Sarah fissò i tre amici legati ai lunghi pali di legno, in attesa del feroce destino. Il suo cuore diede un balzo. «Allora? Qual è il piano?»
«Potremmo provare a sollevare un tumulto», disse Frank.
Jules inarcò un sopracciglio. «Buona idea. Una lite tra la folla dovrebbe bastare a creare un po’ di distrazione per passare inosservati senza altri problemi.»
«Vale la pena provare.» Sarah piegò di lato la testa mentre valutava il suggerimento. Una volta tanto, l’idea di Frank non era male, soprattutto adesso che il piano di farsi passare per la principessa Gloria non aveva funzionato. «Guarda laggiù accanto alla catasta di legna. Vedi la borsa con la telecamera di Steven tra la paglia?»
Frank annuì.
«Forse dovresti mostrargli un po’ della nostra tecnologia. Potresti fingere che abbia enormi poteri pericolosi.»
«Perché io?»
Sarah lo guardò infastidita. «Naturalmente perché Jules non ha idea di come usare quella roba, e ormai tutti conoscono la mia faccia.»
Frank gemette. «Ricordi cosa succedeva a quelli che osavano ricavare tè da certe erbe?»
Lei scosse la testa, con un largo sorriso.
«Pensa alle parole “pira” e “tanto fuoco”... di certo non per il manzo arrosto.»
«Hai qualche altra idea geniale, allora?»
Frank sospirò e si tirò il cappuccio sul viso. «Va bene. Ho capito. Riprendiamo me che gli ordino di liberare gli altri, minacciando grandine e zolfo se si rifiutano di obbedire, e poi gli facciamo vedere il filmato.»
La folla in tripudio era di nuovo eccitata all’idea di morte e sofferenza. Come fanno a essere così impazienti di uccidere qualcuno? «Mi avvicino piano e prendo la borsa», disse Sarah.
Senza aspettare la risposta di Frank mosse dei passi avanti, andando a sbattere contro un tipo alto e robusto. Lanciò uno sguardo al carnefice, che reggeva una torcia mentre il prete somministrava l’estrema unzione ai suoi amici. Non aveva mai visto Beth tanto sconvolta. Le lacrime le inondavano il viso mentre li supplicava di cambiare idea.
«Sbrigati!» sibilò Frank.
«No!» disse Jules, afferrando Sarah per il mantello. «Adesso che ci penso, quella di Frank è un’idea migliore. Dovremmo distrarli. Non vorrai che ci processino per stregoneria. Preferirei non fossi tu da sola a doverci salvare tutti.»
Sarah si rivolse a Frank. «Insomma cos’è meglio? Distrazione o magia?»
Prima che lui potesse rispondere, Beth emise un urlo raccapricciante. Il carnefice diede fuoco alla paglia sotto i loro piedi.
Sarah provò una soffocante fitta allo stomaco. Senza indugiare oltre, i suoi riflessi da Immortale entrarono in azione, soffiò sulle fiammelle estinguendole in unico colpo.
«Simili poteri possono appartenere solo a un essere immortale.» Lo sguardo del carnefice sfrecciò tra la folla, fermandosi proprio su Sarah. «Non potete fermare questa esecuzione, Altezza», disse con un cenno all’indirizzo di un gigante muscoloso. «Prendila!»
Un dolore la trafisse mentre l’uomo alle sue spalle le afferrava le braccia trascinandola attraverso la folla. «No!» urlò Sarah. Senza di lei, i suoi amici non avevano alcuna possibilità. Erano praticamente cadaveri.
All’improvviso, un uomo si lanciò tra la folla, urlando: «È morta! Mella è annegata. Mi serve un guaritore. Solo lui può salvarla.» La folla si girò mentre lui adagiava la donna per terra, il viso era livido e gonfio, i capelli castani stillavano acqua. Urla e strilli risuonarono tra la gente. Per un attimo, l’attenzione si spostò dall’esecuzione all’uomo in lacrime che stringeva con delicatezza la testa della donna.
