Sarah non riusciva a credere di aver sfidato la ragione sfuggendo alle grinfie del re. Con il senno di poi, dubitava che ci avrebbe provato una seconda volta. Ciò nonostante, aveva una ragione in più per muoversi e sfuggire a quella follia. Gli uomini del re stavano guadagnando terreno, accorciando sempre più le distanze. Fece un respiro per calmarsi. Era come ritrovarsi in un film dell’orrore ambientato nel Vecchio West, con dei cavalieri al posto degli indiani. Serrò la mascella e scattò davanti al carro, salì a cassetta e afferrò le redini in un unico movimento degno della migliore controfigura. «Andiamo! Conduco io.» Sperò che Jules collaborasse e montasse sul carro. Se non sale, dovrò tirarlo su da me, pensò, determinata a spuntarla.
Il cavallo nitrì, pronto a partire spedito. Il carro si mosse in avanti, ma troppo lentamente. Se il cavallo non accelerava, nel giro di poco si sarebbero ritrovati in una cella... o morti.
Con la coda dell’occhio, vide Jules che agitava le mani. «Cosa?!» urlò.
«Venite giù, voi due!»
«Perché?» Lo guardò torva, come se fosse pazzo. Forse ne aveva avuto abbastanza di correre, ma arrendersi senza lottare non era nel suo stile. Stava per mettersi a urlare ma poi addolcì il tono, gridargli contro non avrebbe risolto nulla. Com’è che si dice di solito? “Si attirano più mosche con un cucchiaio di miele, che con una botte di aceto”... Io lo schiaccerei piuttosto, ma... «Jules, caro, hai detto che siamo morti a prescindere. Cerchiamo di vivere qualche ora in più, corriamo il rischio. Se non per te stesso, fallo almeno per Mia. Per favore? Lei non ti vuole morto... e io neanche.»
«Forse hai ragione. Ma dovrai spostarti. Guido io», si convinse Jules.
Sarah represse un sorriso soddisfatto e si spostò sul fondo del carro, sistemandosi il vestito mentre sedeva sulle balle di fieno accanto a Frank. In distanza si udivano uomini urlare e cani abbaiare, Sarah sapeva che i loro inseguitori avrebbero potuto raggiungerli da un momento all’altro. «E datti una mossa, Jules», borbottò sottovoce.
I cavalli nitrirono e immobilizzarono gli arti posteriori, battendo agitati gli zoccoli. Jules tirò le redini. «Andiamo!»
Ma le bestie si rifiutavano di superare il perimetro della misteriosa foresta. Sarah si chiese se non avvertissero qualcosa che a lei sfuggiva. Si lanciò un’altra occhiata alle spalle e rimase senza fiato. I soldati erano a meno di sessanta metri da loro, con il sole che scintillava sul metallo delle armature. Sarah riusciva a sentire il comandante che incitava gli uomini alla battaglia. Nella corsa furiosa gli zoccoli dei cavalli sollevavano nuvole di polvere, proprio come era successo nella visione. Le lacrimavano gli occhi. Si passò una mano sul viso, strofinandoselo, ma la frizione peggiorò le cose. «Stanno arrivando!» Urlò. «Sprona quei cavalli!»
Jules fece un breve fischio e strattonò di nuovo le redini. I cavalli sbuffarono e il carro balzò in avanti. Provò a dirigerli verso la foresta, manovrandoli tra le gigantesche felci. «Spero i tuoi ordini non ci portino a una tragica sorte!»
«No, Jules, la tragica sorte è alle nostre spalle. Penso che la collera del re sia ben peggiore di qualsiasi altra cosa ci aspetti lì dentro», concluse Frank.
Sarah si guardò alle spalle per accertarsi che nessuno li stesse seguendo. «Credi che ci verranno dietro nella foresta?»
«Non penso proprio», rispose Frank. «Guarda com’è spaventato Jules... e persino i cavalli. Per me, rispetteranno il mito semplicemente perché lo temono. Entrare in questa foresta equivale a una sentenza di morte, secondo loro, almeno.»
Sarah sbatté le palpebre, all’improvviso ogni singolo dettaglio lungo il perimetro della foresta divenne troppo chiaro: il verde vaporoso delle felci, la corteggia irregolare di un albero, perfino un piccolissimo insetto a sei zampe che correva su una foglia venata di rosso. A meno che non avesse sviluppato di botto una vista da supereroe, non poteva essere vero.
La luce del sole brillava tra i torreggianti alberi e una cappa di nebbia, fredda e umida, li avvolgeva, facendole accapponare la pelle delle braccia già infreddolite. I cavalli procedevano al galoppo e il carro sobbalzava lungo il sentiero sconnesso. Scossa dai brividi, Sarah si tirò il cappuccio sulle orecchie per tenersi al caldo.
