«È una bellissima mattina. Vieni a vedere.» Violet aprì la finestra della loro camera da letto e guardò la brughiera.
«Preferisco la vista da qui.» Lance si mise un braccio dietro la nuca e si sdraiò contro la testiera del letto. «Anche se mi piacerebbe ancora di più senza la vestaglia. Perché ti prendi il disturbo di metterti quell'affare quando sai che te lo toglierò di nuovo?»
«Perché non voglio scandalizzare i giardinieri nel caso alzassero lo sguardo.» Si voltò e guardò la loro nuova stanza con soddisfazione. «Mi piace la camera. Mi piace anche quest'ala della casa. È davvero un nuovo inizio. Mi domando perché non abbiamo mai pensato prima di sceglierne una insieme e basta.»
«La volontà indomabile di Mrs. Gargrave.»
«Si è calmata in maniera considerevole quando le ho detto che saremmo stati più vicini alla nursery.» Lo sbirciò con fare civettuolo da sotto le ciglia. «Quando arriverà il momento di generare un erede, cioè.»
Negli occhi color ambra balenò un lampo di apprezzamento. «Non puoi dire che non ci stiamo dando da fare. Mi hai sfiancato.»
«Io ti ho sfiancato?»
«Sì.» Lance allungò entrambe le braccia oltre la testa e sbadigliò. «Per essere una donna piccola, possiedi una quantità sorprendente di energia, per non parlare dell'immaginazione. Penso di essermi fatto male alla schiena, questa volta. Credo che dovrò restare qui tutto il giorno per riprendermi.»
«Ah, davvero?»
Aprì le braccia verso di lei. «Che senso ha avere una gamba malandata se non puoi usarla come scusa per dormire di tanto in tanto? Ora torna a letto e prenditi cura di me.»
«Sei incorreggibile.»
«Eri stata avvisata.»
«Ripetutamente. Perché pensi che abbia cercato di scappare?»
«Due volte.» Le sorrise. «Sono una tale bestia?»
«Sì, ma sei la mia bestia.»
Si arrampicò sul letto e gli si accoccolò sulla spalla mentre gli strofinava con delicatezza la guancia sul petto. Era caldo, solido e una vera tentazione accogliente. Forse sarebbero potuti restare lì ancora un po'... Ma fuori era una bella giornata, perfetta per lo scopo che aveva in mente.
«Ti stai godendo il terzo mese di matrimonio, Mrs. Amberton?» Lance chinò il capo per darle un bacio sui capelli.
«Ho dormito di più i primi due...» Gli accarezzò lo stomaco. «Non che mi stia lamentando.»
«È tutta colpa tua, perché sei così dannatamente irresistibile» ribatté.
«Non è quello che hai detto prima che ci sposassimo. Sostenevi di poter aspettare sette anni.»
«Non ricordarmelo» gemette lui. «Due mesi sono stati lunghi a sufficienza. Non avrei mai resistito un solo anno con la sanità mentale intatta.»
«Allora è una fortuna che tu non abbia dovuto attendere tanto, dopotutto.»
Violet sospirò quando lui le strofinò le labbra contro la gola e poi iniziò a scendere verso il basso, e si arrese alle sensazioni, proprio come aveva fatto due volte la notte precedente e già una quella mattina. Ma ora, si rammentò, non si sarebbe arresa. Aveva dei programmi per la giornata. Dopo quello, tuttavia...
Sgusciò da sotto di lui, lo girò e si mise a cavalcioni sulle sue cosce e gli depose un bacio sul petto, prima di balzare lesta giù dal letto. «Ma dovrai aspettare fino a questa sera. Su!»
«Provocatrice.» Lance si tirò su dietro di lei.
«È l'unico modo che conosco per motivarti.» Rise allegra. «Dai, c'è una cosa che voglio mostrarti fuori. È una sorpresa.»
Si vestirono, uscirono di casa e attraversarono il prato, tenendosi stretti a vicenda alla vita. I giardini erano in piena fioritura, uno sgargiante miscuglio di colori e dolci profumi che lottavano tutti per la supremazia sotto il sole estivo.
«Eccoci arrivati.» Violet si fermò all'ingresso del labirinto.
«La mia sorpresa è qui dentro?»
«Sì!» Gli afferrò la mano e lo trascinò per un lungo corridoio e oltre una serie di svolte.
«Sai dove stai andando, suppongo» mormorò Lance, ma la seguì obbediente.
«Sto iniziando a orientarmi.»
Violet si fermò quando raggiunsero il centro e gli indicò il pergolato nell'angolo. Lei e Martin avevano ripristinato e ridipinto il legno, potato i cespugli di rose e li avevano fatti arrampicare con delicatezza intorno alla struttura. «Sembrava così triste e trascurato, prima.»
«Lo era.» Lance apparve fosco per un momento. «Era uno dei luoghi preferiti di mia madre.»
Lei gli strinse la mano. «Ora possiamo sederci qui insieme.»
«Sì.» La voce gli si incrinò. «Grazie, Violet.»
«Tu mi hai donato il suo salotto. Volevo donare anche a te qualcosa di suo.»
«Mi hai dato molto più di quanto meritassi. Non avevo mai immaginato di poter essere così felice.»
«Nemmeno io.» Violet sospirò. «Questo posto sembra davvero appartenere a una fiaba. Non vedo l'ora di mostrarlo alla zia Caroline quando verrà a trovarci.»
«Perché non la inviti a soggiornare qui per un ricevimento questa estate? E anche tuo zio Ben e tutti i tuoi nuovi cugini.»
«Non ti dispiacerebbe?»
«Perché dovrebbe? Ci risparmierebbe di dover fare avanti e indietro da York ogni settimana.» Ricambiò la stretta alla mano. «Ti avevo detto che ti avrebbero amata.»
«Sì. Era solo difficile crederci, allora.»
«Hai fatto molta strada. L'abbiamo fatta entrambi.»
«Non riesco ancora a credere che mio padre avesse impedito loro di vedermi.»
Si accigliò e lui la attirò più vicina.
«Forse voleva tenerti tutta per sé. Sto iniziando a comprendere tale impulso. Ma ora appartiene tutto al passato. Una donna saggia una volta mi ha detto che alcune cose è meglio lasciarle lì.»
«Hai ragione.» Lo circondò con le braccia, colma di gratitudine. «E Arthur? Gli dispiacerebbe un ricevimento in campagna?»
Lance esitò. «Penso che abbia i suoi progetti.»
«Vuole ancora tornare per mare?»
«Dubito che sia possibile. Ora che il suo segreto è stato rivelato, sarà difficile per lui trovare un capitano disposto a dare lavoro a un visconte. Ma è comunque determinato a partire.»
«Allora dovrai permetterglielo.»
«Lo so. Spero solo che trovi qualcuno che lo renda felice quanto lo sono io.»
«Chi lo avrebbe mai immaginato? Un topolino impaurito e uno scapestrato.»
«Un gattino e una bestia?»
«Violet e Lance.» Alzò la testa per dargli un lieve bacio, che poi non fu così lieve, sulle labbra. «Chi troverà Arthur?, mi domando.»