«Ma... ma è già morta!» gridò un uomo.
Sarah si liberò con uno strattone dalla presa del gigante. Quando lui fece per riacciuffarla, lo spinse tra la folla come se pesasse meno di una mosca. In qualche modo, le emozioni erano collegate ai suoi poteri, ma non era ancora sicura di come usarli. Avvicinandosi, notò che un dito della donna si muoveva, segno che forse in lei c’era ancora un soffio di vita. Senza pensarci su due volte, corse e le si inginocchiò accanto, mettendo l’orecchio sulla sua bocca per sentire o avvertire il respiro. Niente. Con due dita sul collo cercò qualche pulsazione. Nessuna. «Frank!»
Lui annuì e posizionò le mani sul torace della donna. «RCP a due? Qual è il rapporto?»
Sarah guardò Beth, ancora legata al palo. «Sono passati anni. Non ricordo. Quante?»
«Trenta a due», rispose l’amica.
Sarah rovesciò all’indietro la testa della donna e le chiuse il naso. Si chinò su di lei e per due volte fece aderire le proprie labbra a quelle livide della poverina.
Frank iniziò a comprimerle il torace. «Uno e due e tre e...»
«Compressioni delicate non le salveranno la vita!» urlò Beth. «Sii più deciso, spingi sul torace con forza sufficiente a comprimerle il cuore. Affonda il palmo di almeno cinque centimetri. Servono almeno cento compressioni ininterrotte al minuto.»
L’uomo afferrò Frank per le spalle, il suo viso era una maschera di furia. «Lascia stare mia moglie, brutto mostro.»
«Stiamo solo cercando di aiutarla», sussurrò Sarah.
«Senti, buonuomo, dagli una possibilità. Sembra strano, ma la riporteranno in vita», urlò Beth.
«Perché uno dovrebbe baciare un morto se non è morto lui stesso?» sibilò il marito.
«Slegami, sono un’infermiera... una guaritrice. Posso salvare tua moglie.»
«È un trucco!» strillò una donna. «I morti non si possono guarire.»
Sarah fissò l’uomo negli occhi. «Fallo! Non è ancora morta, ma stiamo per perderla. Stai sprecando dei secondi preziosi che ci servono invece per salvare la vita di tua moglie.»
L’uomo abbassò lo sguardo sulla moglie, quindi lo sollevò sul carnefice, annuendo. «Liberate la guaritrice!»
Sarah tornò a concentrarsi sulla rianimazione. Per nulla al mondo avrebbe lasciato morire quella povera donna.
Un istante dopo, Beth fu al suo fianco e sostituì Frank, iniziando a comprimere il torace. Sarah le rivolse un fugace sorriso amaro, poi si concentrò di nuovo sulla respirazione.
La folla si zittì, innumerevoli occhi le scrutavano. Sarah sentiva il sudore scendere sulla fronte mentre cercava di ignorare quegli sguardi indagatori.
Dopo parecchi minuti, finalmente Beth disse: «Sento il battito.»
La fragile donna tossì e rigurgitò acqua. Il colorito passò dal bluastro al rosa.
Il marito la prese fra le braccia, accarezzandole i capelli. «Oh, Mella!» Alzò lo sguardo su Sarah, poi su Frank e Beth. «Grazie! Non posso permettere che facciano del male ai soccorritori di mia moglie, e tanto meno che vi uccidano. Avete salvato la mia adorata Mella. In quanto magistrato di questo villaggio, vi concedo il perdono.» Rivolto al carnefice, ordinò: «Slega gli altri. Questa gente è libera di andare.»
Gli occhi di Sarah si gonfiarono di lacrime mentre incrociava lo sguardo del magistrato. «Grazie.» Prese il sacchetto con le monete e lo aprì. Gli abitanti del villaggio avevano bisogno di cibo e lei avrebbe fatto il suo meglio per aiutarli. La circondarono e iniziarono a spingere e sgomitare mentre Sarah cercava di distribuire le monete. Non aveva in mente di finire calpestata, così lanciò in aria l’oro e lo guardò cadere come pioggia sulle loro teste. La gente urlava gioiosa e si azzuffava per prendere le monete, come i bambini con le caramelle dopo aver rotto la pentolaccia.
