TI BENDERAI?
Ti benderai? Io sono salito con la sciarpa
sugli occhi, ho graffiato i mattoni. Il muro
ha molte crepe, ma non temere, non devi temere:
salirai tra i rampicanti, i fratelli rampicanti.
È altissimo, quassù. Ti benderai? Io sono salito
in pochi minuti, guarda, ho le unghie insanguinate
e ti aspetto vicino all’antenna, non temere.
Ti benderai? Togli il cappotto, presto, accendi
i fiammiferi, metti la pannocchia in tasca.
Guarda, la mangeremo quassù, la bruceremo. Non
temere più, togli il cappotto. Guarda, so volare!
CON I REMI SPEZZATI SI IMBARCARONO
Statue, serenità della slitta
verso le montagne: come è preda
del certo amore tenersi
perduti al pianerottolo senza ringhiera!
Giardino della buca e del fulmine
dove il tuffatore sospeso in aria
ha la febbre…
e voi, colori a calce,
non toglietegli l’inverno
che scende nella sua voce: è vivo
come una pergamena notturna, respira come un figlio.
Cielo e terra
sono calmi, sono inginocchiati.
TRA I SALESIANI
“Sono ricca e nuda. Sottovento
il freno delle carrozze raggiunge
la terra, dove c’è una pianura più giovane
di qualsiasi mente, e voi guarderete
le saracinesche, appena cadono, di pomeriggio.
Adesso che ho vinto, adolescenti, è inutile
nascondersi in palestra per masturbarsi…
… ogni professore si spegne
con il suo candelabro, e non c’è più nessuna donna
dentro il refettorio, nessuna in lui. Ho una veste
nel sangue e una preghiera per esca: questo
è il mio specchio, e il vostro è rotto.”
LEGGENDA DEL LAGO DI GARDA
– Se ritornerà, che cosa dovrò dirgli?
– Digli che siamo molti, che siamo stati
travolti
e sorteggiati.
– Travolti da quale forza, da quale nemico?
– Travolti dall’immensa forza di un minuto
che io non maledico
perché non ho temuto.
– E se soffre, se ti vuole toccare?
– Disegna il mio viso, la mia prima,
forte ciocca, il silenzio
più improvviso.
– Ma qual è il tuo viso? Perché lo nascondi?
– Disegna le imboscate, le battaglie
di triremi
lui le ha amate!
– Ma qual è il tuo viso? Perché ti allacci il colletto?
– Anch’io le ho amate, le ho amate crollando
in questa strada
sta nevicando ancora.
– Se mi chiede dove sei, se vuole rivederti?
– In questa mano c’è una linea atroce e giusta
digli di guardarla
nostro figlio avrà una voce.
– Ma se non vuole andarsene, se non vuole ascoltare?
– Digli di quella pietra, quella briciola di terra
digli che la fionda non basta più
per spezzare questa mia serra.
– Ma qual è il tuo viso? Perché lo nascondi?
– Digli che urlo in una calma strana
non credermi sposa, non
credermi lontana.
LEGGENDA DEL MONFERRATO
Sono gelati da gennaio
ma ancora rossi, i piombini
vinti alla lotteria
e c’erano
tre pazzi
che si nascondevano le mani
tre fratelli muratori, magri
come pioppi neonati,
tre fratelli
nella bufera
e spiavano un animale
dalla faccia terrestre, una biscia
dal corpo strettissimo:
“divento grande, divento per sempre
s e r p e
uccidetemi, almeno voi, uccidetemi”.
TESTIMONI OCULARI
Nel viale tra uomini di puro giorno
non ci sono più ferite né calcinacci
per un intero minuto la guerra
non ama che la guerra
È un viale senza filo spinato
un’afa che esce dalle tasche
anche loro lentamente anche loro
legano le mani
al palo della luce si addormentano
È un autocarro
una testa appoggiata sopra l’asfalto
È una cantilena nel sangue ora un pellegrinaggio
tra un documento una borsa di plastica
la comunione
per le suole bucate spose del caos.