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Sarah si rialzò in fretta, guardando dritto davanti a sé. Una luce violenta e inattesa dall’ingresso della caverna la costrinse a coprirsi d’istinto gli occhi. Assottigliando lo sguardo, corse fuori e sollevò la testa: niente stelle, né luna o buio. Al loro posto, il sole brillava alto tra gli alberi, gettando la sua luce dorata sulle verdi chiome. L’ultima volta che aveva controllato l’ora era mezzanotte. Poteva solo ipotizzare di aver battuto la testa nella caduta ed essere rimasta svenuta per ben otto ore. Perché la mia squadra non è venuta a soccorrermi? Non poté fare a meno di chiedersi. Lascerebbero Frank al proprio destino, ma verrebbero sicuramente a cercare me. «Che cavolo sta succedendo? Dove siete finiti tutti quanti?» urlò a nessuno in particolare.

Frank si avvicinò gemendo e massaggiandosi la testa. «Cos’è successo? Sono svenuto o qualcosa di simile?»

Sarah esitò un attimo, insicura. «Mi sa che siamo svenuti tutti e due. Si è fatto giorno» disse giocherellando nervosamente con la cinghia nera della Nikon 35mm appesa al collo. Si toccò la tasca ed emise un lieve sospiro; la FLIR non era andata smarrita in chissà quale scontro al buio.

«Come stai, tesoro? Ti sei fatta male?» chiese Frank mettendole una mano sulla spalla.

Lei si tolse la mano di dosso stizzita. «Non chiamarmi tesoro! Un antidolorifico mi farebbe proprio comodo, ma solo da quando sei arrivato tu. A proposito, hai un aspetto terribile.»

«Grazie per la premura, ma sto bene. Solo che non riesco a capire come abbiamo fatto ad arrivare qui e a perdere delle ore. Com’è che è già giorno?»

«Non ne ho la minima idea.»

Si guardò intorno con occhi nervosi. «Ad ogni modo, andiamocene di qui.»

«Va bene, ma prima vediamo se riesco a rintracciare la mia squadra.» Si tolse la ricetrasmittente dal cinturone e parlò: «Sarah a campo base.»

Ci fu uno sfrigolio, ma poi... nulla.

Lanciò a Frank uno sguardo interrogativo, quindi inspirò e parlò ancora, ma in tono più alto. «Qui Sarah. Se qualcuno è in ascolto, per favore risponda.»

Un altro sfrigolio fu l’unica risposta.

«Forse non hanno campo», ipotizzò Frank.

Sarah riagganciò l’apparecchio al cinturone con un sospiro. «Probabile. Ritorniamo, e spero vivamente che la mia squadra abbia una scusa valida per averci abbandonato così.»

Frank cominciò a camminare, calpestando foglie secche. «Ne sono certo. Che ne dici di uova e pancetta? Offro io» disse con un sorriso oltre la spalla.

«È il tuo giorno fortunato, caro, mangerei una dozzina di uova e un maiale intero» rispose ammiccante. «Dov’è il ristorante più vicino?»

«Hm... non sono sicuro, ma ci metteremo probabilmente tre ore a tornare alle macchine. Sarà meglio rimandare fino al pranzo.»

Un urlo acuto echeggiò nei paraggi. Sarah fece un balzo, allarmata.

«Dimmi che si è trattato di qualche volatile.» Lo sguardo di Frank si posò su di lei, aveva gli occhi strabuzzati.

«Potrei, ma sarebbe una bugia. Non mi è mai capitato un uccello che emettesse un verso di quel tipo» rispose lei, ridendo della sua espressione. «Andiamo, cittadino, non mi dirai che a parte questo il giardino di casa tua è l’unico pezzo di natura che tu abbia mai visitato.»

Frank era sul punto di rispondere quando un ringhio trafisse il silenzio. «Sicura non sia un uccello? Una specie di aquila, avvoltoio o che so io?»

Sarah scosse la testa, attraversata da un brivido. «Quand’è stata l’ultima volta che hai sentito un uccello ululare a quel modo?» Il verso era simile ai richiami di Bigfoot registrati sei mesi prima. Avrebbe potuto tacere al riguardo, tanto per non allarmare il suo mal equipaggiato Tarzan, ma si sarebbe persa il divertimento. «Non c’è nulla come vedere l’oggetto della tua ricerca così da vicino. L’aspetto positivo è che mi divertirò a guardarti mentre te la fai sotto.»

