Violet si svegliò aprendo gli occhi su una cortina color turchese. Sorrise e si lasciò sprofondare nella comodità di un grande, lussuoso letto a baldacchino, pieno di cuscini. Era nella stanza blu, la vecchia camera di sua suocera, distesa su un materasso di piume che senza dubbio doveva essere il posto più accogliente del mondo.
Secondo l'orologio sulla mensola del caminetto, erano già passate le otto del mattino, ma lei non nutriva alcun desiderio di muoversi, figurarsi di alzarsi. Se ne avesse avuta la possibilità, sarebbe stata più che felice di trascorrere sdraiata lì il resto della giornata. Anche se sembrava che mancasse qualcosa...
Udì bussare alla porta, poi seguì il suono della voce di Eliza. «Mrs. Amberton?»
«Avanti.»
«Buongiorno, madame.» La cameriera infilò la testa oltre la porta con un ampio sorriso. «Il padrone pensava che avreste gradito la colazione a letto, oggi.»
«Oh.» Violet si tirò su a sedere, il desiderio di poltrire accantonato del tutto. Non aveva mai fatto colazione a letto prima, ma l'idea era sempre stata una deliziosa tentazione. «Sì, la gradirei.»
«Ecco.» Eliza le mise in grembo un grande vassoio, ricolmo di prosciutto, uova, pane tostato e marmellata.
«Avete detto che è stato un suggerimento del capitano Amberton?»
«Sì, madam, anche se ha detto di aspettare un po' perché dormivate ancora profondamente.»
«Davvero? Cioè... lo ha detto lui?» Come faceva a sapere se dormiva o no, dal momento che stavano in camere separate? «Anche lui sta facendo colazione in camera?»
«No, madame, è andato alla miniera due ore fa.»
«Oh.» Violet prese una tazza di cioccolata calda e la sorseggiò sovrappensiero. Avevano cenato insieme in maniera piacevole la sera prima, aggiornandosi sulle reciproche novità, poi Lance l'aveva accompagnata alla sua nuova camera e l'aveva lasciata davanti alla porta. Ma se sapeva che quella mattina lei dormiva ancora, significava che a un certo punto era andato da lei... per salutarla, magari?
«Ha detto che avrei dovuto chiedervi se gradireste qualcos'altro.» Eliza indicò il vassoio con un cenno.
«Qualcos'altro?» ripeté incredula Violet. Data l'enorme quantità di cibo accatastato davanti a lei, era difficile immaginare che altro avrebbe potuto volere. «No, è sufficiente, grazie. Ne vuoi un po'? Ecco...» Diede dei colpetti alla coperta. «Perché non ti siedi?»
Eliza lanciò un'occhiata furtiva alla porta ed esitò per un attimo prima di sedersi sul bordo del letto. «Posso avere del pane tostato?»
«Certo. Burro e marmellata?»
«Sì, per favore. Il cuoco controlla quanto ne prendiamo.»
Violet ne spalmò una generosa dose su due fette di pane, ne offrì una a Eliza e diede un morso all'altra.
«Il padrone sembra impaziente di rendervi felice.» La cameriera le rivolse un'occhiata complice. «In quest'ultimo mese è stato un uomo diverso, dice Mrs. Gargrave.»
«Davvero?» Violet mandò giù un boccone di pane tostato, sorpresa. Era difficile immaginare che la governante approvasse in qualche modo suo marito. «Era un complimento?»
«Penso di sì, per quanto sia in grado di farne, comunque.»
«In che modo è cambiato?»
«Be', tanto per cominciare, si alza presto la mattina e va a letto a quella che lei definisce un'ora ragionevole. E non gli riempie le bottiglie di liquore da un mese intero.»
Violet diede un altro morso per reprimere un sorriso. Non si era aspettata che Lance rispettasse quella parte del loro accordo mentre era via, ma a quanto pareva lo aveva fatto.
«Inoltre era impaziente di arrivare alla stazione per tempo, ieri. È partito un'ora prima, dice Mrs. Gargrave.»
«Sul serio?»
Violet sentì salirle alle guance un rossore dovuto al miscuglio di imbarazzo e piacere. Stava iniziando a domandarsi se Mrs. Gargrave non parlasse un po' troppo. Eppure, il pensiero che Lance fosse impaziente di vederla la rendeva felice. Aveva provato sensazioni contrastati all'idea di rivederlo, ma quando lo aveva scorto ad aspettarla al binario, non era riuscita a impedire al proprio cuore di ballarle nel petto. Gli aveva detto che era contenta di essere tornata ed era vero. Nonostante il desiderio di viaggiare e la determinazione a non pensare a lui mentre era in Scozia, aveva sentito più nostalgia di quella che aveva previsto, non per Whitby, ma di quella casa... di lui.
