EINSTEIN IN RITARDO
A causa di sopraggiunti impedimenti, il professor Einstein non è ancora arrivato a Göteborg. Il discorso che avrebbe dovuto tenere in occasione dell’apertura del convegno degli scienziati naturalisti dovrà dunque essere spostato ad altra data, su cui verranno fornite informazioni più avanti. I biglietti già emessi saranno comunque validi. All’apertura nel Padiglione dei Congressi parleranno il professor Poulsson, sulla ricerca sulle vitamine, e il professor Ramsay, sull’era glaciale.
Göteborgs-Posten
Una delegazione di benvenuto era di nuovo schierata alla stazione di Göteborg, in attesa del treno da Copenaghen. Stavolta non c’erano valzer di Strauss, perché l’orchestra di fiati aveva altri impegni all’Esposizione. Anche Axel Carlander era occupato altrove.
Ma Svante Arrhenius si trovava fedelmente sul marciapiede, insieme a un gruppo di giornalisti e di ammiratori. Il professore prese l’orologio dal taschino del gilet e passò lo sguardo da quello all’orologio della stazione sopra la sua testa, come a volersi sincerare che fossero sincronizzati.
Proprio mentre lo stava riponendo di nuovo nel taschino, il treno arrivò sbuffando lungo la banchina, puntuale al secondo. Arrhenius guardò verso le porte delle carrozze che non si erano ancora aperte e si toccò nervosamente i baffi.
Telegrammi di spiegazione da Einstein non erano arrivati. Arrhenius aveva deciso che non avrebbe fatto domande circa il ritardo né menzionato il disagio che ne era conseguito. C’erano di sicuro ottime ragioni, che Einstein stesso gli avrebbe fornito di lì a poco. Ora doveva solo assumere un’espressione di benvenuto cordiale e rilassata.
Fra gli ammiratori di Einstein c’era anche Nils Gunnarsson. Come gli altri, scrutava teso la massa dei passeggeri che sciamava fuori dal treno per proseguire lungo il marciapiede.
Nessuno di loro era Einstein. Nils se lo aspettava.
Guardò intorno a sé il gruppo di persone in attesa, che con un mormorio deluso si disperdeva e lasciava la stazione.
Arrhenius rimase lì fino all’ultimo. Poi scosse la testa e se ne andò anche lui.
Un uomo però era ancora fermo sulla banchina, notò Nils. Era rimasto per tutto il tempo seminascosto dietro un palo, ma con una buona visuale sul marciapiede. Ora se ne stava a gambe larghe con lo sguardo fisso sul treno ormai vuoto, come se si aspettasse di veder scendere qualcuno alla chetichella dopo gli altri passeggeri. Aveva una cartelletta portadocumenti in mano e un soprabito sul braccio. Le maniche della camicia erano arrotolate rivelando i muscoli. Il volto era messo in ombra da una bombetta calata sulla fronte.
Solo quando le addette alle pulizie ebbero terminato il lavoro sul treno e fu esposto il cartello con la nuova destinazione, l’uomo andò via.
Nils lo seguì da lontano e lo vide attraversare Drottningtorget in direzione dell’edificio delle Poste ancora in costruzione che, circondato da ponteggi, sorgeva nel luogo dove fino a poco prima c’era l’ospizio dei poveri. La piazza brulicava di gente diretta alla stazione o che vi proveniva, facchini con i loro carretti e tram.
Un autocarro carico di materiale da costruzione frenò per evitare un ciclista e tolse la visuale a Nils. Quando pochi secondi dopo l’autocarro ripartì, Nils aveva perso l’uomo con la bombetta.