Lo schiocco di un ramo spezzato tra gli alberi spinse Frank ad aggrapparsi istintivamente alla mano di lei, come un bimbo con sua madre. «Dobbiamo cercare riparo. Un orso alle calcagna non è piacevole.»

Scrutando gli alberi e la vegetazione, Sarah sussurrò: «Quante volte devo ripeterti che non si tratta di un cacchio d’orso, Frank?»

«Come puoi dirlo? Vabbè, fa’ niente, andiamocene di qui», disse scuotendo la testa.

«No.» Sarah puntò i piedi nel terreno, nel caso lui volesse trascinarla via. «Tu puoi andare dove ti pare, ma io resto qui. Non sono venuta per una passeggiata salutare. Voglio prove, e le avrò.»

Frank la fissò ostile. «Non potresti dimenticare la tua ricerca per un minuto? Preferirei restare vivo.»

Neanche per sogno, pensò lei. Aspetto questo momento da anni, il confronto, la prova che non sono pazza. Se solo avessi la mia squadra a supportarmi, ma devo procedere con o senza di loro... per me stessa. «Devo controllare da me.»

Una sagoma scura, pelosa, si mosse tra gli alti cespugli con un fruscio.

Sarah era coperta di brividi. «Accidenti! Quell’essere è a meno di sessanta metri. Hai ancora il fucile anestetico?»

Frank lo estrasse dal cinturone e lo armò. «Sì, a portata di mano, ma se il ranger Smith ci arresta per aver fatto fuori l’orso Yoghi, non sorprenderti se ti ricorderò che ti avevo avvisata.»

«Io non ho intenzione di far fuori niente e nessuno. Tu, però, quando hai tempo dovresti googlare “anestetico”, signor investigatore.»

D’improvviso, una creatura scimmiesca emerse dal fogliame. Era alta due metri e mezzo e completamente ricoperta di lungo pelo marrone, a tratti aggrovigliato. La struttura poderosa, le spalle ampie e il petto massiccio gettavano un’ombra sull’erba, facendo rabbrividire Sarah. Per anni, aveva studiato lo sfuggente mostro, e finalmente, dal fatale giorno in cui aveva perso sua sorella, lo incontrava dal vivo.

«No! Non... non può essere», sussurrò Frank. «Non ci credo! Vado al manicomio adesso o dopo?»

«Esiste! L’ho sempre saputo, io», disse lei. «Mi serve solo una fotografia.» Mise a fuoco l’inquadratura con mani tremanti.

La creatura si limitò a fissarla.

Sarah zumò sul muso, ancora poco convinta che i suoi occhi non le stessero giocando qualche scherzo. Sembrava uno scimmione con narici larghe e piatte, occhi verdi infossati e labbra piene. Queste ultime, insieme al mento, sporgevano in una sorta di muso allungato, ma tutt’altro che orsino. Scattò la foto, consapevole che quella prova su pellicola avrebbe cambiato la nozione che il mondo aveva di Bigfoot... e di lei. Non sarò mai più uno zimbello. Allargò l’inquadratura e scattò un’altra foto.

«Hai la tua benedetta foto. Adesso andiamocene!»

«Frank! Calmati. Non fare movimenti improvvisi, o potrebbe...» provò ad avvisarlo Sarah, ma la creatura era già agitata.

Con passi lenti e misurati, si mosse verso di loro.

«Merda!» Frank puntò il fucile anestetico e sparò, colpendo il bersaglio.

La creatura scattò indietro ed emise un lungo lamento di dolore, quindi balzò in avanti.

Sarah era senza fiato mentre Frank la tirava per mano. «Muoviti!»

Senza aspettarlo, partì di scatto; il cuore era un martello pneumatico. Se Frank sa cos’è meglio per lui, mi seguirà. Sfrecciavano tra gli alberi e gli schizzi di un ruscelletto, quando ululati agghiaccianti riempirono l’aria alle loro spalle. Sarah si girò a guardare e urlò: non una, bensì una moltitudine di creature pelose andavano riunendosi in distanza, lanciate all’inseguimento.

D’un tratto, uno degli scarponi si scontrò con un ceppo caduto, Sarah incespicò e cadde al suolo con un tonfo. Strisciando tra le felci, sbirciò oltre quelle. Non vedeva Frank da nessuna parte. «Frank! Frank?» sussurrò. «Dove sei?»

