Morian Reykill fissò dall’alto il giardino dove suo figlio giaceva accanto alla propria compagna. Era trascorso quasi un mese da quando avevano trovato Cara sepolta nella grotta e l’umana ancora non aveva risposto al richiamo di Trelon. Il drago era guarito in fretta dalle ferite, grazie alle cure di Symba, ma la piccola umana era ancora irraggiungibile.
“C’è qualcosa che possiamo fare per aiutarla?” chiese sottovoce Trisha.
Trisha, Ariel, Carmen ed Abby avevano fatto a turno a stare sedute in giardino con Cara. Le leggevano e le parlavano. Il drago di Cara giaceva sotto il sole e ascoltava, ma capitava di rado che si muovesse o che mostrasse qualunque reazione prima dell’arrivo del drago di Trelon.
Morian osservò mentre il minuscolo Drago voltava la testa per appoggiare la guancia al petto del grosso maschio. Le vennero le lacrime agli occhi alla vista di Trelon che avvolgeva un’ala attorno al drago più piccolo, attirandola a sé. Se non avessero fatto qualcosa presto, li avrebbero persi entrambi.
“Credo che sia giunto il momento di fare quattro chiacchiere con mia figlia,” disse Morian, voltandosi e dirigendosi con determinazione verso la soglia.
*.*.*
“Trelon, abbiamo bisogno di te. Zoran ti ha convocato. Non hai partecipato a nessuna delle riunioni che abbiamo tenuto e nel frattempo ci sono stati dei nuovi sviluppi. Abbiamo bisogno della tua esperienza,” disse energicamente Kelan.
Il drago di Trelon ringhiò minaccioso. Non intendeva abbandonare la sua compagna. Abbassò lo sguardo sulla piccola testa di Cara annidata contro il suo petto. Lei dormiva. Non dormiva mai a lungo, solo qualche minuto di tanto in tanto. Erano quei primi istanti del risveglio a spezzargli il cuore. Il drago si svegliava di soprassalto e si guardava attorno terrorizzato, con grandi lacrime a forma di diamante che le scorrevano lungo il muso e il cuoricino che batteva forte contro di lui. Non emetteva mai un suono. Era quasi come se si fosse dimenticata come si faceva.
Trelon non udiva la sua voce da oltre un mese. Sentiva la mancanza dell’energia della sua piccola compagna, del suo chiacchiericcio, del suo spirito. Sentiva che gli stava scivolando via lentamente e questo lo spaventava. Non aveva mai conosciuto una paura tanto profonda. Il suo drago sentiva la sua compagna indebolirsi a sua volta e non aveva idea di cosa fare. Il suo unico desiderio era restarle vicino e proteggerla. Non gli importava nulla dei fratelli di Trelon o di chiunque altro. La sua compagna era la sua unica ragione di vita.
“Trelon,” disse severamente una voce femminile. “Ti ho cresciuto meglio di così. La tua gente ha bisogno di te. Devi fare il possibile per loro, anche se solo per un po’. Penserò io a sorvegliare la tua compagna in tua assenza.”
Trelon voltò la testa e il ringhio minaccioso gli morì in gola quando vide sua madre. Lei sapeva com’era perdere un compagno. Sebbene il padre di Trelon non fosse stato il suo vero compagno, lei lo aveva amato comunque. Il simbionte di suo padre non l’aveva mai accettata del tutto. Il loro accoppiamento si era svolto per decreto regio, allo scopo di fondere due case reali. Lui amava e rispettava sua madre per la forza che aveva prestato non solo a lui e ai suoi fratelli, ma a tutto il popolo durante il suo lungo regno come regina madre.
Trelon si concentrò per un attimo, trasformandosi. “Prometti di non lasciarla sola?” La domanda suonava più simile a una preghiera.
Morian si avvicinò a suo figlio e la circondò con le braccia. “Prometto,” disse. “Andrà tutto bene. Le divinità non avrebbero portato la tua piccola compagna nel nostro mondo solo per fartela perdere. Lei è destinata a portare grande gioia al nostro mondo.”
Trelon si ritrasse e abbassò lo sguardo negli occhi di sua madre. Non cercò nemmeno di nasconderle le lacrime. “L’amo tantissimo, Dola.”
Morian appoggiò il palmo di una mano alla guancia di Trelon. “Lo so, figlio mio, lo so. E lo stesso vale per Cara.”
