate si rigirò nel letto e rimase a contemplare il soffitto. Benché si fosse coricata alla solita ora, stanca dopo una lunga giornata, era rimasta sveglia per quella che le sembrava un’eternità. Il sonno non voleva venire perché, ogni volta che chiudeva gli occhi, era tormentata dalle stesse immagini.

Immagini di Gray.

Kate continuava a vederlo sdraiato sul letto del padre, muoversi a suo agio nel soggiorno o in cucina, con le maniche arrotolate, come quando l’aveva aiutata ed era perfino riuscito a convincere Lucy a fare la sua parte.

Con un sospiro di irritazione si decise ad alzarsi. Era naturale che il marchese l’avesse colpita, si disse. Era il primo uomo che entrava nella sua vita da quando aveva raggiunto la maggiore età. E non solo era ricco, bello e potente, ma emanava un calore umano che la spingeva a fare cose che non aveva mai fatto, come rispondere al suo bacio e indugiare con lo sguardo sul suo corpo nudo.

Kate arrossì al ricordo. Come se non bastasse, c’era il modo in cui estendeva il suo controllo su tutto. Questa sua autorità naturale era forse il lato più affascinante, ma allo stesso tempo la spaventava. La tentazione di dividere con lui alcune delle sue preoccupazioni era molto forte, ma Kate sapeva che non poteva permetterselo.

Se aveva deciso di trattenersi per smascherare l’amante di Lucy, una volta raggiunto lo scopo sarebbe tornato a Londra, a un mondo così lontano dal suo che avrebbe potuto trovarsi anche sulla Luna.

Forse una tazza di tè l’avrebbe aiutata a rilassarsi, si disse. Le era stata d’aiuto più di una volta, nei giorni seguenti la morte del padre, quando lei e Mrs. Gooding avevano diviso una tazza di tè in cucina, le notti in cui non riusciva a dormire. Notti in cui il peso della realtà si era fatto così pressante che Kate aveva temuto di rimanerne schiacciata. Solo Mrs. Gooding e una tazza di tè caldo le avevano dato la forza di tirare avanti e affrontare le difficoltà.

Ora quella donna non c’era più, ma forse il tè l’avrebbe aiutata ugualmente. La notte era tiepida, per cui si avviò in camicia da notte e a piedi scalzi, seguita dal gatto con un occhio solo. Ma quando raggiunse la soglia della cucina, si bloccò di colpo alla vista di una luce tremolante. In un primo tempo pensò che fosse Tom che finiva di rigovernare, ma era troppo buio. Poi vide un candeliere posato sul piano di lavoro e si fece avanti, come trascinata da una forza senza nome. Prima ancora di vedere altro, poté sentire il calore e l’aura sottile e intrigante di una presenza maschile.

Gray era sdraiato nella vecchia vasca di ottone davanti al camino, i gomiti appoggiati ai bordi e il capo reclinato all’indietro. Ora ricordava che le aveva chiesto di fare un bagno, ma non pensava che si sarebbe dato tanto da fare a quell’ora.

Kate rimase inchiodata a guardarlo, avvolto nella luce dorata della candela come un dio pagano. Aveva gli occhi chiusi e alcune ciocche di capelli scuri gli ricadevano sulla fronte. Il silenzio era interrotto solo dal crepitare del fuoco e dai battiti del suo cuore, così intensi che Kate si chiese se potesse sentirli anche lui. Quando finalmente si riscosse, preparandosi ad andarsene, era troppo tardi. Gray voltò lentamente il viso verso di lei, sollevò le palpebre e i loro sguardi si incontrarono.

«Kate...»

Il modo con cui aveva pronunciato il suo nome la lasciò per un attimo senza fiato. Facendo uno sforzo su se stessa per recuperare il controllo, cercò di dire qualcosa che non tradisse le sue emozioni. «Fate attenzione a non bagnare i vostri vestiti» disse.

Lui piegò le labbra in un sorriso seducente. «Venite ad aiutarmi, Kate» mormorò con voce languida.

Colta di sorpresa da quella proposta sconveniente, si limitò a scuotere il capo. Se si fosse trattato di qualcun altro, si sarebbe scusata dell’intrusione e se ne sarebbe andata, ma la sua presenza sembrava privarla della voce. Come in preda a un incantesimo, non riusciva a fare altro che fissare il suo petto, ricordando la sensazione che aveva provato toccandolo.

