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Lance osservò Violet finire il dolce, un po' stupito da quanto avesse mangiato. Per essere una donna minuta, aveva senza dubbio un enorme appetito, dal momento che aveva ripulito fino all'ultima briciola tutto ciò che le era stato servito. Al momento stava leccando il poco ghiaccio rimasto sul cucchiaio in un modo che fece venire a lui tutto un altro tipo di fame. La sensazione era anche più intensa di quanto non lo fosse stata quella mattina.

Violet sembrava piena di sorprese, quella sera. Nell'aspetto, tanto per cominciare. Non solo perché non portava più il lutto e si era disfatta di quasi due piedi di capelli, ma anche perché era tanto bella da lasciare a bocca aperta. Le aveva ordinato il vestito azzurro per un capriccio, in parte perché non era stato capace di pensare a nient'altro come regalo di nozze, e solo un abito grigio da lutto gli era sembrato alquanto triste, e in parte perché non aveva mai dimenticato l'azzurro vivace dei suoi occhi. Sembrava anche starle alla perfezione, nonostante avesse dovuto indovinare le sue misure basandosi soltanto sul ricordo di un unico ballo. Un ricordo che gli pareva in quel momento incredibilmente preciso.

Anche le sue domande sulla camera da letto coniugale lo avevano colto di sorpresa, sebbene, in tutta sincerità, fossero state un sollievo. Si era chiesto lui stesso come affrontare la questione, temendo di spaventarla, ma alla fine era emerso che già sapeva più di quanto lui avesse immaginato sul matrimonio... anche se non abbastanza, a quanto pareva, per prenderlo in considerazione. L'aveva vista mortificata per tutta la conversazione.

Certo, poteva essere stata la timidezza e nulla più, ma la prontezza con cui aveva dato l'assenso a una dilazione di sette anni suggeriva altrimenti. Che diavolo gli era passato per la mente per uscirsene con un'idea tanto assurda? Aveva proposto sette anni di castità! Quella era un'altra sorpresa. Fino a una settimana prima, addirittura fino al giorno prima, non gli avrebbe dato particolare importanza, ma guardarla leccare i residui del dolce, all'improvviso aveva cambiato drasticamente la situazione. E proprio quando aveva appena dichiarato di avere perso interesse per l'atto!

«Vogliamo andare nell'altra stanza?» Lance si schiarì piano la voce.

Lei annuì e bevve il vino rimasto prima di seguirlo attraverso l'atrio e verso il salotto. Nel camino ardeva un fuoco crepitante e Violet andò subito a sedersi su uno sgabello davanti a esso.

«Avete freddo?» La guardò con apprensione.

«No. Solo che ho sempre desiderato sedermici di fronte.»

Lance capì cosa volesse dire. Un'altra delle cose che non le era stato permesso di fare...

«Vostro padre era preoccupato che vi metteste troppo vicina al fuoco?»

«Forse, ma in quel caso avrei potuto sedermi accanto a lui, invece la mia sedia era sempre dietro la sua.»

«Dunque come poteva vedervi?»

Lei sollevò le spalle. «Non credo che volesse vedermi. A volte penso che non gli piacesse proprio guardarmi.»

Lance prese posto con fatica sulla sua poltrona, soffocando un variegato assortimento di imprecazioni. «Perché non avrebbe dovuto piacergli guardarvi?»

Lei non rispose e si mise di scatto in piedi, invece. «Mi dispiace. Questo sgabello è per la vostra gamba, vero?»

«Al diavolo la mia gamba.» Le fece cenno di sedersi di nuovo. «Ho detto che potevate andare ovunque volevate. Sono compresi anche gli sgabelli.»

«Ecco.» Si sedette sul bordo, lasciandogli spazio per il piede. «Possiamo dividerlo.»

«Mi sembrate scomoda così.»

«Be', non lo sono.» Si chinò e gli prese il piede con le mani per metterlo accanto a sé. «Che ne dite?»

