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CAPITOLO DICIANNOVESIMO

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“Se avessi saputo che aprire una nuova struttura del Club dei Miliardari sarebbe stato così stressante, non mi sarei mai offerto di farlo” confessa Croix, non appena Bruno e Raj lasciano l’ufficio.

“È così stressante solo perché il mondo esterno lo rende tale” gli ricordo.

È in piedi sulla soglia, appoggiato al telaio della porta, come se aspettasse il ritorno di Bruno e Raj. Si volta e si getta di peso sulla sedia davanti alla mia, poggiando il gomito sul bracciolo e il mento sul pugno.

Emette un lungo sospiro; sembra davvero contrito. “Mi dispiace di averti un po’ respinta nell’ultimo periodo. Non sono riuscito a gestire molto bene lo stress. Sai, forse avrei perso l’interesse a cercare di continuare ad aprire il Club dei Miliardari se non fosse stato per te. Il pensiero di non averti più intorno...” Scuote la testa.

“Non hai bisogno del Club per avermi intorno.”

“Mi sembra di sì.” Alza rapido gli occhi a incontrare i miei. “Soprattutto dopo ciò che ti ho detto in California.”

È la prima volta che sta tirando fuori ciò che è successo da quando siamo tornati. Sono un po’ sorpresa che stia rivangando il passato, ma è confortante sapere che pesi.

“So di essermi già scusato laggiù.” Annuisce verso dove io posso solo immaginare pensi sia la California. “Sono state delle scuse un po’ deboli e mi dispiace. Non avevo la testa al posto giusto. Essere lì... mi ha fatto pensare a troppe cose.”

Ad esempio?” Questo argomento mi sta mettendo a disagio, ma voglio ascoltarlo.

“Mi sono ricordato che hai vissuto lì, con Derrick. So che è passato del tempo, ma il fatto che faccia sempre parte della tua vita mi preoccupa.”

“Non ne fa più parte” puntualizzo.

“Lasciami finire.” Mi mostra il palmo per farmi tacere. “Anche io avevo una vita laggiù. Non sto dicendo che mi pento di qualcosa che ho fatto, ma essere lì mi ha ricordato quante persone mi siano passate davanti. E mi ha fatto pensare a quante persone puoi avere avuto laggiù. So che non sei me. So che la vita reale non è il Club dei Miliardari, ma mi ha fatto pensare a con quanti uomini potresti esser stata. Il fatto che fossero prima di me era irrilevante. Ero geloso. Non mi piace pensarti con altri. Non mi piace pensarti con Derrick. E quando hai detto di non voler andare al Silver Spoon, ho pensato che saremmo potuti incappare in qualcuno con cui hai fatto sesso in passato e non ero sicuro di riuscire a gestirla. Mi dispiace di essermela presa con te. Dico davvero. So che stavo solo proiettando il mio passato su di te. Sono stato immaturo, possessivo... maligno... e niente che ti meriti.”

“Sei stato uno stronzo” intervengo.

“Sono stato uno stronzo” concorda. “Ma il morale della storia è che mi sono comportato così perché avevo troppa paura di perderti per qualcun altro. Sei la donna più meravigliosa che abbia mai incontrato. Sei forte, intelligente e sexy. E delle volte credo di non meritarti.” Abbassa la testa con un’espressione piena di vergogna.

“Il modo in cui mi sono comportato in California ne è la riprova. Mi sarei dovuto scusare in quel momento. Avrei dovuto farlo davvero. Ero arrabbiato con te per qualcosa che non avevi neanche fatto. Quando me ne sono andato, ho pensato di essere andato troppo oltre e, quando le cose non sono tornate normali nonostante ti avessi chiesto scusa il giorno dopo, ho pensato che sarebbe stato meglio per te se mi fossi allontanato. Quindi ho lasciato perdere tutto fra noi e mi sono concentrato sul rimettere questo posto in piedi. Ho lasciato che lo stress e la testardaggine avessero la meglio su di me. Negli ultimi giorni, però, ho capito che l’unico motivo per cui sono ancora qui sei tu. Quando ti sorpasso nell’atrio, voglio toccarti. Quando vedo il tuo volto, la mattina, mi illumini la giornata, anche se non lo sai. Qualsiasi cosa abbia fatto da quando siamo tornati dalla California è stata più per te che per me, per Bruno o per le sorti di questo posto.” Si guarda intorno nella stanza.

Voglio chiedergli se non rispondere ai miei messaggi fosse per me, ma non sarebbe corretto. Mi ha appena aperto il cuore, facendomi una bellissima confessione dei suoi sentimenti e non ho intenzione di schiaffargli tutto in faccia.

“Pensavo avessimo chiuso” dico sincera, con voce gelida.

“Non voglio chiudere con te.” Alza lo sguardo su di me.

