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Munch avvertì una punta di senso di colpa, mentre si infilava in bocca la sigaretta gettando uno sguardo fuori della finestra. Vacanze. Da tutto ciò che era capitato. Buon Dio, erano pochi quelli che si meritavano una pausa come Mia, ma tutto questo non contava, adesso aveva bisogno di lei. Un caso per Mia. L’aveva pensato nell’istante preciso in cui aveva visto le immagini della scena del crimine. Holger Munch era alla Omicidi da quasi trent’anni e non ne aveva visti molti di crimini del genere. Freddo. Calcolato. Pianificato. Come se qualcuno ne avesse assaporato ogni secondo. Assassinio, omicidio, per l’uomo comune tutto ciò suona ovviamente terribile, e lo era anche, per coloro che erano coinvolti, ma in genere la soluzione era estremamente semplice. I motivi erano sempre chiari. Gelosia. Odio. Vendetta. Molto spesso combinati con una buona dose di stordimento. La natura umana non è poi tanto difficile da spiegare. Munch avrebbe potuto contare sulle dita di una mano i casi dei quali non era riuscito a figurarsi immediatamente il decorso, e poi aveva trovato l’assassino nella cerchia di coloro che aveva sospettato. Poteva volerci del tempo, certo, ma la sua prima intuizione solitamente era quella giusta. Questo, invece? Scosse leggermente il capo e prese un’altra boccata dalla sigaretta quando il suo telefono vibrò nella tasca del montgomery beige.

«Qui Anette, hai tempo?»

«Certo, ci sono» rispose Munch.

«Sono finalmente riuscita a contattare l’ospedale di Ullevål e sembra che Karoline Berg sia pronta per essere interrogata.»

«Bene» disse Munch. «Abbiamo un orario?»

«Basta che mi dici quando arrivi, così avverto chi è di guardia.»

«Ottimo, e il direttore del Balletto?»

«Christiane Spidsøe» rispose Goli. «Oggi è al lavoro all’Opera. Sembra fuori di sé, ma se c’è bisogno è disponibile.»

«Abbiamo trovato qualcosa sulla macchina?»

La KRIPOS aveva trovato una Mercedes grigia abbandonata ai margini della strada, accanto a quello che sembrava essere l’inizio di un sentiero. La Scientifica aveva trovato una collanina sotto il sedile. La madre di Vivian Berg aveva confermato che apparteneva alla figlia. Strano, tutto quanto. Che lui l’avesse accompagnata fin lì? E poi lei avesse proseguito a piedi da sola? Perché le portiere erano state lasciate aperte? E perché la macchina era ancora sul posto?

«Il furto dell’auto era stato denunciato mercoledì da un certo Thomas Lorentzen, avvocato.»

«Abbiamo qualcosa su di lui?»

«No, a quanto mi risulta, ma ho chiesto a Grønlie di fare qualche telefonata, non mi fido completamente di questi nuovi database.»

«Ok, va bene» disse Munch. Cominciava a esserci movimento intorno al tavolo del Justisen.

«Lì da voi come va?» domandò Anette.

«Sta sfogliando le foto in questo momento.»

«È con noi?»

«Credo di sì» rispose Munch.

«Ottimo» concluse la Goli. «Ho detto al medico legale che stai arrivando, ti occuperai prima di questo, vero?»

«Arrivo nel corso della giornata. Era Ernst-Hugo?»

«No, a quanto pare Vik è andato in pensione. C’è una nuova. Lillian Lund.»

«Ok. Credo che andremo prima da Karoline Berg, sempre che sia in condizione di parlare con noi.»

«Vai con Mia?»

«Spero di sì» rispose Munch.

«Va bene, in bocca al lupo. Chiamami se scopri qualcosa» disse la Goli, poi riattaccò.

Munch spense il mozzicone sull’asfalto asciutto e rientrò al Justisen. Tossicchiò leggermente e scivolò di nuovo sulla sedia all’altro capo del tavolo.

«Che te ne pare?»