Sembrò che lui le leggesse nel pensiero, perché le rivolse uno sguardo sognante. «Stavo immaginando che vi prendeste cura di me come quando ero ferito» mormorò.

La sua voce, calda e profonda, aveva un effetto devastante su di lei. Socchiuse le labbra per parlare, ma non riuscì a fare altro che rimanere a guardarlo affascinata.

«Venite a raggiungermi e vi ricambierò il favore» riprese in tono seducente. Per un attimo Kate immaginò di sfilare la camicia da notte ed entrare nella vasca con lui. Il calore dell’acqua, della sua vicinanza, delle sue mani... Scossa fin nel profondo, chiuse gli occhi contro quella visione e le lusinghe che evocava. Ma quando li riaprì, Gray era ancora lì, completamente rilassato nella sua nudità. Il suo sguardo l’accarezzava dalla testa ai piedi, accendendola di desiderio e provocandola a liberarsi di tutte le inibizioni e le responsabilità. Ma non poteva.

Lentamente, senza distogliere lo sguardo da lui, scosse la testa con più decisione. Era tutto quello che poteva fare, perché sapeva che la voce l’avrebbe tradita. Con uno sforzo supremo, gli voltò le spalle e si allontanò da lui e da tutto quello che le offriva. Con il cuore ancora in subbuglio, in lotta contro sensazioni di cui non aveva mai sospettato l’esistenza, Kate ripercorse i suoi passi e si rifugiò nella sua stanza.

Gray si svegliò con il ricordo di un sogno seducente e fugace. A poco a poco gli tornò alla mente quello che l’aveva tormentato per tutta la notte. Il bagno e la visione di Kate, virginale e sottilmente erotica in una camicia da notte bianca. Con gli occhi spalancati e i riccioli che le incorniciavano il volto, gli era apparsa come una sirena ammaliatrice e non aveva desiderato altro che vedere il suo corpo di cui poteva indovinare la silhouette sotto il leggero indumento.

Naturalmente un gentiluomo trovato in cucina a fare il bagno, l’avrebbe allontanata dopo essersi scusato e una giovane donna innocente come Kate sarebbe dovuta fuggire alla vista di un uomo nudo, ma nessuno dei due aveva recitato il ruolo che gli spettava. Questo non faceva che confermare a Gray la strana sintonia che si era creata fra loro. In quei pochi istanti avevano condiviso qualcosa che andava oltre il semplice desiderio. Ancora adesso, se ripensava ai piccoli seni che tendevano il tessuto della camicia, sentiva dentro di sé una sensazione quasi dolorosa.

Al diavolo!, pensò, sedendosi sul bordo del letto. Aveva programmato di alzarsi presto, ma non in quel modo. Benché di solito dormisse fino a mezzogiorno, come la maggioranza dei suoi pari, quel giorno voleva esplorare i dintorni prima che ci fosse qualcuno in giro. Aveva bisogno di alcune risposte e ora, sotto la spinta di quello che era stato lì lì per succedere la notte prima, la sua ricerca aveva un nuovo senso di urgenza. Si alzò, stiracchiando le spalle indolenzite, e gettò un’occhiata di disgusto agli unici vestiti che possedeva. Questo era un altro motivo per cui doveva risolvere al più presto l’enigma di quella casa. Se non fosse arrivato a una soluzione, nel pomeriggio avrebbe mandato a chiamare il suo cameriere personale perché gli procurasse degli abiti, decise.

Scese le scale in un silenzio che ora gli appariva familiare, senza la presenza di cameriere e domestici, e indugiò un attimo nell’ingresso prima di chiudere dietro di sé la pesante porta di quercia.

Era un mattino limpido e solo il verde rigoglioso dei prati testimoniava le piogge dei giorni precedenti. Gray seguì il vialetto finché curvava verso le scuderie e un gruppo di altre costruzioni, quindi tagliò per il prato. L’erba era un po’ troppo alta e, benché fosse evidente che qualcuno si occupava della proprietà, le siepi avevano bisogno di essere potate e il prato era infestato dalle erbacce. Era un peccato perché la tenuta doveva essere stata splendida, un tempo, a giudicare dai dipinti appesi in salotto. Quelle immagini gli erano sembrate così familiari che era sicuro che sarebbe riuscito a collocarle nella memoria, vedendole dal vivo.

