Lance si sfilò la camicia e la gettò di lato per l'esasperazione. Aveva davvero appena detto alla moglie che era perfetta? L'affermazione lo aveva colto di sorpresa... soprattutto perché lo pensava sul serio. Non aveva soltanto cercato di sedurla, anche se in verità aveva cominciato di nuovo a sentirsi quasi come il vecchio Lance... con una significativa differenza.
In passato, i tentativi di seduzione erano sempre stati un gioco, che metteva in scena con compagne compiacenti, ma pur sempre un gioco. Le donne erano in gran parte intercambiabili. Questa volta era interessato a una donna sola, la minuta creatura di una fiaba, con una vestaglia stropicciata e un paio di occhiali dalla montatura metallica, i capelli biondi scompigliati e un'espressione di pura gioia mentre rimirava i suoi libri. Gli era apparsa... perfetta. Era davvero l'unica parola adatta a descriverla. E più bella di quanto si sentisse a suo agio ad ammettere, come se in qualche modo fosse maturata nel corpo mentre era stata via.
Perciò l'aveva baciata. Non avrebbe dovuto, ma non era riuscito a trattenersi. Era apparsa così seria e studiosa, immersa nella lettura, che si era ritrovato con la bocca premuta sulla sua ancora prima di rendersi conto di cosa stava facendo.
Non che lei lo avesse fermato o spinto via. Al contrario, aveva schiuso le labbra e la lingua aveva cercato la sua con un ardore che era sembrato uguagliare il suo, anche se forse lo aveva immaginato. L'aveva sentita morbida e calda, una deliziosa seduzione, ma sapeva che doveva resistere. Se non fosse stato per il loro accordo, avrebbe avuto la seria tentazione di portarla a letto subito, invece si era costretto ad allontanarsi.
Non era stato facile. Emise un basso lamento al ricordo. Altro che sette anni, non era stato in grado di tenere le mani lontane da lei nemmeno un giorno! Non aveva idea di come avrebbe fatto a superare la serata. Ma le aveva fatto una promessa. Si meritava la libertà, per non parlare di un uomo migliore come marito, ma poiché era intrappolata con lui, almeno poteva fare la cosa giusta e lasciarla in pace. Non l'avrebbe macchiata facendola scendere al suo livello. Lei era cento volte superiore.
Si strappò di dosso il resto dei vestiti e si calò in una vasca di acqua fumante. Il calore gli alleviò il dolore alla gamba, lenì i muscoli danneggiati e lo fece sentire quasi ristabilito. Quasi. Non si sarebbe mai potuto ristabilire per davvero.
Mise la testa sott'acqua, così da immergersi del tutto. Il suo corpo non sarebbe mai più stato lo stesso, il chirurgo da campo era stato chiaro in proposito, tuttavia non provava risentimento per questo. La gamba era soltanto la punizione che doveva accettare per la cattiva condotta passata. Ma il resto? Il vecchio Lance si sarebbe potuto ristabilire?
Emerse dall'acqua e appoggiò il capo al bordo della vasca. Era tornato dal Canada con due sole intenzioni. Salvare la tenuta e bere fino a una morte prematura. Violet lo aveva aiutato con la prima e aveva evitato la seconda, anche se, con sua sorpresa, non era risentito nemmeno per quel motivo. Aveva temuto che, se avesse smesso di bere, sarebbe stato sopraffatto dai ricordi, invece si era ritrovato a scendere piano piano a patti con essi.
Mentre Violet era via, si era costretto a continuare a dormire nella vecchia camera del padre, al punto che ora finalmente la sentiva sua. Per la prima volta da mesi, stava iniziando a credere che sarebbe stato in grado di accettare il passato e di andare avanti. L'unico problema era che non voleva farlo da solo. Voleva farlo con sua moglie, una vera moglie con la quale condividere il cuore e anche il corpo. Voleva farlo con Violet, la donna che aveva promesso di lasciare libera.
Dovette costringersi ad aspettare un'altra ora prima di tornare nel salottino, rinfrescato ma non meno frustrato, e lì trovò tutte le poltrone spinte contro il muro e un piccolo tavolo per la cena preparato al centro.