Lance si bloccò sentendosi toccare e tutto il corpo gli si irrigidì mentre un brivido di desiderio lo attraversava. La vista era addirittura più stimolante. Violet era seduta più in basso di lui, quindi aveva una visuale perfetta sulla sommità dei suoi seni, che le si muovevano con delicatezza su e giù mentre respirava. E avevano anche una misura eccellente, notò, perfetti da prendere...

«Meglio.» Distolse in fretta lo sguardo

«Cosa vi è successo alla gamba?» La osservava con curiosità, come se potesse indovinare il tipo di infortunio fissandogli le brache.

«Mi hanno sparato.»

«In battaglia?»

«Niente di così importante.»

«In una schermaglia?»

«In un duello.»

Di colpo lei lo guardò negli occhi. «Ma non sono illegali?»

«Lo sono, però il mio rivale aveva un legittimo risentimento.»

«E quale?»

Lance sospirò. «Non credo che vi piacerei molto, se ve lo raccontassi.»

«Avete promesso di dirmi la verità.»

«È così, ma c'è una differenza tra dire la verità e rivelare tutto. Vi basti sapere che non mi metterebbe in buona luce. Ho meritato tutto ciò che ho avuto e anche di più. Piuttosto, non avete ancora risposto alla mia domanda. Perché a vostro padre non piaceva guardarvi?»

Violet emise un debole sospiro. «Penso che avesse a che fare con ciò che avete detto prima, con il fatto che assomiglio a mia madre. Gliela ricordavo e lui non voleva alcun ricordo.»

«Non teneva a lei?»

«Al contrario.» Gli sorrise con aria triste. «Lo so, è difficile immaginare mio padre innamorato, ma l'amava. Nessuno me lo ha mai detto apertamente, certo, però ho colto degli indizi e li ho messi insieme. Non c'era alcun ritratto né oggetti che le erano appartenuti in casa, perché lui non lo permetteva. Inoltre, a nessuno era concesso nominarla in sua presenza. Non è sempre stato così com'era diventato, ma quando lei morì, a lui si spezzò il cuore e...» Fece una breve pausa. «... incolpò me.»

«Di cosa?»

«Di averla uccisa, suppongo. Vedete, mi ammalai prima io. Non so nemmeno che malattia fosse. So solo che mia madre mi assistette, poi si ammalò a sua volta. Io guarii e lei no. Credo che lui mi incolpasse per questo.»

«Eravate solo una bambina.»

«Lo so. Anche mio padre lo sapeva. Immagino sia per questo che non mi accusò mai in modo diretto, ma c'erano volte in cui lo sorprendevo a guardarmi come se ce l'avesse con me. Come se addirittura mi odiasse.»

Lance si accigliò. Aveva considerato Harper un vecchio spilorcio bisbetico e capriccioso, ma non si era mai reso conto di che mostro fosse davvero stato. «Avete detto che vi controllava.»

«Sì.» Violet aveva lo sguardo fisso sul fuoco. «Sebbene ripetesse che stava cercando di proteggermi. Volevo crederci, ma penso fosse anche una forma di punizione, come se mirasse a impedirmi di vivere la mia vita perché avevo rovinato la sua, in qualche modo. Eppure io mi sono adattata, ho sempre cercato di compiacerlo, di renderlo felice. Non ho mai chiesto niente. Non ho mai ribattuto. Pensavo che forse un giorno...»

«Un giorno...?» la invitò a proseguire Lance quando sentì la sua voce affievolirsi.

«Non lo so.» Violet scrollò il capo. «Forse speravo che mi dicesse di volermi bene e mi liberasse, però non lo ha mai fatto. Ha passato la sua vita a mettermi in guardia dai cacciatori di dote e dagli uomini che avrebbero potuto fingere di volermi bene, ma lui stesso non me ne voleva. Era come se si rifiutasse di amare qualcun altro dopo la morte di mia madre.»

