Violet balzò all'indietro e soffocò un urlo di sorpresa quando due occhi marrone dorato, arrossati, si spalancarono.
«Credevo dormiste.» Si premette una mano sul petto, cercando di calmare il cuore che batteva in modo frenetico.
«Avere il sonno leggero è una delle prime qualità che si acquisiscono nell'esercito. Oltre a capire quando si è osservati. O inseguiti.»
«Inseguirvi implicherebbe che vorrei catturarvi.» Violet scosse il capo, risentita. «Vi ho già detto che non è così.»
«Potrebbe anche significare un desiderio di vendetta. C'è un'armatura qui da qualche parte. Avreste potuto prendere un'arma.»
«Purtroppo non ci ho fatto caso. Magari la prossima volta.»
Calò un silenzio minaccioso mentre si studiavano a vicenda e il fuoco scoppiettava nel camino, mandando scintille, come a cercare di interrompere la tensione fra loro.
Violet si tenne pronta a scappare nel caso lui fosse scattato in avanti, anche se non sembrava avere le energie per muoversi, tanto meno per maltrattarla. Aveva un atteggiamento indolente, quasi come se stesse per rimettersi a dormire, ma le dava l'inquietante impressione di conoscere tutto ciò che le passava per la mente.
Poi il capitano le sorrise, mettendo in mostra denti bianchissimi, e lei si permise di rilassarsi un poco. Almeno la sua collera era sotto controllo, nonostante il sorriso apparisse in qualche modo anche più pericoloso...
«Siete venuta a ringraziarmi per avervi lasciata libera?»
«A ringraziarvi?» Dal tono della voce, Violet intuì che la stava provocando, ma non poté fare a meno di rispondergli piena di indignazione. «Siete stato voi a rinchiudermi!»
«Per il vostro bene.»
«Cosa in particolare era per il mio bene, trascinarmi lungo le scale o chiudermi in una torre gelata?»
Lui alzò le spalle. «Per i modi bruschi e per il freddo vi chiedo scusa. Il resto è stato per farvi smettere di comportarvi come una bambina.»
«Non sono una bambina!»
«Siete scappata attraverso la brughiera senza nessun piano a lungo termine per il futuro. Direi che è piuttosto infantile.»
«Lo avevo, un piano.» Sperò che lui non si accorgesse che gli stava mentendo. «Solo che non intendo farvi sapere quale fosse.»
«Se volete che vi lasci andare, vi consiglio di rivelarmelo.»
Violet serrò i denti, sperando di riuscire a tenere a freno la propria di collera, ora. Avrebbe quasi preferito che fosse lui quello arrabbiato. Il suo tono indifferente e rilassato era doppiamente irritante. «Non avete alcun diritto di pretenderlo. Inoltre, pensate che rinchiudermi sia un segno di maturità?»
«No, è il segno che avevo bevuto troppo brandy. Ma, a mia discolpa, posso dire di avere agito in seguito a un'intensa provocazione. Avevo avuto una mattinata davvero difficile.»
«Voi?»
Il capitano si mise a ridere gettando la testa all'indietro e rendendo meglio visibili gli zigomi scolpiti. «Immagino che preferiate la vostra nuova sistemazione, vero?»
Violet gli rivolse un'occhiataccia. «Sì, ma credo che il merito spetti a Mrs. Gargrave.»
«Alla mia terribile governante, sì. Vi ha raccomandato di sprangare la porta stanotte?»
«No» rispose lei esitante, poi non poté impedirsi di aggiungere: «Perché avrebbe dovuto?».
«Perché?» Un distinto luccichio gli balenò negli occhi mentre le rispondeva. «Perché quella donna ritiene che io possa arrivare a compiere ogni sorta di perversità, come molestare vergini nel sonno. Sarei piuttosto curioso di sapere cosa immagina, a dire il vero, ma vi garantisco che siete perfettamente al sicuro in questa casa. Come vi ho già spiegato, le mie intenzioni sono del tutto onorevoli.»
Violet deglutì, tesa, e cercò di celare lo stupore per l'atteggiamento disinvolto del capitano. Come poteva parlare di molestie a delle vergini in modo tanto sfacciato?
«Onorevoli o no, vi ho già dato la mia risposta. E se pensate che non tenermi più sotto chiave sia abbastanza per convincermi a sposarvi, be', vi sbagliate di grosso.»