«Che cosa ne pensate?»
Violet gli mostrò orgogliosa la disposizione. Indossava di nuovo il vestito da sera azzurro, quello che aveva messo per la loro prima cena, anche se la figura più piena rendeva la scollatura più aderente. La sommità dei seni le sporgeva in un modo che gli si ripercosse sulle parti basse, intensificando il senso di frustrazione.
«Molto intimo.» Lance strappò via lo sguardo dal suo seno. «Forse dovremmo farlo più spesso.»
«Temo che non potremo farlo tanto di frequente. Mrs. Gargrave è già venuta a chiedere se eravate impazzito.»
«E cosa le avete risposto?»
«Ho detto che a me sembrate sempre lo stesso.»
«Non sono sicuro che sia un complimento. Suppongo che nessuno abbia mai dato del pazzo al vostro Mr. Felstone.»
Lei gli rivolse un'occhiata di rimprovero. «Non è il mio Mr. Felstone, e in verità gli hanno affibbiato numerosi altri epiteti.»
Lance sbuffò, beffardo. «Chiunque può farsi una cattiva reputazione. Ci vuole molta più dedizione per farsi chiamare pazzo.»
Violet rise mentre due cameriere arrivavano dalla cucina con dei piatti di insalata invernale e un cestino di pane fresco.
«Posso?» Lance le scostò la sedia.
«Grazie.» Lei si sedette e si distese un tovagliolo in grembo. «Ero così immersa nei miei libri che ho saltato il pranzo. Non mi ero accorta di quanta fame avessi.»
«Vedo che avete mangiato bene durante il viaggio.»
«Che cosa volete dire?» Lei si bloccò con la mano a mezz'aria mentre prendeva un pezzo di pane.
«Solo che avete un bell'aspetto.»
«Perché sono più grassa?»
«Non intendevo...» Lance occupò la sedia di fronte e fece una smorfia per la propria mancanza di tatto. «Volevo dire che siete più bella.»
Lei resse con sospetto il suo sguardo per un momento e poi sorrise. «È buffo, Ianthe è quella che sta per avere un bambino e sono io quella che sembra incinta. Presto non entrerò più in nessuno dei miei vestiti.»
«Bene. Eravate troppo magra, prima. Non ho mai capito perché alcune donne facciano a gara per indossare il corsetto più stretto. Chiunque abbia inventato quell'indumento di certo non amava molto il sesso femminile.»
Lei lo guardò con aria un po' sconvolta. «È permesso accennare ai corsetti in una conversazione cortese?»
«Forse no, ma d'altra parte voi siete mia moglie. Senz'altro possiamo rispettare l'etichetta in altre occasioni meno piacevoli.»
«Va bene.» Le sue labbra si incurvarono in un sorriso. «Allora devo ammettere che sono d'accordo con voi. Possono essere piuttosto scomodi.»
«Per questo la vestaglia?» Le fece l'occhiolino. «Allora forse non dovreste indossarli quando siete a casa. Come parte della vostra ricerca della felicità, intendo.»
Lei apparve incredula. «Non pensate che dovrei indossare la biancheria?»
«Per quanto mi riguarda, potete portare tutta quella che volete o anche niente. Un semplice scialle dovrebbe essere sufficiente a risparmiare a Mrs. Gargrave i rossori.»
Violet lo fissò a bocca aperta per qualche secondo prima di scoppiare a ridere, e lui si ritrovò a sorridere a propria volta. Si era ripromesso di comportarsi bene, ma per qualche motivo non riusciva a resistere ai tentativi di seduzione con lei. Il suono della sua risata era quasi inebriante. E stava solo scherzando, del resto... o scherzando solo in parte, comunque.
«Potrei essere costretta ad abbandonare del tutto i corsetti, se continuo a mangiare così.» Si mise una patata in bocca come a dimostrare la sua intenzione. «Altrimenti un giorno potrei schizzare fuori.»
«Vorrei proprio vedere.» Le rivolse un ampio sorriso. «Sarei lì a prendervi, naturalmente. Fidatevi di me, Violet, avete le curve nei punti giusti.»
Lei abbassò lo sguardo sul piatto mentre le guance le arrossivano. «Amo il cibo. Non me ne ero mai resa conto prima, ma è così. Non è bizzarro?»
