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Sarah si lisciò l’abito bianco e oro in stile “Giulietta e Romeo”. Il corpino stringato le aderiva al torace come una seconda pelle, sollevando e appiattendo nei posti giusti, ma era un modello mai apparso nelle riviste degli ultimi vent’anni. Provò a cercare l’etichetta sul didietro, ma il ruvido pezzo di tessuto non era lì. Non lo aveva di certo disegnato uno stilista, ma con tutti gli zecchini, il pizzo, e i raffinati dettagli sarebbe costato una cifra da paura su qualsiasi passerella.

Le ancelle si erano subito date da fare per prepararla alle temute nozze. Dopo averle strofinato la pelle con la liscivia in una tinozza di acqua ustionante, innumerevoli mani l’avevano fatta entrare a forza in un abito nuziale così stretto che Sarah non sapeva se fosse diventata un fantasma o stesse semplicemente fluttuando nell’aria per mancanza di ossigeno; e il diadema scintillante che pesava una tonnellata non alleviava di certo il terribile mal di testa. Il lungo velo, invece, strisciava sul pavimento e prometteva un gran bel ruzzolone se non si fosse mossa con grazia.

La fronte era abbellita da riccioli che scendevano sui lati del viso, mentre ciocche più voluminose semiraccolte sulla testa ricadevano in morbide spirali sul collo. Ne prese una, cauta, e giocherellò un po’ meravigliandosi della facilità con cui le avvolgeva il dito. Dunque erano queste le acconciature prima di piastre e lacche varie. Non ricordava l’ultima volta che aveva visto qualcuna con dei boccoli, ma iniziava a pensare che la tendenza andasse riesumata.

Una guardia la scortò per il corridoio semibuio, quindi si fermò e le fissò un punto sopra il petto.

Increspando la fronte, Sarah seguì lo sguardo dell’uomo ed emise un lamento. Quegli occhi incollati al solco fra i suoi seni non avrebbero potuto essere più espliciti neanche se il pervertito ne avesse avuto il messaggio tatuato sulla fronte. «Vuoi scattare una foto? Durerà più del semplice ricordo», disse in tono esasperato. Era certa che re Victor avesse scelto l’abito migliore.

La guardia sollevò un sopracciglio. «Come dite, Altezza?»

«Vuoi fare un ritratto?»

«Temo di non comprendervi.»

«Non importa», sibilò Sarah. Era ovvio che ignorassero l’esistenza della macchina fotografica in un posto dove conoscevano ancora il significato di cintura di castità e pensavano che chiedere la mano di una donna in sposa volesse dire darle una botta in testa e trascinarla nella propria gabbia.

La guardia aprì la porta di una grande stanza, invitandola a entrare. C’erano altre guardie in ogni angolo. Sarah sfiorò lo stipite, evitando di toccare l’uomo. Lo sguardo si posò sui candelabri di ferro che reggevano una moltitudine di candele color grigiobruno. Bellissimi arazzi rossi e viola, accanto a spade, armi inastate e scudi lucenti coprivano le splendide mura di pietra. Fece un respiro profondo, colta dall’improvvisa presa di coscienza: si trovava davvero lì, in quel castello medievale, per sposare un re.

«Aspettate qui.» La guardia le indicò il camino che si ergeva dal pavimento al soffitto.

Qualche minuto dopo entrò Victor. Le prese una mano e la baciò delicatamente. Farfalle presero a danzarle nello stomaco mentre sollevava lo sguardo dai luccicanti denti bianchi alla chioma ribelle per fissarlo poi negli occhi blu. Per quanto detestasse ammetterlo, sembrava uscito da una favola; era l’immagine spiccicata del Principe Azzurro: abiti, corona, mantella, calzamaglia e stivali al ginocchio. Il farsetto bianco e nero, con lo stemma di un leone dorato su velluto, metteva in risalto ogni muscolo del suo torace. Era bellissimo, nonostante la personalità lupesca; non le erano mai piaciuti i dominatori che si divertivano a minacciarla per il proprio tornaconto politico. Contro il proprio buon senso, sentì le ginocchia indebolirsi. E piantala di sbavare! si rimproverò. Si trovava in una situazione pericolosissima con un uomo che avrebbe potuto ucciderla senza esitazione se avesse scoperto chi era... o chi non era. Perché, prima o poi, avrebbe scoperto che lei non era Gloria e che in corpo non aveva una sola stilla di sangue reale.