«Non lo penso. Ho solo capito che potrebbe rivelarsi difficile sposare un pezzo di ghiaccio. È uno strano genere di corteggiamento, lo so, ma il matrimonio di per sé è qualcosa di nuovo per me. Come dovrebbe proporsi un uomo?»
«Non ne ho idea. Posso solo dirvi che, comunque lo facciate, la mia risposta sarà sempre la stessa.»
Lui proruppe in un'altra esasperante risata. «Ho sempre sospettato che aveste gli artigli, Miss Harper. Però non immaginavo che fossero tanto affilati.»
Lei sgranò gli occhi per la sorpresa. Che cosa voleva dire? Quando mai qualcuno aveva sospettato che fosse altro che una figlia timorosa e obbediente? Non che fosse importante ormai, ma in quel modo sembrava quasi un complimento, o almeno a Violet dava quella sensazione, come se il capitano avesse visto in lei qualcosa che nessun altro aveva notato.
Scartò quel pensiero e raddrizzò le spalle, cercando di apparire più risoluta possibile.
«Non vi sposerò, capitano Amberton, anche se questo mi rovinerà la reputazione. Potete dunque lasciarmi andare.»
«Avete assolutamente ragione. E poiché lo avete chiesto con gentilezza, siete libera di andarvene.»
«Davvero?» Violet ebbe un piccolo sussulto. «Dite sul serio?»
«Senz'altro. Potete partire in questo preciso istante senza rancore.»
«Come se niente fosse?»
«Come se niente fosse. Tuttavia, è chiaro, non posso fornirvi alcun tipo di trasporto con questo tempo e fino a Whitby sono cinque miglia, ma fate pure.» Tornò a mettersi comodo sulla poltrona con l'espressione assonnata. «A proposito, avete guardato il paesaggio fuori, stasera?»
«No.» Violet andò subito a una delle finestre, tirò le tende e quando guardò all'esterno sentì il cuore venirle meno.
«C'è la luna piena, mi pare.» Il capitano sbadigliò in modo vistoso. «Dovrebbe illuminare abbastanza.»
Lei strinse le mani sul bordo del davanzale. La bufera era terminata, ma la luna era abbastanza lucente per permetterle di vedere i quattro piedi abbondanti di neve accumulata sul terrazzo che impediva la vista del giardino. Non sarebbe stata imprigionata in maniera più efficace se fosse stata rinchiusa nella torre.
«Spero che vi siate portata degli stivaletti più resistenti di quelli che indossavate stamattina.» La sua voce era languida e strascicata. «Se intendete ancora partire, intendo.»
«Più che mai!» Violet si voltò rabbiosa. «Non appena farà giorno.»
«Come volete. In tal caso...» ribatté lui, raddrizzandosi e raccogliendo da terra la bottiglia vuota, «... perché non ci conosciamo un po' meglio nel frattempo? C'è una bottiglia di whisky nella credenza. Vi va di farmi compagnia?»
«No, grazie.»
«Ah...» Il capitano tirò via il piede dallo sgabello con un sospiro. «Dimenticavo che disapprovate.»
«Infatti.» Violet alzò una mano per fermarlo. «Ma poiché è impossibile per me disapprovarvi più di così, vi porterò da bere.»
«Un atto di pietà verso un uomo ferito?»
Lei non rispose e andò alla credenza, versò il liquido color ambra scura in un bicchiere pulito e glielo porse a una certa distanza, così che lui dovette sporgersi in avanti per prenderlo.
«Grazie, Miss Harper.» Le dita del capitano sfiorarono le sue per un attimo prima che lei le ritraesse in tutta fretta. «Suppongo che sia meglio che abbiate la mente lucida. Vi aspetta un lungo cammino domani mattina.»
Violet lo guardò risentita. «Non pensate che non lo faccia.»
«Non mi sognerei di contraddirvi, ma perché prima non vi sedete per un poco? Non mordo, nonostante quanto affermi Mrs. Gargrave. Con voi lì in piedi, mi sento sotto interrogatorio.»
«Preferisco restare in piedi.»
Lui emise un lungo sospiro. «Perdonate le mie maniere, Miss Harper, ma volete per favore essere così gentile da accomodarvi?»
Violet titubò ancora un momento, poi prese posto di fronte a lui, sul bordo del divano di velluto. Era meravigliosamente soffice e confortevole, e così invitante per la vicinanza al fuoco che quasi fu tentata di abbandonarsi e mettersi con le gambe piegate sotto di sé.