Mi stringo in un abbraccio per proteggermi. “Mi hai ferita, Croix. Hai fatto un sacco di cose che fanno molto male.”

“Lo so.” Si volta come se l’avessi appena schiaffeggiato. “E mi pento di tutto. Non sono stato in grado di gestire le cose e ti posso capire se non riesci a trovare nel tuo cuore la forza di perdonarmi.”

Se non riuscissi a perdonarlo, il Club dei Miliardari chiuderebbe i battenti? Non voglio neanche contemplarlo nell’equazione. Ho smesso di preoccuparmi del lavoro e di come si relazioni a lui. Lo stress di unire le due cose è troppo. Ho bisogno di gestirle una alla volta, anche se mi sembrano un pacchetto convenienza.

“Se torniamo insieme, non puoi respingermi più” gli dico. “Ho già vissuto tutta questa merda con Derrick, e mi ha quasi uccisa.”

“Mi dispiace. Non succederà più.” Il suo sguardo è sincero.

“E voglio un titolo.” Annuisco a me stessa.

“Un titolo?” Solleva un sopracciglio confuso.

“Sì, un titolo. Siamo fidanzati. Non sono solo qualcuno che ti scopi quando hai voglia.” Gesticolo verso nessuno in particolare.

Questa conversazione somiglia molto a una che ho avuto con Derrick parecchio tempo fa. Non aveva accettato, dicendo che non era ancora pronto. Sono stata abbastanza imbecille da restargli comunque intorno. Le cose non sono mai cambiate. Se qualcuno glielo chiedesse adesso, è probabile che direbbe ancora che uscivamo ma che non siamo mai stati una coppia. Non ho intenzione di rivivere una cosa del genere. Se Croix mi dovesse dare una risposta simile, uscirò da questo edificio e non tornerò mai più. Ho smesso di farmi calpestare da uomini a cui interessano solo i loro desideri egoisti.

Croix ride sotto ai baffi, e la rabbia mi si infiamma subito dentro.

“Cosa?” gli urlo contro.

“È già un po’ ormai che ti considero la mia ragazza.”

La sua risposta mi lascia sorpresa. “Davvero?”

“Sì. Stavo anche parlando con Bruno che ci sono stati dei guai in paradiso non appena è arrivato.” Sorride.

“Bruno sa che siamo una coppia?” Scuoto la testa sotto shock.

“Perché dovrei nasconderlo?” risponde Croix con nonchalance. “Mi piaci, Raven. Voglio una relazione con te. È tutto ciò che ho desiderato da quando ho scoperto che meravigliosa persona sei.”

Il cuore mi va a mille. È come se tutte le emozioni che mi erano state strappate via al Club dei Miliardari in California, tutti i sentimenti che credevo fossero morti fra noi, fossero tornati all’improvviso al loro posto senza preavviso. Il fatto che abbia detto a Bruno che siamo una coppia significa per me molto più di quanto lui possa immaginare.

“Ho soddisfatto le tue richieste?” sorride Croix, consapevole di aver vinto su di me.

“Sì.” La mia voce è dolce.

“Significa che abbiamo fatto la pace?” Si alza per girare attorno al tavolo, si ferma davanti a me e mi prende le mani nelle sue mentre ruoto su me stessa per guardarlo in volto.

“Più che la pace.” Alzo lo sguardo sul suo e sorrido. “Significa che possiamo fare sesso adesso?”

Ride. “Non sembrerebbe sesso riparatore?”

“Può sembrare quello che vuoi. Mi è mancato averti dentro.”

Mi passa il polpastrello del pollice sul labbro inferiore. “E tu mi sei mancata ancora di più.”

***

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È l’appuntamento romantico più sdolcinato a cui sia mai stata, ma è tenero, in tutti i sensi. Io e Croix siamo seduti fianco a fianco al tavolo del salotto della sua casa al mare e condividiamo una cena a base di spaghetti a lume di candela. E con condividiamo, intendo che stiamo mangiando dallo stesso piatto, nel vero senso della parola. In sottofondo suona Bella Notte. Sono talmente impegnata a sorridere come un’imbecille che è difficile per me aprire la bocca quando si offre di porgermi uno spaghetto lunghissimo avvolto sulla forchetta. Lo lascia penzolare dalle mie labbra, si china per prenderne l’altra cima e lo risucchia finché non ci baciamo. È disordinato, poco igienico e così adorabile che mi viene da ridere e non riesco più a smettere.

“Avevi pianificato tutto, vero?” chiedo una volta finito di masticare.

Croix prende il tovagliolo dal suo grembo e mi toglie la salsa dal mento prima di pulirsi la bocca. “Spero tu abbia colto la citazione.”