Victor la percorse con lo sguardo, lentamente. «Principessa Gloria, siete elegante... come si conviene a una principessa, presto regina, mia cara.»

Sarah sapeva di dover recitare bene la parte se voleva andarsene di lì. Gli restituì il sorriso e fece un inchino, sperando risultasse quanto più autentico possibile. «Vi ringrazio, milord.»

Le labbra di Victor si allargarono in un sorriso. «Rispondete al vostro nome, adesso?»

Una fossetta incredibilmente sexy nella guancia sinistra attirò l’attenzione di Sarah. Si umettò le labbra, con il fiato sospeso. «Io... io devo aver urtato la testa prima, ero confusa e ho dimenticato la mia vera identità. La memoria sta tornando, ma alcuni ricordi sono ancora offuscati», mentì. Quella bugia avrebbe coperto l’eventualità che qualcuno le rivolgesse domande cui non sapeva rispondere. Doveva recitare la parte della principessa Gloria alla perfezione, altrimenti per il piano B non ci sarebbe stato nulla da fare.

Lui indicò la stanza. «Benvenuta nella mia casa... la vostra casa, adesso.»

«Poiché tirate in ballo l’argomento, per prima cosa vorrei assumere un arredatore di interni.»

«Non ho idea di cosa sia.» Si avvicinò un po’ e le toccò una guancia con una carezza così tenera da farle provare un brivido lungo la schiena. «Ciò nonostante, se è in mio potere di acquistarlo per voi, lo farò.»

Sarah fece un passo indietro frapponendo una mano tra i loro corpi, le dita sfiorarono appena il tessuto della camicia di Victor. Aveva la gola stretta e il cuore le martellava nel petto. Se lui non avesse assecondato la sua volontà, non avrebbe avuto la forza di respingerlo. 

«Siete una sposa bellissima», disse lui. «Sono lieto che siate rinsavita.»

«Vedete, Victor, sedere in una prigione fredda avrebbe questo effetto su qualunque ragazza... e le minacce di morte spingerebbero chiunque nella giusta direzione.»

«Accettate i fatti con molta calma. La vostra reputazione vi aveva preceduta e mi aspettavo più clamore.»

«A mio padre non importa che io viva o muoia e dunque spero che il mio nuovo titolo gli vada di traverso.» Sorrise dentro di sé. Calarsi nel ruolo non era stato così difficile come pensava. 

«Ecco lo spirito giusto! Non sareste mai stata regina nel vostro stesso regno. Ho la sensazione che vostra madre si terrà stretto quel titolo ancora per molto tempo.»

«Esatto, e perciò ho deciso di cogliere questa meravigliosa opportunità, sebbene debba ammettere che avrei preferito un po’ più di romanticismo e un vero corteggiamento.» Sbatté le ciglia, divertita. «Posso offrirvi dei consigli su come stare dietro a... ehm, corteggiare una ragazza, mio Re?»

«Potete.» Il tono aveva un che di divertito.

«È sempre meglio corteggiare, e conquistare, una donna piuttosto che sbatterla in una cella. Quando vi proponete a lei, cercate di inginocchiarvi per dichiararle il vostro amore eterno. È sicuramente meglio che minacciare la vostra futura sposa di morte imminente o di gravidanze a non finire.»

Victor rise permettendo alle irresistibili fossette di ricomparire sulle guance. «Siete qui per sposarmi, o sbaglio?»

Sarah si morse il labbro. «Immagino abbiate ragione», disse, sapendo di non avere molta scelta.

Lui si avvicinò, un’ombra gli attraversò il viso mentre la fissava negli occhi. «Siete consapevole delle conseguenze che l’anello porta con sé, eppure volete ancora procedere con il matrimonio?»

Oh sì, le conosceva, le conseguenze. Avrebbe indossato le catene per qualche ora e poi le avrebbe spezzate, fuggendo quanto più lontano possibile dal tipo... a prescindere dalla sua bellezza. «Sono consapevole.»

«Lo sapevo, ma dovevo esserne certo. Non volevo che mi biasimaste per...» Fece una piccola smorfia. «Averle tenute segrete.»