Quasi. Perché il capitano la stava osservando con gli occhi ardenti e uno sguardo di una tale intensità, insolita e improvvisa, che lei si sentì salire la temperatura.
«Così va meglio.» Dopo qualche secondo lui abbassò lo sguardo e annuì. «Sono contento che alla fine ci intendiamo, Miss Harper.»
«Ci intendiamo?»
«Un po', credo. Questa mattina ho agito presupponendo che ci fosse un certo... aspetto di me che trovavate sgradevole. Per quanto possa sembrare immodesto, l'idea che si trattasse del mio carattere non mi era mai venuta in mente.»
«Non capisco. Cosa pensavate che trovassi sgradevole?»
«Sinceramente? Presumevo che alcune donne potessero essere contrarie a legarsi a un uomo con una sola gamba funzionante.»
«Ma è orribile!» Violet balzò in piedi, scandalizzata.
«Mi avete definito una bestia.»
«Mi riferivo a voi, non alla gamba!»
Ci fu un momento di silenzio, poi il capitano gettò indietro il capo e scoppiò in una sonora risata.
«Che c'è?» Lei lo fissò disorientata. Non era mai stata tanto volutamente, imperdonabilmente scortese in tutta la vita, e lui rideva? «Che c'è di tanto divertente?»
«Solo che trovate il mio carattere così sgradevole. Plaudo alla vostra buona capacità di giudizio.» Si sfregò il viso con la mano come per cercare di contenere l'allegria. «Anche se forse potrebbe rassicurarvi sapere che abbiamo qualcosa in comune. Anch'io non vorrei sposare me stesso.»
«Quindi non siete dispiaciuto per quello che ho detto?»
«Per niente. Concordo alla perfezione con la vostra opinione su di me, tuttavia sono curioso di sapere quali voci vi siano giunte di preciso sul mio conto. Devono essere state davvero scandalose.»
Lei congiunse le mani in modo compassato. «Ve l'ho già detto.»
«Il gioco d'azzardo e le donne?»
«Preferisco non ripeterlo.»
«Allora lo prenderò come un sì. Però, con tutto il dovuto rispetto, è un pettegolezzo che riguarda il passato. Un uomo può cambiare, no?»
«Certo, ma mi riesce difficile crederlo, se ad affermarlo è una bestia che mi ha rinchiuso in una torre.»
«Giusta osservazione.» Il capitano mandò giù un sorso di whisky e poi guardò deluso nel bicchiere. «Avevo sperato che lo riempiste.»
«Ve ne porterò un altro se risponderete a una domanda.»
«Solo una?» Gli occhi gli brillavano, divertiti. «Credo sia giusto. Cosa vorreste sapere? Chiedetemi quello che volete.»
Violet esitò, pensierosa. Cosa voleva sapere in effetti? Aveva così tante domande che ignorava da dove cominciare, ma se aveva intenzione di trovare un altro modo per fuggire, forse avrebbe dovuto scoprire cosa era andato per il verso sbagliato la prima volta...
«Come avete fatto a trovarmi questa mattina?»
«Vi state chiedendo come facessi a sapere che non avevate preso il treno, giusto? Diciamo solo che la prossima volta che scegliete una complice dovreste trovarne una della stessa statura. Il capostazione rammentava una donna con un velo nero, ma ricordava anche che era alquanto alta. Mentre voi, Miss Harper, siete piuttosto...» La squadrò con comodo, da capo a piedi. «... particolare.»
Particolare. Violet si abbandonò con un tonfo contro lo schienale del divano. Era sempre meglio che piccola, presumeva, sebbene nella sostanza significasse la stessa cosa. Singolare, insolita, strana, le stesse parole che si sentiva dire da una vita. Tuttavia, nessun altro l'aveva mai guardata come aveva appena fatto il capitano Amberton, senza critica o disapprovazione, ma con... Non sapeva bene di cosa si trattasse, solo che le faceva avvertire all'improvviso troppo calore e una sensazione vibrante in fondo al petto. No, più in basso, nello stomaco. Qualcosa tra un formicolio e un dolore. Era lo stesso modo in cui l'aveva guardata cinque anni prima e che l'aveva fatta sentire, anche se per poco, una donna e non una stranezza. Prima di rendersi conto che aveva solo riso di lei.
Violet si allontanò dal fuoco nel tentativo di placare la spiacevole sensazione. «Che mi dite di Rosedale? Come facevate a sapere che stavo andando lì?»