Tuttavia, sembrava che qualcosa fosse cambiato anche nella loro relazione durante la sua assenza, come se anche lei gli fosse mancata. Il modo in cui gli si era illuminato lo sguardo quando l'aveva rivista le aveva fatto venire voglia di correre a gettarsi tra le sue braccia come aveva fatto Ianthe con Robert. Quando gli aveva sfiorato per caso la spalla con la testa nella carrozza, Lance le aveva messo il braccio intorno, come se anche lui la volesse più vicina, anche se aveva deciso di dormire in camere separate la notte precedente. Era lui ciò che le era mancato nel letto?
Avendo colto l'opportunità durante il viaggio con Ianthe per porle domande più mirate su quel particolare aspetto del matrimonio, era per metà eccitata e per metà allarmata all'idea di dividere di nuovo il letto con lui. Ma non sarebbe accaduto per almeno altri sette anni. A meno che non avessero modificato il loro accordo...
«Anche il vostro nuovo salottino è pronto» continuò Eliza. «Dipinto di fresco e tutto quanto.»
«Il mio che cosa?»
«Il vostro salottino. Il capitano Amberton ha detto che volevate usare la torre» le spiegò.
«Oh!» Violet bevve l'ultimo sorso di cioccolata calda e gettò via le coperte, quindi si infilò una vestaglia. A quanto pareva Lance voleva davvero renderla felice. Il pensiero del suo nuovo salottino era già riuscito nell'impresa. Non poteva aspettare un altro istante per vederlo!
Corse lungo il corridoio e si fermò all'ingresso della torre, ammutolita. La sua precedente prigione era stata trasformata nella stanza più graziosa e accogliente che avesse mai potuto immaginare, con pareti color crema, completate da un assortimento di mobili con rivestimenti a righe rosa e bianche e un tappeto rosa scuro. Paesaggi di mare decoravano i muri e c'erano vasi di campanule su ogni superficie disponibile, come se qualcuno stesse cercando di rendere la stanza più intima possibile.
«E quello cos'è?»
Lo sguardo le cadde su un malconcio baule di legno dall'aria antica sotto una delle finestre. Sembrava fuori luogo tra il resto dell'arredo eppure, per certi versi, familiare. Di certo non c'era l'ultima volta che era stata lì. Se lo sarebbe ricordato.
«Non lo so, madame, ma il capitano Amberton ha detto di non aprirlo senza di voi. Volete che vi aiuti a svuotarlo?»
«No.» Violet provò l'improvviso desiderio di restare sola. «Per ora è tutto, Eliza, grazie. Ci penso io.»
«Benissimo, madame.»
Si accovacciò vicino al baule, e aspettò che i passi della cameriera si fossero allontanati prima di aprire i ganci di metallo, con la testa che le girava appena per la trepidazione. Nervosa, sollevò il coperchio e poi si portò una mano alla bocca per la sorpresa. Eccoli lì, tutti i vecchi libri di sua madre, proprio come li ricordava, come un gruppo di amici da tempo perduti. Prese il volume in cima, una copia delle leggende arturiane di Malory e se lo strinse al petto, ridendo di gioia.
Qualche ora dopo, alzò gli occhi dalla sua nuova posizione preferita, accoccolata su una poltrona accanto al caminetto. Il suo salotto era finito. I volumi di sua madre erano sistemati in un posto d'onore sulla mensola, mentre il baule era sotto la finestra, decorato da cuscini per fornire un posto aggiuntivo su cui sedersi. Era stata così assorbita dai libri che aveva rifiutato il pranzo, anche se Mrs. Gargrave era apparsa in diverse occasioni con il vassoio del tè, protestando a gran voce perché la padrona di casa era ancora in vestaglia.
A lei non importava. Indossava anche un paio di occhiali, quelli che le servivano per leggere, sebbene stesse cominciando a desiderare di essersene comprata un paio nuovo durante il suo viaggio. La sottile montatura di metallo aveva l'irritante abitudine di scivolarle sul naso in momenti inopportuni, offuscandole di colpo le parole che aveva davanti, benché fosse un'irritazione da poco. Niente poteva rovinarle l'umore quel giorno. Tutto il resto era perfetto. Era giunta alla piacevole conclusione che suo marito poteva rinchiuderla lì ogni giorno, se avesse voluto.
«Contenta?»
Il suono della sua voce la fece balzare giù dalla poltrona per la sorpresa, come se lo avesse evocato con i pensieri.
«Lance!» Si portò una mano al petto. «Mi avete spaventata.»
«Chiedo scusa.» Le sorrise dalla porta, i denti candidi che contrastavano con le macchie nere che aveva sulla pelle e sui vestiti. Sembrava più scarmigliato del solito, con i capelli arruffati, come se fosse appena arrivato a casa e fosse venuto dritto a cercarla. L'idea glielo rese ancora più amabile.