Quando fu a una certa distanza dalla casa, si fermò e rimase a contemplare il complesso di pietra.

Hargate. Lo riconobbe a prima vista, benché fossero passati parecchi anni dalla sua prima visita. Gray rimase immobile, lasciando che i pensieri tornassero all’epoca in cui aveva dieci o undici anni. I suoi genitori erano ancora vivi e le estati trascorrevano tra feste e risate. Erano venuti ad Hargate per festeggiare la nascita della primogenita dei Conti di Chester e Gray si era annoiato a morte, dato che non c’erano altri ragazzi della sua età.

Cercò di recuperare nella memoria l’immagine del conte e vide un uomo anziano, dai capelli già bianchi. Si diceva che avesse sposato una donna di classe inferiore alla sua, ma a Gray piaceva la contessa, una donna ancora giovane, dagli occhi verdi e i riccioli scuri. Una volta gli aveva lasciato prendere in braccio la neonata. Gray ricordava il calore, l’odore di latte e la soggezione che aveva sentito nei confronti di una creatura così fragile. La piccola assomigliava alla madre e aveva già una traccia di capelli castano scuro...

Kate. Gray trasalì rendendosi conto che quella bambina era lei. La consapevolezza di conoscerla praticamente da quando era nata e di averla tenuta stretta al cuore sembrava in qualche modo profetica. Si riscosse da quegli strani pensieri e si concentrò invece sulla storia di Kate. Il conte e sua moglie non avevano problemi economici e sembravano felici insieme. Dopo Kate avevano avuto un’altra figlia, quell’antipatica di Lucy, ma poi che cos’era successo?

A quell’epoca i pettegolezzi non avevano alcun interesse per lui e poi la sua vita era cambiata così rapidamente che era stato troppo occupato da altro per badare a una delle tante conoscenze. Gray ricordava solo che il conte era morto parecchi anni prima, senza un erede cui trasmettere il titolo. Che cosa ne era stato della moglie e delle figlie? Kate aveva accennato a un tutore, ma chi era? Chiunque fosse, sarebbe dovuto essere frustato per aver tenuto recluse in campagna due giovani donne di nobili origini, senza domestici né damigelle di compagnia, costrette a badare a se stesse come due contadine.

Era inconcepibile. Gray si ripropose di scrivere una nota al suo segretario, dandogli istruzioni di indagare discretamente al riguardo. Nel frattempo era ansioso di sentire da Kate la sua versione dei fatti, sempre che fosse riuscito a conquistarsi la sua fiducia.

Naturalmente, conoscendo le loro origini, ne derivava che né Kate né Lucy potevano essere le amanti di un uomo. Era semplicemente inconcepibile che un gentiluomo come lui facesse della figlia di un conte la propria amante. Questo significava che non solo avrebbe dovuto trovare l’uomo che aveva disonorato Lucy, ma avrebbe anche dovuto trovarle marito. Quanto alla sorella... Gray sorrise fra sé. Aveva già in mente un piano per Kate.

Rientrato in casa, si diresse verso lo studio, dove si procurò carta, penna e inchiostro. Le sue istruzioni al segretario erano brevi e precise: non aveva idea se qualcuno fosse preoccupato per la sua assenza, ma non voleva rischiare un sollevamento popolare.

Si interruppe, colpito dal pensiero che nessuno potesse aver sentito la sua mancanza. In effetti, al di là dei domestici e di pochi amici, a chi sarebbe importato? Forse la sua assenza avrebbe avuto una certa risonanza nel mondo politico, ma a livello personale?

Torse la bocca a queste congetture deprimenti e si fermò ad analizzare la propria vita. Aveva sempre preso sul serio le proprie responsabilità e portato a termine i suoi compiti. Aveva conservato il patrimonio ereditato insieme al suo titolo e migliorato la sua posizione economica con investimenti personali.

Forse non si era mai dato alla bella vita come molti dei suoi pari, ma non gli erano certo mancati il buon cibo, il buon vino, le buone compagnie e le donne.

Che cosa poteva chiedere di più?