«Non lo sapevo, ma è capitato che Mr. Rowlinson abbia accennato alla vostra amicizia con Ianthe Felstone. Ho immaginato che potevate avere usato uno dei contatti di suo marito.»
«Rosedale è ancora una via commerciale minore. Come avete scoperto che avevo scelto quella strada?»
«Ho chiesto a Mr. Felstone. Lui pensava che fosse l'ipotesi più probabile.»
«Ve lo ha rivelato Robert?» Violet non poté nascondere lo sgomento.
«Robert?» Lui si rabbuiò un momento. «Sì, temo sia stato Robert, ma posso dire in sua difesa che stava cercando di aiutarvi. A quanto pare, pensava che scappare non fosse la soluzione migliore per il vostro bene. In fondo, credo che già lo sapeste, altrimenti avreste coinvolto anche lui nei vostri piani, giusto?»
Lei sollevò il mento, infastidita che avesse indovinato. «Non era una faccenda che potessi spiegare a un uomo. Sapevo che Ianthe invece mi avrebbe compreso.»
«Però, incoraggiare un'amica ad avere dei segreti con il marito... Non va bene, Miss Harper. Sapete, si è quasi offeso appena ho suggerito l'idea che sua moglie fosse coinvolta, ma quando gli ho spiegato la situazione, ha concordato che era possibile. Deve essere una serata interessante questa a casa Felstone.»
«Non è divertente!» Violet si sentì all'improvviso in colpa. Robert avrebbe perdonato qualsiasi cosa a Ianthe, ne era certa, ma qualunque contrasto fra loro sarebbe stato colpa sua. Forse non avrebbe dovuto chiedere aiuto all'amica, dopotutto, ma aveva avuto bisogno di parlare con qualcuno.
«Non mi preoccuperei» la rassicurò lui con noncuranza. «Tutti i matrimoni hanno bisogno di un po' di tensione ogni tanto, o almeno così ho sentito dire.»
«Dimenticavo quanto vi piaccia litigare.» Violet gli lanciò uno sguardo adirato, poi scosse il capo, scoraggiata. «Tutta quella preparazione...»
«Deduco che quella di fuggire non sia stata una decisione presa sul momento, allora.»
«No. L'ho deciso non appena sono venuta a conoscenza dei termini del testamento.»
«Ah.» Il capitano divenne d'un tratto serio. «Quindi vostro padre non vi aveva detto dell'accordo, prima della sua morte? Me lo ero domandato.»
«Volete dire che voi lo sapevate già?» Violet si raddrizzò un'altra volta, stupita. «Da quando?»
Lui le porse il bicchiere vuoto. «Credevo che aveste detto una sola domanda. Se volete che risponda ancora, dovrete alleviare la mia sete.»
«Va bene.»
Gli prese il bicchiere e lo riempì in fretta, sentendosi il suo sguardo addosso tutto il tempo. La consapevolezza la scombussolò facendole tremare un po' le mani mentre versava. Che diamine le succedeva? O meglio, che succedeva al suo corpo? Sembrava agire in modo indipendente dalla sua volontà. Non voleva essere così sensibile alla presenza di quell'uomo, e invece tutto in lei era in agitazione. Un altro aspetto che non le andava bene del capitano Amberton!
«Ecco qui.»
«Grazie, Miss Harper.»
Lui sollevò il bicchiere, ma i suoi occhi rimasero fissi su di lei. Erano di un intenso color ambra, si accorse, lo stesso colore del liquido nel bicchiere, come se uno riflettesse l'altro. Violet si allontanò subito e tornò sul divano.
«Per rispondere alla vostra domanda, dunque...» riprese il capitano mentre la osservava da sopra il bordo del bicchiere, «... sapevo che i nostri padri erano giunti a un accordo riguardo al vostro matrimonio con Arthur, ma non conoscevo i dettagli del testamento. Di certo non ho mai immaginato che avrebbe riguardato anche me. Credo che abbiamo scoperto la verità nello stesso giorno. Ho preso la notizia un po' meglio di voi, certo, ma è stato un colpo anche per me, vi assicuro.»
«Quindi ne siete venuto a conoscenza qualche tempo fa.»
«Sì.»
«Al ballo?»
«L'ho scoperto quella sera.»
