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Prima era a casa. Poi a casa non c’era più. Prima la ragazza col cappellino verde era lì. Poi era... una scimmia? Erik Rønning spense la tv, ma a quanto pareva non era un telecomando quello che teneva in mano, era... una banana? La ragazza con il cappellino verde era diventata una scimmia e gli aveva dato una banana. Le pareti intorno a lui cambiavano colore all’improvviso. Il suo appartamento era una strobosfera. No, sbagliato. Non era a casa. Era in un altro posto. Sì, invece, era a casa, ma non era a casa in quel momento. Era a casa molto tempo prima? Era il 1999. Aveva solo quattordici anni. Alla parete era appeso un poster dei Backstreet Boys. Nick, Kevin, A.J., Howie e Brian. Gli dolevano i polmoni. Doveva essere malato. La ragazza con il cappellino verde non c’era più. Aveva lasciato il suo appartamento e agitava una bacchetta magica, Hermione Granger di Harry Potter. Wazamzam. Mamma era a casa? Era la mamma che stava rovistando in cucina? Era la mamma quella seduta con un passamontagna sulla testa ai piedi del suo letto? Con un coltello da esploratore? Quello che aveva ricevuto da zio Tore? Quit playing games with my heart. Era il night club al Centro giovanile di Asker il venerdì. Ballo. Perché aveva la nausea? Perché tutto intorno a lui era sfocato? Come in un film che girava velocissimo e metteva tutto sottosopra? Era per quello che mamma l’aveva legato? Perché non cadesse? Perché adesso il letto era sul soffitto? Cercò di dire qualcosa, ma la sua bocca era legata con il nastro adesivo a una grande barca a vela del molo sotto casa, dove era solito tuffarsi.

Erik Rønning aprì gli occhi.

Un uomo con il passamontagna sedeva ai piedi del suo letto.

«Sei sveglio?»

«Cosa?» provò a dire Rønning, ma non gli uscì alcun suono.

Il nastro adesivo davanti alla bocca.

All’inizio non l’aveva capito.

Quel che era accaduto.

Era per questo che non aveva avuto paura.

Ma adesso... era arrivata.

«Sei sveglio» ripeté l’uomo con il passamontagna e lo punse sulla pianta del piede.

Oh, Dio...

Non sentì quasi alcun dolore.

Era concentrato a tenere lontano il panico.

Oh, Dio...

Oh, Dio...

Qualcuno l’aveva legato al proprio letto. Mani e piedi. Non aveva vestiti indosso. Solo un paio di boxer. Il nastro adesivo sulla bocca. Le piante dei piedi puntate contro un uomo con il passamontagna e un grande coltello in mano.

«Riesci a sentirmi?» disse lo sguardo scuro pungendolo di nuovo.

Ah, cazz...

Emise un lamento così forte che quasi si sentì esplodere la testa, ma non gli uscì alcun suono dalla bocca.

«Sei sveglio adesso?»

Rønning annuì.

«Bene» dissero quegli occhi, con voce tranquilla. «Ti piace parlare, eh? Sei felice di tutta questa attenzione?»

L’uomo fece un piccolo burattino con il guanto e lo fece parlare.

«Guardatemi. Sono in tv. Io scopro segreti. Mi credo qualcuno.»

Ah, Dio.

«Sai che cosa facevamo in Afghanistan? Alla gente a cui piaceva parlare troppo?»

Rønning avvertì la punta del coltello contro la pianta del piede. Il suo corpo sobbalzò mentre la stanza cominciava nuovamente a girare.

Ah, dannazione.

Doveva aver perso conoscenza un istante perché quando riaprì gli occhi l’uomo con il passamontagna era chino su di lui.

Poteva sentire l’odore.

Del guanto con cui l’aveva colpito per svegliarlo.

E qualcosa di asprigno.

«Non devi perdere il contatto con me, ok?»

Il passamontagna era tornato ai piedi del letto.

Occhi scuri attraverso i buchi.

«Annuisci se ci sei.»

Rønning lo fece.

Come non aveva mai fatto prima.

«Bene. Non devi riaddormentarti, intesi?»

Rønning scrollò febbrile la testa.

«Bene. Sei una puttana, non è vero? Scodinzoli vestito di tutto punto sullo schermo rubando l’attenzione?»

Rønning fece segno di no agitando il capo.

Riusciva a sentire la propria puzza.

La paura che si era trasformata in odore sotto le ascelle.

Oh, Dio.

Ah, cazzo.

«Bene» disse il passamontagna. «Ma adesso sei la mia puttana. Avrai modo di capire che so improvvisare. Mi piace pianificare, è questa la mia forza, ma quando voglio so improvvisare, sai?»

Rønning non capiva se dovesse rispondere o no, ma annuì ugualmente. La luce del lampadario sul soffitto gli bruciava gli occhi. Avvertiva una sensibilità in corpo che non aveva mai provato. Era come se potesse sentire il freddo della lama del coltello contro il piede, anche se vedeva chiaramente che l’uomo teneva il coltello sollevato.

«Sei la mia puttana?»

Rønning annuì deciso mentre il suo odore diventava sempre più forte, fino a dargli la nausea.

«Bene» ripeterono gli occhi. «Normalmente mi sarei limitato ad ammazzarti, ma poi ho pensato che questa puttanella poteva servire a qualcosa. Improvvisare. Sono bravo, eh?»

Qualcosa che assomigliava a un sorriso spuntò nel buco in fondo al passamontagna.

Rønning annuì più che poté.

«Lo so» disse la bocca. «Sono intelligente. Credevano che con questo se la sarebbero cavata, no? Ma adesso le cose stanno ancora così?»

Il suo cervello lavorava a pieno ritmo, ma era come correre nella melassa.

Afghanistan?

Cavarsela?

Con che cosa?

Scrollò il capo solo per sicurezza.

«Lashkar Gah» disse la voce calma. «Lo sai dov’è?»

Rønning scosse zelante la testa.

«No, eh?» proseguì l’uomo con il passamontagna, scrollando le spalle. «Tu sacrifichi la vita per la patria e come ti ringraziano? Mi ci vedi alle trasmissioni televisive? Ho forse medaglie sul petto? Hai visto qualche manifestazione? Vedi bambini che salutano con bandierine e fanfare? No. Sperano solo che venga tutto dimenticato, non è così? Nascondermi in una cantina e far finta di nulla...»

L’uomo socchiuse gli occhi e sputò teatralmente per terra.

«No. E adesso è arrivato il mio momento.»

Si infilò il guanto nella tasca di quella che doveva essere una giacca militare e tirò fuori un foglio.

«Lo vedi questo?»

Rønning non riusciva a leggere che cosa ci fosse scritto, ma annuì comunque.

«Da’ loro questo da parte mia, d’accordo? E non parlo di quelli per cui lavori. Parlo di chi sta più in alto. Più in alto di tutti. Hai capito?»

Rønning annuì di nuovo e sentì che adesso gli tornava alla mente il giorno prima.

«Ottimo» sorrise la bocca nel buco e l’uomo si alzò.

Si voltò di scatto verso la parete e trapassò il foglio con il coltello.

Erik Rønning riuscì a vedere il manico che vibrava contro la carta da parati. L’uomo con il passamontagna andò verso di lui e gli liberò un braccio. Le orecchie di Rønning registrarono che la porta d’ingresso sbatteva di nuovo da qualche parte in lontananza, prima che con le dita tremanti riuscisse a strapparsi dalla bocca il nastro adesivo e a chinarsi sul bordo del letto.

Vomitò sul pavimento.