7

Sarah sentiva nelle orecchie il proprio respiro affannoso. Era persino più forte del vocio concitato nella stanza affollata. Mosse un altro passo in avanti, spingendo da parte un massiccio contadino, e sentì un’altra strattonata al braccio. Si voltò, col fiato mozzo, e rabbrividì da capo a piedi. Un uomo alto e grosso la sovrastava, con gli occhi bovini fissati su un punto sotto la sua testa. Fantastico. Sgamata.

L’uomo fece una smorfia. «Chi abbiamo qui?»

Trattenendo il fiato, Sarah serrò i pugni, pronta a difendersi.

La donna di fianco a lei le spinse un braccio con un calice vuoto e urlò: «Dell’altro vino, ragazza!» Sarah la fissò, incredula. «Forza!»

L’uomo socchiuse gli occhi, spostando lo sguardo dalla donna a Sarah.

Infastidita, quella la guardò torva, scandendo ogni sillaba. «Ho detto dell’altro vino, ragazza. Dunque? Che cosa guardi?»

Sarah sapeva che avrebbe trascorso dai dieci ai vent’anni in una cella buia infestata da cimici se le avesse fatto ingoiare quel calice. Qualcuno le finì addosso, facendola barcollare. Aveva bisogno di respirare prima che il panico la consumasse. «Arrivo subito, signora. Vado a prendere una bottiglia», disse con un sorriso.

Proseguiva spedita tra la folla verso il lato opposto della stanza quando vide due porte enormi, l’uscita. Lanciandosi uno sguardo alle spalle, scrutò la stanza. L’uomo di prima non la seguiva. Non c’erano cavalieri, soltanto ospiti all’oscuro di tutto che sorseggiavano vino e ridevano. Nessuno sul quel lato della stanza aveva idea di quanto stesse accadendo e per fortuna erano tutti storditi dall’alcol. Posò le mani tremanti sulla maniglia di ferro e spinse piano, infilandosi a fatica nello stretto varco. Fuori, le stelle scintillavano nel manto scuro, e lei si sentì percorrere da un venticello freddo. Rabbrividì e si strinse nelle braccia mentre il fiato formava nuvole di vapore nell’aria gelida della notte.

Mani forti le afferrarono le spalle, spingendola contro la porta da cui era appena uscita. «Non te la svigni così», disse una voce maschile.

Beccata. Sarah si girò lentamente, in preda alla paura. Il tipo che la fissava non era lo stesso di prima, ma il cipiglio era altrettanto malvagio. Il cuore pulsava forte. Avrebbe potuto provare a scappare, ma c’erano guardie appostate ogni sei metri. Fece un respiro profondo e continuò con il ruolo di umile serva. «Il mio turno è finito.»

«Questo ingresso è vietato a schiavi e gentaglia», sibilò. «La prossima volta usa quello di dietro.»

Tenendo la testa bassa, Sarah si lasciò sfuggire un impercettibile sospiro di sollievo. «Non accadrà più, signore.»

«Quaggiù!» Girò la testa verso l’uomo coperto da un mantello, in groppa a un cavallo marrone. Lui fece un sorriso alle guardie, ammiccante. «Devo scortare a casa questa bella fanciulla.»

Il soldato la spinse verso l’uomo. Aveva un ghigno mostruoso sul viso. «Almeno ci sarà qualcuno a divertirsi con questa spazzatura stasera.» Sarah avanzò barcollante, seguita da sghignazzate e risate varie, ma ebbe subito un attimo di esitazione.

Se restava lì le guardie avrebbero potuto dare l’allarme; se invece seguiva l’uomo a cavallo, quello avrebbe potuto trasformarsi in uno squilibrato e stuprarla gettando poi il corpo nella fossa più vicina.

«Andiamo.» L’uomo le offrì una mano e sussurrò: «Sono Jules, l’amico di Mia.»

Jules! Quel nome ebbe un effetto calmante sul cuore di Sarah. Il ragazzo di Mia. Afferrò la mano protesa e si lasciò aiutare.

