13

Munch suonò il campanello e attese un istante prima che una voce gli rispondesse. Il nuovo medico legale. Lillian Lund. In verità era un po’ curioso di conoscerla.

«Sì?»

«Holger Munch.»

«Ah, buongiorno, bene. Entra. Sono nella sala uno. In fondo al corridoio. Basta che segui la musica.»

La musica?

Munch non riuscì a capire che cosa volesse dire finché non ebbe varcato le porte. Le note filtravano raggiungendolo da una stanza in fondo al corridoio, un particolare decisamente positivo in quel locale altrimenti così sinistro. Si ritrovò a sorridere. Bach. Uno dei suoi pezzi preferiti in assoluto. E nemmeno una registrazione qualunque. Glenn Gould. Le Variazioni Goldberg. Aveva il cd a casa. L’aveva ascoltato così tante volte che lo conosceva quasi a memoria. Glenn Gould: un genio, senza dubbio, ma anche un artista al confine con la follia. Munch non poté fare a meno di pensare a Mia, mentre si dirigeva verso la stanza da cui proveniva la musica.

«Buongiorno...»

Munch bussò e stava per entrare quando fu fermato da un giovane con indosso una tuta di plastica, mascherina e guanti di lattice.

«Tu chi sei?»

«Munch» rispose mostrando il distintivo. «Omicidi. Mariboes gate. Lillian Lund?»

La musica era più forte, lì dentro. Note flessuose in contrasto con la stanza grigia e fredda e per di più con il cadavere sul tavolo autoptico.

«Buongiorno, Munch» disse una voce coperta, e il medico legale si tolse un guanto per salutare.

Aveva la mascherina, ma la abbassò.

«Lillian Lund» gli sorrise la donna.

Capelli neri. Occhi azzurri, chiari. Più o meno la sua età, giudicò.

«Non è il tuo» disse accennando al corpo sul tavolo. «Ce l’ho al due, fammi finire qui, poi sono da te.»

«Aspetto in corridoio» disse Munch.

«Benissimo» sorrise Lillian Lund voltandosi verso il giovane che aveva fermato il poliziotto. «Puoi darmi di nuovo le provette che ti ho chiesto?»

«Ancora?»

«Credo siano contaminate, i valori sono troppo alti.»

«Sì, sì, certo» disse il giovane biondo gettando uno sguardo veloce a Munch prima di svanire da dov’era arrivato.

Munch tornò in corridoio, prese una sedia e valutò se accendersi una sigaretta. Ai vecchi tempi non ci sarebbe stato alcun problema. Erns Hugo Vik, il vecchio medico legale che aveva seguito quasi tutti i suoi casi, era un eccentrico, nonché un incallito fumatore che non si curava affatto di rispettare le norme. Qualcuno aveva avvisato Munch che sotto il nuovo regime di Lillian Lund vigevano ben altre regole, quindi lasciò perdere.

Non ci volle molto e lei fu di nuovo da lui.

«Uh, scusa» sorrise la Lund crollando sulla sedia davanti a Munch. «Quattro corpi in quattro giorni. La tua giovane e tre overdosi. Sembra che la città sia inondata in questo momento.»

«Portate qui le overdosi?» domandò Munch sorpreso.

«Certo, perché?»

«No, niente, è solo che la cosa mi suona nuova.»

«Nuovo capo. Nuove regole» disse Lillian Lund gentilmente. «Voglio vedere tutti, non pensi che sia giusto?»

«Sì, sì, certo» disse Munch sentendo che quel nuovo medico legale già gli piaceva.

Scaltra e determinata. E in più Glenn Gould agli altoparlanti.

«Vuoi vederla? O è vero, come ho sentito, che vuoi vedere soltanto le foto?»

«Che vuoi dire?»

«Non è così?» rispose la Lund curiosa. «Che sei l’investigatore che non ha bisogno di vedere i cadaveri?»

«Credo tu stia parlando di Mia Krüger» sorrise Munch.

«Ah, ok, scusami.»

«Non c’è ragione di scusarsi. Che hai per ora?» Munch si alzò dalla sedia.

«Che vuoi dire con ’per ora’?» domandò Lund. «Trovi i vestiti in quell’armadietto, a proposito.»

Indossare la tuta di plastica per dare un’occhiata al cadavere? Non era proprio così con Vik. Tempi nuovi all’Istituto di medicina legale, decisamente.

«È che non hai avuto molti giorni, tutto qui» continuò Munch.

«Ah, è un mito, questo. Che ci voglia tanto tempo. A volte, almeno, ma in questo caso nessun dubbio.»

La Lund si coprì con la mascherina e gli fece segno di seguirla nella sala autoptica. Tolse il lenzuolo bianco dal corpo che giaceva nella stanza e mise un dito su un punto nella cassa toracica. I tagli dell’autopsia erano stati ricuciti in modo così grossolano che per un istante Munch ebbe la sensazione che il corpo davanti a lui non fosse reale. Era una cosa che non gli era mai piaciuta quella, non ci si abitua mai alla vista di un cadavere. Quando qualche rara volta gli capitava di vedere quelle serie tv in cui gli investigatori dalla scorza dura stanno chini sui corpi morti senza battere ciglio, aveva quasi voglia di telefonare per protestare. Non è assolutamente realistico.