Oh oh... C’è sotto qualcos’altro che non mi sta raccontando, qualcosa in più di quanto Jules ha detto a Frank? Forse era il caso di usare la carta dell’amnesia, come conseguenza della botta in testa. Assottigliò un po’ lo sguardo, pensando alle parole da usare. «Uh, giusto per essere sicura, sareste così cortese da rinfrescarmi la memoria? Ho ancora le idee confuse per via della caduta.»

Lui annuì. «Certo, mio amore. Si racconta che...»

Un colpo alla porta lo interruppe.

Victor sollevò una mano. «Ah, il prete. Voglio che si affretti.»

Sarah lo afferrò per un braccio. «Aspettate! E la coscienza sporca? Non vorrete che vi biasimi, dopo.»

Lui rise, facendo cenno di entrare a un uomo basso con capelli bianchi e radi. Indossava un abito monacale a maniche larghe, tipo chimono, e una corda con nodi legata in vita.

Victor chiuse la porta, quindi incrociò lo sguardo di Sarah. «Tutti i reali conoscono i segreti dell’anello. E io sono certo che voi non dimentichereste qualcosa di tanto importante. Iniziamo.»

«Non perdete tempo», disse lei. «Nulla dimostra più amore di un matrimonio forzato.»

Il prete s’inchinò. «È un piacere incontrarvi, principessa.»

Lei annuì. Spero per Frank che questo anello sia davvero la chiave di cui abbiamo bisogno per uscire di qui e che le sue fonti siano affidabili, perché se faccio tutto questo per niente, giuro che nel prossimo secolo ce lo spedisco a calci nel sedere!

«Non partecipa nessun altro alla cerimonia?» chiese il prete.

«No, padre», rispose Victor.

Sarah ridacchiò e fece un gesto onnicomprensivo. «Penso che gli unici ospiti siano le guardie.»

«Per favore mettetevi alla mia sinistra e, re Victor, voi alla mia destra», proseguì il prete.

Sarah si spostò come richiesto, con una stretta allo stomaco. Posso davvero fare una cosa simile? Inspirò, fissando le spade e gli scudi lucenti appesi alla parete. Aveva sempre desiderato sposarsi in una chiesa piena di amici e familiari sorridenti, non completamente sola sul set cinematografico di Re Artù. E cosa mi nasconde Victor a proposito dell’anello? Era ovvio che ci fosse qualcosa che doveva sapere a tutti i costi, perché tutti i reali ne erano al corrente. Il problema era che lei non era una di loro.

«Siete bellissima», sussurrò Victor, prendendole il viso tra le mani. «Mi togliete il respiro.»

Lei provò un tuffo al cuore. Prima mi getta in un buco sottoterra e poi mi ricopre di complimenti? Lo guardò dritto negli occhi, in cerca di sincerità. Per un attimo, pensò che lui avesse detto sul serio. «Sono lusingata.» Poi un pensiero la colpì: Di sicuro ci guadagna qualcosa, anche se si tratta semplicemente di vendetta.

«Io e vostro padre non andiamo d’accordo, ma contro di voi non ho nulla. Mi dispiace di aver perso il controllo nella cella. Sono adirato con quel lupo di vostro padre, ma non avrei dovuto sfogare la mia ira sul suo sangue.» Victor le fece scivolare una mano intorno alla vita, con gli occhi carichi di un qualcosa che le sfuggiva. «So di avervi obbligata a queste nozze, e vi porgo le più sentite scuse. Vi assicuro, mio amore, che trascorrerò il resto della vita a cercare di rendervi felice.»

Sollevò gli occhi a guardarlo, sorpresa di scoprire che sapeva anche essere tenero. Dunque le sue minacce erano tutte un bluff? E vuole davvero trascorrere il resto della vita a rendermi felice? Si sentì pervasa dalla confusione. Esiste forse una donna che non sogna di essere conquistata da un bellissimo re che le dichiara devozione perenne? Avremo anche iniziato col piede sbagliato quando mi ha catturata, ma...

Il prete si schiarì la gola e aprì il libro rilegato in pelle.

Il re fece un largo sorriso. «Ah, sì. Iniziamo pure.»

Il prete annuì. «Volete voi, re Victor Fesque II, prendere questa donna come vostra legittima sposa per amarla e onorarla tutti i giorni della vostra vita, proteggerla e averne cura nella salute e nella malattia e, rinunciando a tutte le altre, restarle fedele sempre?»

Victor incrociò lo sguardo di Sarah e sorrise. «Lo voglio.»

