Alle sette del mattino, al mare, dopo avere spalancato la finestra, gli piace buttarsi tutto nudo sul letto, prendere il primo libro o rivista o giornale che gli capita sottomano e leggere per dieci, quindici minuti una cosa qualsiasi, per svegliarsi del tutto, per riprendere contatto col mondo. Preferibilmente, qualche cosa di drammatico, magari di catastrofico, forse per equilibrare il senso di profonda tranquillità che emana dalla finestra piena di un cielo ancora freddo e vuoto, con vaghe tracce, qua e là, di rossori aurorali. Stamani tende la mano verso il pavimento, raccoglie a caso il giornale che la sera prima aveva lasciato cadere, vinto dal sonno, e lo spiega. Sì, ci vorrebbe qualche cosa di drammatico, magari di catastrofico. Ecco, su quattro colonne, il titolo che cercava, sul pro e il contro della bomba N. Benissimo, che cosa di più catastrofico della fine del mondo? Si accomoda meglio il cuscino sotto la testa, porta il giornale all’altezza degli occhi e legge.
In sostanza, si dice mentre legge, l’umanità, probabilmente, ha sbagliato strada ad un certo momento, chissà quando, forse all’epoca del Rinascimento, e corre verso la sua estinzione. È già avvenuto; molte specie di animali hanno sbagliato strada e si sono estinte, per esempio i dinosauri. Soltanto a patto di stabilire questa premessa, riflette ancora, ci si può occupare della bomba N. Ad ogni modo, come stanno le cose?
Ecco come stanno. 1) La bomba N uccide gli uomini senza distruggere case, opere, monumenti ecc. ecc. 2) Ha un effetto selettivo e circoscritto, cioè uccide un numero limitato di persone e per giunta uccide proprio quelle che vanno uccise. 3) Al contrario della bomba atomica tradizionale, può essere adoperata senza provocare la fine del mondo; cioè può aspirare a diventare a sua volta una cosiddetta arma convenzionale. 4) Come arma convenzionale, è molto probabile che venga adoperata in Europa, campo di battaglia predestinato per un conflitto tra URSS e USA.
Sempre tenendo ferma la premessa che l’umanità vuole la propria morte, lui si domanda adesso che cosa si può fare per evitare l’uso della bomba N. Questa volta ci pensa su a lungo, scartando via via soluzioni che, quasi subito, gli appaiono superficiali e parziali. Alla fine si imbatte nella sola risposta possibile: il rimedio a tutto questo è che l’umanità "non" voglia più la propria morte.
È ora di alzarsi. Getta giù le gambe dal letto, passa nel bagno. Dal quale esce dopo una ventina di minuti lavato e sbarbato, in camiciola, calzoncini, sandali. Va a dare un’occhiata alla spiaggia, dalla finestra del soggiorno: è ancora tricolore, con la sabbia bianca del tutto asciutta, la sabbia marrone chiaro ancora umida della mareggiata di ieri sera, infine la sabbia marrone scura in contatto col mare. Il cielo è già luminoso e azzurro ma il sole ancora non si vede. Lui guarda per un momento con attenzione al mare calmissimo, quasi immobile, salvo una breve onda che si forma e muore a due passi dalla riva, quindi passa nella cucina dove si preparerà la prima colazione.
Ahimè, forse a causa dell’afa che dura già da alcuni giorni, le formiche stanotte sono uscite, come si dice nei romanzi di avventure, sul sentiero di guerra. Una fila nera e brulicante, piena di fitti andirivieni, ha raggiunto il vaso del miele che qualcuno ha lasciato imprudentemente allo scoperto sulla tavola. Il vaso è punteggiato di formiche; altre, sorprendentemente numerose, sono riuscite, chissà come, a passare per il minimo spazio tra il vetro del vaso e il metallo del coperchio e adesso stanno affogando nel miele. Il vaso ormai è da buttare; e così, stamane, lui dovrà fare a meno del miele.
La riga nera delle formiche discende lungo la gamba della tavola, attraversa il pavimento della cucina, passa sotto la portafinestra. Lui apre la portafinestra, segue passo passo l’indaffarato esercito degli imenotteri. Esso costeggia per un buon tratto la parete della villa, se ne distacca all’angolo, attraversa il marciapiede, si perde nell’aiuola, sotto il fogliame dei pitosfori. "Adesso le accomodo io," si dice, arrabbiato contro le formiche che gli sono entrate in casa e hanno dato l’assalto al miele.
Torna in fretta nella cucina, cerca in vari armadi la bombola dell’insetticida ma non la trova. Intanto le formiche continuano ad andare e venire su e giù per la gamba del "suo" tavolo, in mezzo al pavimento della "sua" cucina, lungo la parete della "sua" villa, attraverso il marciapiede del "suo" giardino. Questo pensiero gli accresce la rabbia. Senza tanto pensarci su, afferra un foglio di giornale, l’accartoccia, vi accosta un fiammifero acceso. Il giornale divampa. Lui avvicina la fiamma alla gamba del tavolo: le formiche bruciano subito, cascano una dopo l’altra sul pavimento.
