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Mia Krüger si svegliò e capì dove si trovava. Era come se stesse ancora sognando. La testa piena di immagini. Non riusciva a capire se fossero reali. Si trovava in un capanno. Poteva vedere le perline in abete. Una piccola finestra che qualcuno aveva coperto. La nonna era seduta ai piedi del suo letto. Lei sorrideva e le avvolgeva intorno una coperta. Ma la nonna non era lì. Le sue braccia erano incatenate a un lettino. Anche uno dei piedi. C’era odore di legno. E di uccelli. Mia sentiva la fronte scottare. Ora la mamma sedeva sul suo letto. Aveva un vassoio con del succo di frutta e un panno freddo. Poi la mamma se ne andava. Il papà era fuori nel cortile. Era appena tornato dal lavoro. Aveva riparato l’auto. La vecchia Jaguar verde giada del nonno. Quella che un giorno avrebbe ereditato lei. Sigrid sedeva sul bordo del letto. Teneva in mano un album di fotografie. Mia avrebbe voluto allungarsi per stare vicino a lei. Stringerla forte. Così non se ne sarebbe più andata via.

La morte non è pericolosa.

La nonna era tornata.

Sigrid le sorrideva.

Vieni, Mia?

Mia aprì gli occhi e ansimò.

Ma che diavolo...?

Cercò di alzarsi, ma non ci riuscì. Sentì il panico salire dal profondo, ma lo scacciò.

Tranquilla, Mia. Tranquilla.

Il braccio legato a un letto. Anche una gamba. Nulla davanti alla bocca. Osservò ciò che le stava intorno, sembrava ancora tutto sfumato, eppure era in grado di distinguere ciò che era reale. Le perline di legno. Una porta che dava in un’altra stanza. Un armadietto a una parete. Design vecchio. Un capanno. Una finestra, coperta. Sul soffitto una plafoniera. Fece un respiro profondo e cercò di liberare la mano. No. Nemmeno il piede. Ok.

Niente panico, Mia.

Ti ha catturata, ma non ti ha uccisa.

Dovrà significare qualcosa, no?

Sentì una fortissima nausea salire dallo stomaco mentre lentamente le tornava alla mente il corso degli eventi. La macchina fotografica. Le immagini. Erano i soggetti che doveva guardare, non la macchina fotografica. Le immagini sulla parete a casa di Charlie Brun. I numeri. L’album. Gli omicidi avevano a che fare con lei. Salem. A Ullersmo. L’anello d’oro.

Non andò oltre.

La piccola porta si aprì all’improvviso e apparve un volto sorridente con qualcosa in mano.

Qualcosa che bruciava.

Luce?

Una torta?

«Tanti auguri, amore. Lo so che non è il tuo compleanno, certo. Ma ho pensato che dovessimo assolutamente festeggiare. Vuoi che soffi le candeline? O vuoi farlo tu stessa?»