Frank le strinse una mano e la invitò a distendersi sul fieno. «È inutile agitarsi. I miei anni da reporter mi hanno insegnato molto, Sarah, e una delle tante cose è che gli esseri magici non esistono.»
«Come gli Immortali?»
«Non credo affatto a quelle stronzate. Ho imparato ad accettare la possibilità di altre dimensioni e che primati di identità ancora indefinita possono saltare da una all’altra, ma l’immortalità? Nemmeno tu crederesti a una cosa tanto ridicola, giusto?»
«Preferirei credere che i regnanti abbiano inventato gli Immortali per controllare i propri sudditi, ma sento voci nella testa e vedo cose strane, Frank.» Aspetta un attimo... l’ho appena ammesso? Frank inizierà a cercare una camicia di forza medievale se non imparo a tenere chiusa questa boccaccia.
«Vedi cose strane? Hm. Forse questa dimensione sta interferendo con i nostri corpi. Magari i campi elettrici e magnetici sono fuori uso. Insomma, non siamo nati qui. Forse ci sono delle ripercussioni fisiologiche.»
Poteva solo sperare che lui avesse ragione. Il carro sobbalzò mandando Sarah contro un cumulo di fieno. Spinse avanti le mani e atterrò sul torace di Frank. «Cos’è stato?»
«Non so, ma il carro si è fermato.»
Provando a mantenere l’equilibrio, Sarah salì su una balla di fieno e guardò verso il sedile. Jules non c’era più. Lanciò un’occhiata confusa a Frank. «Dove cavolo è finito il nostro cocchiere? Pensi che se la sia squagliata?»
«Andiamo a controllare», rispose lui, tirando fuori dal fieno il fucile anestetico.
«Ce l’hai ancora?»
«Per forza! Non si può mai sapere. E forse ora è il momento giusto.»
Sarah saltò giù e andò davanti al carro. «Buono, amico mio, buono», disse accarezzando uno dei cavalli, quindi si guardò intorno, nella fitta coltre di nebbia. «Jules?»
Un vento ghiacciato le tagliò la faccia, seguito da un sussurro minaccioso. «Usciiiteee...»
Sarah rimase a bocca aperta, il cuore le batteva a mille.
I cavalli nitrirono e scalpitarono selvaggiamente, quasi l’avessero sentito anche loro, quasi avvertissero un’altra spaventosa presenza.
«Qualcosa impaurisce i cavalli», disse Frank unendosi a lei.
«Sì. Ho... abbiamo sentito una voce.»
«Una voce? Di che tipo?»
«Un sussurro... tipo di fantasma. Frank, pensi che questa foresta sia davvero stregata? Come hai detto tu, non siamo nati qui, e quelli che ci sono nati probabilmente sanno più cose di noi su questo posto.»
«Non ho nessuna intenzione di scoprirlo», rispose Frank puntando il fucile verso la foresta. «Torna sul carro. Ce ne andiamo da qui. Ora di avviare il piano B... appena lo avrò escogitato.»
Crac! Un ramo spezzato nel fogliame.
Il cuore di Sarah palpitava all’impazzata. Si girò su se stessa, piano, scrutando nel buio. «S-salve?» balbettò, terrorizzata.
Sussurri spettrali riecheggiarono tutto intorno, come se esseri invisibili le parlassero direttamente nell’orecchio. Ombre vagavano tra gli alberi che li circondavano, facendole rizzare i peli sul collo. «Le... senti? Le voci?»
«Io non sento niente.»
«Sicuro? Sono dappertutto», disse lei, sbalordita che lui non le sentisse. Forse sto dando i numeri, prossima a un esaurimento, pensò Sarah. Gli afferrò un braccio con forza. «Oh, Frank, c’è qualcosa che non va... nel mio cervello.»
«No, secondo me tu stai bene. Ma qualcosa non quadra in questo posto», rispose lui. «Dovremmo filarcela da qui... alla svelta!»
«E Jules? Non possiamo lasciarlo indietro, Frank. Mia non merita una cosa simile, non dopo tutti i rischi corsi per aiutarmi.»
Nell’aria risuonò un ringhio basso.
Sarah si immobilizzò. «Che...cos’era quello? E ti prego, dimmi che l’hai sentito anche tu.»
«Sì, l’ho sentito eccome. Era un suono come di animale selvatico.» Frank le strinse una mano. «Andiamocene da qui!»
«Ma Jules è...»