«So che sarai stanca dopo una lunga giornata di lavoro», disse Jules.

«Sì, e dovrò tornare domani, di buon’ora». Mise il piede nella staffa che dondolava nel vuoto e si levò in sella.

Un soldato fischiò, e gli altri ridacchiarono.

Accidenti! Fu allora che Sarah si accorse che l’abito era salito su, scoprendole tutta la coscia. Provò a tirarlo giù, ma era difficile stando in sella.

Jules diede uno strattone alle redini e il cavallo superò al galoppo l’esercito di guardie, lanciandosi poi nella foresta illuminata dalla luna.

Sarah si aggrappò ai fianchi del giovane, pregando di non cadere. Con grande sollievo, constatò che nessuno sembrava aver sospettato nulla. Il vento le spettinava i capelli procurandole un brivido. I grilli cantavano e una civetta chiurlava in lontananza. Ombre sinistre saltellavano nel chiarore argenteo. «Mi stai portando da Frank?»

«Sì. È andato tutto come previsto? Sta bene, Mia?» chiese Jules.

«Stava bene quando l’ho lasciata, ma non la interrogheranno quando si accorgeranno che non è me?»

«La mia Mia saprà cavarsela da sola. È una delle cose che adoro in lei. Ma se dovesse accadere qualcosa al mio amore, saprò chi incolpare... te e il tuo amico.»

«È molto coraggiosa», disse Sarah in tono serio. «Sarò sempre in debito con voi due. Grazie.»

Jules non rispose, limitandosi a incitare il cavallo tra gli alberi.

I minuti sembravano ore, ma infine raggiunsero un carro, sotto un albero altissimo, carico di balle di fieno. Non appena Jules l’ebbe aiutata a smontare da cavallo, Sarah si lanciò tra le braccia di Frank. «Oh, Frank!»

Lui ricambiò l’abbraccio e lei avvertì il calore del suo corpo contro il proprio. «Ti ho mai detto quanto mi infiammi vestita di pelle?»

Lei sorrise, togliendosi la retina e liberando i capelli che scesero sulle spalle in una morbida cascata. «Così ti piacciono le serve tastiane, eh?»

«Sei bellissima con tutto», disse lui. Si avvicinò e le annusò il collo. «E hai anche un buon profumo.»

«Mi hanno arricciato i capelli, mi hanno truccato come una principessa egiziana, mi hanno imbevuta di profumo e mi hanno fatta entrare a forza in un abito alla Cenerentola.»

«Lasciami indovinare... è scoccata la mezzanotte e hai perso l’abito e la scarpetta di cristallo?»

Lei rise. «Più o meno.»

«Non riesco a credere di averti appena portata via da un castello vero.»

«Avresti dovuto vedere l’interno!»

«Bello, eh?» Le prese il viso tra le mani e la scrutò. «Ti ha fatto del male? Ti ha messo anche un solo dito addosso, quell’emerito idiota?»

«Mi ha rubato soltanto un bacetto.»

«Sulla guancia?»

«Labbra.» Gli strizzò l’occhio. «E non posso dire che non mi sia piaciuto», ammise al ricordo di quel bacio magico che la riempiva di sensi di colpa. Non le era dispiaciuto affatto. Anzi, magari Victor lo avesse fatto durare di più, tipo tutta la notte. Si schiarì la gola, impaziente di cambiare argomento prima che Frank iniziasse a fare domande. «Comunque, ho l’anello», disse sollevando la mano con un largo sorriso.

«Il nostro biglietto di ritorno!» Il viso di Frank si illuminò mentre si inchinava. «Mia regina, sei uno sballo.» 

Lei fece una smorfia divertita. «Eh già... proprio come questa enorme pietra al dito.»

Frank esaminò l’anello, con il grosso rubino e i piccoli diamanti che luccicavano nella luce lunare. «È troppo grosso, troppo pacchiano. Che idiota montato.»

