Introduzione
Questo testo narra storie di donne, donne che appartengono a un’epoca rispetto alla quale esistono molti pregiudizi e talvolta una scarsa conoscenza storica, il Medioevo.
Il Medioevo, in realtà, fu un momento politico e culturale nel quale alcune donne ebbero grande luce sociale e intellettuale e godettero, almeno rispetto ad altre fasi storiche, di libertà e possibilità di autodeterminazione.
In questa raccolta vengono prese in considerazione tre tipologie di figure femminili che, a nostro parere, rispecchiano e contraddistinguono l’immaginario collettivo relativo a questo periodo: regine, sante e streghe.
Ci furono donne di grandissimo potere politico, che regnarono da sole ed esercitarono autorità indiscussa su enormi territori: ci furono donne che regnarono attraverso l’amore di un uomo potente e donne che furono, in quanto donne, sacrificate sull’altare del potere.
Troviamo poi le sante e le mistiche, donne che, in realtà, oggi sarebbero definite intellettuali o opinion leader e che riuscirono ad affermare il loro pensiero politico e teoretico solo attraverso un particolare compromesso, in certi casi umiliante: mostrare di essere in rapporto con il trascendente, con il “divino”.
Ma il confine tra pensiero intellettuale, misticismo ed eresia è un confine assai labile, ed ecco le streghe, donne che esercitano un forte potere culturale, quello che riguarda il controllo del corpo. In quest’epoca, nella quale lo stato di salute fisica delle persone era affidato solo al benevolo intervento di Dio e, in alternativa, a uomini autorizzati dalla professione medica, le guaritrici, le levatrici, le cerusiche venivano molto spesso accusate di aver tratto il loro potere dal demonio e quindi processate e condannate per stregoneria.
Tre aspetti di un’unica realtà: l’universo donna. Tre aspetti che convergono e si combinano in una condivisione che ancor oggi condiziona il percorso del genere femminile: regine, sante e streghe pagarono, per avere la possibilità di essere persone, un prezzo altissimo nel loro privato.
L’essere soggetto sociale provocò, allora come ora, il rinunciare a essere soggetto affettivo.