Un ringhio profondo li raggiunse minaccioso da dietro il fogliame. Sarah guardò in su proprio mentre un lupo nero, di dimensioni leonine, balzava dalle felci verso di lei. Barcollò indietro verso il carro, ansimante. Con gli occhi fiammeggianti e il corpo teso, la bestia pelosa digrignò i denti. All’improvviso, Sarah si sentì come se stesse giocando a Cappuccetto rosso in versione virtuale e tridimensionale, con tanto di foresta buia, mantello con cappuccio, e lupo grosso e cattivo con denti aguzzi, e veri, per mangiarla meglio. Fece un respiro profondo per calmare i battiti del cuore. «Vai lentamente indietro... molto lentamente», sussurrò, sperando che il compagno riuscisse a sentirla. Le mani erano sudaticce e stritolavano quelle di Frank, nonostante sapesse che anche lui era del tutto indifeso contro quella belva.
Il lupo ringhiava, scoprendo le zanne affilatissime. I cavalli erano sollevati sugli arti posteriori e nitrivano terrorizzati.
Nel guardarsi febbrilmente intorno, alla ricerca di una via di uscita, Sarah notò che la nebbia si era misteriosamente dissipata, e centinaia di lupi circondavano il carro. «Sono tantissimi! D-da dove sbucano?» mormorò, timorosa di parlare troppo forte provocando un attacco.
«Hai mai visto un branco così grosso?» chiese Frank, indietreggiando di un altro passo. Puntò il fucile anestetico dritto al primo lupo.
«Mai!»
Il più grosso si avvicinò. Sollevò il muso verso il cielo mattutino ed emise un ululato primitivo. Gli altri lo imitarono. A quel suono raccapricciante Sarah rabbrividì.
«Torna sul carro», disse Frank. «Sono sicuro che i cavalli correranno più veloce.»
«Va bene», sussurrò lei.
«Andatevene e vi faremo a brandelli», tuonò una voce nella testa di Sarah.
Lei strattonò il braccio di Frank, facendogli capire che non scherzava. «No, Frank, piccola variazione. Dobbiamo rimanere immobili.»
«Sarah, sei pazza? Non ci resto qui, a fare da spuntino per quei...»
«Frank! Se ci muoviamo, ci uccideranno.»
«Non è il momento di ostinarsi, Sarah. Sali immediatamente su quel carro e andiamocene!»
Lei fece un respiro per calmarsi. «No, dico davvero, Frank. Per quanto assurdo possa sembrare, li ho sentiti. Hanno detto che se ce ne andiamo, ci faranno a brandelli.»
«Cosa? Forse stai dando davvero i numeri, Sarah.»
Lei incrociò piano il suo sguardo. «Senti, proverò a farli ragionare.»
«Ma sono lupi!» ribatté lui.
«Credo che questo branco sia intelligente. Magari sono i mutaforma contro cui ci ha messo in guardia Jules.»
«Direi che è assolutamente assurdo... dopotutto, però, l’intera faccenda è pazzesca. Immagino che se senti delle voci, forse stanno provando a parlarti per via telepatica.»
Sarah fissò gli occhi neri del maschio alfa, o di quello che le sembrava fosse il maschio alfa. «Siamo innocui. Ci stavano inseguendo. Le nostre vite erano in pericolo, e non avevamo altro posto in cui andare. Vi preghiamo di darci rifugio.»
Frank le diede un colpetto. «No, Sarah, non rifugio. Chiedi che ci lascino passare.»
Lei fece un profondo inchino. «Ci rimettiamo alla vostra grazia e chiediamo un passaggio sicuro.» Si sentiva idiota. Sono qui a parlare con un branco di lupi e chiedergli protezione e grazia? Chissà se hanno una cella imbottita in quella prigione al castello. Forse dovrebbero chiamare lo strizzacervelli di corte.
I contorni del lupo apparvero come l’immagine oscillante di una trasmissione televisiva sul punto d’interrompersi e sul petto della belva comparve una luce che si estese a tutto il pelo, al fogliame circostante e agli altri animali. Sarah sbatté le palpebre per proteggersi dal chiarore abbagliante e sollevò una mano tremante a coprirsi gli occhi, ma la sua natura curiosa non le permise di distogliere del tutto lo sguardo. L’immagine continuò a oscillare, spostandosi e allungandosi, finché non esplose in migliaia di particelle. All’istante, ogni lupo si trasformò in una persona.
Sarah sentì il cuore palpitarle nel petto alla vista di un uomo alto e dalla pelle ramata, vestito da capo a piedi di nero ebano. Con il copricapo di piume bianche e nere, gli occhi dal contorno pesantemente tratteggiato, la mascella forte e le strisce e i puntini disegnati sul viso, sembrava un indiano saltato fuori da un vecchio film western. Sarah fece un respiro profondo e lanciò un’occhiata al compagno. «Non ci credo!»
Ignorando Frank, l’uomo dagli occhi neri si spinse una ciocca dei lunghi capelli oltre la spalla e si rivolse a Sarah con tono freddo. «Conosci le regole. Posso prometterti solo una morte rapida.» Veloce come una saetta, fece saltare il fucile dalle mani di Frank.