«Hai ragione. È orripilante. Cioè, l’uomo non ha per niente buon gusto.» Lo guardò con aria di sufficienza. «Stai scherzando?! Nessuna donna sana di mente direbbe mai di no a un gioiellino simile.»

Frank era geloso e ne aveva tutto il diritto. Quel dannato anello era bellissimo, quasi quanto l’uomo che lo aveva infilato al dito di Sarah. «Ti stai divertendo un mondo con questa faccenda, vero?»

Lei gli toccò il cappuccio del mantello marrone. «Anche tu, a quanto pare. Ti piace la nuova casa.»

Lui sorrise e gli occhi nocciola scintillarono. «Un reporter investigativo sa bene come infiltrarsi.»

Jules si avvicinò e le porse un mantello. «Questo ti terrà al caldo. Adesso, per favore, vedete di nascondervi, e fatelo bene.»

«Ho creato un fortino tra questi giganteschi cumuli di fieno.» Frank si abbassò a prendere delle coperte piegate sul terreno accanto al carro. Saltò su e ne distese alcune sul fieno ruvido. «Un letto degno di una regina.»

Sarah salì sul carro e si sdraiò accanto a lui, tirandosi addosso il telo di copertura. Non sapeva cosa le provocasse più prurito, se il fieno, la coperta o il mantello appena indossato.

Jules aggiustò le balle di fieno, nascondendo l’ingresso del loro improvvisato fortino.

«Bello, il tuo sgabuzzino, Frank», disse. «Che è successo? Non hai voluto scucire soldi per un albergo decente? Mi sarei aspettata una limousine per la prima notte di nozze, non una scampagnata su un carro da fieno.»

Frank le si rannicchiò contro. «Ho provato a noleggiare una macchina, ma non hanno ancora inventato le candele... né il motore o gli pneumatici, del resto. In compenso hanno i cavalli...»

Sarah fece un’occhiata esasperata.

«Beh?» disse Frank. «Non hai intenzione di ridere per la battuta?»

«Che dire, Frank, se mai dovessi perdere il lavoro da reporter, forse il re ti impiegherebbe come giullare di corte.»

«Ah sì? Questa è la goccia che fa traboccare il vaso!» disse lui, soffiandole del fieno addosso. Per tutta risposta, Sarah gli lanciò un’occhiata di sufficienza.

Il cavallo sbuffò e, subito dopo, il carro partì. Definire quel mezzo di trasporto tutto scosse sarebbe stato un eufemismo. Traballava, sballottava i passeggeri e sobbalzava su ogni singola sporgenza e crepa.

«Mai mi sarei aspettato di partire al tramonto con la moglie di un altro – tanto meno una regina – e per di più la prima notte di nozze del tipo.»

«Spero non sia un problema.»

«Dipende. La luna di miele la fai con me?» chiese Frank, ridendo.

Sarah rise a sua volta. «Niente luna di miele, ma ti assicuro che la vita tira certe palle a effetto che non ti immagini neanche.»

Lui ridacchiò. «Come se non lo sapessi.»

«Insomma, come sei riuscito a convincere questa gente ad aiutarti? E cosa hai promesso a Mia? Minerali aurei? Comincia dall’inizio. Che ti è successo nella foresta?»

«Correvo per salvarmi la vita da un branco di bestie che sostenevo non esistere. E di sicuro te la stai ancora spassando.»

Lei fece un largo sorriso. «Solo un po’.»

«All’improvviso, sei sparita. Ho sentito delle voci e ho iniziato a correre verso di loro, ma ho visto questo tipo con abiti ridicoli che ti chiamava principessa Gloria. Con i suoi scagnozzi in armatura ti avevano bloccata, così sono rimasto indietro per non farmi catturare. Poi, una volta ripartiti, li ho seguiti e ti ho trovata al castello. È strano o no?»

Lei sbuffò. «Meno male che esistono i cavalli o non saresti mai stato in grado di raggiungermi. Se avessi avuto una macchina, magari l’avresti distrutta.»