Trelon lanciò un’ultima occhiata al minuscolo drago che lo guardava con gli occhi spalancati e colmi di paura. Detestava lasciarla sola. Sembrava sempre tanto spaventata quando lui se ne andava, anche se le altre donne venivano a stare con lei. Non lasciava mai il giardino.
Quando lui l’aveva riportata a palazzo, aveva cercato di portarla nei loro alloggi. Lei si era opposta e aveva pianto così forte che il drago di Trelon si era rifiutato di costringerla. Erano rimasti in giardino, a prescindere dal tempo. Lui la copriva con le sue ali quando pioveva e le faceva scudo dal caldo sole pomeridiano. Di notte, la stringeva a sé sotto le stelle brillanti e le dava conforto quando le veniva paura. Lei aveva una lunga fila di visitatori.
Tutti i guerrieri che avevano contribuito a tirarla fuori dalla grotta erano venuti a trovarla. Un piccolo gruppo di ragazzi si era trasformato in un piccolo esercito. Trelon aveva scoperto che Cara aveva conosciuto diversi di quei ragazzi un giorno al mercato. Aveva mostrato loro come lanciare la frutta in aria ed eseguire giochi di prestigio. Diversi dei ragazzi erano diventati molto abili e venivano una volta al giorno a esibirsi per lei.
In tutto ciò, Cara giaceva in silenzio, guardandoli, ma senza reagire. Trelon non sapeva cosa fare. L’affaticamento dovuto all’ansia cominciava a pesare. Aveva perso peso e interesse in qualunque cosa non fosse Cara. Sussultò quando sentì la mano di Kelan sulla spalla.
“Andrà tutto bene,” mormorò Kelan. Trelon si limitò ad annuire mestamente.
*.*.*
Morian osservò il piccolo drago che seguiva con lo sguardo la figura in allontanamento del proprio compagno. Raggiunse la piccola panchina che era stata allestita per i numerosi visitatori di Cara e si sedette. A un cenno della sua mano, un servitore apparve con dei rinfreschi. Morian attese con pazienza, senza dire nulla fino a quando il minuscolo drago non ebbe voltato la testa per guardarla. Finalmente, Morian parlò, proprio mentre gli occhi di Cara cominciavano a chiudersi.
“È un peccato per Trelon,” esordì. Si interruppe per bere un sorso. Il drago di Cara sollevò la testa nell’udire il nome del suo compagno. “Sta morendo, sai.”
Il drago di Cara fissò Morian, ascoltando.
Morian le lanciò un’occhiata eloquente. “Sei tu che lo stai uccidendo, Cara. Vedi, senza di te, lui non può sopravvivere. Tutti i giorni, un’altra parte di lui svanisce mentre ti guarda. Lui non mangia, non dorme e ha voltato le spalle ai bisogni dei suoi fratelli e del suo popolo. Non sei l’unica ad avere bisogno di lui, piccolina. Lui ha altrettanto bisogno di te e lo stesso vale per il nostro popolo.”
Cara ascoltò attentamente le parole di Morian. Trelon stava morendo. A causa sua? Il drago di Cara avvertì un primo sommovimento nel profondo di sé mentre la minuscola umana sepolta dentro di lei cominciava a muoversi. Cara non poteva lasciare che Trelon morisse. Lo aveva protetto. Lui era suo. Le aveva promesso che l’avrebbe amata per sempre. Se fosse morto, lei sarebbe rimasta di nuovo da sola. La sua famiglia si sarebbe infranta.
Cara si costrinse a trascinarsi via dal luogo in cui si era nascosta. Era una combattente. Era una sopravvivente. Non aveva forse dimostrato a zio Wilfred e a suo padre che poteva farcela? Non aveva forse dimostrato ai ragazzini della scuola che loro non potevano farla scappare? Non aveva forse dimostrato a Darryl che non era una stupida cagna in calore?
Poteva aiutare Trelon. Quando si trattava di costruire cose, loro due la pensavano allo stesso modo. Lui le aveva mostrato cosa voleva dire essere davvero amata. E le aveva promesso dei figli. Lei poteva dargli un sacco di bambine che lo facessero impazzire e lo facessero sentire amato.
Morian osservò la lotta che si svolgeva negli occhi del piccolo drago. Avvertì un’ondata di sollievo di fronte al barlume di determinazione che apparve negli occhi del drago di Cara. Colse il momento esatto in cui la minuscola umana trionfò sulla paura che la stringeva nella sua morsa. Qualche istante dopo, Morian si inginocchiò sul terreno, stringendo una Cara singhiozzante fra le braccia. La figura minuscola si raggomitolò contro di lei mentre Morian mormorava rassicurazioni.
