III
Per quali ragazzi?

Né vivere né morire sono sufficienti a esprimere l’essenziale della vita.

DOSTOEVSKIJ

TI BENDERAI?

Ti benderai? Io sono salito con la sciarpa

sugli occhi, ho graffiato i mattoni. Il muro

ha molte crepe, ma non temere, non devi temere:

salirai tra i rampicanti, i fratelli rampicanti.

È altissimo, quassù. Ti benderai? Io sono salito

in pochi minuti, guarda, ho le unghie insanguinate

e ti aspetto vicino all’antenna, non temere.

Ti benderai? Togli il cappotto, presto, accendi

i fiammiferi, metti la pannocchia in tasca.

Guarda, la mangeremo quassù, la bruceremo. Non

temere più, togli il cappotto. Guarda, so volare!

CON I REMI SPEZZATI SI IMBARCARONO

Statue, serenità della slitta

verso le montagne: come è preda

del certo amore tenersi

perduti al pianerottolo senza ringhiera!

Giardino della buca e del fulmine

dove il tuffatore sospeso in aria

ha la febbre…

e voi, colori a calce,

non toglietegli l’inverno

che scende nella sua voce: è vivo

come una pergamena notturna, respira come un figlio.

Cielo e terra

sono calmi, sono inginocchiati.

TRA I SALESIANI

“Sono ricca e nuda. Sottovento

il freno delle carrozze raggiunge

la terra, dove c’è una pianura più giovane

di qualsiasi mente, e voi guarderete

le saracinesche, appena cadono, di pomeriggio.

Adesso che ho vinto, adolescenti, è inutile

nascondersi in palestra per masturbarsi…

… ogni professore si spegne

con il suo candelabro, e non c’è più nessuna donna

dentro il refettorio, nessuna in lui. Ho una veste

nel sangue e una preghiera per esca: questo

è il mio specchio, e il vostro è rotto.”

LEGGENDA DEL LAGO DI GARDA

– Se ritornerà, che cosa dovrò dirgli?

– Digli che siamo molti, che siamo stati
travolti
e sorteggiati.

– Travolti da quale forza, da quale nemico?

– Travolti dall’immensa forza di un minuto
che io non maledico
perché non ho temuto.

– E se soffre, se ti vuole toccare?

– Disegna il mio viso, la mia prima,
forte ciocca, il silenzio
più improvviso.

– Ma qual è il tuo viso? Perché lo nascondi?

– Disegna le imboscate, le battaglie
di triremi
lui le ha amate!

– Ma qual è il tuo viso? Perché ti allacci il colletto?

– Anch’io le ho amate, le ho amate crollando
in questa strada
sta nevicando ancora.

– Se mi chiede dove sei, se vuole rivederti?

– In questa mano c’è una linea atroce e giusta
digli di guardarla
nostro figlio avrà una voce.

– Ma se non vuole andarsene, se non vuole ascoltare?

– Digli di quella pietra, quella briciola di terra
digli che la fionda non basta più
per spezzare questa mia serra.

– Ma qual è il tuo viso? Perché lo nascondi?

– Digli che urlo in una calma strana
non credermi sposa, non
credermi lontana.

LEGGENDA DEL MONFERRATO

Sono gelati da gennaio

ma ancora rossi, i piombini

vinti alla lotteria

e c’erano

tre pazzi

che si nascondevano le mani

tre fratelli muratori, magri

come pioppi neonati,

tre fratelli

nella bufera

e spiavano un animale

dalla faccia terrestre, una biscia

dal corpo strettissimo:

“divento grande, divento per sempre

s e r p e

uccidetemi, almeno voi, uccidetemi”.

TESTIMONI OCULARI

Nel viale tra uomini di puro giorno

non ci sono più ferite né calcinacci

per un intero minuto la guerra

non ama che la guerra

È un viale senza filo spinato

un’afa che esce dalle tasche

anche loro lentamente anche loro

legano le mani

al palo della luce si addormentano

È un autocarro

una testa appoggiata sopra l’asfalto

È una cantilena nel sangue ora un pellegrinaggio

tra un documento una borsa di plastica

la comunione

per le suole bucate spose del caos.