«No!» urlò quello. «Non capisci? Non siamo di qui. Non conosciamo le regole.»
Senza staccare gli occhi da Sarah, l’uomo ringhiò: «Vi sono state comunicate al limite della foresta, eppure avete voluto infrangerle e valicare il confine.»
«Se hai ascoltato tutto, allora conosci le mie circostanze», disse Sarah.
L’uomo le fece scorrere un’unghia lunga e appuntita sul viso e sulla gola, mozzandole il fiato. Un pizzico di pressione in più e le avrebbe inciso la pelle. «So soltanto che ti inseguono. Non importa chi... o perché.»
Una donna con la stessa mise in pelle nera e più penne di una ballerina di Las Vegas marciò verso di loro, con un pugnale di oro alla gola di Jules.
Sarah lo cinse con un braccio. Ansimava come se avesse appena corso una maratona. «Sì», disse. «È con noi e ha cercato di metterci in guardia.»
Il maschio alfa toccò la fronte di Jules, poi quella di Frank e infine quella di Sarah. «Il vostro destino è segnato.»
Jules cadde in ginocchio e Frank strinse i pugni.
Forse Jules aveva ragione a proposito della foresta, ma cos’altro avremmo potuto fare? Lasciare che i cavalieri ci riportassero indietro ad affrontare l’ira del re mollato la prima notte di nozze? Era un sovrano potente e non le avrebbe perdonato un simile atto di tradimento. A parte questo, ne andava della sua reputazione; se non l’avesse punita, sarebbe apparso debole, e nessun re poteva permettersi tanto lusso.
Il mutaforma tirò fuori un pugnale e lo premette contro il collo di Jules. «Tu sarai il primo a perire, per aver ceduto come un rammollito, pur conoscendo le regole, e averli guidati nella foresta.»
Jules emise un suono strozzato.
Sarah gli afferrò un braccio e tirò. «Lascialo andare! L’ho costretto io a venire qui. Se proprio devi punire qualcuno, uccidi me. Lui non ha fatto niente di male.»
«Ti accontento subito.» Balzò in avanti, le prese il collo e strinse forte, affondando le unghie nella carne soffice.
Sarah boccheggiava appena.
Il mutaforma le spinse una lama fredda contro la gola. «Questo insegnerà a voi umani a non violare il mio territorio.»
Sarah cercava di inalare quanta più aria possibile, con il cuore che le percuoteva il petto. Una sensazione di bruciore – intensa, profonda, straziante – si diffuse dalle dita della mano sinistra, intensificandosi all’istante. Si toccò l’anello, mugugnando qualcosa mentre si lasciava cadere. «La mia mano! È in fiamme. Toglietemi questo affare.»
«Sarah, che ti succede?» la voce di Frank sembrava giungerle da molto lontano.
Si sforzò di aprire le palpebre per un’occhiata di sfuggita, ma il dolore lacerante le impediva di pensare ad altro. «Toglimelo, Frank!» Incrociò lo sguardo di Jules mentre si tirava disperatamente l’anello nel tentativo di sfilarselo dal dito. Probabilmente le sarebbe servito un intero panetto di burro o una buona dose di grasso per farlo scivolare via. Non si muoveva, sembrava saldato al dito. «Perché mi fa così male?» chiese. «E perché non viene via?»
«N-non so», balbettò Jules, spalancando gli occhi.
Sarah si morse il labbro, rifiutandosi di urlare mentre il mutaforma le torceva il polso. Il tremore si placò lievemente quando vide il ghigno arrogante indebolirsi. Gli occhi scuri fissavano l’anello di rubino e Sarah lo sentì mormorare con stupore: «Porti il simbolo degli Immortali! Sei... sei una di loro?» L’anello lo attirava a sé, come una calamita.
Il dolore alla mano si dileguò immediatamente. Sbalordita, Sarah gli spinse la mano sotto il naso. «Puoi prendertelo, è tutto tuo... purché ci lasci passare senza problemi.»
«Ma quella è la nostra chiave!» disse Frank.
Balzando in piedi, lo guardò torva. «A che ci serve una chiave da morti?»
Il mutaforma le sollevò con forza la mano, lei perse l’equilibrio e finì contro il suo vigoroso torace. Le piume nere dell’abito le solleticarono le guance. «Porta il simbolo degli Immortali!» urlò, rivolto alla sua gente.
Suoni di sorpresa e mormorii vari esplosero tutt’intorno, mentre lo shock segnava ogni singolo viso.
Sarah trattenne il fiato, chiedendosi il significato di quell’urlo. Era possibile che decidessero di ucciderla da un momento all’altro.
L’uomo la fissò per un istante, gli occhi erano imperscrutabili e inespressivi, cauti, come il suo atteggiamento. Poi s’inchinò, imitato dalle altre centinaia di creature sparse per il bosco.