“Non voglio che lui muoia,” singhiozzò Cara. “Aveva promesso che mi avrebbe amata per sempre.”
“Era sincero, Cara,” mormorò gentilmente Morian mentre passava una mano sui capelli e lungo la schiena di Cara. “Ti ama più della sua vita stessa.”
“Mi ha promesso una famiglia. Mi ha promesso dei bambini,” bisbigliò Cara con voce roca.
Morian ridacchiò. “Beh, sarò molto felice che lui mantenga la promessa il prima possibile.”
Cara si ritrasse e guardò Morian negli occhi. “Voglio tantissime bambine. Lui sarebbe un ottimo padre per le nostre figlie.”
“Accidenti,” mormorò Morian. “Credo che tu abbia ragione.”
Cara si accigliò. “Cosa volete dire?”
“Guarda dentro di te, bambina,” disse Morian. “Credo che lui potrebbe aver già esaudito il tuo desiderio. Forse è per questo che ti è stato così difficile tornare indietro.”
Cara fissò incredula Morian. Abbassò lo sguardo sul proprio ventre piatto e vi premette le mani contro. Chiusi gli occhi, vide la minuscola luce nascosta nel profondo di sé. Mentre fissava la luce, essa si trasformò in due luci. Due minuscole, brillanti luci che ardevano dentro di lei. Cara si era avvolta attorno a esse, proteggendole fino a quando non aveva avuto la certezza che fossero abbastanza forti da sopravvivere.
Cara spalancò gli occhi colmi di lacrime. “Ne vedo due. Due bambine,” bisbigliò meravigliata.
Morian sorrise dolcemente. Aiutò Cara ad alzarsi, circondandola con un braccio quando l’umana barcollò. Prima Abby e ora Cara. Sorrise con lo sguardo rivolto al cielo e pensò al suo compagno. Sapeva che lui sarebbe stato molto felice di essere lì. Morian capiva perché non poteva esserci, ma ciò non significava che non desiderasse comunque la sua compagnia, in modo da condividere quella gioia con lui.
*.*.*
Trelon sedeva impaziente mentre i suoi fratelli parlavano del piano di attacco. Creon sarebbe partito alla ricerca di re Vox. Disse che Carmen sarebbe andata con lui. Bastò un’occhiata al suo viso perché nessuno dei fratelli si prendesse la briga di obiettare. Creon avrebbe unito le forze con quelle di Ha’ven una volta raggiunta la galassia dei sarafin.
Mandra sarebbe andato nella galassia curizana per incontrare i fratelli di Ha’ven. Insisteva che Ariel sarebbe andata con lui. Non aveva intenzione di lasciarla sola e non accoppiata. E poi, insistette, guardando Creon con un sopracciglio inarcato, se uno dei due si fosse cacciato in qualche guaio, avrebbe sempre potuto farsi difendere dalle donne.
Ariel e Carmen erano state soprannominate Juuli, o “vendetta divina,” dai guerrieri assegnati alla loro protezione. I genitori di tutti i guerrieri valdier raccontavano loro da piccoli la storia delle Juuli. Si narrava che due dee si fossero stancate del comportamento scorretto e irresponsabile dei guerrieri di Valdier. I guerrieri in questione erano stati condotti da due fratelli reali che non prestavano orecchio a nessuno, nemmeno alle divinità. Due dee, le sorelle Arosa e Arilla, avevano deciso che erano necessarie due femmine forti di una razza diversa per riportare i fratelli all’ovile.
Arosa e Arilla avevano evocato due sorelle provenienti da una galassia lontana, le avevano portate su Valdier e le avevano piazzate a palazzo. Le due sorelle si erano infuriate per essere state portate laggiù senza permesso. Erano abituate a un mondo dove erano le donne a combattere e a governare.
I guerrieri non erano preparati a donne dalla tale forza di volontà, che osavano rivolgersi a loro come loro pari. La bellezza delle donne aveva attirato molti maschi, che avevano provato a corteggiarle, ma erano stati respinti. Ripetutamente, i maschi avevano sfidato le due sorelle e ripetutamente i maschi erano stati sconfitti… fino all’arrivo dei due fratelli.