Beth si tirò contro Sarah e con occhi luccicanti di lacrime sussurrò: «Sei stata davvero generosa. Sono così felice di vederti, amica mia.»
Sarah ricambiò il forte abbraccio. «Pensavi che vi avrei lasciato friggere?» Con la coda dell’occhio notò che Frank aiutava gli altri a slegarsi.
Appena libero, Steven corse a prendere la borsa con la telecamera, controllandola come fosse stata un bambino.
«Sì, la tua telecamera sta benissimo. Non troverai neanche un graffio. Anche noi stiamo tutti bene, in caso te lo stessi chiedendo», disse Beth.
«Filiamocela da qui prima che questi svitati medievali cambino idea», le rispose Steven dopo essersi accertato che la sua telecamera era, di fatto, a posto.
Adam sollevò Sarah di peso e la fece girare. «Come minimo, ti devo una cena. Sai che cosa pensavo?»
«Cosa?» Sarah adorava i suoi splendenti occhi verde-blu, e anche la sua risata. Lo considerava un fratello maggiore.
«Non siamo più in California.»
«No, ma va’! Non me n’ero neanche accorta.» Sarah fece un gesto esasperato, sorridendo.
Adam spalancò gli occhi. «Ho visto... tutti abbiamo visto le creature per la primissima volta. Un vero sballo. Tu le hai viste?»
«Sicuro! Spettacolare. Sono anche riuscita a scattare qualche foto.»
«Lo sapevo che esistevano davvero! Le ho cercate in tutto il mondo. Gli indiani d’America parlano di mitiche scimmie giganti da secoli, sono anche nelle leggende tramandate attraverso gli anni in Europa e Asia. E io le ho viste di persona!» Adam riusciva a stento a contenere l’emozione.
Sarah sorrise. «È una scoperta straordinaria!»
«Adesso devo andare», annunciò Jules. «Camminate verso nord per due ore in direzione della vostra meta. Lì, troverete una cava in cui dovreste potervi accampare senza problemi per la notte. Viene usata spesso per sfuggire agli esseri immortali o per nascondere oggetti alla loro vista.»
«Cosa?» chiese Sarah.
«Purché resti vicino o dentro la cava, Victor non può trovarti.»
«Insomma interrompe il segnale e mi tiene fuori dal suo radar. E lui non può trovarmi?»
Lui fece segno di sì e li salutò. «Addio, cari amici.»
Sarah annuì, con un nodo alla gola. «Grazie, Jules. Spero che ci incontreremo ancora. Porta a Mia i nostri saluti affettuosi.»
«Lo farò. Ma non dimenticare che hai promesso di recuperare i minerali aurei della vita.»
«Non lo dimenticherò.» Sarah lo guardò sorridere e allontanarsi.
Intorno a loro, la folla aveva iniziato a disperdersi, alcuni si affrettavano verso casa dopo il lungo pomeriggio, altri a comperare, con le monete elargite da Sarah, il cibo e le provviste di cui avevano un disperato bisogno. Il cielo aveva assunto una sfumatura grigio sporco e prometteva una notte fredda, forse anche pioggia. L’odore di umido era persino nell’aria e racchiudeva in sé la certezza di un temporale. Se volevano raggiungere la cava prima del calare della notte, dovevano partire subito. Con grande sollievo di Sarah, i cavalieri erano scomparsi ormai da tempo, senza lasciare traccia della loro presenza, come se non fossero mai stati alle sue costole.
«Pronti a partire, ragazzi?» chiese rivolta agli altri.
Frank annuì e le cinse la vita con un braccio. Adam teneva il broncio mentre camminavano lungo il sentiero consunto, oltre una serie di fatiscenti casette rustiche con candele accese sui davanzali delle finestre e il fumo che si levava dai comignoli.