Aveva già visto molte volte quello sguardo. Quegli occhi azzurro chiaro che lo puntavano diritto, eppure sembravano essere lontanissimi.

«Fine delle vacanze» disse Mia passandosi una mano tra i capelli corvini.

«Dici sul serio?» incalzò Munch.

«Così pare» mormorò Mia.

«Che ne pensi?» ripeté Munch posando cauto la mano sulla cartelletta che giaceva tra loro.

«Manca qualcosa.»

«Che cosa?»

«Non si vede quello che vedeva la macchina fotografica, non è stata scattata una foto di quel campo visivo?»

Sfogliò le tre immagini e poi sollevò lo sguardo su di lui, ora un po’ più presente.

«No, se lì non c’è» rispose Munch.

«Io...» riprese Mia, estraniandosi di nuovo.

Munch non rispose. La lasciò svanire. La squadra con o senza Mia Krüger? Come il giorno e la notte. Ci impiegasse pure tutto il tempo che le serviva.

«Che cosa vedi?»

«Non capisco esattamente per quale ragione abbia scelto questo posto...» disse lei infine sollevando di nuovo lo sguardo.

«Che vuoi dire?»

«Ha prima voluto restare da solo con lei? È andata così?»

«Che intendi dire con ’prima’?»

Lei teneva la testa leggermente reclinata mentre lo guardava.

Anche questo Munch lo aveva già visto, molte volte, quello sguardo che sembrava dire: Non vedi quello che sto vedendo io?

«Ha abbandonato la macchina fotografica? Ha lasciato lei nell’acqua senza cercare di coprirla?»

«Sì...?» la seguì Munch.

«Voleva che la trovassimo» disse Mia allungandosi verso qualcosa sul tavolo, quasi sorpresa di non trovarlo.

Un drink.

Le altre volte in cui l’aveva vista studiare delle foto in quel modo Mia aveva sempre avuto una bottiglia accanto. In quell’istante sembrò che il suo corpo non avesse ancora compreso che la bottiglia non c’era più.

«Tu credi?» domandò Munch.

«Tu no?» ribatté Mia, poi bevve un sorso di Farris.

«Non lo so. Spiegami.»

«Si pentono sempre un po’, no? Coprono il cadavere come per nascondere a se stessi il crimine, non me l’hai insegnato tu? Ah, cazzo...»

Mia svanì di nuovo.

«Voleva restare un po’ da solo con lei.»

Munch non disse nulla.

«Era quello che volevi, non è così?» proseguì Mia con lo sguardo perso, lontano, le flebili parole tra le labbra. «Tu e lei. Da soli, lassù nel bosco. L’hai portata lassù. Come hai fatto? La conoscevi? Avete camminato insieme? Si fidava di te?»

«Del libro che ne pensi?» domandò Munch.

«Che vuoi dire?» rispose Mia come stordita.

«La pagina del libro... Ha un significato?»

«Certo.»

Mia aprì la cartelletta e voltò la fotografia verso di lui.

«Vedì?»

«Che devo guardare?»

«È giovedì che è scomparsa?»

«Sì...»

«La settimana scorsa ha piovuto, questa settimana no. Non era lì da molto. L’umidità che vediamo sulla pagina del libro risale a prima. L’ha messa lì per noi.»

Mia si appoggiò allo schienale e si passò di nuovo la mano tra i capelli.

«I fratelli Cuordileone, che cosa credi voglia dire?»

«Troppo presto per dirlo» rispose Mia estraniandosi ancora per un istante.

«Quindi sei dei nostri?» domandò Munch.

«Le vacanze più brevi che si siano mai viste» mormorò Mia rivolgendogli un sorriso vagamente rassegnato. «Mi dicevi qualcosa sulla madre?»

«Era venuta da Bodø per vederla ballare» disse Munch. «Non l’ha trovata e ha denunciato la scomparsa.»

«Dov’è adesso?»

«All’ospedale di Ullevål. È sotto shock.»

«Ma possiamo incontrarla?»

«Ho appena avuto il via libera.»

«Dammi due minuti» disse Mia, e scomparve in direzione del bagno.