«Ehi, quei cavalli correvano come saette. Mentre cercavo un telefono per chiamare la polizia, mi sono imbattuto in un gruppo di ribelli, tipi del posto convinti che fossi senz’altro una spia di re Victor. Mi hanno legato e minacciato, ma io ho usato la mia simpatia.»

Sarah si spinse le mani sulla pancia, cercando di reprimere la risata che le gorgogliava dentro. Era proprio da Frank spostare i riflettori su se stesso, anche se era stata lei a sopravvivere a incarcerazione e nozze con un barbaro. Dopotutto, Frank era pagato per impressionare. «Davvero?» Piegò leggermente la testa e sollevò le sopracciglia. «E come è andata poi?»

«Sono riuscito a legare con loro grazie a qualche boccale di birra e gli ho raccontato della mia situazione. Mi hanno detto che sono intrappolato in un’altra dimensione. All’inizio, naturalmente, ho pensato fossero solo chiacchiere da ubriachi.»

«E loro come fanno a saperlo?»

«Ecco, a quanto pare le leggende risalgono a parecchie generazioni fa. Loro sanno soltanto che esiste un portale magico che si apre con quel tuo volgarissimo anello. È una sorta di porta antica sorvegliata dai Bigfoot nella Foresta Proibita, la stessa che abbiamo varcato noi. Santa pazienza, non riesco a credere di essere proprio io a dirtelo.»

«Come hai preso la notizia?»

«Ho sbarellato, naturalmente.»

Sarah rimase interdetta. «Quanto?»

Frank fece una smorfia, soffermandosi per un attimo. «Diciamo soltanto che uno di loro ha dovuto svuotarmi un secchio di acqua sulla testa.»

Lei rise, rammaricandosi di non aver assistito alla scena.

«Mia mi ha raccontato qualcosa su come aprire il portale, informazioni tramandatele dalla nonna», continuò Frank. «E i ribelli si sono offerti di aiutarmi a condizione che promettessi di andare sul Monte Universale a prendere dei minerali antichi o che so io per salvare la vita al padre di Mia. Ma solo il membro di una famiglia reale con un anello di nozze è in grado di vederli.»

«Così gli hai proposto me...» Scosse la testa. «So che non ce l’avrei mai fatta a uscire di lì senza l’aiuto di Mia, ma come hai potuto fare una simile promessa?»

«Mi serviva una trovata geniale per salvarti da una vita con quel tiranno. E poi senti questa... i ribelli conoscono perfino tua sorella.»

«Davvero? Come? Sono sicuri che sia lei? Dov’è? Dobbiamo andare a prenderla e...»

«La ricordano in particolar modo perché pensarono fosse una strega quando si mise a urlare come una pazza di essere passata per il portale. Ci fu anche un processo, ma fu dichiarata innocente quando un tipo ricco di nome Charles corruppe i giudici.»

«Povera Liz! Oh, grazie al cielo c’era questo Charles. Non mi sarei mai rassegnata se l’avessero condannata al rogo.»

«Ci stiamo allontanando dal portale e siamo diretti verso un altro paese chiamato Dornia. Mi hanno suggerito che tua sorella potrebbe trovarsi lì con questo Charles.»

Sarah lo fissò incredula. «Frank, non scherzare con me.» Se si trattava di una delle sue solite buffonate, giurò all’istante che non gli avrebbe mai più rivolto parola.

«No, sono serissimo.»

«Cioè sta bene, è viva e la troveremo?» Gli occhi si riempirono di lacrime e un incontenibile senso di gioia la pervase.

«Viva e a Dornia... almeno questo è quanto mi dicono, ma non farci ancora troppo affidamento. Non sappiamo se la fonte è attendibile.» Le accarezzò il viso e le asciugò una lacrima con il pollice.

«È troppo. Come potrò mai ringraziarti?»

«Hm. Avrei in mente un paio di cosucce, ma ora che sei sposata e tutto il resto, non so fino a che punto sarebbe decoroso aspettarmi che tu...»

«Frank!» Fece per colpirlo, ma lui le afferrò la mano e la baciò.