«Stavate sorridendo.» Sembrò studiarla con attenzione. «Spero significhi che siete felice.»
«Molto. Adoro il mio nuovo salottino.»
«Bene.» Il sorriso gli si allargò ancora di più. «Mi serve il permesso per entrare in questo territorio privato?»
Violet assunse un'espressione pensierosa e poi cedette. «Vi lascerò entrare, per oggi, dal momento che avete trovato i libri di mia madre.» Gli indicò il nuovo sedile sotto la finestra. «Dov'erano?»
«Sono saltati fuori in soffitta, anche se temo di non potermene assumere il merito. La mia gamba non è particolarmente utile con le scale, ma il nostro giovane amico Daniel è stato molto d'aiuto.»
«Spero gli abbiate dato più di uno scellino.»
«Sì, e gli ho anche offerto un lavoro. Ora è giù in cucina.» Fece qualche passo verso di lei. «Sembrate una vera studiosa.»
«Oh!» Violet si portò una mano alla testa con un gesto nervoso. Aveva dimenticato che indossava gli occhiali, quelli che secondo suo padre la facevano apparire ancora meno attraente. Lui li aveva sempre odiati. Senza dubbio lo avrebbe fatto anche Lance.
«Non toglieteveli.» Allungò una mano per fermarla prima che potesse sfilarseli. «Vi donano.»
«Sul serio?»
«Moltissimo.» Lance avanzò di qualche altro passo nella stanza. «Sapete, non ho mai baciato una donna con gli occhiali prima d'ora.»
«Oh.» Sembrava una risposta tristemente inadeguata, ma non gliene era venuta un'altra.
«Posso?»
«Potete... fare che cosa?» Tutto d'un tratto Violet si sentì in apprensione.
«Posso baciare la sposa? Non l'ho fatto come si doveva il giorno delle nostre nozze e sapete cosa si dice... più a lungo si aspetta per fare una cosa, più difficile diventa.»
«Davvero si dice?»
«Così pare.» Lui fece spallucce. «Pensavo fosse convincente.»
Il cuore le mancò un battito. Convincente. Tutte le sue parole lo erano, parole vuote intese ad affascinarla e persuaderla. Probabilmente le aveva usate centinaia di volte in passato. Era solo un bacio superficiale per lui, niente di più. Dopotutto, non era attratto da lei. Era lieto di aspettare sette anni...
«E...» aggiunse Lance quando colse lo scetticismo sul suo volto, «... perché siete davvero incantevole.»
«Con gli occhiali?»
«Potete toglierveli, se volete.» Si avvicinò di un altro passo. «Anche se preferirei che non lo faceste.»
Violet deglutì, cercando di non perdere la testa. Davvero incantevole. Non avrebbe dovuto sentirsi affascinata, ma non aveva l'impressione che la stesse prendendo in giro o canzonando. Sembrava serio. Sembrava proprio sul punto di baciarla e, a quanto pareva, lei glielo avrebbe permesso. Le sue gambe non davano segno di portarla via. Al contrario, temeva che, se avesse cercato di muoversi, le avrebbero ceduto.
«Posso, Violet?»
Pronunciò il suo nome piano, come una carezza, e lei annuì. Lentamente, le mise entrambe le mani sul volto, stringendolo con delicatezza tra i palmi mentre con i pollici le tracciava sulla pelle una lieve scia di calore che le penetrò nel profondo del corpo. Violet chiuse gli occhi mentre lui si avvicinava, poi sentì le labbra di Lance sulle proprie, premute con gentilezza, come se stesse facendo particolare attenzione a non spostarle gli occhiali. La sua bocca era tenera eppure dura allo stesso tempo; dapprima la sfiorò soltanto, quindi iniziò a muoversi, spronandola a rispondere.
Per qualche secondo lei non seppe cosa fare. Poi il calore crebbe d'intensità finché non riuscì più a restare ferma. Reagì dunque d'istinto e mosse le labbra contro le sue in un modo che le tramutò il ventre in liquido all'istante. La mente si zittì mentre il corpo prendeva il comando.
Lui le accarezzò il bordo delle labbra con la lingua e gliela infilò in bocca, e lei gli andò incontro con la propria, succhiando, assaporando ed esplorando mentre con le mani trovava la strada fino al suo collo, per cingerglielo.
Lance fece scivolare i palmi dal suo volto alla gola, ai lati dei seni e infine intorno alla vita. Poi la sollevò da terra finché lei non rimase in equilibrio sulla punta dei piedi, così stretta a lui che riusciva a sentire i muscoli sodi del suo torace e qualcos'altro, ancora più duro, che le premeva tra le gambe.