Avevano da poco raggiunto un ampio prato lontano dal villaggio che l’oscurità scese ad avvolgerli, troppo in fretta, e una luna argentea apparve nel cielo. Sarah sollevò lo sguardo su quel manto scuro, preoccupata, e si chiese se nel buio sarebbero riusciti a trovare la cava. «Sai cos’è che mi scoccia davvero?» sussurrò a Frank.
«A parte me?»
«Infatti. Come fa a diventare scuro così in fretta?»
Lui scosse le spalle come se non gli importasse, ma lei intuiva il significato dei solchi profondi intorno alla bocca.
«Ehi, bell’anello.» Steven indicò il dito di Sarah. «Ignoravo fossi tanto ricca da permetterti gioielli antichi. Se l’avessi saputo avrei chiesto di più per i miei servizi.»
Lei sorrise e sollevò la mano. Quella battuta pronunciata da chiunque altro l’avrebbe mandata in bestia, ma Steven era un gran giocherellone. A lui veniva sempre perdonato tutto.
Beth le toccò l’anello e i suoi occhi si illuminarono. «Questo sì che si chiama gioiello! Come te lo ritrovi?»
Prima che potesse rispondere, Sarah si accorse che Adam spingeva Frank all’indietro colpendolo al torace. «Lei è ben oltre ciò che meriti, e lo sai.»
I due litigavano come gorilla che si contendono una banana. La sua squadra detestava Frank più di ogni altra cosa, in gran parte perché aveva cercato in tutti i modi di screditare la ricerca, e per anni aveva ridicolizzato il loro duro lavoro.
Perché Adam non riusciva a controllarsi? Dopotutto, era il più anziano del gruppo, forse vicino alla quarantina. Si riavviò i capelli castani su un lato prima di rimettersi il cappello di feltro. Era un vero esploratore, unico, sempre in viaggio da un capo del mondo all’altro. Era senz’altro un punto di forza per la squadra, quando si manteneva calmo.
«Qual è il tuo problema?» urlò Frank. «Ti ho appena salvato il sedere.»
«Tu sei il mio problema, mezzasega.» Adam gli diede un altro spintone. «Preferirei la compagnia di chiunque altro alla tua. Proprio non capisco perché Sarah ti abbia detto il posto della spedizione.»
«Non gliel’ho detto», sibilò Sarah. «L’ha scoperto da solo. Come sai è un giornalista... e, a quanto pare, un persecutore.»
Frank si passò una mano tra i capelli. «So che siete tutti incavolati per via di alcuni miei articoli, ma vedete di darvi una regolata. Qui ci troviamo in una dimensione diversa. E, chiaramente, uscirne è molto più importante che rinvangare chi ha fatto cosa nel ventunesimo secolo.»
«Ci hai ridicolizzato uno per uno in quella schifezza di libro che hai scritto.» Adam strinse i pugni. «Dovrei denunciarti per diffamazione.»
Frank fece spallucce. «Fa’ come credi, ma sono abbastanza sicuro che non troverai nessun avvocato qui. Prima dovrai tornare a casa, il che potrebbe rivelarsi difficile visto che non ho nessuna intenzione di salvarti il popò una seconda volta.»
Adam gli si scagliò contro, una vena sulla fronte sembrava sul punto di esplodere.
Steven gli afferrò il braccio, trattenendolo. «Senti, amico, abbiamo problemi più grossi. Credi davvero lui meriti attenzioni?»
«Ci ha fatto diventare la barzelletta di tutta la California», ritorse Adam. Pur fumante di rabbia, ascoltò il consiglio di Steven e si ritirò. «Non posso credere che Sarah esca con un tipo del genere, e che gli permetta di metterle le mani addosso. Ci convivi, Sarah? Vai a letto col nemico?»