«Non male come idea, ma sto parlando di tutt’altro, tipo perdonarmi e lasciarmi tornare nella tua vita.» Avvicinandosi di più a lei, aggiunse: «Mi dispiace di non aver mai capito la tua ricerca. Mi dispiace anche per tutte le cattiverie che ti ho detto. Sono un idiota.»

«Hai insultato la mia ricerca.» Fece una pausa a effetto.

«Mi farò perdonare, lo giuro.»

Le scuse di Frank significavano molto per Sarah, ma adesso aveva altre preoccupazioni. «Dunque Liz è a Dornia. Escogitiamo qualcosa.»

«E le mie scuse?»

«Le accetto di tutto cuore, Frank.» Era il secondo uomo a scusarsi con lei quel giorno, solo che le scuse di Frank valevano molto più di quelle di re Victor. «Come potrei portarti il broncio quando sei qui e mi stai aiutando a ritrovare mia sorella? E, sì, le scuse sono un buon inizio.» Allungò una mano e gliela passò tra i folti capelli.

Frank l’attirò a sé, così vicino che Sarah sentì il suo respiro caldo sul viso e il cuore che palpitava. «Volevo abbracciarti sin da quando ti ho vista con quel cappello sexy all’Indiana Jones e la mimetica», disse lui.

«Morivo dalla voglia di accarezzarti questi splendidi capelli dall’istante in cui ti ho messo gli occhi addosso al campo base. E hai ragione tu.»

«A proposito di cosa?»

«La prima volta che ti ho visto non è stato terrore.»

«Lo sapevo, io! Sei pazza di me.»

«Non esageriamo, adesso.» Gli toccò il viso e si accorse che ogni difesa innalzata contro di lui iniziava a crollare. Doveva tenere davvero a lei, anche se in passato non si erano tanto compresi. Nessun uomo si sarebbe inoltrato in una dimensione tanto bizzarra e sconosciuta, soprattutto se significava diventare il primo ricercato di Tastia, solo per salvare una ragazza a meno che non provasse qualcosa di profondo per lei. Chiuse gli occhi e si lasciò andare mentre Frank le catturava le labbra con un bacio lento e delicato. Provò un familiare fremito e lo abbracciò. Doveva ammetterlo, le era mancato. Lui non si spinse oltre, e lei si crogiolò in quell’abbraccio caldo, rasserenante.

Provò a dimenticare tutto, ma gli eventi di quel giorno le si avvicendavano nella mente, procurandole un brivido.

«Stai bene?» chiese Frank.

«No, per niente», rispose piano.

Lui le accarezzò la guancia e sussurrò: «Andrà tutto bene.»

«E se ti sbagliassi?»

«Abbiamo l’anello. È la risposta a tutti i nostri problemi.»

«Non credo. Ho la sensazione che sia soltanto l’inizio di tutti i nostri problemi.»

«No, piccola, è la nostra via di uscita.»

«Ma Mia ha detto che ormai sono legata a questo re.»

«Ti ha riempito la testa di cavolate che ha sentito ripetere sin dalla nascita, come succede da noi con alcuni di quei fanatici religiosi.»

«Non so più cosa pensare.» Fece un respiro profondo. «Abbiamo visto Bigfoot con i nostri occhi. E non siamo nemmeno nel nostro mondo. Mia sorella è là fuori da qualche parte. Io sono sposata con un re vero. E porto un anello al dito che è la chiave di un misterioso portale. Siamo in fuga. E ultimo, ma non da meno, Mia mi raccontava che i membri reali sono degli Immortali.»

La luce lunare filtrava tra gli spiragli nella coltre di fieno che li copriva. Sarah fissò gli occhi magnetici di Frank, fremente quando le dita delicate di lui le sfiorarono una guancia.

«Lo so, c’è tanto da assimilare. La sola idea di un’altra dimensione è improbabile, nella maniera più assoluta, eppure siamo proprio qui. Cioè, l’intera faccenda mi ha steso – forse anche più di te visto che sono scettico per natura – ma ne verremo fuori.»

