II
Ringraziamento

UN NOME DELLA FINE

Ricordo bene: novembre del 1975, ospedale

militare di via Saint-Bon… quell’urto

sul cuscino, quell’inverno pensato al contrario,

montagna dentro la razza della montagna,

sprigionò colore affannoso, ma anche

il colore primitivo dell’amore.

“È già stato, ormai, è già stato”, ripete un amico

lungo la camionale, istante dell’anniversario

e sangue attuale. È già stato, ormai… domattina,

amore, lo saprai? Domattina è questo nome

di prima che si stacca… questo

ora chiedo: che sia infantile come una rima,

che sia ora, scagliato all’aperto sorriso;

che vada. Che sia. Questa verità

di andare via, la solita strada, il bel paradiso.

STORIOGRAFIA

Non abbiamo visto niente se non quel vedere

sfioriti i versi e la morte, fallimento muto

degli occhi per noi estratti a sorte.

Nostra Signora delle nebbie perenni e del minuto

di’ quale vita abbiamo vissuto, in quale dimora

la musica delle sfere non scende su Greco e i millenni

sono un metro d’asfalto, naviglio celeste

tra gli altiforni e il capogiro.

“Nell’uomo che liricamente li sveste

i morti trovano consiglio.”

PRENESTINA DEL NORD

Alle due si apriva il libro di storia,

la gente ferma per ore

con le dita sul citofono: bastava tacere.

Era lo stesso quaderno

calcinato, a Milano, era l’idea

e lo scisma nell’idea, quel

non parlato di chiodi per terra

a ogni fermata del tram

come un compito della sostanza

come un tutto senza notte

chiedevo di scendere

come due città, potenti sotto la pioggia,

scambiano una vita con un’altra vita.

FORSE VOI

I treni della Certosa restavano lì,

spirituali. Poveri cristi invocavano

qualcosa, forse un dio

delle rotaie, Mariarosa, un aranceto,

un miracolo davvero

segreto univa migliaia di orologi

al fiore delle origini.

UNA POESIA PER CONCLUDERE

Quella sproporzione nella gola, quella

Milano che mi descrive nel suo secolo, nel piatto

sopra il piatto, trentanove anni

come un titolo qualsiasi allontanato

in quella scatola dello spazio

sono soltanto lo stile che ho appreso.

Così, per una sazietà dei momenti, per un peso

più oscuro di loro, hanno vagato

nel centimetro in cui non si entra

e sono qui, spirituali

nazioni distrutte a fine anno, quattro mani

per sorreggere un giornale

sono i miei primi doni alla giustizia.

PREPARAZIONE INVERNALE

Questa bocca resa piccola, questa periferia

che batte sui segnatempo, sul legno

sopra il legno, questa mattina

strappata al pensiero

accordiamo le lancette del cronometro

a quelle del cielo, al sangue, al

sangue incustodito.

UDE-GARAMI

Ti scelsi bella arciera

per un gioiello

che dal nulla separò

una molecola guerriera

e aprì la veste

stretta al respiro

come un luogo intero

come un’improvvisa eternità.

Vela blu la tua cintura!

Ora ci addestra,

amore, la medesima ferita

e le stelle sotto il tappeto

sono quella palestra

uguale alla vita.

UNA PAGINA DEL PASSAPORTO

Ognuno può riempire di pane il cesto

o gettarlo nel torrente, come un bambino

spaventato dal suo mostro

come bambini dovete diventare

perché sia vostro

il regno dei cieli.

Là dove qualcosa appare del tempo

tenero e comune, dove Bresso

diventa una stradina verso Sesto,

come sempre, come allora, adesso resto:

era lo stesso

battere di denti nella brina

battito arcaico delle stesse

mani dentro la corriera, ed era giusto

che ogni cosa tacesse.

Ricordo questo, solamente:

il soprassalto della rosa,

un oracolo assoluto, un innalzarsi

dell’asfalto contro il niente.

LUOGO INTERO

Ogni nudità s’ingrandiva,

il sangue era lucente, la vita era viva,

tutto si stava preparando

alla parola, a quella più antica

promessa nel cortile

dove resta la palla prigioniera, la stessa

trottola gioiosa del suo turbine,

il cestino che nascondeva un bracciale,

un bracciale d’argento

noi vediamo sull’agenda

che anche qui è l’identico momento.

ANALISI DEL PERIODO

Non rispondere, stasera. Cammina

lungo la tua era di chioschi e di metano.

Solo quella ti fu data. Guarda

via Stradella, via Rosales, la lingua screpolata

dall’acqua minerale, la vecchierella

pugliese ti annunciava un figlio

da lì a poco… gran mutamento… felicità rinata.

Custodisci il consiglio

antico del tornare, il suo spirituale frutto. Ricorda

tutto. Ricorda il tuffo

mentre suonavano le campane,

deciso all’improvviso: perso, ritrovato

e ancora perso e vivente

il tempo, la sete, il riposo, il grande

riposo dei ponti, tutto è ancora qui

e si ripete al dio degli orizzonti.

Si ripete questa sera, tu sei accanto. Non era soltanto

un vicolo cieco, quel minuetto di neon, non era

un atto santo né uno spreco, non era

ancora detto.

VIGILIA DELLA GRANDE PARITÀ

L’aquila cadde vicino a me, volle farmi guerriera

Non fu femminile vendetta ma innegabile somiglianza a un battesimo di sangue virile.

GIOVANNA SICARI

Mi venne incontro a viso aperto

aveva nettamente il suo corpo

quando ci siamo inchinati

il vento ci gettò su un tappeto

di finte e di attacchi schivati

attraversò entrambi i lati

del suo polso stretto al mio

e mosse le figure umane

dal cerchio esatto del loro peso

ogni millimetro era proteso

alla parola dell’arbitraggio

fu quel kesa-gatame, quella

luce di maggio, quelle pupille raccolte

in silenzio spartano, fu quella mano

battuta due volte a formare

le sillabe della promessa, l’altare

che una voce scopre in se stessa.

PAOLETTA

Il forte silenzio

gettato sul tuo corpo

mi accompagna in questo paesaggio

di metano e di palestre

ecco il golf di lana spessa

sulle braccia vittoriose

della fanciulla campionessa

la cintura nera sul kimono

l’asfalto imbevuto

di peso buio.

Tutto è ancora qui

nelle segrete espansioni

nella ginocchiera

che ci siamo scambiati

a fine gara: piove sul Fossati

e l’acqua ci sta accanto, l’acqua vera

del battesimo e del pianto

che spense la prima candelina,

quel polso leggero,

quel prendere netto.

Così finisce, così ci si inchina

colpo di grazia

nel corpo benedetto.