Per quanto le sarebbe piaciuto convincerlo del contrario, Steven aveva ragione. Avevano altre preoccupazioni da affrontare prima. Frank era spesso detestabile, al pari delle affermazioni nel suo libro, ma inimicarselo non sarebbe stata una buona idea. Avevano bisogno di forza e unione, e lui aveva rischiato la pelle più volte per salvare la sua. «Le persone con cui trascorro il mio tempo non sono affar tuo. Siamo tutti nella stessa barca, perciò piantatela di comportarvi da mocciosi. Cerchiamo il modo di trovare mia sorella e filarcela da qui!»
Lui la guardò, scuotendo piano la testa. «Non credo sia ancora tu a guidare la spedizione, capo.»
«L’ultima parola dice tutto», lo rimbeccò Sarah. «Finché ti pago, farai quel che dico io, e per il momento risulti ancora sul mio libro paga.»
«Va bene, allora. Sei tu il capo.»
«Aspetta... Liz? Tua sorella è qui?» chiese Beth.
«Te lo spiego dopo.» Sarah lanciò un’ultima occhiata di avvertimento ad Adam, quindi si girò concentrandosi sul sentiero davanti a sé.
Su ambo i lati, alberi enormi correvano a perdita d’occhio, tra le chiome folte filtrava pochissima luce. Rami e ramoscelli si spezzavano sotto i loro stivali producendo l’unico rumore fino a quando Beth, dopo qualche minuto, non riavviò la conversazione. «E così stai di nuovo con Frank? Pensavo vi foste lasciati.»
Ma insomma! Perché la gente non la pianta di ficcare il naso nella mia vita privata? Aprì la bocca per rispondere, ma Frank la cinse con un braccio e, battendola sul tempo, disse: «State a sentire, intriganti che non siete altro, stiamo cercando anche noi di capirci qualcosa. Riesumare il passato non aiuterà di certo la nostra relazione a fiorire, perciò chiudete quelle boccacce, d’accordo?»
«Non ci posso credere! Sei un perfetto idiota», disse Beth senza scomporsi troppo. Si avvicinò per schiaffeggiarlo in pieno viso, ma lui le afferrò la mano.
«Ascolta, Beth, non ti ci mettere anche tu. Spero che diventeremo tutti amici.»
Lei lo guardò con aria di sufficienza. «Niente da fare.»
Steven accese la telecamera e iniziò a riprendere gli alberi e lo stretto sentiero. «Andiamo, voi, basta così. Smettiamola tutti. Mi scuso io per loro, Sarah. Essere incastrati in questo posto con Frank Hedford è il peggio del peggio, ma siamo anche stressati. Non hai idea di ciò che abbiamo passato. Per fortuna, ho ripreso tutto su pellicola.»
Sarah afferrò la telecamera e guardò direttamente nella lente, poi con voce carica di rabbia disse: «Al contrario, ho la sensazione di saperlo bene. Neanche noi siamo stati trattati esattamente a champagne, caviale, limousine e alberghi a cinque stelle. È stata dura anche per me e Frank.»
Adam si aggiustò il cappello contro la folata di vento che soffiava nella loro direzione. «Beh, noi siamo stati in punto di morte tantissime volte. Come diceva Steven, non hai la più pallida idea.»
Sarah agitò in aria l’anulare sinistro, mettendo in mostra l’anello di rubino. «Beh, poveri, poveri piccoli. Voglio dire, io sono stata soltanto scambiata per una principessa e gettata in una cella infestata da cimici e ratti. Poi mi hanno obbligata a sposare il re di Tastia, che si dà il caso sia un Immortale impaziente di farmi sfornare un’intera squadra di baseball medievale! Mi ha infilato questo anello al dito, che non riesco a togliermi, e adesso dalle mie mani sfrecciano palle infuocate.» Fece un respiro e raccolse i pensieri. «Oh, e vi ho detto che l’ho fatto incavolare di brutto scappando via, e con Frank abbiamo dovuto fingerci monaci per sfuggire a lui e ai suoi cavalieri? Come se tutto ciò non bastasse, anche il re di Dornia è incavolato con me, e qui siamo sul suo suolo. Anche lui mi vuole morta. E poi c’è anche un gruppo di Immortali che vuole la mia pelle perché sono diventata una di loro ma senza autorizzazione, ragion per cui mi hanno trafitto il cuore, e non parlo di una pantomima scolastica di Romeo e Giulietta.»