Prima che Sarah potesse rispondere, la voce del re le irruppe nei pensieri. Ritorna da me. Fu solo un attimo. «Esci dalla mia testa!» urlò lei, premendosi le dita sulle tempie. Si mise seduta. Gocce di sudore le imperlavano la fronte. Mia aveva ragione, in qualche modo il re era davvero in grado di entrarle nella mente. Oppure lei stava impazzendo per carenza di cibo e acqua. Nella peggiore delle ipotesi, si trattava di esaurimento nervoso. Iniziò a chiedersi dove fossero gli uomini in camice bianco, perché ormai si sentiva pronta per la camicia di forza e il viaggetto sul furgone imbottito.

«Che ti prende?» chiese Frank. «Sto solo cercando di aiutarti.»

Sarah temeva che lui la prendesse per matta, sperò fosse solo colpa della sua immaginazione dopo ciò che le aveva raccontato Mia. «Giuro che ho sentito la voce di re Victor nella testa, che mi pregava di tornare da lui.»

«Davvero? Strano. Cosa diceva esattamente?»

«Anche se te lo dicessi, non mi crederesti, signor scettico.»

«Sto cercando di bandire i preconcetti. Ti ho forse presa in giro? No, quindi...»

«Lascia stare. Sono stressata al momento. Non ne parliamo più. Io... credo che chiuderò gli occhi per un po’»

«D’accordo. È stata una giornata difficile. Cerca di riposare. Buonanotte, piccola», disse Frank girandosi sull’altro fianco.

«Ehi, Frank. Non mi arrabbio mica se decidi di prendermi fra le braccia... cioè, solo per stanotte. Ricordati solo che non significa nulla.»

«Non significa assolutamente nulla. È impresso a fuoco nella mia mente, proprio come il bacio che non hai affatto punito con uno schiaffo.»

«Oh, stai zitto e abbracciami», sussurrò lei.

Frank la strinse tra le braccia e Sarah chiuse gli occhi, scivolando nel sonno.

* * *

La terra tremava sotto lo scalpitio degli zoccoli; Sarah si svegliò di soprassalto. Scosse il braccio di Frank. «Perché andiamo così veloce?» Spostò una delle balle e scrutò oltre il carro. Non vedeva alberi, solo la luce del mattino che si faceva strada tra le nuvole. Doveva aver dormito tutta la notte.

I cavalli nitrirono e si fermarono in un prato ai margini di una foresta immensa. «Abbiamo un grosso problema», disse Jules in tono sbrigativo.

Frank smontò dal carro. «Che succede?»

La voce del re si fece strada nella mente di Sarah. Ti prego, smettila di fuggire. Ci farai uccidere entrambi se varchi il territorio nemico. Se era tanto preoccupato per la propria vita, rifletté Sarah, non avrebbe dovuto seguirla con i suoi uomini in zone pericolose. Sarebbe rimasto sano e salvo se fosse rimasto nel suo bel castello. Un’immagine apparve all’improvviso, Sarah ebbe l’impressione di guardare in basso dall’alto di un elicottero; c’erano mulinelli di polvere, cavalieri, spade, balestre, lance e cavalli bardati per la battaglia. Galoppavano a milioni per tutto il territorio, precipitandosi verso di loro. Un brivido gelido la percorse, era in preda al panico. «Gli uomini del re sono vicini!  E non si tratta di un semplice plotone. Ci ha inviato tutto il maledetto esercito!»

«Per una persona sola? Come fai a saperlo?» chiese Jules.

«Ho avuto una visione.»

Frank scosse la testa. «Visioni? È umanamente impossibile.»

«È un’ora che provo a superare alcuni soldati prendendo scorciatoie. Non sapevo che ci avesse mandato dietro l’esercito.» Jules inspirò, la sua voce era agitatissima. «L’unica scelta è tagliare per la Foresta delle Ombre. Se la aggiriamo, ci cattureranno.»

«Taglia per la foresta, allora» disse Sarah. «Stanno arrivando! Legioni intere!»