Sarah rimase a bocca aperta. Questo dev’essere il trattamento destinato ai reali... ma io non lo sono. E quelle attenzioni non la entusiasmavano. «Non è il caso di fare troppo chiasso. Niente inchini, per favore.»
Il mutaforma si raddrizzò. «Oh, Altezza, chiedo il vostro perdono e la vostra comprensione. Se vi avessi uccisa, avrei attirato sulla mia testa l’ira dell’intero mondo degli Immortali. A quale tribù appartenete?»
Sarah lanciò un’occhiata fugace a Frank, che le fece segno di recitare. «Re Victor Fesque è... mio marito.» Marito. Persino adesso le parole suonavano strane pronunciate dalle sue labbra.
La donna sembrò terrorizzata. «Fesque? È il successore diretto alla Corte Cardasiana... e re Taggert non durerà ancora per molto.»
Gli occhi dell’uomo-lupo si spalancarono man mano che comprendeva il significato pieno di quelle parole. «Siete sposata con uno degli uomini più potenti del nostro mondo e, come tale, devo rispettare la vostra posizione. Il mio nome è Titano e questa è mia moglie Lana.»
Sarah sorrise. «È un vero onore fare la conoscenza di entrambi.»
La donna osservò Sarah da capo a piedi, soffermandosi in particolare sull’anello che portava al dito, quasi ne dubitasse il significato. Infine, annuì, sebbene ancora chiaramente perplessa. «Se è davvero chi dice di essere, allora non possiamo permetterci guai con Victor. La Corte Cardasiana non si fermerà davanti a nulla per vendicarne la moglie. E poi, le regole non si riferiscono a lei, ma solo a comuni esseri umani. Titano, non ci resta che risparmiarle la vita.»
L’uomo assentì, con lo sguardo fisso su Sarah. «Non inizierò una guerra con gli Immortali sporcandomi le mani con il vostro sangue. Mia regina, vi offro volentieri il passaggio che avete richiesto.»
«E i miei amici?»
«Temo che loro siano ancora destinati a morire», rispose senza alcuna esitazione.
Un brivido freddo le attraversò la schiena. No! Non poteva perdere Frank e Jules. Decise che se volevano costringerla a recitare la parte della regina, avrebbe usato quel ruolo a suo vantaggio. Era ora di un’altra esecuzione da Oscar. «È inaccettabile, Titano. Non permetterò che i miei fedeli servi siano fatti a pezzi e divorati sotto i miei occhi.»
«Mi state forzando la mano, mia regina?» chiese Titano.
«Sì.» Sostenne il suo sguardo e ridusse gli occhi a due fessure cariche di rabbia, sperando che lui non intuisse nulla. «Se torcerai anche un solo capello sulle loro teste, chiederò a mio marito di tornare qui a vendicarsi, sostenuto dalla rabbia di sua moglie. Ti assicuro, mutaforma, che non sarà piacevole dover fare ricorso a queste misure a causa della tua disobbedienza a un mio ordine diretto.»
Lana afferrò il braccio del marito, gli occhi neri erano sbarrati. «Titano, non possiamo permetterci la rabbia di un Immortale come re Victor. Lasciali andare! Se anche questi servi hanno un legame speciale con lui, le loro vite non giustificherebbero le perdite in caso di una guerra.»
«Già», disse Frank, da bravo figlio del ventunesimo secolo. «Re Victor e io ci conosciamo da una vita.»
L’uomo guardò Frank, Jules, e infine Sarah. «Mia moglie ha pronunciato parole sagge. Potete andare... tutti e tre.» Raccolse il fucile anestetico e lo restituì a Frank. «Porta la tua arma con te. A noi non serve, siamo tutti perfettamente capaci di difendere noi stessi e la nostra terra.»
«Grazie. La tua saggezza e obbedienza sono degne di lode.» Sarah indietreggiò piano di qualche passo, quindi saltò in fretta sul carro e si distese nel nascondiglio seguita da Frank. Sbirciò tra il fieno e vide Jules salire a cassetta e fischiare ai cavalli. Tirò le redini e ripresero il loro cammino al trotto, tra sobbalzi e scossoni, lungo il sentiero sconnesso della foresta. Questa volta, però, furono scortati da centinaia, forse migliaia, di lupi che correvano e sfrecciavano tra gli alberi.
Fasci di luce dorata brillavano tra i rami e le foglie mentre Jules, superato il confine della foresta, entrava in un immenso prato. I lupi avevano smesso di seguirli e se ne stavano ora seduti come cani ammaestrati al limite della vegetazione.