Lance avvertì un dolore sordo nel petto. Non aveva anche lui provato qualcosa di simile dopo il funerale di sua madre, quando si era detto che non avrebbe mai più voluto provare un dolore simile? Come il padre di Violet, aveva chiuso il suo cuore a chiunque molto tempo addietro, troppo... o così pensava. Era per quello che era stato tanto concentrato su se stesso e sconsiderato nei confronti dei sentimenti degli altri, perché si era ritenuto immune dalla possibilità di amare profondamente qualcuno?

Gli ultimi sette mesi lo avevano smentito. Eccolo lì, al punto di partenza, a piangere il fratello e il padre che non si era reso conto di amare tanto finché non era stato troppo tardi. Forse a modo suo era stato un mostro al pari del padre di Violet, aveva sfogato il proprio dolore su tutti quelli che gli stavano intorno. Il pensiero lo mise a disagio. Se fosse stato così, allora davvero era l'ultimo uomo sulla terra che lei dovesse sposare.

«Non ho mai ammesso con me stessa quanto fossi adirata con lui fino a oggi.» Sul viso aveva un'espressione colpevole. «So che sembra crudele, ma dopo il funerale una parte di me era sollevata.»

«Non è crudele. È del tutto naturale.»

«Ho pensato che forse finalmente avrei potuto fare delle scelte mie, ma poi Mr. Rowlinson mi ha detto del testamento.»

«E avete scoperto che invece vostro padre vi aveva condannata al matrimonio.»

«Sì. Però poi ho pensato che sposarvi sarebbe stato un buon modo per vendicarmi. Lui avrebbe detestato l'idea.»

«Fatelo, allora.»

Lei lo redarguì con un'occhiata. «Non voglio sposarvi per vendetta.»

«Chiamatela ribellione.»

«Non sono mai stata molto brava a ribellarmi. Ho fatto quasi tutto quello che mi veniva detto.»

«Ve la state cavando piuttosto bene stasera.» Le rivolse un sorriso di approvazione. «Devo avere un influsso peggiore di quanto pensassi. Inoltre, avete appena detto quasi tutto. Cosa non avete fatto?»

Violet si torse le mani in grembo come se si sentisse davvero colpevole. «Mi aveva ordinato di non vedere più Ianthe. La disapprovava.»

«Sul serio? Allora voglio proprio conoscerla.»

«È l'unica vera amica che abbia mai avuto.»

«Un'unica buona amica è meglio di tante false amiche. Un uomo può avere tanti amici, ma di solito ce ne è solo uno che lo aiuta nei momenti difficili.»

«Il vostro è Martin?»

«Martin? No, lui semplicemente non vuole lasciarmi, anche se gli ho detto molte volte di farlo.» A Lance sfuggì una risata, ma quasi all'istante tornò serio. «Credo che il mio migliore amico sia sempre stato Arthur.»

«Mi dispiace.»

Lance trattenne il respiro e cercò di reprimere l'improvvisa e violenta emozione che lo assalì. Sì, Arthur era stato il suo migliore amico. Perché non se ne era reso conto fino a quel momento?

«A proposito di Martin...» riprese sforzandosi di continuare a parlare in maniera normale. «È convinto di riuscire ad arrivare a Whitby domani.»

«Le strade sono sgombre?»

«No, ma ha smesso di nevicare e a lui piacciono le sfide. Perciò potete scrivere alla vostra amica Ianthe e avvisarla che siete stata imprigionata da un pazzo.»

«Non ho mai detto che foste un pazzo.»

«Potrebbe rendere il quadro eccitante.»

«Allora lo farò.» Gli fece un sorriso sincero. «Grazie.»

«Ringraziate Martin.» Lance si mise comodo sulla poltrona. «Ora raccontatemi in quale altro modo avete sfidato vostro padre. Mi piace questo vostro lato ribelle.»