Si tirò via la macchina dal collo e se la mise accanto, quindi rimase a pancia in giù; gli ululati erano sempre più vicini. Un crescendo di sonori nitriti e scalpitii echeggiarono nell’aria. Inspirando a fondo tornò a sbirciare tra le felci.

La terra rimbombava sotto dozzine di uomini a cavallo che galoppavano nella sua direzione. Toh, arrivano soccorsi! Ovunque avessero trovato i cavalli, sperava soltanto che i soccorritori fossero abbastanza veloci da salvare Frank, superare quegli esseri e uscire dalla maledetta foresta infestata da Bigfoot. Una parte di lei, quella curiosa e scientifica, era bramosa di restare e saperne di più, ma altrettanto consapevole che senza l’assistenza e il supporto della squadra non sarebbe stato per nulla sicuro. Ci riuniremo e torneremo domani, pensò. E poi, ho già due belle foto di un Bigfoot. Stavolta Frank non potrà smontare nulla, soprattutto perché lui stesso è un testimone oculare. Ma dove cavolo si è cacciato?

«Principessa, vi ordino di uscire», disse una voce maschile in tono esigente e altezzoso. Non solo era vestito in maniera strana, aveva anche la dizione di un attore di serie B che aspiri a Broadway.

Principessa? Un soprannome, forse? Devono avermi scambiata per qualcun’altra.

«Sappiamo che siete qui. Vi abbiamo sentita urlare», disse in tono più alto lo stesso uomo. «Non voglio farvi del male. Sono venuto a salvarvi la vita. Vi stavano addosso in sei. Se non collaborate e vi lasciamo qui, siete praticamente morta, e vi garantisco che da sola non troverete mai la via d’uscita da questo temuto bosco.»

Bene, pensò lei. Così come ci sono arrivata, qui, me ne vado. Mi prendono per idiota? D’altro canto, però, sapeva che l’idea di tornare all’auto da sola, e incolume, avrebbe potuto rivelarsi poco brillante con quelle enormi creature nei dintorni. Sollevò appena la testa e notò un paio di sudici stivali di pelle nera accompagnati da pantaloni scuri decisamente fuori moda; i ragazzi della sua squadra non si sarebbero fatti vedere in quello stato neanche morti. L’uomo, chiunque egli fosse, era a un cinque metri da lei. Doveva chiedere subito aiuto. Se era accaduto qualcosa a Frank magari quella brigata malvestita le avrebbe dato una mano.

«Quelle bestie vi squarteranno non appena ce ne saremo andati», proseguì l’uomo. «Sapete quanto siano territoriali, i Guardiani, e conoscete il loro potere di distruggere la nostra specie. Un morso di quei denti feroci e per voi è la fine.» Fece una pausa, quindi riprese. «È stato un bello shock vedere vostro fratello vivo e vegeto. La vostra famiglia è stata bravissima a fingerne la morte. Se volete che mantenga il segreto, vi consiglio di venir fuori adesso. Sappiamo entrambi che cosa gli accadrebbe se dovessi raccontare la verità.»

Ma di che parlava? Sarah lasciò il nascondiglio e fissò l’uomo sul cavallo bardato. Aveva un aspetto strano, per nulla simile a un ranger. Con la tunica azzurra, lo stemma con leone incoronato al centro e la cotta di maglia, sembrava che fosse arrivato dritto dall’Europa medievale, o che lei avesse accidentalmente varcato una sorta di portale magico. Calzoni alla zuava in raso nero con stivali al ginocchio?! Il tipo ha bisogno disperato di un nuovo look. Passò in rassegna il resto del gruppo e si accorse che in realtà sembravano cavalieri d’altri tempi. Per un attimo si chiese se non fosse finita sul set di un film, sebbene scarsamente finanziato visti il cast di serie D e gli orrendi costumi. Forse c’è una mostra rinascimentale qui vicino.

«Dovete venire con noi, principessa», disse l’uomo. «Non c’è nessuna via di scampo!»

Nessuna via di scampo? Sarah decise che forse era più sicuro tornarsene tra gli alberi che fuggire via con quella banda di svitati di chissà quale secolo. Stava valutando il da farsi quando un rametto le si spezzò sotto i piedi. Il cavallo nitrì e l’uomo girò di scatto la testa verso di lei. Merda! Addio piano A.