Steven rise. «No, scusa... palle infuocate? Trafitta al cuore? E sei... sposata con un re? Accipicchia, Sarah, dovresti iniziare a scrivere romanzi. Stai scherzando. Se ti avessero colpita al cuore saresti morta da un pezzo, tesoro.»
«No che non scherza», mormorò Frank. «E ricordi? Lo scettico sono io. Ho visto tutto con i miei occhi.»
Sarah annuì. «Sì, mi hanno trapassato il cuore e la schiena. Travestita da monaco ho dovuto attraversare un villaggio brulicante di cavalieri il cui unico scopo era decapitarmi. Perciò, Adam, raccontami pure la tua storiella dell’orrore, mi piacerebbe ascoltarla.»
Beth la cinse con un braccio. «Ti hanno scambiata per una principessa e hai sposato un re? Davvero? Come mai a me non succede mai niente di simile?»
Sarah le diede un buffetto sulla mano. «Smettila.»
Beth rise. «Ma si dice che le bionde si divertano di più.»
Steven fece un gesto d’intesa. «Sì, bambina! Noi biondi dobbiamo sostenerci a vicenda.»
Lei sorrise e continuò: «E come bacia, questo tuo re? È lento e delicato o veloce e passionale? E cosa più importante, che baci bene o meno, perché mai te ne vai in giro scarpinando per villaggi poveri e dormendo nelle cave quando potresti trovarti in uno di quei bei letti a baldacchino e ordinare il servizio in camera dalla cucina reale?»
«Basta così!» sibilò Frank.
«Oh!» lo canzonò Beth. «Meglio ancora, è fico?»
«Che ne dici di cambiare argomento?»
Beth sorrise. «Geloso? Scommetto che non ti saresti mai aspettato di avere rivali in un posto come questo. In te, mi preoccuperei, Frank... per più di una ragione. Ma li hai visti i muscoli di quei tipi? Tutte le donne sognano un cavaliere senza macchia... per non parlare poi dei capelli scuri e l’aspetto tenebroso.»
«Parole sante», intervenne Sarah mentre il viso di Victor le balenava nella mente. «A dire il vero, la brillante idea di farmi sposare il re è stata proprio di Frank, quando è venuto a salvarmi nella sua lucente armatura.»
Steven sollevò un sopracciglio. «Come hai detto?»
«È una storia lunga», rispose Frank.
Adam mise una mano sulla fronte di Sarah. «Hai battuto forte la testa, capo?»
«Farai meglio a tenere il tuo dipendente al guinzaglio, Sarah, o dovrò prenderlo a pugni fino alla prossima settimana, o forse la scorsa. Chissà come funziona il tempo qui», disse Frank.
Beth si schiarì la voce. Quando tutti si zittirono ed ebbe la loro attenzione, disse: «Mentre la nostra piccola Sarah era impegnata a diventare parte di una famiglia reale e impersonava un monaco, noi abbiamo scoperto alcune cose. La cava è ancora qui, ma non esiste un portale di ritorno a casa. Ci siamo trattenuti più a lungo a dare uno sguardo, ma una marea di Bigfoot ci ha inseguiti per tutta la foresta.»
«E io ho ripreso tutto.» La voce di Steven si alzò di un’ottava. «Ultime Notizie, stiamo arrivando! No... meglio ancora... Discovery Channel!»
«Esiste una via di ritorno, ma serve una chiave», disse Frank. «Scommetto che questa informazione ti mancava.»
«Frank!» Sarah lo sgomitò nelle costole. «Non essere cafone. Solo perché ne sei venuto a conoscenza per caso non significa che lo sapessi da sempre. Hai avuto fortuna.»