Sarah sentiva lo stomaco torcersi e la bile minacciava di salirle in gola da un momento all’altro. Aveva sempre saputo che Victor non era un marito come tutti gli altri e lo aveva accettato perché, dopotutto, non voleva né lui né il tipo di vita che le offriva. Mentre il fortunato trio si lasciava la foresta maledetta alle spalle, però, un altro pensiero l’aveva colta all’improvviso. Sebbene lui non fosse formalmente parte della sua vita perché il matrimonio era stato una truffa, aveva ancora pieno controllo su di lei. I mutaforma li avevano lasciati passare soltanto per timore della rabbia di Victor. Contro ogni logica, Sarah dovette ammettere che forse la storia degli Immortali non era un parto della fantasia generale. Forse sono davvero legata a lui in un modo che tutti gli altri temono... e forse è proprio questo che mi serve per ritrovare mia sorella e portarci tutti fuori da questo posto assurdo. Ma non è neanche escluso che io sia pazza e mi stia immaginando tutto. Qualcuno chiami i medici di corte, per favore!
* * *
Un venticello fresco soffiava tra i cumuli di fieno mentre Jules guidava i cavalli attraverso il campo, in direzione della cittadina successiva. «Frank!»
Lui non rispose.
Sarah gli diede un colpetto nelle costole. «Che ti succede?»
Frank si girò, aveva la fronte increspata.
«Che ti prende?» chiese lei.
Lui scosse la testa. «Ho appena visto un lupo trasformarsi in uomo. Immagino di essere un po’ sconvolto. Sfiderei chiunque, date le circostanze. Sto cercando di mantenere la calma, per te, ma non ti aspettare entusiasmo eterno per il futuro.»
Sarah aprì la bocca per rispondere, ma lui la bloccò.
«No, non provare neanche a spiegare tutto questo imbroglio, tanto sai che non puoi. Cerchiamo solo un modo per trovare tua sorella e andarcene da questo postaccio.»
«Dimentica il branco di lupi. Ho la sensazione che presto avremo problemi ben più grossi di una massa di esseri strani che ululano alla luna. Tanto per cominciare, siamo a milioni di chilometri dal portale... per non parlare poi del fatto che sono una regina in fuga e siamo inseguiti da un uomo pericoloso.» Sospirò. «Se gli uomini di Victor ci prendono, siamo morti. Frank, non possiamo permetterci di sprecare tempo a piagnucolare o ad autocommiserarci. Dobbiamo restare lucidi. Se non ce la facciamo, sarà soltanto perché stai creando energia negativa dettata dalla paura. Anche un topo sarebbe in grado di accorgersene a chilometri di distanza e qui, con tutta probabilità, anche loro sono telepatici.»
«Gli uomini del re non ci prenderanno», ribatté Frank. «Dobbiamo semplicemente restare un passo avanti a lui.»
«Victor è un Immortale, Frank. Noi invece no.»
Lui le prese le mai, costringendola a guardarlo. «Non credi a quelle stronzate, vero? Nessuno vive in eterno, Sarah.»
«Anch’io credevo fosse uno scherzo... finché non ho visto loro», disse indicando la foresta. «Hanno detto che porto il simbolo degli Immortali. L’anello appartiene a loro, non a noi, e glielo abbiamo rubato. È refurtiva, Frank, e dubito che questi conoscano il significato di processo imparziale. Anzi, credo proprio che una punizione crudele e senza precedenti sia la regola.»
«In cella a vita, eh?» Frank ammiccò, divertito.
Sarah scosse la testa. Degli uomini-lupo lo avevano messo in fuga, ma il legame telepatico che iniziava a sentire con il re andava ben oltre la sua capacità di comprensione. «Esecuzione in stile medievale, piuttosto. Non lo abbiamo rubato a una persona qualunque, tipo un mercante del posto o che so io. No, dovevamo andare a scomodare il boss della mafia locale, quel cavolo di padrino.»
Frank lanciò uno sguardo all’anello. «Lo restituiremo subito dopo aver aperto il portale. Dai, potremmo anche lasciare un biglietto. Cos’ha di tanto speciale, poi? È carino, uh... pacchiano e comune, tipico di un negozio di oggetti usati o abiti in maschera.»
Sarah si attorcigliò una ciocca di capelli al dito, mordendosi il labbro mentre pensava alla risposta. Frank era già spaventato, ma aveva comunque il diritto di sapere. «Non c’è niente di comune in questo anello, a dispetto dell’apparenza. Quando Victor me l’ha infilato al dito, ho sentito una strana scossa elettrica in tutto il corpo.»
«Forse hai avuto un ripensamento?»
«Cosa?» Lo guardò, confusa.
«Sì... non volevi più sposarti.»
Lei roteò gli occhi. «Frank, non riesci proprio a essere serio? Non mi va affatto di indossare un oggetto che appartiene a un essere soprannaturale. Magari me lo tolgo e lo custodisci tu, eh?»