Niente, si disse. Eppure aveva la netta sensazione che gli mancasse qualcosa, un che di misterioso e di così elementare che perfino un idiota come Wycliffe aveva scoperto. Assurdo! Fece un profondo respiro e cominciò a scrivere nel suo stile elegante e raffinato.

Poi scrisse un altro messaggio per il suo cameriere personale, con istruzioni dettagliate. Gray avrebbe voluto far venire tutta la servitù, ma reputò più saggio aspettare, in attesa di conoscere maggiori dettagli su Hargate. Nel frattempo, avrebbe potuto procurarsi almeno un cuoco, per evitare di dover spennare un altro pollo.

Una volta terminato, Gray piegò insieme i fogli e li sigillò premendo l’anello con lo stemma sulla ceralacca che aveva impiegato un po’ a trovare, nascosta com’era in fondo a un cassetto dello scrittoio.

Era evidente che le due giovani donne non mantenevano molti contatti con l’esterno e la cosa lo fece infuriare. Non potevano vivere così isolate dal mondo, quasi fossero dei paria, in balia di seduttori senza scrupoli.

Anche se faceva fatica a immaginare una donna risoluta come Kate cedere alle lusinghe di un uomo, temeva che si sarebbe potuta imbattere in qualche individuo spregevole intenzionato ad approfittare di lei, specie se fosse andata in giro vestita con abiti maschili.

Quando pensava al pericolo che aveva corso da chissà quanto tempo... Gray abbatté un pugno sullo scrittoio, facendo tintinnare la boccetta d’inchiostro. Non era da lui un gesto così impulsivo. Tirando un profondo sospiro, rilassò le dita della mano e attribuì la colpa della sua agitazione alle conseguenze della malattia.

Quando si fu sufficientemente ricomposto, andò a cercare Kate. Non dovette andare lontano, perché il profumo del pane appena sfornato lo condusse in cucina, dove stava preparando la colazione. Vederla china sul forno, in abiti dimessi, risvegliò in lui un moto di ribellione che lo fece parlare in tono più aspro di quanto avesse voluto.

«Voglio che assumiate un aiuto nel villaggio vicino. Chesterton, non è così?»

Tom emise un suono strozzato, chinando la testa sul piatto, mentre Kate si voltava a guardarlo.

«Così lo sapete» disse. Era arrossita in volto, ma Gray non avrebbe saputo dire se fosse l’effetto del calore, della sorpresa o del ricordo del loro incontro notturno.

«So che questa è Hargate e che voi, la figlia del Conte di Chester, siete ridotta a vivere come una sguattera. E voglio scoprire il responsabile di tutto questo.»

Tom e Kate lo fissarono in silenzio con un’espressione ostile e Gray rimpianse di aver usato un tono così diretto e aggressivo. Di solito sapeva mostrarsi molto più diplomatico, ma l’idea che le mani delicate di Kate fossero costrette a fare lavori pesanti gli faceva perdere il senso delle proporzioni.

«Ce la caviamo bene» dichiarò Kate, voltandogli le spalle.

L’aveva punta nell’orgoglio, si rese conto Gray.

Fece un profondo sospiro e sedette al tavolo, cercando di concentrarsi sul modo migliore per strapparle la verità senza ferirla. «Sì» ammise in tono più dolce, mentre gli serviva un piatto di uova, pane tostato e salsicce. «Più che bene» aggiunse, stuzzicato dal profumo delizioso del cibo. «Ciò nonostante, un piccolo aiuto non guasterebbe. Mi occuperei io delle spese.» Prima che lei potesse protestare, si rivolse a Tom, che aveva smesso di mangiare per fissarlo a bocca aperta. «Vorrei che consegnaste un messaggio ai miei domestici, oggi.»

Il vecchio chiuse la bocca e lo guardò con diffidenza. «E come faccio a sapere che non denunciate Katie alle autorità per quel graffio che vi ha fatto?»

Gray sollevò un sopracciglio. «Quel graffio assomiglia più a un bel buco nella spalla, ma sia io sia Kate sappiamo che è stato un incidente. A meno che non abbiate intenzione di uccidermi, sarà meglio che mi lasciate avvisare i miei domestici, prima che qualcuno cominci a chiedersi dove sono finito. Più tempo lascerete passare, più saranno allarmati, e sono sicuro che non vorrete attirare un’attenzione non necessaria sulle figlie del conte.»