Sarah incrociò il suo sguardo e notò che non aveva mai visto occhi così blu e denti tanto bianchi. I capelli neri erano ondulati e lunghi, ma molto maschili. Nonostante l’abbigliamento ridicolo, sarebbe stata ben lieta di farsi soccorrere da lui in qualsiasi momento. Hm... chissà se è libero dopo il lavoro.

«Brava, principessa. Mi rallegra molto che abbiate deciso di uscire allo scoperto; è un piacere fare ufficialmente la vostra conoscenza. E adesso, dov’è vostro fratello?» chiese.

Principessa? Fratello? Il bell’uomo era fuori pista. «Mi state confondendo con qualcun’altra. Io non ho nessun fratello. Sentite, non conosco il vostro copione, ma dobbiamo chiamare subito la polizia! Ho perso il mio amico. Quelle creature pelose ci seguivano e, non so come, ci siamo separati.»

«Chi credete le abbia spaventate, Vostra Altezza?» chiese un cavaliere dai lunghi capelli rossi.

Vostra Altezza? Morirebbero se abbandonassero la parte per un attimo e mi dicessero che cavolo sta succedendo? «Dunque le avete viste anche voi?»

«Certamente.»

Testimoni a gogò! La stampa si butterà a pesce su questa storia. Nessuno mi darà più dell’idiota, pensò. Soprattutto, Frank. A proposito... «Dopo dovrò chiedere a tutti di rilasciarmi una dichiarazione, ma nel frattempo fareste quella telefonata, per favore? Non sto scherzando. Chiedete soccorsi immediati! Il mio amico potrebbe essere ferito.»

«Stanarvi è stato più facile di quanto pensassi», disse il leader.

«Beh, vi sareste nascosti anche voi con quelle creature all’inseguimento. Per farla breve, stavo cacciando... cioè, non cacciare nel senso di sparare a un cervo o cose simili. Sono una ricercatrice della BFRO, l’organizzazione di ricerca in campo di Bigfoot. Ne avete sentito parlare?», chiese, sentendosi stupida per averla menzionata al bel tipo di fronte a lei. Era piuttosto sicura che non ci fosse speranza di ottenere il suo numero di telefono, se mai ne aveva uno, perché una volta saputo del suo lavoro gli uomini fuggivano nella direzione opposta.

Un cavaliere guardò il leader con un sopracciglio alzato. «Victor, dobbiamo affrettarci. Deve consultare il guaritore.»

Già, proprio così. Se non sono pazza io, lo sono loro. Victor, uh? Hm. In latino significa “conquistatore”. Sexy. «Sentite, non mi serve un medico... solo un aiutino a trovare il mio amico.»

Victor smontò agilmente da cavallo.

Sarah rimase senza fiato davanti alla statura gigantesca e al corpo muscoloso. A proposito di alto, tenebroso e bello! E chi si aspettava di trovare un uomo medievale tanto fico nel mezzo di una foresta durante una caccia al Bigfoot? Scrutò lo sconosciuto, quindi i cavalieri alle sue spalle. «Qualcuno ha un cellulare?»

Gli uomini si scambiarono dei sussurri, scuotendo le teste.

Quel continuo recitare la parte cominciava a darle sui nervi. «Bene, ma potreste darmi almeno un passaggio fino alla jeep? Posso chiedere aiuto da lì. Credo di aver parcheggiato a una decina di chilometri a nord, vicino alla strada principale.»

«Un cellulare? Una jeep? Ma che strane parole usa?» chiese confuso un cavaliere. «È delirante, milord. Bisogna condurla dal guaritore per le ferite alla testa.»

«Delirante o stregata», disse un altro cavaliere con baffi e capelli bianchi legati in una coda di cavallo.

«Sì! Sta rigurgitando queste bugie per ingannarci!» urlò un altro.

«Bugie? Non sto mentendo», disse Sarah. «So che la mia macchina è distante e sto chiedendo un enorme favore, ma con uno dei vostri cavalli faremo prestissimo. Sentite, sono persino disposta a pagarvi per il tempo sottratto al set, ma se non volete aiutare me, almeno cominciate a ispezionare l’area. Copriremo più terreno se ci dividiamo in gruppi per cercare Frank. Voi tre andate da quella parte, io e Victor, qui, andremo...»

Un lampo pericoloso guizzò negli occhi di Victor. «Come osate darci ordini, principessa o no che siate?»

