IV

AGNELLO AL MACELLO

«IL VENTO ULULAVA come un lupo affamato e la neve si aggrappava alla mia pelle coperta di sangue. Guardai père Louis e vidi la sua fronte aggrottarsi. “Monsieur, questo ragazzo pratica stregoneria e spregevoli riti di sangue. È malvagio. È dannato!”

«Un mormorio rabbioso si diffuse tra la gente lì riunita. Ma l’uomo chiamato Manogrigia frugò nel suo cappotto e tirò fuori una pergamena. Era decorata dal sigillo imperiale: un unicorno e cinque spade incrociate su un grumo di cera rossa come una mela. “Per ordine di Alexandre III, imperatore di Elidaen e protettore della Santa Chiesa di Dio, che nessun uomo in terra può contraddire, sono autorizzato a reclutare qualunque cittadino di mia scelta per la nostra causa virtuosa. E io scelgo lui.”

«“Reclutare?” farfugliò il borgomastro. “Questa mostruosità? Per cosa?”

«L’uomo estrasse la spada dal fodero e mi si mozzò il respiro. Pur sanguinante e malconcio, ero comunque il figlio di un fabbro e quell’arma era tale da farmi bagnare nel sonno. L’acciaio era intarsiato di fili d’argento, come volute brillanti su un legno più scuro. Il pomolo era una stella a sette punte – una per ciascuno dei Sette Martiri –, circondata dal cerchio della ruota del Redentore. Sembrava quasi brillare alla luce delle lanterne.

«“Noi siamo l’Ordo Argent” replicò Manogrigia. “L’Ordine argenteo di Santa Michon. E le mostruosità sono esattamente le reclute che ci occorrono, monsieur. Poiché i nemici che combattiamo sono ancora più mostruosi e, se dovessimo fallire, tale sarà anche il destino della potente Chiesa di Dio, del suo regno sulla terra e di tutto il mondo degli uomini.”

«“Chi è questo nemico?” domandò père Louis.

«Manogrigia guardò il prete, la luce della lanterna che brillava nei suoi occhi iniettati di rosso. Il falcone sulla sua spalla prese il volo e il frère si girò verso il sacco sul posteriore del cavallo, poi allentò le catene che lo avvolgevano e lo lanciò nel fango. Quello grugnì quando colpì il terreno e, come pensavo, la forma all’interno rivelò un uomo. Ma la cosa che si trascinò fuori dal sacco di iuta non gli assomigliava affatto. Era avvolta da stracci, mortalmente macilenta. La carne era tesa sulle sue ossa come uno scheletro immerso nella pelle. Aveva occhi bianchi come la morte, labbra screpolate ritratte dai denti, che però erano lunghi e aguzzi, da lupo. Si sollevò dal fango e un suono simile al grasso che bolliva gli gorgogliò nella gola. Tutti i villici attorno a me urlarono dal terrore.

«All’improvviso fui di nuovo un tredicenne, in piedi sulla strada fangosa nel giorno in cui Amélie e Julieta tornavano a casa. Ed ero terrorizzato, poco ma sicuro. Ma assieme a quella paura giunse il ricordo di mia sorella. Provai quel vecchio odio familiare che mi ardeva nel petto e mi serrava la mascella. Nell’odio si può trovare forza. Un coraggio forgiato solo dalla rabbia. E invece di gridare o di indietreggiare come fecero gli uomini attorno a me, rimasi lì a gambe divaricate. Presi un respiro. E sollevai i miei fottuti pugni.»

«Impressionante» mormorò Jean-François.