Jules la guardò come se avesse appena pronunciato qualcosa di sacrilego. «È proibito. Se ci prendono, siamo morti. D’altronde, però, anche se ci prendessero gli uomini del re saremmo morti.» Distolse lo sguardo. «In un modo o nell’altro, siamo morti.»

«Non possiamo starcene seduti qui ad aspettare che gli uomini del re ci uccidano», disse Frank.

Sarah gli lanciò un occhiata. «O che mi portino via l’anello. Non possiamo aspettare qui come un bersaglio facile. Secondo me dobbiamo correre il rischio di attraversare la foresta.»

«Non sai quello che chiedi», disse Jules. «Neanche gli uomini del re ci seguirebbero là dentro.»

«Perfetto», rispose Sarah.

Jules indietreggiò. «Io non muovo un solo passo in quel posto. Nessuno – e dico nessuno – ne è mai uscito vivo.» 

«Hai detto che saremmo morti solo se venissimo catturati», si intromise Frank. «Ma se loro non ci seguono, non verremo catturati.»

«No e poi no.» Jules si passò una mano tra i capelli biondi. «Voi due siete pazzi!»

No, la vera pazzia è restare seduti qui e consegnarsi su un vassoio d’argento a un branco di spadaccini psicopatici. «Ti prego, Jules, corriamo il rischio o giuro che ti do una botta in testa e ti ci porto di peso, in quella foresta.»

«Non sarò io la causa della tua morte», disse Jules. «Più ci penso e più mi convinco che re Victor potrebbe uccidere me e Frank, ma non ucciderà te, a condizione che tu faccia appello alla sua misericordia.»

«Non è il momento di giocare ai martiri», sibilò Sarah.

Jules fece un gesto esasperato. «Starai molto meglio con tuo marito che in quella foresta. Te lo assicuro.»

«Il mio finto marito. E ricorda, l’ho lasciato la prima notte di nozze», inveì Sarah. «Nessuno oserebbe una cosa simile. Mi infliggerà una punizione esemplare.»

Frank afferrò Jules per le spalle, scuotendolo con foga. «Non abbiamo tempo per le tue stupide superstizioni. Dacci due cavalli o li prendo da me!»

Il rumore di zoccoli risuonò in lontananza, Sarah deglutì a fatica. «Si stanno avvicinando!»

«Guidaci nel bosco, Jules» ordinò Frank. «Stai giocando con le nostre vite, ma questo non è un maledetto gioco!»

Jules si girò, con i lineamenti distorti dalla paura. «Verrete trucidati.»

«Da cosa?» chiese Sarah, con gli occhi spalancati. «Dicci con che cosa abbiamo a che fare.»

«Creature magiche», rispose. «Possono prendere qualunque forma.»

Frank gli lanciò un’occhiata divertita. «Mutaforma? Come fai a sapere che esistono se nessuno è mai uscito vivo di lì?

«Sono veri!» esclamò Jules.

«Cretinate!» urlò Frank. «Fai muovere questi cavalli, ORA!»

«Forse ha ragione. C’è qualcosa in quella foresta che spaventa la gente.» Sarah guardò in lontananza; riusciva a vedere gli uomini a cavallo diretti verso di loro.

«Li hai visti con i tuoi occhi, questi “mutaforma”?» chiese Frank.

«No», rispose Jules. «Chiunque li abbia visti è morto

Frank indicò la foresta. «Correrò il rischio.»

Iniziò a sciogliere le redini con movimenti frenetici ma Sarah gli afferrò un braccio. «Non lascio Jules qui, a morire.»

«E io non mi faccio tagliare la testa perché lui ha paura di uno stupido mito. Quel re non ti metterà un solo sporco dito addosso, Sarah!»

Lei si guardò alle spalle. Migliaia di soldati a cavallo saettarono nella radura. Sentì un brivido correrle su per la schiena e indicò la foresta.

Frecce volavano sopra le loro teste, Sarah si abbassò dietro il carro.

«Lascia perdere i cavalli!» urlò Frank. «CORRI!»