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«Non avrei mai creduto che ti saresti risvegliata» disse il volto sorridente. «Ho atteso così a lungo e adesso il giorno è finalmente arrivato, non sei contenta?»

Mia non riusciva a dare un senso alle immagini che aveva impresse sulla retina.

Alexander?

Il vicino?

Ma che diavolo...?

Il ragazzo biondo si alzò e prese qualcosa da un tavolino.

«Guarda qui» le disse.

Una mano dietro la sua testa. Un bicchiere sulla bocca, metà dell’acqua le colò per il collo, l’altra finì sul maglione, ma quel poco che bevve aveva un sapore paradisiaco.

«Perché...» tossì Mia, ma la voce non resse.

«Sicuramente te lo chiederai, e io ho atteso così a lungo per raccontarti tutto» dissero i grandi occhi sorridenti. «Allora cominciamo pure, vuoi? Non abbiamo molto tempo, sai, dobbiamo partire.»

Alexander le accarezzò cauto la guancia. Mia si scostò istintivamente con uno scatto e sentì il dolore ai polsi mentre il nodo alla corda si stringeva.

«O vuoi provare a indovinare? Ce l’hai fatta, certo che ce l’hai fatta, ma forse non hai capito il perché...»

«Hai ucciso tutta quella gente per... causa mia?»

La sua voce sembrava provenire da un altro pianeta.

«Le foto nell’album. Elegante, eh?»

Alexander sogghignò e le appoggiò nuovamente il bicchiere sulle labbra.

Mia esaminò la stanza.

Porta. Aperta. Dava su un soggiorno.

Rumori dall’interno. Fruscio.

Una radio. No, una radio della polizia. No, diverse.

Merda.

Voci lontane.

Molto lontane.

«È stato uno spasso seguirti» sorrise il ragazzo. «Veramente interessante. È da parecchio che intercetto il tuo telefono. Sei molto dolce quando dormi, sai?»

Si alzò, zelante, scomparve per un istante e tornò con le pasticche di lei. Gliene spinse una tra le labbra.

«Ti senti un po’ meglio, adesso?»

Le sfiorò di nuovo la guancia con un dito e si fermò sulle labbra.

«Il destino, non è così? Da quanti anni ci conosciamo, Mia? E poi, all’improvviso, toh, l’appartamento proprio di fronte al tuo è... in vendita. Ho fatto un’offerta... Ci pensi, Mia? Vicini? Capisci quanto sono stato felice, o...? Ma poi...»

Scrollò lievemente il capo.

«Mai nemmeno un ciao... Voglio dire, dopo tutti questi anni? Deludente, Mia. Molto egoistico da parte tua. Se non fossimo legati per sempre, avrei quasi detto che...»

Il ragazzo sorrise debolmente e le deterse di nuovo la fronte con uno straccio.

«Sei entrato in casa mia?» chiese lei.

Fece scivolare nuovamente lo sguardo attraverso la stanza, ma vedeva solo ombre. I suoi occhi si richiusero lentamente, ma lui la scrollò per svegliarla.

«Ah, no, basta dormire, cara. Ricorda che non abbiamo molto tempo.»

Le afferrò con delicatezza la mascella e la scosse.

«La grande detective Mia Krüger» gridò all’improvviso il giovane e si alzò. «Vede il grande amore proprio davanti a sé? No! E dunque come può guadagnare il suo favore il povero amante disdegnato? Che cosa attira l’attenzione di una grande detective? Già, ma certo!»

Sollevò un dito e fece un gran sorriso. A Mia sembrava di assistere a una specie di folle numero da circo.

Gli occhi.

Il sorriso.

Non era lì.

Quel ragazzo era altrove.

«Adesso mi vedi, vero, Mia?»

All’improvviso scoppiò in una risata.

«Geniale, eh? Devi ammetterlo. Eh, sì...» Il ragazzo sorrise. «Ho letto tutto. Ho visto tutto. So tutto di te, Mia. Le foto. Il tuo diario. Qualche volta mentre dormivi. Non è strano quanto possano essere belle queste cose?»

Rise di nuovo e si riavvicinò al letto. Ancora la mano sulla guancia di lei.

«Quanto ci si può conoscere bene... anche senza essersi mai parlati...»

«Perché...» mormorò Mia mentre davanti ai suoi occhi calava di nuovo il buio.

«Mi hai salvato la vita» disse il giovane facendosi all’improvviso serio. «O meglio, non proprio, ma sì, direi così. L’hai preso tu, non è così? Salem, il piromane?»

Mia scrollò il capo. Non ne era più certa. Non si sentiva più né le gambe, né le braccia.

«Fumo in casa» disse il ragazzo alzandosi un’altra volta.

Di nuovo quel numero da circo, solo che questa volta era serio.

«Nella mia stanza. È l’ultima cosa che ricordo. Quando mi sono risvegliato erano morti. Papà. Kyrre, mio fratello. Tutti e due. Divorati dalle fiamme. La nostra casa era a Fredrikstad e, come se non bastasse, lei ha creduto che fossi stato io. Io, Mia? Ha pensato che fosse colpa mia...»

Un incendio.

I fratelli Cuordileone.

Un fratello maggiore morto.

Tutto tornava.

«Avevo giocato con i fiammiferi, Mia, lo sai?»

Il ragazzo inclinò un po’ il capo da un lato, sulle labbra un sorriso, ma lo sguardo altrove.