Lui annuì. «Lo metto in tasca.»
Sarah tirò, ansiosa di sfilarselo dal dito ma, così come prima, l’anello non si muoveva. «Accidentaccio! Non riesco ancora a togliermelo!»
«Ne sei sicura? Ci provo io», disse Frank. Lei gli tese la mano e lui tirò con forza. «Niente da fare. Forse con un po’ burro ci riusciamo. Lo conoscono tutti sin dai tempi biblici.»
«Toglimelo, Frank!» Si mise il dito in bocca, mordendolo e tirando. «Non funziona. Questo stramaledetto coso mi ha quasi bruciato la mano, prima!»
«Pensavo stessi solo fingendo, per recuperare tempo.»
«No», sussurrò lei. «Era tutto vero.»
Lui afferrò l’anello e tirò di nuovo, più forte questa volta. «Caspita. Ma il re non si è preoccupato di farti prendere le misure prima? Come accidenti ha fatto a infilartelo al dito?»
«Quanto sei spiritoso!» disse lei colpendolo a un braccio.
«Dico sul serio, Sarah. E se ti si forma un embolo?»
Aspetta... può succedere davvero? Lo guardò intensamente, esaminando la pelle increspata intorno agli occhi, scuri come stagni.
«Tranquilla, sto scherzando», continuò Frank. «Per adesso tienilo al dito, penseremo al da farsi quando avremo raggiunto la prossima cittadina. Spero che non ti bruci di nuovo.»
«È così... strano, Frank.» Con il cuore che batteva forte, si girò verso di lui, colpita da un pensiero improvviso. «Pensi che scoprirà tutto?»
«Cioè che non sei chi lui crede tu sia? Ci hai provato, a dirglielo, ma non ha voluto ascoltarti. Non ti ha lasciato molta scelta, giusto?»
«Immagino di no.» Uscì dal nascondiglio e si arrampicò su uno dei cumuli di fieno. Seduta lì, rifletté a lungo, con il vento che le scompigliava i capelli e il sole che batteva sul viso. I cavalli nitrirono e lei sobbalzò mentre il carro attraversava a fatica un campo di fiori selvatici viola e gialli. Il dolce profumo la circondava.
«Anche se scoprisse la verità, non saprebbe dove trovarci», disse Frank scuotendo la testa. «Non ho paura di lui.»
«Quei mutaforma sì, però! Era chiaro che non volessero farlo incavolare, e di sicuro avranno buone ragioni. Anche se fuggissimo da qui, forse Victor attraverserebbe il portale. Ha la chiave per aprirlo.» Fece un gesto stizzito. «Questa storia del cavolo potrebbe seguirci fino a casa e ritorcersi contro di noi!»
«Ti ha sposata soltanto perché voleva farla pagare al padre della principessa Gloria. Quando scoprirà che non sei la figlia del re, capirà che il suo piano è stato sventato. La sua tattica per macchiare il puro lignaggio del nemico non funzionerebbe perché tu non sei la principessa Gloria. Non avrà motivo di sprecare tempo e rischiare le vite dei suoi uomini per inseguirci dall’altra parte del portale.»
Lei guardò in basso e agitò il dito. «Porterò il suo marchio per l’eternità.»
Frank roteò gli occhi. «Cominci a esagerare, cara.»
La luce tenue del mattino faceva risplendere gli alberi fioriti. Un forte odore di letame li investì mentre il carro attraversava di corsa il campo. Sarebbe bastato un dosso a farla saltare fuori, ma non le importava. In quel momento voleva soltanto risposte. Si sedette, con la schiena dritta, aggrappandosi ai cumuli di fieno come se ne dipendesse la sua vita. «Ehi, Jules, che cosa sai di questo anello?»
Maneggiando le redini, l’amico la guardò oltre la spalla. «Non molto... solo che agli Immortali è consentito di sposarsi un’unica volta in tutta la vita, e quando si sposano ricevono l’antico anello di rubini.»
«Perché Victor sprecherebbe l’unica possibilità di matrimonio con un’estranea che non ama e crede figlia del suo peggior nemico?» chiese Frank, sedendo sul cumulo di fieno accanto a Sarah.
«Te l’ho detto prima», rispose lei. «Pura vendetta. Voleva che gli sfornassi una nidiata di figli... per macchiare il lignaggio del nemico. La discendenza è importantissima per i reali.»
Frank annuì. «Capisco, ma ho l’impressione che ci sia dell’altro. Se questo Victor è un Immortale, come può avere figli?»
«Possono», si intromise Jules al di sopra del rombo degli zoccoli.
«Non riesco a farmene una ragione», disse Frank.
«Ha qualche potere questo rubino?» chiese Sarah, spostando la mano per osservare l’anello dalla giusta angolatura, mentre i raggi di sole si riflettevano sulla gemma.
