Irene e Angiolino avevano perso l’abitudine di arrampicarsi lungo la grondaia. Si sorressero a vicenda – mani e piedi a spingere – fino ad arrivare: «La città impigrisce» si giustificò Lino, aggrappandosi al bordo che delimitava il tetto.
Anche il vuoto impigrisce. Anche la certezza, balorda, dell’impossibilità. Impigrisce la rabbia quando è scontenta. Impigrisce il giorno senza speranza, l’ora buia che sta in mezzo alla notte e il peso delle convinzioni che non cambiano.
Irene si sedette con la schiena contro l’abbaino. Prese il braccio di Lino e se lo passò attorno al collo. Appoggiò la testa sulla spalla del cugino. Se in quel preciso istante le avessero domandato sei felice, non avrebbe avuto dubbi. Sì, avrebbe risposto. La felicità sta tutta nel contatto.
L’estate era vicina. I gabbiani si lasciavano portare dal vento, soddisfatti della giornata e del loro lungo rincorrersi: «Sei stata brava a trasformare Fosco».
«Ti piace?» chiese Irene.
«Molto. Totonnu, però, si starà rivoltando all’inferno per colpa del mio vestito da Carmen.»
Irene aveva dipinto l’abito con la scritta PRINTEMPS, il pellegrinaggio mancato e i biscotti alle uova che non si potevano mangiare.
«Perché non mi hai mai cercata, in questi anni?»
«Non lo so. Avevo paura di disturbarti o di deluderti. Forse temevo che mi avresti chiesto di tornare, mentre io volevo provare. Avevo bisogno di fare, di sbagliare. Di riconoscermi nelle mie giornate.»
«Mi hai pensata?»
«In ogni momento.»
Dalla piazza arrivarono le risate di una coppia: «Sono forestieri» disse Irene. «Arrivano a Fosco e mi pagano perché io possa lavorare. Quello che vuoi, mi dicono, purché porti colore.»
Qualcuno cominciava a fermarsi in paese con l’idea di restare. Una coppia di Reggio aveva rilevato lo spaccio e vendeva pasta, riso, bibite e conserve. Un tizio argentino si era attrezzato per vendere caffè e panini imbottiti. Il parroco del circondario si era fatto coraggio e, una volta ogni due settimane, celebrava la messa nella chiesa parrocchiale. La funzione andava deserta, ma lo scampanio lasciava presagire una resurrezione prossima.
«I gnuri di San Rotondo non ci lasciano in pace.»
«Sei preoccupata?»
«Gianna si vergogna di noi. L’ho dipinta come la conoscevo, con il prendisole giallo e le minni puntute di giovinezza. L’hanno cancellata con due passate di vernice nera.»
«Rocco è dappertutto.»
«A lui ci penso sempre.»
«Ci penso sempre anch’io.»
«Qualche volta gli parlo.»
«E lui?»
«Risponde.»
«Se fosse qui, sarebbe un uomo onesto.»
«Sì. Sarebbe un uomo onesto.»
Il mare fece una carezza all’orizzonte limpido.