Lei esitò, sbalordita dalla sua villania. Sembrava un principe azzurro, ma con le maniere di un cavernicolo tipico di quei vecchi film di dinosauri. «Senti, amico, i film mi piacciono senz’altro e se mi tieni da parte qualche biglietto verrò sicuramente a guardare questa vostra piccola performance», disse sollevandosi appena il cappello. «To’, prometto perfino di indossare qualcosa di più carino per il fine settimana inaugurale, ma adesso davvero dobbiamo muoverci. È in gioco la vita di un uomo.»

«Abbaiate anche solo un altro ordine e sentirete il morso della frusta sulla schiena», la minacciò Victor.

Sarah indietreggiò. Scontroso, il tipo, eh? Sì! Col cavolo che ti chiedo il numero e vengo a vederti, amico. Che ne diresti di un corso sulla gestione della rabbia? O... Un altro pensiero le balenò nella mente; si guardò intorno. «A-ah! Ho capito! Lo so che cosa state combinando. Dove sono le telecamere nascoste? Ci ero quasi cascata. C’entra anche Frank in questo scherzetto della candid camera, giusto? Ooh, giuro che lo faccio fuori. Dove l’avete nascosto?»

«Avreste dovuto pensarci bene prima di entrare su territorio nemico», disse lui.

«Sei bravo», rispose Sarah, puntandogli un dito contro. «Entrare su territorio nemico è proprio bella. È una trovata dei tuoi produttori?»

Il volto di Victor era una maschera arcigna. «Adesso siete una prigioniera di guerra, principessa Gloria.»

Fissò l’espressione severa e si irrigidì. «Senti... questo giochino del ruolo medievale è fichissimo, te lo concedo. Mi fanno impazzire i costumi e l’atteggiamento, ma ho davvero bisogno di un telefono. Se non stai scherzando, questa è un’emergenza vera.»

Lo sguardo minaccioso di Victor la squadrò da capo a piedi. Si avvicinò e le passò un dito sulla guancia.

Sarah lo spinse indietro. «Non mi toccare, sai!»

«Come osate?» ruggì lui. «Non sapete chi sono?»

Ovvio che non ne avesse idea, né le importava. «No. Chi siete voi?» La situazione si stava facendo difficile. Lo strafico era chiaramente svitato, e lei si era resa conto che Ashton Kutcher non sarebbe sbucato di lì a poco dai cespugli per annunciarle che Frank l’aveva beffata. Era ora di filarsela e lasciarli al loro torneo, o quale che fosse l’attività per cui venivano pagati dall’ufficio stipendi della mostra rinascimentale. Soprattutto adesso che uno dei cavalieri la squadrava dall’alto in basso, soffermandosi un po’ troppo sulla pelle esposta dove una rampicante spinosa alquanto importuna le aveva strappato i primi due bottoni della camicetta. Perché accidenti ho lasciato a Frank la nostra unica arma? Si rimproverò. E se questi idioti medievali decidessero di approfittare di me qui all’aperto? Il solo pensiero la faceva rabbrividire. Chi mi sentirà mai se grido? All’improvviso, la mente si riempì del ricordo ripugnante di tutti gli horror visti in vita sua dove stupide ragazzine se ne andavano da sole a passeggiare nei boschi; non era per nulla contenta di essere una di loro. Il cuore accelerò i battiti, mentre i cavalieri si disponevano a ventaglio intorno a lei.

«Cocciuta d’una donna! Lo sapete bene chi sono» disse Victor. «Vostro fratello sarà riuscito a fuggire, ma temo voi siate nelle nostre mani, che vi piaccia o no. Ve la farò pagare per aver avvertito Charles e i suoi cavalieri della mia trappola.»

Errore di persona era a dir poco niente. «Io nemmeno ce l’ho, un fratello» ribatté Sarah, «e non sono una spia.»

«Ancora bugie!» sibilò lui, con gli occhi blu carichi d’ira. «Credevate davvero che non vi avrei trovata solo perché vi hanno fatto indossare abiti da uomo che si confondono con gli alberi? Sciocca ragazza che non siete altro.»

Sarah sbuffò. Nel suo ambiente di lavoro gliene avevano dette tante, ma nessuno l’aveva mai presa per un maschio. «Uomo? Addirittura, solo perché porto pantaloni mimetici? Sono a caccia, non a teatro. Che ti aspettavi, minigonna e tacchi alti?»