«Che non ve ne siate mai resa conto? Suppongo di sì.»
«Mio padre diceva che era poco signorile mangiare grandi porzioni, così credevo soltanto di avere sempre fame, ma non è solo questo. Amo il cibo. Ora posso decidere che cosa mangiare e quanto, e assaporo ogni boccone.» Fece una smorfia. «Non so se riesco a spiegarmi bene.»
«Credo di sì. Intendete che state imparando cose nuove su voi stessa.»
«Sì! Chi sono, che cosa mi piace, chi voglio essere... Mio padre prendeva ogni decisione per me. Ora che posso compiere le mie scelte, mi sento come se avessi finalmente scoperto chi sono.» Sorrise. «Meglio tardi che mai.»
«Alcuni di noi si ritrovano fin troppo presto davanti a tante scelte.» Lance posò il coltello e la forchetta, d'un tratto senza appetito. «Ho avuto tutte le possibilità di scelta che avessi mai potuto desiderare. I secondogeniti sono fortunati in tal senso. Il primogenito ottiene il denaro e il titolo, ma il fratello minore può correre più rischi, soprattutto nel mio caso.»
«Perché soprattutto?»
Lance si rammaricò. Perché aveva iniziato quel discorso? Stavano parlando di corsetti e cibo. Perché aveva rovinato la serata tirando di nuovo fuori il passato e dicendole cose che non aveva mai detto a nessuno, nemmeno ad Arthur?
«Dopo la morte di mia madre, mio padre mi lasciò fare quello che volevo. Caricò mio fratello di tutte le pressioni e mi abbandonò a me stesso.»
«Non vi rendeva felice fare ciò che volevate?»
«Per un po'... o forse nemmeno. Pensavo di sì, però... mi mancava sempre qualcosa.»
«Forse volevate anche voi parte dell'attenzione di vostro padre?»
Lui si passò una mano sul volto. «Forse, anche se non lo avrei mai ammesso all'epoca, né a me stesso né a lui. Ero troppo risentito nei suoi confronti. Lo incolpavo della morte di mia madre, capite? Avevo solo undici anni, ma persino a quell'età mi rendevo conto che ci doveva essere una qualche tensione tra i miei genitori. Lei era ricolma di amore e lui... In ogni caso, sapevo che non l'aveva resa felice. Pensavo che, se l'avesse amata, allora lei forse non ci avrebbe lasciati, forse avrebbe voluto restare. So che sembra ridicolo, ma c'è una differenza tra sapere una cosa con la testa e sentirla nel cuore.»
«Lui era consapevole che lo ritenevate colpevole?»
Lance fece un sorriso sarcastico. «La sottigliezza non è mai stata il mio punto forte. Non che ci vedessimo tanto spesso. Lui si rinchiudeva nel suo studio e non ne parlavamo mai. Parlavamo di rado, in effetti, e quando lo facevamo, litigavamo. È strano, ma per certi versi suppongo di essermi comportato proprio come vostro padre.»
Lei rimase interdetta. «Che cosa intendete?»
«Lui vi incolpava per la morte di vostra madre. Io incolpavo mio padre.»
«Eravate solo un ragazzo.»
«Ho comunque riversato il mio dolore su qualcuno che non lo meritava.»
«Vero, però lo amavate. Così avete detto quando mi avete accompagnato nel primo giro della casa.»
«Sì.» Il fatto che lei se lo ricordasse lo colse di sorpresa.
«Allora forse l'amore e l'odio non sono così distanti, dopotutto.» Violet apparve pensierosa. «Se potevate amarlo nonostante le colpe che gli addossavate, allora forse anche mio padre amava me. Ho sempre supposto che non mi volesse bene, che l'amore e il risentimento non potessero andare a braccetto, ma è possibile che mi sbagliassi. In tal caso, forse pensava davvero di proteggermi dal mondo esterno.»
«Forse aveva paura di perdere anche voi come aveva perso vostra madre.»
«Così tanti forse...» Sorrise mesta. «Non gliene ho mai parlato. Magari avrei dovuto cercare di litigare con lui una volta ogni tanto.»