«Non lo feci per impressionare qualcuno» ringhiò Gabriel. «Sapendo ciò che so adesso, vorrei essere scappato. Essermi pisciato nei pantaloni e aver chiamato a gran voce mia mamma.» Si ravviò i capelli con una mano e sospirò. «Chiamalo come ti pare. Istinto. Stupidità. È solo il modo in cui siamo nati. Non si può cambiare, non più di quanto tu possa mutare la volontà del vento o il colore degli occhi di Dio. Naturalmente a quella creatura che barcollava verso di me non fregava niente dei miei pugni sollevati. Ma la catena d’argento che la legava alla sella di Manogrigia la fece fermare di colpo, con le braccia che si agitavano verso la mia faccia. Il frère scivolò giù di sella e, al suono dei suoi stivali che colpivano il fango, quel mostro smunto e affamato si girò, e giuro per tutti i Sette Martiri che lo udii piagnucolare. Manogrigia sollevò il braccio, con la spada che scintillava al buio. E colpì, Dio del cielo, tanto rapido che riuscii a stento a vederlo.

«Il pomolo d’argento andò a sbattere contro la mascella del mostro. Vidi uno spruzzo di sangue scuro e denti. Manogrigia era terrificante con quella lama e sussultai quando colpì il mostro ancora e ancora, finché non crollò in un mucchio gemente e malconcio. Mentre spingeva la faccia della creatura nel fango con lo stivale e guardava père Louis, in lui vidi lo stesso odio che ribolliva nel mio cuore. “Chi è il nostro nemico, buon père?” Fece spaziare lo sguardo sui villici terrorizzati e infine gli occhi rossi si posarono su di me. “I Morti.”» Nella sua cella gelida, Gabriel de León fece una pausa, passandosi una mano sulla peluria del mento. Udiva quelle parole con una chiarezza tale che era come se Manogrigia fosse stato imprigionato con lui. Era quasi tentato di guardarsi alle spalle per vedere se il vecchio bastardo fosse lì.

«Che melodramma.» Jean-François della stirpe Chastain sbadigliò.

Gabriel scrollò le spalle. «Manogrigia aveva un talento per quello. Ma quando mi guardò con quei suoi occhi brillanti e carichi di sangue, riuscii a percepire che mi stava prendendo le misure. Allungò una mano guantata verso il colletto e se lo slacciò perché potessi vederlo. Carnagione pallida come la morte. Una faccia intagliata dalla crudeltà. Sembrava che potesse lasciare segni sulle lenzuola dove dormiva. “Hai già visto uno di questi” disse, indicando il mostro con la testa.

«Dovetti cercare a lungo e con forza le parole. “Mia… sorella.”

«Lui lanciò un’occhiata verso mia madre, poi guardò di nuovo me. “Il tuo nome è Gabriel de León.”

«“Oui, frère.

«Sorrise come se il mio nome gli risultasse buffo. “Tu appartieni a noi adesso, Leoncino.”

«Allora mi voltai verso mia madre. E quando vidi rassegnazione sul suo volto, finalmente compresi. Quegli uomini erano lì su sua richiesta. Quel Manogrigia era l’aiuto che le avevo chiesto, quello che lei stessa non poteva darmi. C’erano lacrime nei suoi occhi. La sofferenza di una leonessa che avrebbe fatto qualunque cosa per proteggere il suo cucciolo, sapendo che ormai non c’era alternativa.

«“No” urlò Celene. “Non prenderete mio fratello!”

«“Celene, zitta ora” le sussurrò mia madre.

«“Non lo prenderanno!” strillò. “Mettiti alle mie spalle, Gabe!”

«Mi frapposi tra il frère e la mia sorellina che sollevava i pugni, poi la abbracciai forte mentre lei guardava torva i cavalieri alle mie spalle. Sapevo che avrebbe strappato gli occhi dal cranio di Manogrigia se ne avesse avuto la minima possibilità. Ma incontrando lo sguardo freddo di quel tipo, riuscii a vedere la verità. “Questi sono uomini di Dio” le dissi. “Questa è la sua volontà.”

«“Non puoi andartene!” sbottò Celene. “Non è giusto!”

«“Forse no. Ma chi sono io per contraddire l’Onnipotente?”