Quando i due fratelli avevano fronteggiato le due sorelle, una grande minaccia era apparsa dai cieli. Arosa e Arilla, nella forma di un grande serpente volante, erano calate sulle sorelle. I fratelli, avendo percepito una minaccia per le loro compagne, si erano trasformati in draghi per proteggere le due donne. Quando era parso che i fratelli stessero per essere sconfitti, le due sorelle avevano unito le forze con loro. Non avevano potuto stare a guardare mentre i due uomini che avevano combattuto così valorosamente per salvare loro la vita morivano.
Insieme, i quattro erano riusciti a sconfiggere il serpente. Le due sorelle, avendo visto quanto coraggiosi e forti erano gli uomini, si erano innamorate di loro e avevano accettato di restare nel nuovo mondo. Si diceva che solo un vero compagno potesse domare le Juuli; chiunque altro era destinato a tornare a casa solo e sconfitto.
A Trelon non importava minimamente di tutto ciò; voleva tornare dalla sua compagna. Annuì quando ci si aspettava che lo facesse, ma non aveva idea di ciò a cui stava acconsentendo. Non si era mai sentito così sollevato come quando Zoran disse che l’incontro era finito.
“Trelon, vorrei parlarti un momento,” mormorò Zoran.
Trelon lanciò un’occhiata impaziente a suo fratello maggiore. “Cosa c’è?”
“Come sta la tua compagna?”.
Trelon buttò la testa all’indietro e guardò il soffitto per un attimo prima di riportare lo sguardo su Zoran.
“Sta meglio.” A Trelon non importava se Zoran sapesse che lui stava mentendo o meno. Voleva solo restare con lei il più a lungo possibile.
“Se hai bisogno che io o Abby ti aiutiamo, ti prego di farmelo sapere,” offrì Zoran.
Trelon rimase immobile per un momento prima che le sue spalle si piegassero. “Quando…” La voce gli si ruppe. Trasse un respiro profondo e ritentò. “Quando verrà il momento… Voglio che tu ti assicuri che rimarremo insieme.”
Negli occhi di Zoran lampeggiò il fuoco. “Il momento non verrà per molti, molti secoli.”
Trelon guardò Zoran con una sofferenza profonda nello sguardo. “Prometti.”
Zoran annuì brevemente, un nervo della mascella che guizzava mentre si costringeva a pronunciare le parole che suo fratello voleva sentire. “Prometto.”
Trelon annuì prima di voltarsi e allontanarsi. “Grazie,” disse a bassa voce.
Zoran guardò suo fratello maggiore che andava via. Una volta certo che Trelon si fosse allontanato sufficienza, sferrò un pugno sul tavolo in preda a una furia impotente.
*.*.*
Trelon percorse frettolosamente i corridoi e uscì in giardino. C’era voluta tutta la sua forza di volontà per mantenere il controllo mentre chiedeva a suo fratello di assicurarsi che lui e Cara venissero seppelliti insieme. Se gli restava solo poco tempo per abbracciarla mentre erano vivi, voleva trascorrere l’eternità con lei fra le braccia della morte.
Trelon percorse in fretta il sentiero diretto verso le fontane dove lui e Cara avevano trascorso il tempo da quando era tornata. Si immobilizzò una volta svoltato l’angolo nel vedere soltanto l’erba viola. Il contorno del corpo di Cara era ancora impresso fra i folti fili d’erba. Quando lui non vide la sua minuscola compagna, girò su se stesso, ruggendo per il dolore. “Dov’è?” gridò con voce roca. “Dov’è la mia compagna?”
Sua madre gli si avvicinò lentamente, con le mani tese. “Trelon, sta bene.”
“Dov’è? Avevi promesso che saresti rimasta con lei. L’avevo affidata a te,” disse lui con voce strozzata.
“Trelon, Cara sta bene. È nei vostri alloggi. Vai da lei,” disse dolcemente Morian. Il dolore di Trelon era più di quanto il suo cuore di madre potesse sopportare. “Vai da lei.”
“Nei nostri alloggi?” chiese Trelon, la speranza che cominciava a sbocciare quando finalmente capì quello che sua madre gli stava dicendo.
Morian sorrise e annuì. “Vai da lei. Ha bisogno di te.”
Trelon portò dita tremanti al viso di sua madre e le sfiorò la guancia. Non gli importava che lei lo vedesse piangere. Aveva fatto un miracolo. Le sfiorò la fronte con un bacio delicato prima di voltarsi e correre attraverso il giardino nella direzione dei suoi alloggi.