«L’estate prima. La mamma mi aveva colto in flagrante. In giardino, c’era solo un criceto, e poi quel gatto, eppure? Ha creduto che fossi io. Ad aver appiccato fuoco alla casa...»

Mia avrebbe voluto dire qualcosa, ma non ci riuscì.

«Dopo l’incendio» continuò Alexander, esaltato, come se stesse tenendo un discorso imparato a memoria che da tempo aspettava di recitare, «la mamma non voleva avere a che fare con me. Quasi avessi un marchio in fronte. Come se fossi il figlio di Satana. Non voleva più vedermi. Mi permetteva di andare a scuola, ma nient’altro. Un televisore e un vecchio videoregistratore. Con un solo film. Sempre lo stesso. Bambi. Soltanto io. E quel film. Che effetto credi che facciano queste cose su un bambino, Mia?»

Sopra le labbra sottili si stagliava uno sguardo serio, ma gli occhi non guardavano più lei, erano lontani.

«Ma poi un giorno, Mia: Vuoi andare alla baita, Alexander? Capisci, Mia, quanto fossi felice? Andare da qualche parte? Con la mamma? Ricordo ancora quanto fosse bello sedere in macchina con la radio accesa. Il fuoco nel camino. Odore di cibo dalla cucina. Era pieno inverno. Poi la mamma ha staccato qualcosa dalla parete e me l’ha legato stretto alla testa. Delle corna di cervo. Ha indicato il lago sotto casa nostra. Il ghiaccio liscio come uno specchio. Laggiù c’è Bambi, mi ha detto, Mia. Laggiù c’è Bambi, Alexander, e se scendi con queste corna lo vedrai davvero...»

Mia tirò lentamente il piede verso di sé e sentì che aveva un po’ di gioco, forse avrebbe potuto alzarsi. Se solo fosse riuscita a liberare il braccio...

«Mi senti, Mia?» disse quello sguardo dolente.

«Ti sento» rispose lei sforzandosi di sorridere. «Sei sceso sul ghiaccio per vedere...»

«Bambi. Avevo dieci anni e volevo vedere Bambi, capisci? Amavo Bambi... Allora sono sceso sul ghiaccio. Per molte ore. Fino a che mi sono venute le labbra blu. Ma Bambi non è arrivato. E quando alla fine sono risalito fino alla baita, arrampicandomi sulla neve, non ho trovato più nessuno.»

«Cosa?» mormorò Mia.

«La mamma se n’era andata.» Il ragazzo rimase per un istante in silenzio. «Ma poi sei arrivata tu. Mia Krüger. Dal nulla. Un piromane, mamma, lo sai? Io non c’entro. È stato un piromane. Ah, Mia, avresti dovuto vedere i suoi occhi, sul letto d’ospedale, quando sono arrivato con i giornali. Te le ricordi? Quelle prime pagine?»

Un vago ricordo.

VG e Dagbladet.

Subito dopo la cattura.

«L’ha capito, Mia. Mi ha guardato con occhi amorevoli, Mia, te ne rendi conto? Dopo tutti quegli anni? Poco prima di morire. I suoi occhi. Mi ha accarezzato la mano, Mia. Aveva capito

Il ragazzo sorrise e si carezzò da solo una guancia.

«Mamma...»

Mia avvicinò ancora un po’ il piede, ma dovette fermarsi perché all’improvviso il ragazzo le puntò gli occhi addosso.

«È andata così, Mia Krüger. Il destino. Mio eterno amore. Noi due per sempre. Non è stato un caso, eh, Mia? Che tu sia arrivata a salvarmi...»

«Meno male che sono arrivata» disse Mia riuscendo finalmente ad abbozzare un sorriso stentato.

«E ora partiamo insieme» disse il ragazzo che sembrava essersi finalmente tranquillizzato. «Ma prima...»

Corse di nuovo fuori della stanza e tornò sorridente portando qualcosa.

Un... vestito da sposa?

«Credi che ti vada bene?» chiese il ragazzo con un sorriso. «Tu e io, cara, prima che partiamo...»

Sollevò il vestito davanti a lei e sorrise ancora, con timidezza.

«Dove... andiamo?» tentò Mia sorridendo a sua volta.

«Che vuoi dire?» ribatté il ragazzo, un po’ sorpreso.

«Hai detto partire... Dove andiamo...?!

La guardò in modo strano.

«Da Kyrre, ovvio. E da Sigrid. Non è quello che vuoi? Abbandonare tutto? Noi due insieme a Nangijala?»

All’improvviso lucida, Mia capì di che cosa stesse parlando. I libri nelle casse. Le note che aveva scritto dopo gli interminabili incontri con gli psicologi.

Pensieri suicidi.

La sorella gemella che correva lenta attraverso il campo di grano dorato.

Vieni, Mia, vieni.

«Ah, quasi l’avevo dimenticato» fece il ragazzo battendo le mani.

Balzò zelante in salotto e tornò con le braccia dietro la schiena.

«Guarda» disse sollevando davanti al suo viso il gioiello scintillante.

Lei vide la lettera, ma il suo cervello ancora non riusciva a capire.

M.

M di Mia.

Era... il braccialetto di Sigrid?

Ma che...?

«Per te, cara.» Alexander sorrise posando timido il braccialetto accanto a lei, sul letto.