All'improvviso, lui la lasciò andare e Violet fu in grado di pensare di nuovo, sempre che i suoi si potessero chiamare pensieri coerenti. La mente era in subbuglio, solo un poco meno del corpo, che pareva avere ricevuto qualche tipo di violento trauma. Come conseguenza le tremavano tutti gli arti.
«Ecco, Mrs. Amberton» le annunciò Lance con voce decisamente roca. «Consideratevi baciata.»
Lei aprì gli occhi. Perché si era fermato? Aveva avuto l'impressione che stessero appena cominciando... Eppure Lance aveva voluto fermarsi, pensò mortificata. Forse ne aveva avuto abbastanza. Stava sorridendo, come se fosse stato facile per lui interrompersi mentre lei aveva tutto il corpo che ancora le fremeva di desiderio.
«Il nostro giovane amico ha trovato qualcos'altro che potrebbe piacervi.»
«Davvero?» Violet costrinse i pensieri confusi a concentrarsi. «Siete misterioso.»
«Aspettate qui.» Lui uscì dalla porta e prese qualcosa all'esterno. A giudicare dalla grandezza e dalla forma era chiaro che fosse un quadro, ma il retro della tela era rivolto verso di lei e quindi non le riusciva di vedere quale fosse il soggetto. «Anche questo era in soffitta.» Lance girò piano la cornice, con lo sguardo fisso sul suo volto per tutto il tempo. «Da quanto vi rassomiglia, credo debba essere vostra madre.»
Violet si portò una mano alla bocca e soffocò un'esclamazione di stupore. Era senza dubbio sua madre. La somiglianza colpiva più di quanto avesse mai potuto immaginare, come se stesse guardando in uno specchio una giovane donna dall'espressione seria, con lunghi capelli biondo platino, luminosi occhi azzurri e lineamenti che corrispondevano perfettamente ai suoi. Sentì gli occhi pizzicarle per le lacrime che minacciavano di sgorgare.
«Violet?» Lance sembrò preoccupato. «Mi dispiace. Non volevo turbarvi.»
«Non mi avete turbata.» Scosse la testa, incapace di esprimere quello che provava. Non riusciva a distogliere lo sguardo, nemmeno quando lui mise da parte il quadro, appoggiandolo a una sedia prima di portarsi davanti a lei. «Sono solo sorpresa.»
«Allora siete contenta?»
«Sì. Solo non avrei... mai immaginato...»
«Che le assomigliaste tanto?» La studiò intensamente. «È così. Siete anche altrettanto bella, Violet. Volete appenderlo qui?»
«Sì.» Si passò una mano sul volto mentre una lacrima solitaria le sfuggiva e le scendeva sulla guancia. «Che ne dite di questo punto, invece della veduta del mare?»
«Dovunque vogliate.» Lance sollevò il vecchio dipinto e appese il ritratto al suo posto. «Ecco. Che ve ne pare?»
«Perfetto. Penso che lei fosse perfetta. Potrei guardarla tutto il giorno.»
«Allora vi farebbe piacere se cenassimo qui questa sera? Avete reso questa stanza così accogliente, che sembra quasi un peccato scendere di sotto.»
«Sarebbe meraviglioso.» Poi Violet ebbe un lieve sussulto. «Che ore sono?»
«Quasi le sei.»
«Di sera?» Si guardò la vestaglia con sgomento. «Ma non mi sono nemmeno vestita!»
«Mi ero stupito, in effetti.» Le sorrise. «Non che mi dispiaccia l'informalità, sia chiaro.»
«Non c'è da meravigliarsi se Mrs. Gargrave aveva un'aria così di biasimo.»
«Aspettate che scopra che intendiamo cenare qui.»
«Le dirò che avete una pessima influenza su di me.»
«E lei vi crederà.» Lance si mise una mano sul cuore come se fosse ferito. «Rimarrà scandalizzata, ovvio, anche se credo sarà uno dei miei crimini minori.»
«Dovrei avvisarla io?»
«No, lasciate che lo faccia io. Devo comunque farmi un bagno e radermi, prima. Sono coperto di polvere.»
«Allora mi vestirò, finalmente.»
«Che peccato. Vi preferisco in tenuta da notte.» Lo sguardo di Lance scivolò in basso e le indugiò sui fianchi, e lei iniziò a sentire il sangue che ricominciava a scaldarsi. Che cosa significava quando la guardava così? Che cosa significava il loro bacio? Di certo doveva significare qualcosa!
Che cosa gli passava per la testa?
«Sapete, siete proprio identica a vostra madre, Violet» le disse, quando i loro occhi tornarono a incrociarsi, i suoi scuri e intensi, prima che si dirigesse alla porta. «Siete anche perfetta.»