«E vostro fratello?» Violet era immobile mentre si sforzava di fare uscire le parole dalle labbra secche. «Lo sapeva anche lui, allora?»
«Sì.» Il capitano si fermò un attimo prima di continuare. «Fu Arthur a dirmelo.»
«Oh.» Lei chiuse gli occhi, con la testa che le girava per via di tutto ciò che implicavano quelle parole. Se Arthur Amberton era stato al corrente dell'accordo di matrimonio già al ballo, ciò spiegava lo strano comportamento nei suoi confronti. E quindi la disperazione che lo aveva afflitto doveva avere avuto a che fare anche con l'obbligo di sposare lei... Come se la prospettiva gli fosse risultata davvero spaventosa. Come se avesse visto in lei la persona strana e poco attraente che tutti l'avevano sempre fatta sentire.
«Quindi lo aveva sempre saputo...» Violet si sforzò di riaprire gli occhi, in preda a un grande senso di sconforto. «Perché mi avete seguito? Perché non mi avete lasciato andare via e basta?»
«Non è ovvio?»
Sì.
Fu come un pugno allo stomaco. Certo che era ovvio. Proprio come suo padre le aveva sempre detto, l'unica ragione per cui un uomo avrebbe voluto sposarla...
«Per il denaro?»
«Per il denaro» ripeté lui piano. «Mio padre ha dato l'assenso a questo bizzarro accordo perché la nostra proprietà aveva bisogno di fondi. Ne ha bisogno tuttora.»
«Quindi siete venale esattamente come lui?» Violet non si preoccupò di mostrare il proprio disprezzo, e il capitano reagì scrollando le spalle.
«Preferisco considerarmi una persona pragmatica. Come sono certo che abbiate saputo, la mia carriera da soldato è giunta a una brusca e purtroppo irreversibile fine. Sono tornato a casa senza mezzi per sostenermi e ho trovato il mio patrimonio prossimo alla rovina. La vostra eredità si è presentata nel momento più opportuno.»
«Dunque sono solo questo, nient'altro che un'opportunità?»
Lui si sporse in avanti e appoggiò i gomiti alle ginocchia. «Vi farò la cortesia di non indorare la verità, Miss Harper. Mio padre mi ha cacciato da questa casa, se ricordate, senza nemmeno un centesimo. Mi ha detto di farmi strada da solo nel mondo e io sono stato lieto, perfino impaziente di seguire il consiglio. Sfortunatamente, come è evidente, ho preso la strada sbagliata. Ho rovinato tutto e non c'è modo per me di risistemare le cose. Non c'è modo per me nemmeno di riconciliarmi con la mia famiglia. Tuttavia sento comunque il bisogno di trovare il perdono di mio padre, di salvare la proprietà, se posso.»
«A me non importa della vostra proprietà.»
«Ma a vostro padre sì. Era venale tanto quanto il mio, solo che nel suo caso lui si stava impossessando di terreni e di un titolo. Aveva inteso farvi sposare con Arthur, ma ora ci sono io al posto suo.»
«Ed è questo l'errore. Non avrebbe mai voluto che sposassi voi. Vi detestava.»
«Allora mi chiedo perché non abbia modificato il testamento.»
«Sono sicura che lo avrebbe fatto, se avesse saputo la verità.»
Il capitano impallidì. «Non era al corrente della morte di Arthur?»
«No. Era malato quando è successo, perciò non gliel'ho mai detto. Se lo avessi fatto...»
«Se lo aveste fatto, nessuno di noi due sarebbe in questa situazione.» Un muscolo gli si contrasse sulla mascella. «Comunque non cambia nulla. Siamo entrambi legati dal testamento. Voi potete sposarmi o diventare povera. Ammetto che l'accordo va a mio favore, ma per amore della mia coscienza, così come del mio conto in banca, preferirei che sceglieste la prima opzione.»
«Se aveste una coscienza, mi lascereste andare.» Anche lei non avrebbe indorato la verità. «Quante volte devo dirvi che non voglio sposarvi? Siete un ubriacone!»
«Oh, andiamo, Miss Harper, è il meglio che sapete fare? Mi avete definito libertino, prima. Non mi dispiaceva. E poi...» aggiunse mentre si portava ancora il bicchiere alle labbra, «... l'alcol è terapeutico. Allevia i dolori.»
«Della gamba?»
«Del passato.» Esibì un sorriso sardonico. «Potrei non piacervi da sobrio.»
«Non mi piacete ora.»