«Hm. Non ricordo di aver avuto una certa fortuna... ancora.»
«Piantala. Intendevo hai avuto fortuna con Jules... ehm... cioè» Sarah si picchiò la fronte e lo guardò torva. «Sai cosa intendo.»
«Una chiave?» chiese Steven, interrompendoli. «E dove la prendiamo? Non ho ancora visto nessun Maniscalco dell’antico portale.»
«La porto addosso.» Sarah sollevò la mano.
Steven puntò la telecamera sull’anello. «Splendido. Insomma, cosa aspettiamo?»
Sarah roteò gli occhi. «Ti ho detto che prima devo trovare mia sorella. È qui. È sempre stata qui.»
«Pensavo delirassi», disse Adam. «Dici sul serio?» Lei annuì. «Sbrighiamoci, allora. Questo è un posto pericoloso. Non possiamo fermarci più del necessario.»
«La chiave ce l’ho io, perciò sapete tutti cosa vuol dire, giusto?»
Un paio di loro annuirono, ma Adam scosse la testa. «No. Che vuol dire?»
«Vuol dire che le regole le faccio io», rispose Sarah. «Chiaro? Sono io quella che ha sposato un perfetto sconosciuto così che tutti potessimo tornare a casa.»
Steven assentì. Al buio, la pelle pallida e gli enormi occhi blu gli conferivano l’aria di un adolescente. Nessuno avrebbe indovinato che aveva almeno la stessa età di Sarah. «Ricevuto, capo. Hai attraversato un brutto quarto d’ora, proprio come noialtri.»
«Già. A sud da qui siamo stati inseguiti da un drago», disse Beth. «Ci crederesti? Un drago in carne e ossa! Naturalmente, immagino avrebbe anche potuto essere un dinosauro non ancora estinto.»
Steven sorrise. «Infatti... e io ho ripreso tutto!» Mise la telecamera in un borsone e se lo gettò su una spalla.
«Mi chiedo se questo superi i mutaforma che da lupi sono diventati persone», disse Sarah.
«Accidenti!» fu il commento stridulo di Steven. «Ci serve una spedizione con almeno cinquanta ricercatori.»
«Sarà meglio andare. Mi sono già inimicata parecchia gente in questo posto», rispose Sarah scrutando tutt’intorno.
«Dimmi qualcos’altro degli uomini che vogliono ucciderti», la pregò Beth.
«Sii più precisa. Se intendi uccidere immediatamente, a vista, allora sono gli uomini di re William. Se intendi uccidere dopo un processo rapido e iniquo, sono gli Immortali, un certo gruppo chiamato Corte Cardasiana. Se invece intendi uccidere, nel senso di giustiziare, una moglie in fuga, allora parliamo di re Victor.»
«Incredibile. Mettici dentro mafia, un paio di Terminator e una banda di motociclisti e avrai tutti gli ingredienti per un vero e proprio colossal. Pensi di avere abbastanza macchine assassine alle costole?»
«Speriamo soltanto che non si incavolino i mutaforma. Abbiamo mentito anche a loro», intervenne Frank. «L’ultima cosa di cui abbiamo bisogno è u gruppo di licantropi incazzati alle calcagna. Far imbestialire la gente dev’essere la nostra specialità.»
«Beh, trattandosi di te, non mi sorprendo affatto», disse Adam. «Ma non è per niente da Sarah.»
Frank sospirò. «Uffa! Ad ogni modo, siamo braccati da una folla inviperita. Forse non ti conviene viaggiare con noi.»
«Ma voi avete la chiave», rispose Adam.
«Allora immagino tu non abbia scelta. E, adesso, detesto dover interrompere una conversazione tanto importante e piacevole, ma gente con torce e forconi non è mai un buon segno, giusto?»