«Volete voi, principessa Gloria Jarod, prendere questo uomo come vostro legittimo sposo per amarlo e onorarlo tutti i giorni della vostra vita, proteggerlo e averne cura nella salute e nella malattia e, rinunciando a tutti gli altri, restargli fedele sempre?»

Quelle parole avevano un suono surreale, quasi che sposare un uomo che non aveva mai incontrato prima non fosse altro che un sogno. Come avrebbe voluto potersi alzare il mattino dopo e cancellare del tutto il ricordo di quelle assurdità con una tazza di caffè. Victor la guardava dritto negli occhi, e lei mantenne lo sguardo. Porta a casa l’Oscar, si disse. Quel lavoretto sotto copertura le piaceva più di quanto avrebbe dovuto. Hm. Farmi infilare quell’anello al dito potrebbe essere più semplice di quanto sperassi. Deglutì e pronunciò le parole di getto. «Lo voglio.»

Il prete proseguì: «Prendete la principessa Gloria Jarod come vostra legittima sposa, promettendo di restarle vicino sempre, nella buona e nella cattiva sorte, in ricchezza e in povertà, nella salute e nella malattia, finché morte non vi separi secondo il precetto dalla santa Chiesa?»

Victor sorrise, esibendo splendidi denti bianchi. «Sì.»

Il prete si girò e ripeté la formula a Sarah.

Non avrebbe mai sognato di pronunciare quelle parole a uno sconosciuto, ma rispose: «Sì.» Aveva lo stomaco aggrovigliato e fece un lungo respiro. Fino a quel momento era sembrata tutta una farsa, adesso era realtà. Era davvero lì, con indosso un costosissimo abito da sposa, di fronte a un uomo nella sua migliore tenuta regale, con in testa una corona d’oro incastonata di gioielli.

Il prete recitò una benedizione, quindi unì le mani di Sarah e Victor. «Nell’anulare della mano sinistra passa una speciale vena chiamata vena amoris, che significa ‘vena dell’amore’. Questa parte dal dito e arriva dritta al cuore. L’anello infilato a questo dito simboleggia il sole, la terra, l’universo, e rappresenta la perfezione e la pace. Non ha principio né fine, proprio come il tempo.» Si volse verso il re. «Potete giurare fedeltà e devozione eterna al vostro amore.»

Sarah sorrise mentre Victor estraeva l’anello dalla tasca, stringendolo con delicatezza nel palmo. Il suo piano si stava realizzando alla perfezione e nulla la rendeva più felice.

«I rubini rappresentano amore e i diamanti eternità», disse il prete, indicando con la testa le gemme lucenti montate su una fascia d’oro.

Sarah strabuzzò gli occhi. Quell’anello era il biglietto di ritorno a casa e, come se non fosse bastato, era anche un bellissimo, enorme, vistoso gioiello. Non riusciva a staccare lo sguardo. Con il rubino ovale da quattro carati circondato da scintillanti diamanti non aveva l’aspetto del classico anello nuziale.

Si schiarì la voce e sollevò per un attimo lo sguardo. «È vero?»

Victor scosse la testa, con occhi increduli. «Certamente, mia cara. Vi assicuro che è autentico, infatti è nella mia famiglia da secoli. Perché me lo chiedete?»

«Perché...» Inspirò a fondo per nascondere le emozioni. «Beh, dopotutto sono una principessa vera e la roba taroccata non mi piace.» Amore eterno o no, si sarebbe tenuta di sicuro l’anello. Come minimo quel matrimonio forzato le avrebbe fruttato una casetta con una bella vista in una zona dove di sera non avrebbe avuto bisogno di sbarrare le finestre e dormire con lo spray al peperoncino sotto il guanciale.

Mentre il neomarito le infilava l’anello, dalla mano di Sarah partì una scossa elettrica che attraversò tutto il corpo. Lei sbatté le palpebre e una spruzzata di macchioline le annebbiò la vista. Un fatto strano e alquanto inspiegabile. La sensazione svanì così come si era manifestata, e per un attimo Sarah rimase immobile, sbalordita. Un attimo... ho immaginato tutto? D’accordo, aveva i nervi molto tesi, e il fulgore delle gemme l’aveva quasi accecata. O forse sono solo disidratata.

Il prete le porse un anello identico. Ad uno sguardo più attento, lei notò che il rubino di Victor era quadrato, il che lo rendeva più maschile.