«Non lo so», rispose Jules, «ma quelli che lo indossano sono collegati tra loro da una sorta di telepatia.» Lei sapeva quanto fosse ridicolo credere a quelle storie, ma non le era mai capitato di provare a sfilarsi un anello e torturarsi il dito senza alcun successo. E non aveva mai sentito parlare di lupi mutaforma. Ormai iniziava a credere che tutto e qualunque cosa fosse possibile in quello strano, nuovo – o vecchio – mondo. Si piegò in avanti, incuriosita, e inarcò un sopracciglio. «Come funzionerebbe questa connessione?»
Jules scosse la testa.
Il tipo non mi sembra di grande aiuto... Questi qui sanno come creare anelli magici ma non come inventare Google per fare ricerche su questa storia? Hm. «Hai detto che tutti gli Immortali ricevono un anello come questo», proseguì Sarah. «Ma anche un umano può indossarlo?»
Jules esitò. «Non so bene come funzioni. Gli Immortali sono molto riservati. Vivono in un mondo misterioso, dove seguono le proprie regole. So che tutti i paesi del nostro mondo sono governati da re Taggert, che risiede presso la Corte Cardasiana. Si dice anche che alla morte di re Taggert, re Victor sia il successore diretto. Il re è moribondo, perciò non ci vorrà molto prima che Victor salga al trono più potente in assoluto.»
Sarah sbuffò. «Già, così hanno detto anche quei mutaforma.»
«Beh, non mi sorprende che re Taggert abbia scelto re Victor.»
«Perché? Non c’è nessun altro?»
«Victor è uno degli uomini più vecchi e forti del nostro mondo. È molto potente, regna con un pugno di ferro e tutti lo temono.»
«Eppure tu rischi la vita e ti esponi alla sua rabbia per noi?» chiese Frank.
«Farei di tutto per Mia», rispose Jules, tenendo lo sguardo fisso sulla strada. «La amo.»
«Scusa... hai appena detto che Victor è uno dei più vecchi? Ma quanti anni ha, questo tipo?»
«Non ne ho idea», disse Jules. «Forse secoli.»
La mia solita sfortuna, pensò Sarah. Non solo mio marito è uno psicopatico che mi ha incastrata con il suo strambo anello magico, ma è pure un vecchio con un piede nella fossa che non si deciderà mai a morire. Victor l’aveva catturata e rapita in pieno giorno, eppure sentì il bisogno di chiedere: «Gli Immortali sono una specie di vampiri o che so io? Devo sapere se Victor ha intenzione di mordermi. Finirò col brillare al sole, sfoggiare canini nuovi e bere solo sangue?»
Jules rise, un po’ confuso. «Canini? No, no, niente di simile... almeno non che io sappia.»
Sarah si portò una mano al petto. «Sia lodato il cielo!»
«Per molti versi, gli Immortali sono proprio come noi», continuò Jules. «Mangiano, dormono, ridono e piangono. L’unica differenza è che migliaia di anni fa, sono riusciti in qualche modo a ottenere il potere dell’immortalità. Secondo la leggenda, si impadronirono di tutti i paesi del nostro mondo e da allora hanno regnato con un pugno di ferro.»
«Gli Immortali hanno qualche... uh... superpotere?» chiese Frank.
«Oh sì, e riescono a fare cose strane con la mente, tipo far vedere a qualcuno visioni o...»
«Io ne ho avuto una! Ho visto i cavalieri del re e i cavalli ancor prima che si avvicinassero», disse Sarah in tono stridulo. «Li ho visti arrivare verso di noi, chiaramente, e ho addirittura sentito la voce di Victor. Penso che sia... vero.»
Frank scosse la testa. «So che lo hai detto già un milione di volte, ma l’idea di un re immortale che ci segue è per me un po’ troppo difficile da accettare.»
«Pensaci, Frank. Non siamo più nel nostro mondo. Qui le cose sono diverse. Dobbiamo aprire le nostre menti all’inspiegabile che, mi rendo conto, per te è un grande passo.» Guardando in basso, sussurrò: «Mi chiedo soltanto come abbia fatto un’umana come me a indossare l’anello di rubini senza prendere subito fuoco o che so io.»
«Sai cosa prova, vero?» disse Frank, come al solito scettico.
«No. Cosa?»
«Che qualsiasi persona comune può indossarlo, in altri termini questi qui sono immortali quanto me.»
«Potreste tornare a nascondervi, voi due?» disse Jules. «Siamo ancora nella provincia tastiana. Vi porterò fino a Dornia, ma poi dovrete sbrigarvela da soli.»
Sarah fece spallucce. «Certo. Ho comunque bisogno di dimenticare tutta questa faccenda e concentrarmi su mia sorella.»