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Erik Rønning aveva ordinato granchio fritto con kimchi e dragoncello e un bicchiere di Petit Chablis. In realtà avrebbe preferito una Coca-Cola. Aveva dei lievi postumi da sbornia per i festeggiamenti della sera prima, ma non voleva fare brutta figura all’elegante Grand Café. Il cameriere se ne andò con i menu e Rønning sentì un lieve borbottio allo stomaco. Finalmente di nuovo al caldo. Era durato poco.

Grung non riusciva quasi a restare nella pelle, all’altra estremità del tavolo.

«Allora, dov’è?» bisbigliò il vecchio giornalista guardandosi intorno.

Erik Rønning sorrise e prese a digitare leggero sul cellulare.

«E mostra tutto l’omicidio?» lo incalzò Grung con gli occhi sbarrati.

«Sì.»

Ah, come gli aveva sorriso la dea della fortuna!

Se l’era sentito mentre era lassù, no?

«Posso vedere?» chiese Grung nervoso allungandosi verso il telefono.

«Non qui» obiettò Rønning infilando di nuovo il telefono nella tasca della giacca.

Per fortuna era riuscito a tornare a casa per cambiarsi. Il viaggio a Maridalen era andato alla grande, ma gli era costato gli abiti. Al Grand con i calzoni macchiati e il fango sulle scarpe? Aveva scelto un abito blu scuro di Ermenegildo Zegna, con una cravatta Armani estremamente semplice e scarpe marroni di Mantellassi.

«Raccontami di nuovo» disse Grung mentre il cameriere tornava con i piatti.

Com’è ovvio, Grung avrebbe voluto vedere subito il filmato.

Che stai dicendo?

Vieni in ufficio, subito!

Ma Rønning sapeva il fatto suo. Ufficio? Non se ne parlava. Prima che potesse proferire parola, sarebbero stati coinvolti altri. Silje Olsen. O quell’idiota di Ellingsrud. No, voleva Grung tutto per sé. E perché non rendere il tutto più elegante? Festeggiare un po’? In fondo aveva trascorso il pomeriggio in quelle terre selvagge con una squadra di idioti. Portò il bicchiere di vino bianco alle labbra, si sentiva già un po’ brillo. Era da tempo che Grung non lo guardava in quel modo. Quasi ammirato.

«Ok, allora, io son lì accanto allo sbarramento della polizia» esordì Rønning.

Grung aveva sentito quasi tutta la storia al telefono, ma ascoltava comunque impaziente. Nel fondo della tasca il suo cellulare continuava a vibrare, ma il vecchio giornalista non dava segno di voler rispondere.

«Sai, ci sono tutti. Lund, Vikhammer, sì, tutta la banda insomma.»

«Ovviamente...» disse Grung.

«Allora mi è venuta un’idea» proseguì Rønning tronfio. «Perché restarmene quaggiù? Da qui non si vede nulla. Non vorrai mica che abbiano già recintato tutto, no?»

«Giusto, bella pensata» sorrise Grung.

«No? La notizia era arrivata, sì, quanto sarà stato, un’ora prima? Cogliendo molti di sorpresa, devo dire la verità. Eppure NRK e TV 2 avevano già le macchine sul posto, cazzo.»

«La ballerina» disse Grung, cominciando a piluccare la sua tartare di manzo. «Sono tutti sull’attenti.»

«Infatti» sorrise Rønning. «Ma alcuni sono già seduti qui, mentre altri stanno ancora gelando lassù, no?»

«Sono ancora sulla scena del crimine?»

«Non ne ho idea, comunque...» proseguì Rønning.

«Sì, continua. Le recinzioni...»

«Sembrava in realtà che avessero già sbarrato tutta l’area» disse Rønning scrollando le spalle. «Ma il giro, come sai, comunque non è andato sprecato. È stato quasi come se...»

Bevve un altro sorso di vino e si batté leggermente il naso con il dito.

«... sai quando ti sembra di fiutare qualcosa?»

Grung si protese per prendere il suo bicchiere.

«Non capisco del tutto» disse il direttore ormai incapace di nascondere l’impazienza, «che cosa abbia a che fare questo con le prostitute...»

«È stato proprio questo» sorrise Rønning pulendosi lievemente la bocca con il tovagliolo.

Voleva gustarsi ogni momento.

«Allora sono salito lungo la strada dietro, e ta-dà, chi vedo?»

«Chi?»

«Dovrei spiegarti dall’inizio» disse Rønning facendo cenno per avere un altro bicchiere di vino.

«Le prostitute? Ma che c’entra questo?»

«Appunto» sorrise Rønning. «Ho riconosciuto uno dei volti lassù. Tra il pubblico.»

«Tra quelli che guardavano?»

«Gliel’ho visto subito nello sguardo» disse Rønning trionfante. «Non era lì per guardare. Era lì per tenere lontane le telecamere.»

Grung scrollò il capo.

«Vai piano, un momento, chi hai detto che era?»

«Si chiama Pål Amundsen.»

«E chi è?»

«Ti ricordi quel caso che stavamo seguendo...?» disse Rønning a bassa voce chinandosi leggermente sul tavolo. «Quella soffiata che avevamo avuto qualche mese fa, sul fatto che i clienti delle prostitute vanno a pescare le ragazze giù in centro e poi le portano lassù per, sì, per portare a termine la transazione?»

«Avevi messo le telecamere?» chiese Grung teso, aggrottando le sopracciglia.

«No, no, non ufficialmente, ma sì, avevo avuto una soffiata da un tipo che forse poteva aiutarmi in faccende del genere. Sai quel genere di telecamere sensibili al movimento, quelle con cui si filmano gli animali...»

«Lo sai che non possiamo fare cose del genere, Erik, che cazzo...»

Grung scrollò la testa irritato.

«E non l’abbiamo fatto, comunque. Non c’è nulla che mi possa collegare a questo Amundsen, rilassati.»

Sembrava che il direttore stesse per aprire la bocca per dire qualcosa, ma rinunciò.

«Avevamo lasciato perdere il caso» proseguì Rønning. «Non ne abbiamo cavato nulla, come ricorderai, ma sì, io ho visto nel suo sguardo...»

«Che aveva lasciato accesa la telecamera?»

«Quel porco» rise secco Rønning. «Avrà sperato di riprendere qualcosa con cui divertirsi a casa in privato. L’ho capito subito. Quell’uomo trasudava senso di colpa. Ci ho messo dieci secondi per fargli vuotare il sacco.»

Il cameriere tornò con dell’altro vino. Rønning aspettò che avesse terminato di versare per proseguire.

«Bum! Venti minuti dopo eravamo a casa sua, al suo computer, ed ecco il video.»

Ridacchiò e rimise il telefono sul tavolo.

«Incredibile» disse Grung scrollando la testa. «E tu l’hai visto?»

«Ovvio» disse Rønning.

«E... sì?»

«Tutto quanto.»

«Tutto tutto? Sì, ha visto...?»

«Tutto» sorrise Rønning spingendo il telefono sulla tovaglia bianca.

«Posso?» disse Grung sollevandolo dal tavolo come fosse un neonato.

«Certo.»

«Grazie» mormorò Grung infilando il telefono nella tasca della giacca dell’abito.

«Prego» rispose Rønning alzando il bicchiere come per un brindisi.

Grung si guardò intorno nervoso come se si aspettasse quasi di essere stato seguito dal servizio di sicurezza, poi si alzò guardingo e si avviò lentamente alla toilette.