Violet invece si alzò. «Posso avere ancora da bere, prima?»

«Servitevi da sola.» Le indicò la credenza. «Dovrebbe esserci ancora del vino da qualche parte.»

«Ne volete?»

«No, grazie, sto cercando di abituarmi alla moderazione.»

Lei rovistò nella credenza per un po', poi tornò a sedersi con un bicchiere pieno. «La sera del ballo, mio padre mi disse che non dovevo parlare con voi, tanto meno ballare.»

«Davvero?» Un'altra sorpresa. E quella sì che era interessante...

«Ma poi ci presentarono e voi foste più cortese di vostro fratello. Non che lui non mi piacesse...»

«Però non vi ha affascinato.»

«Già, anche se almeno ora so perché. Voi foste molto più cordiale.» Bevve un piccolo sorso e si leccò le labbra. «E non mi faceste nemmeno notare quanto fossi piccola.»

«No?» Era talmente distratto dal movimento della sua lingua sul labbro superiore che onestamente al momento non ricordava. Stava già facendo abbastanza fatica a seguire la conversazione in generale.

«No. Di solito è la prima cosa che mi viene detta.» Gli lanciò uno sguardo furtivo. «Vi crea problemi?»

«La vostra altezza? Per niente. Poi mi viene in mente che siete della misura adatta per farmi da bastone da passeggio. Posso appoggiarmi alla vostra spalla.»

Lei lo guardò con aria in parte divertita, in parte di rimprovero. «Siete mai serio?»

«Ve l'ho detto, sto cercando di imparare.»

«A volte mi chiedevo se la mia statura fosse la ragione per cui mio padre si comportasse con me in quel modo.» Assunse un tono pensieroso. «Forse riteneva davvero che fossi troppo piccola per badare a me stessa. Forse se avessi avuto un aspetto più da donna...»

«Avete un aspetto da donna...» precisò Lance e fece scorrere uno sguardo di apprezzamento su di lei, «... soprattutto stasera.»

«Ma ciò spiegherebbe perché mi trattava come una bambina.»

«Vi trattava come una bambina perché era un vecchio miserabile ed egoista che se la prendeva con tutti, in particolare con voi.»

Lei lo guardò in modo strano. «È per questo che eravate così arrabbiato con lui al ballo? Non avevo capito a quel tempo.»

«Credo di sì. Ciò che vi aveva detto sui cacciatori di dote era crudele. Implicava che non valesse la pena per nessuno sposarvi senza una cospicua dote. Credetemi, Violet, ci sono motivi in abbondanza.»

«Eravate d'accordo con lui.»

«Cosa?» Rimase sinceramente sconvolto da quella affermazione. «Quando?»

«Quando vi chiese se mi avreste sposato senza un patrimonio e voi rispondeste di no. Non che mi aspettassi che diceste sì» si affrettò a precisare lei.

Lance aggrottò la fronte. «Non risposi così a causa vostra. Avrei affermato lo stesso a proposito di chiunque. Ve l'ho detto, non ho mai voluto sposarmi.»

«Fino a ora.»

«Sono disposto a provarci.»

«Per i soldi.» Violet emise un lieve sospiro. «Proprio come aveva sostenuto lui.»

Lance sentì rinnovarsi il senso di colpa. Dannazione, l'ultima cosa che voleva era dimostrare che il padre di Violet aveva ragione su qualcosa, ma le aveva promesso sincerità.

«Questo di certo non significa che non possiamo essere amici, giusto?»

«No, suppongo di no. È alquanto ironico, a pensarci. Nessuno di noi due si aspettava di sposarsi ed eccoci qua.» Fece una pausa e poi annuì in modo enfatico. «D'accordo, capitano Amberton, accetto.»

«Accettate?» Lui si domandò se avesse frainteso.

«Amicizia. Matrimonio. Soldi. Vi sposo.»