«Milord, con tutto il dovuto rispetto, il travestimento è una trovata alquanto ingegnosa, che forse potremmo usare anche noi in futuro», disse il ragazzo biondo alle spalle del cavaliere. «Se la principessa non si fosse arresa, non l’avremmo vista.»

«Arresa? Sentite, state commettendo un grosso errore» disse Sarah, ricordandosi all’improvviso, e con rammarico, di non essersi portata dietro lo spray irritante. «Non sono una principessa. Non so a che razza di strampalato gioco stiate giocando, ma il mio amico chiamerà di certo la polizia. E credetemi, ha una marea di conoscenze nell’FBI. Affolleranno questo posto da un momento all’altro!»

Victor sorrise. «Si chiamano così i vostri cavalieri? Sono dolente, ma ci siamo sbarazzati di questi FBI ore fa, Altezza. Per questo eravamo certi che vi avessero abbandonata da qualche parte nella foresta.» Con un colpetto le fece saltare il cappello dalla testa, scomponendole i capelli raccolti in uno chignon. Lunghe ciocche marroni e arruffate scesero sulla schiena.

«Ti ho detto di non toccarmi!» urlò lei, sollevando la mano per schiaffeggiarlo.

Lui le afferrò il polso. «Non minacciate mai di attaccarmi, principessa; e smettetela di dare ordini ai vostri carcerieri.» Nel suo sguardo ardeva un’incandescente fiamma blu.

Con uno strattone, Sarah si liberò dalla presa. Prenderlo a schiaffi non le sarebbe stato di alcun aiuto; darsela a gambe, invece, le sembrava una scelta decisamente migliore. Si guardò intorno alla ricerca di una via d’uscita, ma invano: era completamente circondata. La sua mente lavorava freneticamente, atterrita al pensiero di ciò che avrebbero potuto farle.

Victor le tirò la fondina ed estrasse la ricetrasmittente per osservarla da vicino. «Che sorta di diavoleria è questa?»

«Idiota», imprecò Sarah fra i denti, roteando gli occhi. «È una ricetrasmittente. Sì, lo so, non è l’ultimo modello della Sony, leggero, sottile e quant’altro, ma va bene lo stesso. Far finta di non sapere che cos’è, però, è... squallido.»

Victor inarcò un sopracciglio. «Una ricetrasmittente, avete detto? È una specie di arma?»

«No. Si usa per comunicare.» Caspita se era stanca di quella costante recita. «Sai, ci puoi parlare, e ascoltare la voce di qualcun altro.»

«Stregoneria», mormorò uno dei cavalieri.

Victor sollevò una mano a zittire i borbottii degli uomini e segnalò a uno in particolare di prendere la ricetrasmittente. «La porteremo via con noi.»

Un altro cavaliere, alto e muscoloso, si avvicinò a Sarah dondolando la 35mm. «E questa che cos’è?» Spinse un pulsante e un lampo di luce provocò un coro di suoni meravigliati e sussurri carichi di shock.

«Un’arma per accecare l’avversario!» dichiarò un cavaliere, battendo le palpebre come se centinaia di puntini bianchi gli avessero occupato il campo visivo; una sensazione mai provata prima. «È di certo un maleficio, signore!»

Sarah sospirò e indicò lo schermo digitale. «Magia? Sul serio? Guarda. Ecco i tuoi cavalieri in tutta la loro gloria. Credo che intitolerò questo scatto Cervo abbagliato

L’uomo emise un suono di sorpresa. «Dipinge il nostro ritratto in un batter d’occhio, eppure non ha pennello né colori! Di sicuro è un essere malvagio, milord!»

«Ma fammi il piacere. Restituiscimi la videocamera», sibilò Sarah.

Gli occhi di Victor divennero due fessure. «Siete coraggiosa; prigioniera e tuttavia esigente verso chi vi vedrebbe volentieri in catene.»

«Come volete. Potete tenervi il dannato aggeggio, ma la pellicola è mia!» Dopo quello che aveva passato, mai e poi mai avrebbe rinunciato alle prove, esercito medievale o no.

«Pellicola? Di che cosa parlate?» chiese un cavaliere. Guardò Victor, ma lui si limitò a scuotere la testa e alzare le spalle, quindi passò le mani su e giù per le gambe dei pantaloni di Sarah; lei si morse il labbro per evitare di sferrargli un calcio, ormai consapevole che qualunque forma di assalto fisico avrebbe soltanto peggiorato la situazione. Era sola contro un plotone di folli, e le probabilità di successo non le erano favorevoli. Gioiva soltanto del fatto che non le avesse messo un pugnale o una spada alla gola... non ancora.