«Ecco la puntura dell’ago. Hai avuto il rapporto che ho inviato alla KRIPOS? Glicole etilenico?»

«Sì.»

«Ricordi di aver mai visto niente di simile prima?»

Munch non rispose. Per rispetto nei confronti del corpo bianco fatto a pezzi che giaceva davanti a lui. Trent’anni come investigatore, ma ogni volta era uno shock. La morte. Una vita che era finita. Ridotta a oggetto di studio scientifico su un tavolo in un grigio seminterrato a Ullevål.

«Vuoi che la copra?» domandò la Lund guardandolo con gentilezza.

«Va tutto bene» tossicchiò Munch.

«Ti capisco perfettamente» disse la Lund, «io lo faccio di continuo, ma anche per me è difficile.»

«Cosa stavamo dicendo?» disse Munch indossando di nuovo la maschera professionale.

«Mai vista una cosa simile? Liquido antigelo?»

«No, così no, mai» rispose Munch. «Abbiamo avuto diversi casi di gente avvelenata con l’antigelo, ma sempre per via orale. In genere andava a finire bene. C’erano delle lesioni interne, ma sopravvivevano. Ce ne vuole tanto.»

«Lo so» confermò la Lund mordendosi il labbro. «Estremamente freddo, non trovi?»

«Che vuoi dire?»

«No, ora non voglio fare l’investigatore. Ma non può essere una persona qualsiasi una che si trova così vicino da poterti piantare un ago diritto nel cuore...»

«Siamo solo nella fase preliminare» osservò Munch.

«Capisco» rispose la Lund spostandosi ai piedi del corpo bianco. «Vagina. Nessun segno di penetrazione violenta. Nessuna traccia di sperma. Non sembra che il movente sia di natura sessuale, almeno da quanto mi è dato di vedere.»

Munch annuì.

«Le unghie, le mani» indicò la Lund. «C’è stranamente poco. Non ci sono residui. Quasi come se qualcuno l’avesse lavata.»

«Addirittura?» domandò Munch curioso.

«Sì» rispose la Lund aggrottando le sopracciglia. «Vale anche in generale. Il corpo è quasi del tutto pulito.»

«Era nell’acqua quando l’hanno trovata, no?»

«Sì, certo, lo so bene, eppure, qui dovrebbe esserci qualcosa. Nemmeno una ferita? Neanche un livido? Una sbucciatura? Avrebbe potuto... sì, intendo dire, opporre resistenza... Voglio dire, una ragazza forte come lei...»

«Per il momento l’ipotesi più verosimile è che sia salita da sola fino al luogo del delitto» disse Munch a bassa voce.

«Dici sul serio?»

La Lund lo guardò sorpresa.

«Sembra poco probabile, lo so» rispose Munch. «Ma è solo un’ipotesi.»

«Nessuno sulla lista?»

«Stiamo controllando qualcuno, ma ancora nessun diretto sospettato, purtroppo.»

«Questa è l’unica cosa che non ho ancora capito del tutto» disse la Lund spostandosi al capo del tavolo.

«Che cosa?»

«La vedi la bocca?»

«Sì?»

«Nastro adesivo davanti, no? All’inizio non avevo guardato bene, ma c’era comunque qualcosa che... vedi qui?» Indicò la pelle intorno agli angoli della bocca. «Non è normale.»

«Che cosa?»

«Queste vescicole. Sembrano quasi delle bruciature, vedi?»

«Infatti. Mia mi aveva pregato di chiederti proprio questo.»

«Delle ferite alla bocca?»

«Sì.»

«Ottima osservazione» commentò la Lund. «Non è stato il nastro adesivo. In realtà non ho idea di che cosa sia, ma ho inviato altre provette da esaminare.»

«Quando credi che avremo una risposta?»

«Non dovrebbe volerci molto, entro domani direi.»

«Bene» rispose Munch.

Furono interrotti all’improvviso dal giovane assistente biondo che entrò nella stanza senza bussare. Questa volta per qualche ragione evitò lo sguardo di Munch.

«Scusate se disturbo, ma ne sta arrivando un altro.»

«Overdose?» domandò la Lund.

«Sì.»

«Cazzo... Scusa il linguaggio, ma che sta succedendo in questa città?»

Scosse la testa irritata e si avviò verso la porta. Munch la seguì in corridoio.

«Mi dispiace, ma devo lasciarti qui.»

Lillian Lund si tolse il guanto e la mascherina e gli porse la mano.

«Grazie dell’aiuto» disse Munch.

«È stato un piacere. Ti telefono subito appena so qualcosa» disse il medico legale dai capelli scuri, e scomparve rapida lungo il corridoio in direzione della musica.