V
Hotel Artaud

Mi saluti, ti rimetti il reggiseno, senti

che puoi smarrire il codice terrestre, demolire

il nucleo, precipitare nel buio. Vai verso la doccia.

Ricordi un nove e ottanta a corpo libero,

una primavera della pelle, una diagonale perfetta.

Dall’incubo estrai una forcina, ti aggiusti

i capelli, indossi la cuffia, chiedi soltanto

di essere risparmiata.

*

Noi qui, separati dai nostri gesti. Tu blocchi

il flusso dei secondi con un gemito. Componiamo

l’antica rima e subito cadiamo. Le pareti

restano lì, macchiate di rimmel.

L’angelus dell’alba ti guarda, nuda e taciturna.

Oscilla nel respiro la chiave. Ogni porta,

ogni lampadina, ogni spruzzo della doccia dicono

che si è rotta l’alleanza.

*

Ti alzi e ti tuffi, vuoi inghiottire la vita

e invochi il fiore della luna, il grande

osanna oscuro che dà tutto il piacere

agli amanti. Invochi l’unisono dei corpi

e la scintilla risorta, il sangue in tumulto,

le spalle nell’assoluto. Fuori, macchie di gasolio,

cavi sospesi, pezzi di requiem. Ne senti la minaccia

fino allo stridere delle lenzuola. Mi chiedi

se giungeranno qui, se noi potremo ancora salvarci.

*

Negli estremi atti di forza, nelle labbra sensitive,

nell’impeto che non si fa parola, ti cerchi

e ti consumi, affiori, graffi, ti aggrappi

urlando che questo è il bene eterno, che le stelle

s’incendiano sulla fronte, che rimarremo

qui per sempre. Ti rispondo che ogni dimora

si allontana da chi l’abita, che è la nostra

ultima recita.

*

Divina e distratta, sospinta da una lieve brezza,

ti sdrai, giochi con le lenzuola, ti atteggi,

sussurri, imiti movenze, ripeti che la notte

è incantevole a Brera. Ogni silenzio è dissolto,

tutto parla una lingua di merletti e sceneggiati,

un astuto sortilegio, un assolo che finisce

sul bordo degli hot pants.

*

Ci siamo presi, volti affannati e circospetti,

sopra una piastrella, misurando il respiro,

controllando le impronte digitali, baciando

la gola che si arrende, le ginocchiere

di una gara, il kimono, le spalle vinte, suono

dell’attimo scordato, la certezza di avere

sbagliato la traduzione.

*

Quando su un volto desiderato si scorge il segno

di troppe stagioni e una vena troppo scura

si prolunga nella stanza, quando le incisioni

della vita giungono in folla e il sangue rallenta

dentro i polsi che abbiamo stretto fino all’alba,

allora non è solo lì che la grande corrente

si ferma, allora è notte, è notte su ogni volto

che abbiamo amato.