Sarah seguì il suo sguardo verso la folla che andava crescendo in lontananza. Gente del villaggio – che non voleva certo giocare a nascondino – si avvicinava da ogni parte, di gran carriera. Gli occhi si posarono sui due uomini in groppa ai due cavalli bianchi a capo di quella moltitudine. L’anello di rubino al dito di uno dei due scintillò nella luce lunare mentre sollevava il braccio per dare un segnale. «Neanche gli Immortali lo sono», mormorò. «Riesco a vederne gli anelli.»
Beth provò ad aguzzare la vista. «Come fai a vedere a una simile distanza?»
Sarah si strinse nelle spalle. «Forse l’occhio di lince è parte dell’essere Immortale. Come ve la cavate con la scherma?»
«Io non sono certo un guerriero ninja», ribatté Adam.
Sarah indietreggiò di qualche passo e si lanciò un’occhiata alle spalle; erano sul ciglio di un dirupo a strapiombo su di un impetuoso fiume. «A quanto pare, forse dovremmo preoccuparci più delle nostre abilità subacquee. Sapete nuotare tutti, giusto?»
La folla di gente si dirigeva verso di loro, le torce nelle mani tremolavano nella brezza.
Che accidenti...? Perché all’improvviso vedo a trecentosessanta gradi? Tendendo l’orecchio, riuscì a cogliere alcune voci.
«Uccidete la strega!»
«A morte il male!»
«Abbasso gli intrusi!»
«Salvate il nostro mondo!»
«Fateli supplicare! Fateli sanguinare! Uccideteli per le loro azioni malvagie!» urlava un mercenario particolarmente creativo cui non sarebbero stati male un paio di pompon.
Sarah gemette, irritata. Cosa gli fa pensare che siamo streghe? Glielo hanno detto gli Immortali? Guardò oltre il dirupo e rabbrividì. «Squadra, pronti a fare un tuffo notturno? Io no, ma potrebbe essere la nostra unica salvezza.»
«Beh», disse Frank, «ci conviene saltare mentre siamo ancora carichi di adrenalina. Andiamo.»
Lei guardò gli altri. «Ragazzi ci state?»
Scuotendo la testa, Beth afferrò il braccio di Sarah, con gli occhi pieni di muto terrore. «Sarah, io... io non posso! Non posso farlo!»
«Non è il momento di giocare a fare la fifona, Beth», la rimproverò Sarah spingendola verso il ciglio. «È della tua vita che stiamo parlando.»
«Si stanno avvicinando!» esclamò Adam.
«SALTA!» urlò Sarah.
«Non posso!» strillò Beth di rimando.
«Devi farlo.»
«No, cioè, davvero... non posso perché... perché...»
«Perché? Andiamo! Puoi farcela!»
«Non posso perché sono incinta!» disse, scuotendo la testa. Non era a quel modo che aveva previsto di dirlo agli altri.
«Accidenti! Allora salta per amore del bambino. Se non lo fai, ti uccideranno. Ci uccideranno tutti, perché noi non ti lasciamo sola.»
Gli occhi di Beth esitarono mentre si guardava oltre la spalla. «Si direbbe che non abbia scelta.» Fece un ultimo respiro, si asciugò le lacrime e saltò.
«GERONIMO!» Steven la seguì nel vuoto, ridendo tra sé perché la folla non avrebbe avuto idea della persona cui rendeva omaggio con quel grido.
Sarah lanciò un’occhiata rapida ai suoi inseguitori Immortali. Se voleva sopravvivere in quel mondo folle, doveva sapere da cosa guardarsi in futuro. Non indossavano né i colori né lo stemma di re William o re Victor. La pelle pallida risplendeva nella luce chiara della luna. Persino da quella distanza riusciva a distinguerne il colore degli occhi, castano e verde, come pure il luccichio rosso rubino del loro simbolo.
«Verrete con noi alla Corte Cardasiana!» urlò il biondo.
«Col cavolo», mormorò lei. Pugnali volarono a pochissimi centimetri dal suo viso. Prima che potesse farsi da parte, uno le trafisse la scapola destra. Un altro il petto, poco distante dalla ferita della prima freccia. Si girò e saltò proprio mentre un terzo pugnale le affondava nella schiena.»