«Infilate l’anello al dito di Victor», sussurrò il prete.

Aspetta... tutto qui? Siamo... sposati? Aveva la bocca secca, deglutì, provando quasi dolore. Ha intenzione di baciarmi? Fissò lo sguardo sulla sua parte migliore, quelle labbra piene, sode, sensuali. Non riusciva proprio ad accettare ciò che le passava per la testa. Era lì che sposava un potente re che avrebbe potuto impedirle per sempre di tornare a casa e tutto quanto riusciva a fare era fissargli le labbra.

Il prete si intromise tra quei pensieri. «Vi pronuncio marito e moglie. Mio re, potete baciare la vostra regina.»

«Adesso sei mia... per sempre. Il nostro legame è indissolubile, che la scintilla tra di noi non si spenga mai.» Lo guardò abbassare a rilento il viso sul proprio, le labbra si sfiorarono appena. Le posò una mano sulla schiena, attirandola a sé, il torace premeva contro il suo petto e le labbra scesero decise ma senza neanche l’ombra della forza che si sarebbe aspettata da un uomo simile.

Delicato e gentile? Sicuro. Tutte le favole finiscono con il bacio perfetto. Una fiamma la percorse dalla punta dei piedi alla sommità del capo. Non scherzava mica a proposito della scintilla! Ma sapeva che era ora di finirla e procedere con il banchetto.

Victor congedò il prete e Sarah si lasciò sfuggire un sospiro di sollievo. Sentiva il peso dell’anello al dito, a ricordarle che il primo passo era compiuto. La parte difficile doveva ancora arrivare. Aveva bisogno di trovare Frank e filarsela da quel posto. Sorrise con dolcezza e guardò il neomarito. «E adesso, possiamo mangiare la torta e tirarcela in faccia? È la tradizione che preferisco nei matrimoni.»

Le labbra di lui sfiorarono le sue, quel respiro caldo le fece venire i brividi. Per il maritino la torta era decisamente l’ultimo dei pensieri. «Sono fortunatissimo ad avere una moglie bella quanto te.» Gli occhi di Victor erano puntati nei suoi. «Ardo dal desiderio di toccarti, tenerti tra le braccia, baciarti, sin dal primo istante in cui ti ho incontrata.» Le prese la testa fra le mani, avvicinandola. Le diede un altro bacio, più profondo questa volta, spingendo la lingua oltre le labbra e nella bocca, esigendo la resa. Tutt’altro che delicato e gentile.

Sta forse cercando di provare che è più forte? Che sono di sua proprietà? Magari dovrei schiaffeggiarlo, rifletté Sarah, ma non riusciva a negare l’inattesa ondata di passione che minacciava di consumarla. Si lasciò sfuggire un lieve gemito e avvertì una vampata di calore percorrerle il corpo mentre si accoccolava contro i muscoli saldi di lui, tremando di piacere. Cingendogli forte il collo con le braccia, incrociò la lingua con la sua, calda e rapida nei movimenti. In qualche angolo della sua testa, una voce le urlava di tornare in sé. Perché non  sto provando ad allontanarlo da me? Sapeva di essere soltanto una pedina nel gioco della vendetta ai danni del padre della principessa Gloria, eppure non sembrava capace di reagire.

Victor si staccò da lei lasciandola con il fiato corto. «Guardie!» urlò. «Lasciateci!»

I passi riecheggiarono per tutta la stanza e la porta venne chiusa.

Le accarezzò la schiena mentre le dita di lei si intrecciavano ai suoi folti, splendidi capelli, mandando la corona sul pavimento con un rumore secco. Le lingue intrecciate danzavano senza sosta, in perfetta sintonia. Nessuno l’aveva mai baciata a quel modo prima, e quelle labbra incollate alle sue scacciavano dalla mente qualsiasi pensiero: Frank, l’anello, il ritorno a casa. Frank! Il nome la risvegliò di scatto dalla passione, quella ritrovata lucidità dissipò la nebbia dalla mente. Per fortuna ricordava ancora il proprio nome. Era ora di andare, ma non riusciva a imporsi di smettere.