“Lilli e il vagabondo.” Annuisco. “Era uno dei miei film Disney preferiti, da bambina.”

“Il mio era Red e Toby, ma non c’è romanticismo in quello.” Arriccia il naso.

“No, non credo che sarebbe andata così bene se mi avessi offerto una pelliccia di volpe o qualcosa del genere.”

“Dannazione, era il mio programma per il prossimo appuntamento.” Distoglie lo sguardo.

“Croix, sei un idiota.” Lo colpisco scherzando sulla spalla.

Si strofina dove l’ho colpito, fingendo di essersi fatto male. “Picchi forte, per essere una ragazza.”

“Farai meglio a ricordartelo, la prossima volta che mi farai arrabbiare.” Lo indico con la forchetta.

“Spero di non farlo più.” Avvicina la sedia alla mia, mi prende fra la braccia e mi tira in grembo. Il tavolo protesta quando ci spingo contro le ginocchia.

“Lo spero anch’io” rispondo dolce prima di focalizzarmi di nuovo sulla pasta. Sedergli in grembo mi mette un po’ in imbarazzo, ma non ho ancora finito di mangiare.

Quando gli porgo una forchettata da sopra la mia spalla e un pezzo di pomodoro gli casca sul davanti della camicia, si arrende e mi rimette sulla sedia. Mi sento un po’ in colpa per averlo sporcato, ma questa si dissolve rapida nel momento in cui si toglie la camicia e la getta nell’angolo sul pavimento.

“Ti stai già spogliando?” Lo provoco.

“Sei una sporcacciona, Raven. Sembra che non riesca a starti vicino per molto senza ritrovarmi nudo.” Ha un sorriso malizioso, e fa prendere una direzione diversa al mio appetito.

Ho un po’ di dolore fra le gambe per quello che abbiamo fatto prima. È straordinario quanto veloce i muscoli si intorpidiscano dopo un po’ di tempo senza fare sesso. Sembra che Croix voglia fare gli straordinari per farmi abituare di nuovo alla sua circonferenza. Non mi dispiace neanche un po’.

“Mi piaci nudo.” Mangio con fretta, sperando che il dessert includa me distesa a pancia in su sul suo letto.

“Non è corretto che debba spogliarmi da solo.” Mi sfrega il naso sulla spalla e mi infila le dita nella parte anteriore della camicetta, attraverso gli spazi fra i bottoni. La sola sensazione della sua pelle calda sulla mia mi manda un brivido dritto alle mie parti basse. La fame che ho di averlo sconfigge subito il desiderio di finire il pasto.

“Fatto.” Spingo la sedia via dal tavolo.

“Qualcuno è un po’ insaziabile.” Indietreggia con le mani e si appoggia allo schienale della sedia per alzarsi.

“Saresti tu.” Gli afferro la cintura dei pantaloni e lo tiro a me. Le dita mi si mettono rapide al lavoro per slacciargliela.

...dice la ragazza che sta cercando di spogliarmi del tutto” riflette.

Posso vedere il suo membro indurirglisi nei pantaloni. Vederlo gonfiarsi mi fa venire l’acquolina. Non vedo l’ora di tirarlo fuori ed averlo in balia della mia bocca.

“Hai iniziato tu togliendoti la camicia.”

“No, hai iniziato tu, gettandomi roba addosso” mi corregge.

“È stata colpa tua.” Alzo gli occhi a incontrare i suoi. “Se tu fossi stato in grado di tenere le mani a posto, avremmo potuto goderci il pasto come persone normali.”

“Non so te, ma a me è piaciuto.” Mi fa l’occhiolino.

Alzo gli occhi al cielo e gli tiro giù i pantaloni al sedere. Concentro una mano sulla parte anteriore dei suoi boxer attillati e gli sfrego l’intera lunghezza dell’erezione. Mi pulsa contro al palmo, pronta a uscire a giocare.

“Vorrei davvero fare una battuta sul cibo.” Arriccia il naso.

“Anche io” rido sotto ai baffi, consapevole che sta forse per dire qualcosa sulle salsicce... è la battuta più ovvia, quando si tratta di peni.

“Indovina cosa c’è per dessert?” Spalanca gli occhi divertito.

“Un pasticcino ripieno, a quanto pare.” Gli guardo fissa i genitali.

“Vuoi il ripieno di crema?” Annuisce come un ragazzino arrogante.

“Voglio succhiartelo tutto.” Mi passo la lingua sul labbro superiore, riportandolo all’intimità del momento.

Mi passa dolce le dita fra i capelli mentre gli metto una mano dentro ai boxer attillati e sento la sua pelle vellutata. Quando glielo tiro fuori dalle mutande, il suo respiro è già accelerato. E quando glielo prendo in bocca, il suono che fa è più gratificante di qualsiasi cibo potremmo mangiare.