Il suo tono, implicitamente minaccioso, zittì ulteriori proteste da parte di Tom.

«Come l’avete scoperto?» gli domandò Kate, prendendo posto a tavola. Non era scoppiata in lacrime né si era adirata, rifletté Gray, ammirato dalla sua compostezza. Nonostante il fisico delicato, era una donna forte, sensibile e meravigliosa.

«Mi sono ricordato di essere già stato qui» le rispose. «Quando sono uscito, stamani, ho riconosciuto subito il posto.»

L’esclamazione incredula di Tom lo fece voltare verso il vecchio. Evidentemente aveva dimenticato l’accordo che avevano raggiunto la sera prima.

«Avete detto qualcosa?» gli chiese in tono gelido.

L’uomo scosse la testa con un grugnito e Gray tornò a rivolgersi a Kate. «Venni qui con i miei genitori per festeggiare la vostra nascita» disse con voce dolce. Avrebbe voluto dirle di più, dirle che deliziosa neonata era e come l’aveva tenuta in braccio, ma Tom li stava osservando.

Kate non parve sorpresa, ma si limitò ad annuire come se quella notizia fosse solo un altro fardello che si abbatteva sulle sue fragili spalle. Gray si sentì ferito dalla sua espressione distante. Ogni volta che si richiudeva in quell’atteggiamento dignitoso, si sentiva tagliato fuori e si ribellava all’idea. Stava per dire qualcosa, quando Lucy entrò nella stanza. Evidentemente si era appena alzata e non aveva mosso un dito per preparare la colazione.

Gli bastò uno sguardo per capire che, qualunque disgrazia si fosse abbattuta sulla loro famiglia, Lucy non aveva rinunciato a recitare la parte della figlia di un conte. Purtroppo, aveva ridotto la sorella a una serva e questo pensiero bastò a fargli passare l’appetito.

«Dunque adesso ve ne andrete.»

L’osservazione di Kate lo irritò ancora di più. Era così ansiosa di liberarsi di lui? Non era abituato a essere respinto e la cosa non gli piaceva.

«Non me ne andrò finché non avrò scoperto chi si è servito del mio nome» dichiarò con veemenza.

In realtà non era necessario che se ne occupasse personalmente. Avrebbe potuto assumere un investigatore o ricorrere alle sue illimitate risorse di denaro e di uomini per scoprire il colpevole, ma aveva già scartato entrambe le possibilità.

Anche l’individuo più onesto e discreto avrebbe potuto lasciar trapelare qualcosa e lui non voleva che quella storia si sapesse in giro. Aveva una posizione da difendere e non poteva permettere che un mascalzone lo mettesse in ridicolo.

Tuttavia non era necessario che abitasse ad Hargate, dato che possedeva un casino di caccia lì vicino. Era piuttosto piccolo, se ben ricordava, ma attrezzato di tutto il necessario, e in pochi giorni avrebbe potuto avere una squadra di domestici a disposizione. L’idea era allettante, ma respinse anche questa per paura di mettere in allarme la sua preda.

No, era meglio restare nascosto ad Hargate, si disse, cercando di convincersi che la sua decisione fosse dettata solo dalla logica e non avesse niente a che fare con la presenza di Kate.

Perso nelle sue riflessioni, Gray si rese conto improvvisamente che Lucy stava piangendo. «Che cosa diavolo vi prende?» proruppe in tono rude.

Lei lo fissò con gli occhi azzurri che erano solo una pallida imitazione di quelli della sorella. «Voi non potete restare! Io non lo permetterò!»

«Credevo che voleste scoprire chi è il padre di vostro figlio» replicò, allibito.

«E perché?» Lucy si alzò piangendo. «Perché lo facciate impiccare?» Così dicendo, fuggì dalla stanza lasciando aperta la porta che dava sul giardino.

Il silenzio che seguì era quasi palpabile. Gray vide che Tom e Kate si scambiavano un’occhiata prima di voltarsi verso di lui. L’espressione del vecchio era decisamente accusatoria, mentre quella di Kate era un misto di esasperazione e riservatezza che gli fece serrare la mascella. Imprecando tra sé, si rese conto di non avere scelta.

Dopo aver dato un’ultima occhiata alla colazione appena toccata, si alzò e andò a cercare Lucy.