Sarah non si era aspettata affatto quel tipo di bacio: sfacciato, intenso, avvincente, e divorante. Di sicuro non le sarebbe dovuto piacere tanto. Se avesse continuato si sarebbe unita al nemico proprio lì, sul pavimento di pietra. Si staccò da lui, ansimante, guardandolo nei seducenti occhi blu con il cuore che pulsava forte. Aveva una voglia matta di lui, e gli si sarebbe concessa senza esitazione. L’intenzione era stata quella di dargli un bacetto sulle labbra per sugellare il patto, proprio non capiva come avesse fatto quella passione a sbocciare così in fretta. Il piano di fuga le si stava ritorcendo contro. Lo sguardo si fissò di nuovo sulle labbra di lui, e si chiese come sarebbe stato l’amore selvaggio e passionale con qualcuno tanto potente e pericoloso.

Victor la sollevò tra le braccia stringendola a sé mentre l’abito da sposa strisciava sul pavimento. «Vuoi giacere con me in questa stanza o preferisci un posto più consono a una regina?» I capelli scompigliati gli conferivano un’aria ancora più sexy.

Lei aprì la bocca ma le parole si rifiutarono di uscire. Sì, lui era il cattivo. Dopotutto, l’aveva rapita, imprigionata e minacciata, ma era ancor più ardente di un’intera foresta in fiamme. Non capiva come mai un perfetto sconosciuto avesse potuto darle il bacio più passionale della sua vita... uno sconosciuto che adesso era nientemeno che suo marito. 

«Restiamo qui», disse Victor. «Nessuno verrà a disturbarci.»

«Posso chiederti qualcosa da mangiare?» E del vino... molto vino... per calmarmi i nervi. Ehi, e già che ci sei, perché non chiedi al barista di corte di prepararmi anche un paio di Cosmopolitan? «Nel caso te ne sia dimenticato, sono rimasta rinchiusa tutto il giorno in una cella infestata da ratti.» Era l’unica cosa che le fosse venuta in mente per guadagnare tempo e rimettersi in carreggiata. Dovevano andare al banchetto, perché Frank l’avrebbe aspettata lì con qualche piano di soccorso in cantiere. Sebbene, pensò, lasciando vagare un po’ la mente, che male ci sarebbe a essere sposata con un re bello da morire? Nessuno, finché non scoprisse che sono soltanto un essere comune che sta cercando di rubare l’anello di nozze reale. Non poteva permettersi di restare impigliata in quelle fantasie. La stava usando solamente a fini procreativi, come parte del suo perfido piano per macchiare la linea di discendenza della sua cosiddetta famiglia reale. Il suo piano era andato a monte; Sarah aveva recuperato il senso della realtà. Appena scoperta la verità, mi farà uccidere. È quello che fanno tutti i tiranni potenti. Devo andarmene da qui... ORA!

«Hai le mie profonde scuse per la prigione.» Victor la strinse ancor più forte. «Permettimi di rimediare... per tutta la notte.»

«Ma ciò che mi serve ora è un po’ di cibo», disse lei.

«Questo è molto meglio.»

Sarah ansimava man mano che baci ardenti scendevano dal collo verso il solco tra i seni. Non era mai stata meglio, ma doveva assolutamente mantenere la concentrazione e impedire che lui la distraesse se voleva davvero trovare sua sorella e portare tutti a casa sani e salvi. Si dimenò, cercando di liberarsi dalla morsa delle sue mani. «Ma ho fame.»

«Possiamo farci portare carri di cibo nella mia... nella tua stanza da letto.» Le abbassò piano una delle maniche a palloncino, baciandole la spalla nuda e diffondendole un formicolio sensuale in tutto il corpo.

Che il suo tocco e i baci le piacessero tanto era una complicazione che non poteva permettersi. Avrebbe potuto perdersi facilmente in quel mondo medievale, ma il prezzo da pagare sarebbe stato altissimo. Non valeva la pena giocarsi tutto, una vita intera, come pure quelle di Frank e Liz. «Non vuoi festeggiare questo lieto evento con i tuoi sudditi? Potrebbero portarti rancore se li lasci fuori. Parlo di forconi e castelli espugnati.» Sollevò le sopracciglia nella speranza che Victor abboccasse.

Lui gemette e la lasciò andare. «Pensi a tutto, mio amore. Faremo una breve comparsa e ti procureremo qualcosa da mangiare.» Pizzicandole il sedere, strizzò un occhio. «Avrai bisogno delle tue forze, poiché sarà una notte molto lunga, regina Gloria Fesque.»

Sorridendo con dolcezza, lei  annuì. Magari...