«Forse io avrei dovuto cercare di fare come mi veniva detto.»
«Di nuovo forse.» Si mise a sedere dritta. «So che mio padre ce l'aveva con me, ma ora preferirei credere che mi volesse anche bene. Mi farebbe sembrare tutto meno sprecato.»
«Potete perdonarlo per avervi incolpata?»
«Sì.» Non esitò. «Penso che avesse davvero il cuore spezzato dalla morte di mia madre. Non approvo ciò che ha fatto, ma posso capirne il perché. Voi potete perdonare vostro padre?»
«Che cosa c'è da perdonare? Non amava mia madre, ma non l'ha uccisa lui.»
«Avrebbe potuto tendervi la mano.»
«Non credo che ne fosse capace. Sono stato io a causare la rottura tra di noi.»
«È per questo che eravate tanto scapestrato? Per fargliela pagare?»
«Sarebbe la risposta più semplice, anche se suppongo che fosse una specie di vendetta. Il nome di famiglia significava molto per lui, quindi decisi di infangarlo. È stato egoista e immaturo da parte mia, ma volevo metterlo in imbarazzo. Ero sempre il più scatenato tra i miei amici, quello che correva più rischi. Il povero Arthur rimase a fare il figlio bravo, coscienzioso, quello che si faceva carico di tutta la pressione, mentre io mi divertivo e basta. Non c'è da stupirsi che alla fine si sia spezzato. Mi ci è voluto molto tempo per capire che il mio atteggiamento feriva altre persone oltre a mio padre. Ferivo tutti quelli che mi circondavano, ma quando me ne resi conto, era tardi. Mi sono comportato troppo a lungo come un ragazzo immaturo. Sono cresciuto davvero solo otto mesi fa, quando non c'era ormai più modo di sistemare qualcosa. Ho deluso Arthur quando lui aveva bisogno di me. Tutto ciò che è andato storto nella mia famiglia è stato colpa mia.» Incrociò lo sguardo di Violet dall'altro lato del tavolo. «Voi state ancora cercando di scoprire chi siete, Violet, ma io so già chi sono: un inutile scapestrato, proprio come diceva mio padre.»
«No.» La voce le uscì sorprendentemente decisa. «Ciò che è accaduto a vostro padre e a vostro fratello è stato tragico, ma erano responsabili delle proprie vite. Non potete addossarvi la colpa di tutto quello che è successo.»
Lui non era d'accordo. Se solo fosse stato così semplice... Se solo ci fosse stato qualche modo per redimersi... Se solo ci fosse stato soltanto quello da perdonare...
«Dovete andare avanti, Lance.»
Lui sorrise per quell'atteggiamento fiducioso. «E come proponete che lo faccia?»
«Ho un'idea.» Violet si gettò su ciò che restava dell'insalata. «Anche se potrebbe non piacervi.»
«Sono tutto orecchi.»
«Daremo un ballo.»
«Un ballo?» Lance si sentì sconvolto, come se gli avessero appena sparato di nuovo.
«Sì. Sono stata a un ballo solo e non è andata molto bene, se ricordate.»
«Come potrei dimenticarlo?»
«Allora torniamo all'inizio, come se ci stessimo incontrando di nuovo.»
Tornare al principio... Un nuovo inizio. L'idea era di certo allettante. Il pensiero della sala da ballo e di tutti i ricordi che conteneva lo inorridiva, ma forse lei aveva ragione ed era ora che entrambi andassero avanti. Poteva lasciarsi il passato alle spalle? Voleva, e sembrava volerlo fare anche Violet insieme a lui, quasi come se desiderasse un vero matrimonio. Averla al suo fianco glielo faceva apparire più facile, e almeno ciò significava che non sarebbe ripartita subito...
«Quindi non avete fretta di rimettervi in viaggio?»
«No. Prima voglio fare qualche altra cosa, come dimostrare a tutti che non sono più un topolino timoroso.»
Lui inarcò un sopracciglio. «Non siete affatto timorosa. In realtà, sto iniziando a pensare che possiate essere più di quanto io sia in grado di gestire. Benissimo, Mrs. Amberton, se volete un ballo, daremo un ballo.»