«Quali altre armi nascondete in quegli abiti da uomo?» Perquisendole le tasche, Victor estrasse la termocamera e la fece dondolare. «I vostri cavalieri vi hanno lasciato delle armi che non abbiamo mai visto prima. Peccato non abbiate saputo come usarle, principessa Gloria.»

«Eh già, non crederesti mai quanto siano pericolose una ricetrasmittente e una termocamera. E piantala di chiamarmi ‘principessa Gloria’! Il mio nome è Sarah.» Scosse la testa e alzò le mani in un finto gesto di difesa. «Sapete che c’è? Tenetele pure entrambe. Non so proprio a che gioco stiate giocando e, a dire il vero, neanche m’importa. Voglio soltanto tornarmene a casa... con la pellicola.» Le batteva il cuore e aveva le mani sudate. «Ma anche senza pellicola, purché possa andarmene. Perciò, signori, vi auguro tante buone cose e, se non vi dispiace, me ne vado in santa pace.»

«In voi mi fermerei», disse un cavaliere alle sue spalle.

Cazzo. Sarah trattenne il fiato, nella mente un unico pensiero. Come sono intenzionati verso di me, questi tipi... o malintenzionati? 

«L’avete catturata stamattina, qui, nella Foresta dei Guardiani. È la stessa donna che vi è sfuggita?» chiese Victor rivolto ai suoi uomini.

«Sì, milord», rispose un cavaliere dall’aria leggermente imbarazzata. «È senza dubbio la stessa donna.»

Gli altri annuirono concordemente, alcuni con lo sguardo basso per la vergogna.

Un caso di errore di persona era l’ultima cosa di cui aveva bisogno. «Si sbagliano! Ti assicuro che non mi hanno mai vista prima.» Rise. «Come avrebbero potuto? Non c’ero neanche.»

«State insinuando che i miei cavalieri sono dei bugiardi, principessa?» la motteggiò Victor.

«No, ma forse il vostro guaritore dovrebbe procurargli delle lenti bifocali. Sono una ricercatrice a capo di un’importantissima spedizione. Sto studiando le creature, ehm, i Guardiani, come li chiamate voi, a zonzo per questa foresta. Sono anni che cerco di provarne l’esistenza, e...»

«Provarne l’esistenza? Sapete benissimo che esistono! È per questo che vi siete inoltrata in questo posto proibito. Pensavate che non vi avremmo seguita, ma io rischierei la vita pur di acciuffarvi. Dopotutto, siete l’unica leva di cui abbiamo bisogno per convincere quell’ostinato di vostro padre a ragionare.» Victor montò a cavallo e abbassò lo sguardo su di lei, trafiggendola con i suoi occhi pervinca. «Volete cavalcare con me o con uno di loro?» chiese indicando gli uomini. «Devo avvisarvi, però, i miei cavalieri non sono capaci di tenere le mani a posto. Sono trascorse molte settimane dall’ultima volta che hanno visto una donna come voi e, sapete com’è, gli uomini a volte si sentono molto soli.»

I cavalieri si scambiarono degli sguardi, sghignazzando.

Sarah gli lanciò un’occhiataccia, in preda a conati di vomito. «Meno male che ho messo la cintura di castità. Non esco mai senza», ribatté lei.

«Non ho intenzione di violarvi.»

«Buono a sapersi» disse, sperando che non stesse facendo il furbo.

«Verrete con me. Vi do la mia parola che la vostra verginità, la vostra castità, resteranno intatte, milady. Non posso garantire altrettanto per la vostra vita, ma questo dipenderà dalla collaborazione di vostro padre.»

Sarah ebbe un fremito al cuore e si sentì accapponare la pelle. «Non vado da nessuna parte con nessuno di voi. Dovrete uccidermi prima.» Deglutì a fatica, chiedendosi se non avesse sbagliato a offrirgli un’alternativa. Avrebbe potuto rivelarsi una delle idee meno brillanti. Spostò il peso da una gamba all’altra per attenuare la rigidità dei muscoli ma il movimento servì soltanto a far scattare un allarme interno, con uno moto di coraggio del tutto vano si lanciò verso la foresta.