«Ero terrorizzato, non lo nego. Non avevo alcun desiderio di lasciare la mia famille, né il mio piccolo mondo. Ma i villici erano ancora radunati attorno a noi, guardandomi con occhi timorosi e furibondi. I miei denti erano smussati come al solito, ma l’impeto rosso del sangue di Ilsa mi indugiava ancora in bocca. E per un momento parve che tutto fosse in bilico sulla lama di un coltello. Sono quei momenti che senti nell’anima. Quegli uomini mi stavano offrendo la salvezza. Un percorso per una vita che non avevo mai immaginato. Tuttavia, seppi che avrebbe avuto un prezzo tremendo. E lo sapeva anche mia madre.

«Ma che scelta avevo? Non potevo restare, non dopo quello che avevo fatto. Non sapevo cosa stavo diventando, non avevo risposte, ma forse quegli uomini sì. E come avevo chiesto a mia sorella: chi ero io per sfidare la volontà del cielo? Per sfidare colui che mi aveva creato? E così, facendo un respiro profondo, allungai una mano e accettai quello che Manogrigia mi offriva.» Gabriel guardò verso l’alto e sospirò. «Ecco come avvenne. Un agnello mandato al macello.»

«Ti presero così, di punto in bianco?» chiese Jean-François.

«Mi lasciarono un momento con la mia famille. Papà aveva poco da dire, ma vidi la spada che aveva in mano e seppi che, quando era stata in gioco la mia vita, lui aveva fatto quel poco che poteva per salvarla. Avevo paura di cosa sarebbe potuto succedere a Celene senza di me, ma non c’era nulla che potessi fare. Tuttavia, ammonii mio padre. Lo ammonii, cazzo. “Bada a tua figlia. È l’unica che ti rimane.”

«Mamma pianse mentre le dicevo addio con un bacio, e anch’io mi ritrovai a versare lacrime mentre stringevo Celene tra le braccia. Mamma mi disse di stare attento alla bestia. A quella e alla sua fame. Tutto il mio mondo stava andando in pezzi, ma cosa potevo fare? Venivo trascinato in un fiume, eppure perfino allora ero abbastanza grande da saperlo: esiste una differenza tra coloro che nuotano con la corrente e quelli che affogano opponendosi a essa. E il suo nome è Saggezza.

«“Non andare, Gabe” implorò Celene. “Non lasciarmi sola.”

«“Tornerò” promisi, baciandole la fronte. “Abbi cura della mamma per me, furia.”

«Il giovanotto che cavalcava dietro Manogrigia staccò Celene da me, senza offrire alcuna parola di conforto mentre mi issava sulla groppa del suo pony. Poi avvolse di nuovo quel mostro piagnucolante in catene d’argento e iuta e lo rimise sulla cavalcatura di Manogrigia. Il frère fece spaziare lo sguardo sul raduno con occhi pallidi e iniettati di sangue. “Abbiamo catturato questo mostro tre giorni a ovest di qui. E ce ne saranno altri prima che possano essere epurati. Ci attendono giorni bui e notti ancora più buie. Mettete candele alle finestre. Non invitate estranei nelle vostre case. Mantenete viva la fiamma nei vostri focolari e l’amore di Dio ardente nei vostri cuori. Noi trionferemo. Perché noi siamo argento.»

«“Noi siamo argento” gli fece eco il giovanotto.

«La piccola Celene stava piangendo e io protesi la mano in segno di saluto. Urlai a mia madre che le volevo bene, ma lei stava fissando il cielo con le lacrime che si congelavano sulle sue guance. Non ricordo momento in cui mi sentii più perduto di quello in cui cavalcammo fuori da Lorson. Guardai la mia famille attraverso la neve cadente finché non fu troppo distante per distinguerla e l’oscurità la inghiottì.»

«Un quindicenne» sospirò Jean-François, accarezzandosi le penne sulla gola.

«Oui» annuì Gabriel.

«E tu definisci noi mostri.»

Gli occhi di Gabriel incontrarono quelli del vampiro e la sua voce divenne acciaio. «Oui.»