«Allora sarete lieta di sapere che, quando avrò adempiuto alla mia parte dell'accordo, berrò fino a diventare incosciente.»
Lei lo guardò preoccupata, colta di sorpresa dal tono convinto della sua voce. «Che volete dire?»
«Soltanto che, come voi, non ho una particolare predilezione per la mia compagnia. Solo l'alcol la rende sopportabile. Una volta che avrò rispettato i desideri di mio padre, intendo davvero passare meno tempo possibile da sobrio.»
«Ma è orribile!»
«Ah sì? Credevo che l'idea vi avrebbe rincuorato. Con ogni probabilità vi liberete di me nel giro di qualche anno.»
«E questo dovrebbe farmi desiderare di sposarvi?»
«Pensavo di sì. Poi avreste tutto senza l'inconveniente di un marito che non vi piace.»
«Che detesto, vorrete dire!»
«Questo mi sembra che sia stato chiarito e, credetemi, Miss Harper, di tutte le donne al mondo, voi eravate l'ultima che avrei voluto prendere in moglie.»
Lei trasalì. Per quanto lo disprezzasse, l'insulto la feriva ancora tanto quanto l'aveva ferita al ballo. Si alzò, cercando di aggrapparsi all'ultimo brandello di dignità.
«Non c'è bisogno di ricordarmelo. Avete chiarito come la pensate cinque anni fa.»
«Davvero? In verità ero piuttosto preso da voi all'epoca.»
«Cosa?» Violet sentì le gambe cederle, come se lui le avesse appena tolto la terra da sotto i piedi.
«Vi trovavo oltremodo affascinante, se non ricordo male.»
«Vi siete preso gioco di me!»
«Secondo voi, forse, ma posso assicurarvi che non andò in questo modo.»
Lei lo guardò negli occhi, incerta. Sembrava sincero, per una volta, come se lo intendesse sul serio, ma senz'altro non era così. Non era possibile...
«Quindi, quando mi diceste che potevo avere dei corteggiatori, lo pensavate davvero?»
«Naturalmente. Non ho mai davvero capito perché ve la prendeste tanto.»
«Pensavo... Cioè, mio padre...»
Si interruppe. Se il capitano stava dicendo la verità, allora il modo in cui si era comportata al ballo andava riconsiderato sotto tutta un'altra luce. Se la sua era stata solo una reazione esagerata, tutto ciò che ne era conseguito era stato colpa sua.
«Ma questo significa...»
«Che l'accusa di essere uno scapestrato e il fatto che mio padre mi abbia cacciato di casa erano basati su un equivoco?» Gli occhi color ambra brillarono con dei riflessi dorati alla luce del focolare. «Sì. Per ironia della sorte, quella sera mi stavo comportando bene, tuttavia non riesco a vedere il lato ironico della faccenda.»
Violet spalancò la bocca e poi la richiuse. Cosa avrebbe potuto dire? Se il suo allontanamento da casa era stato in effetti colpa sua, come poteva mai chiedergli scusa abbastanza?
«Non ho mai voluto che accadesse niente di tutto ciò.»
«Però è accaduto.» Lo sguardo del capitano si fece penetrante. «Anche se vi sembrerà indegno per un gentiluomo, vi dico che, per quanto fossi affascinato da voi all'inizio, alla fine della serata avevo un'opinione del tutto diversa. Credo di avervi quasi odiata, come non ho mai odiato nessuno. Capite? Mio fratello aveva cercato di dirmi qualcosa di importante quella sera e io non lo ascoltai. E non andai neanche a sostenerlo quando affrontò mio padre. Ballai con voi, invece. Se non lo avessi fatto, forse avrei potuto aiutarlo. Avrei potuto evitare che decidesse di annegarsi.»
Violet avvertì una sensazione di scombussolamento nello stomaco come se stesse per rigettare. Nessun altro aveva detto apertamente che la morte di Arthur Amberton non era stato un incidente. Era chiaro che suo fratello la pensava altrimenti.
«Quindi ritenete che quanto accaduto sia colpa mia?»
«Al ballo, sì. Per quanto riguarda Arthur, non del tutto. Le colpe sono distribuite, ma voi non siete stata solo una spettatrice innocente.» Il capitano sollevò il bicchiere in aria come per fare un brindisi. «Credo che abbiate un debito in sospeso con me, Miss Harper. Il minimo che possiate fare per ripagarmi è sposarmi.»