La porta si apre, entra la moglie, anche lei in camicetta, calzoncini, sandali. Ben pettinata, fresca, graziosa. Esclama: "Che fai?" Lui le risponde: "Lo vedi, no?" "Ma per le formiche c’è lo spray. E poi non mi è piaciuta la tua espressione mentre davi fuoco a quelle povere formiche." "Che espressione avevo?" "Non so: crudele. Aspetta, ti prendo lo spray." Con semplicità, va nel soggiorno, ne torna con la bombola rossa e verde dell’insetticida, gliela porge: "Ecco, prendi questo."
Lui la rigira tra le mani, legge le solite raccomandazioni sotto la figura nera di un’enorme formica: "Spruzzare il prodotto tenendo la bombola a circa 5-10 cm di distanza dalla superficie da trattare..." quindi toglie il coperchio, inclina la bombola verso il pavimento dove la riga delle formiche è tuttora intatta, e, premendo col dito la valvola, dirige lo spruzzo verso gli insetti. L’effetto, come gli viene fatto di pensare, è davvero istantaneo; anche se questa istantaneità riguarda più lui che spruzza che le formiche che vengono spruzzate. Già, perché non si può sapere quello che è il tempo per le formiche. Per lui un attimo è un attimo; per le formiche, invece...
Istantaneo o no, l’effetto è certamente letale. Subito dopo che la rigida nuvoletta dello spray le ha investite, le formiche si spargono in giro, immobili, rovesciate, si direbbe, sul dorso, insomma morte. Non ha il tempo di attardarsi sull’osservazione della morte delle formiche, perché la moglie, dal tavolo dove si è seduta, di fronte alla tazza del tè, lo incita: "Non basta uccidere quelle che sono entrate in casa. Bisogna seguirle fuori, magari andare a scovare il formicaio."
Non dice nulla, segue l’esercito delle formiche e via via lo sbaraglia con il getto dell’insetticida. Adesso è uscito dalla cucina, spruzza la parete della villa. Poi ecco le retroguardie sul marciapiede. All’aiuola dei pitosfori si ferma con questa riflessione: "Ho dato loro una buona lezione. Per oggi basta. Almeno per qualche giorno non torneranno."
Ma questo pensiero ne suscita un altro: perché, dopo la lezione, le formiche non torneranno? Perché hanno "capito"? Oppure per mancanza di soldati, in attesa che il formicaio riempia con altre formiche i vuoti fatti dall’insetticida nell’esercito? Certamente, la questione è importante: nel primo caso ci sarebbe una specie di coscienza; nel secondo, il cieco istinto vitale.
D’altra parte, pensa, come si fa a rispondere a simili domande se, nella realtà, non è possibile avere un rapporto diretto con le formiche? Ne avrà ammazzate, diciamo, mille. Ma questa strage si è svolta nel silenzio, lui non ha sentito nulla. Eppure, chissà, forse le formiche si lamentavano, gridavano, urlavano. E ancora: chi ha mai visto l’"espressione" della formica nel momento che muore colpita dall’insetticida? Agli uomini appare come un puntino nero, niente di più.
Adesso rientra nella cucina. La moglie ha in mano il giornale che lui si è portato dietro dalla camera; sta leggendo e, pur leggendo, porta ogni tanto alle labbra la tazza del tè. Ad un tratto domanda, da dietro il giornale: "Ma si può sapere che cos’è questa bomba N?"
Lui si siede e si versa a sua volta il tè. Quindi dice: "È un luogo comune ma, alla fine, perché avere paura del luogo comune? Noi siamo delle formiche e il nostro insetticida sarà la bomba N."
"Ma noi pensiamo. Le formiche non mi dirai che pensano. Perché non adoperiamo il nostro pensiero per trovare una maniera di evitare la bomba N?"
Lui ci pensa su e poi risponde con un sospiro: "Non adoperiamo il nostro pensiero perché, in fondo, vogliamo morire."
"Ma io non voglio morire. E le formiche cosa vogliono? Non mi dirai che anche le formiche vogliono morire."
"No, al contrario, le formiche vogliono il miele, cioè vogliono vivere."
"Come la mettiamo allora? Gli uomini, secondo te, vogliono morire, le formiche invece vogliono vivere; ma tutti e due, alla fine, li stermina l’insetticida."
Lui sospira di nuovo e poi dice: "Non hai letto l’Ecclesiaste? Alcune migliaia di anni fa, ha detto: ’Non c’è nulla di nuovo sotto il sole’; nessuno può dire: ’Guarda, questa cosa è nuova.’ Questo pensiero dell’Ecclesiaste è stato valido, diciamo, fino al 1945; fino, cioè, alla bomba atomica; adesso non è più valido: ci sono molte cose nuove e, almeno per ora, non riusciamo a farcene un’idea chiara. L’ultima di queste cose nuove è la bomba N. Puoi forse dire, a proposito della bomba N, niente di nuovo sotto il sole? Eh no, proprio no. E allora, forse, delle cose di cui non si può parlare, è meglio tacere."