Le braccia di un cavaliere le bloccarono la vita sollevandola da terra con i piedi che scalciavano. «Credo sia un po’ selvaggia, milord», mormorò passandola al suo aguzzino.

«Avevo sentito dire che era piuttosto irascibile», disse Victor.

«Lasciami!» urlò Sarah.

«Ascoltate. Se collaborate, manterrò il vostro segreto.»

«Quale segreto?»

«Che vostro fratello è vivo e vegeto. So che mi vedete per la prima volta, ma un tempo conoscevo vostra madre. E per questa ragione, manterrò il segreto.»

Sarah si dimenò, cercando di liberarsi dalla presa, ma Victor la tirò saldamente a sé e le strinse un braccio attorno alla vita girando il cavallo. Nonostante le sue inutili contorsioni per sfuggire alla morsa, lui la portò via con la forza, come fosse un semplice oggetto, un bottino di guerra. «Calmatevi, principessa», disse. «Adesso verrete con me, e se vostro padre ha a cuore la vostra vita, come dovrebbe essere, richiamerà garbatamente il suo esercito dal confine tastiano. Diversamente è uno sciocco, e non sarà più padre.»

«Frank!» urlò Sarah. «Frank, se mi senti, chiama la polizia! Questo gruppo di mentecatti mi sta sequestrando. So che pensi che io non sia da meno, ma loro sono peggio di me.»

«Non vi salverà nessuno adesso.» Victor si piegò a sussurrarle nell’orecchio e i lunghi capelli le solleticarono la guancia. «Se avete cara la vita, ascolterete e obbedirete. Questo non è un gioco, principessa. Comprendete?»

«Milord, dobbiamo muoverci», disse un uomo dalla barba nera. «Non è sicuro qui, tra i Guardiani.»

Lei annuì. «Vale anche per te. Il sequestro di persona a scopo di estorsione è un reato punito con la reclusione. Ti sbatteranno in un buco per vent’anni e sono certa che Bubba il gigante apprezzerà molto questo tuo costumino!» strillò lei. «Lasciami andare immediatamente o sarai tu quello che chiameranno principessa!»

«Basta con queste sciocchezze.» Il tono di Victor si fece tagliente.

Sciocchezze? Hai capito bene, amico. Si chiese in quale momento era sprofondata nella zona grigia. «E comunque tu chi sei

«Non fate la spiritosa. Sapete benissimo chi sono.»

«Beh, temo la mia memoria al riguardo arranchi un po’», disse grattandosi una tempia. «Credo di aver battuto la testa ed essere svenuta.» Non era una bugia e per un attimo si chiese se per caso non fosse tutto un sogno. Non riusciva a pensare a niente di meglio che svegliarsi nel proprio letto con l’aroma del caffè bollente... o quelle uova con pancetta che le aveva promesso Frank prima di prendere il volo per chissà dove.

«Forse questo spiega tutte le chiacchiere», disse Victor tirando le redini. «Ma non importa. Vi porteremo dal guaritore per un’occhiata. E adesso, ditemi, quel 911 è una sorta di codice segreto, un segnale di attacco?»

«Più o meno», rispose lei con un altro sospiro. «Comunque, ti prego di rinfrescarmi la memoria. Chi sei?»

Victor si raddrizzò sulla sella e sollevò un po’ il mento, con una leggera punta di divertimento negli occhi blu. «Sono re Victor Fesque II. Vostro padre, re William Jarod, è al momento il mio principale avversario. E adesso, grazie a voi, ho tutto il potere che mi serve.»

Sarah era convinta che nessuno l’avrebbe mai creduta. Ne sentiva già di tutti i colori perché rincorreva umanoidi di due metri e mezzo per i boschi. Nemmeno sotto tortura avrebbe raccontato quella storiella, o la gente l’avrebbe etichettata a vita come strampalata. «Per favore, ti supplico di fidarti. Se mi lasci andare adesso, non dirò nulla a nessuno... neanche una parola. Ne va della mia reputazione, che significa molto per me come scienziata.»

«Scienziata?»

«Senti, ehm, Vostra Altezza, state commettendo un grosso sbaglio. Non avete alcuna leva con me, perché io non sono la persona che credete! Il mio nome è Sarah Larker. Questo re Gerald, o come si chiama lui, neanche mi conosce.»

«Malgrado le bugie e la propensione al comando, Altezza, è un piacere incontrarvi finalmente di persona, principessa Gloria Jarod.»