VI

UN MONASTERO NEL CIELO

«ARRIVAMMO A SANTA Michon l’ultimo findi del mese, ammantato in una nebbia grigio neve. Frère Manogrigia faceva strada, seguito da Aaron de Coste, con me in sella dietro di lui. Entrando nell’ombra del monastero, non sapevo con esattezza cosa provare. Paura per il peccato dentro di me. Tristezza per tutto quello che mi ero lasciato alle spalle a Lorson. Ma in verità la sensazione più forte mentre guardavo i dirupi sopra di me era meraviglia. Semplice, spropositata meraviglia.

«Il monastero di Santa Michon sembrava uscito da una favola. Era costruito in una valle lungo il fiume Mère, annidato tra nere rupi rocciose. Sette enormi pilastri di pietra ricoperta di licheni si innalzavano come lance dal terreno della valle, come se fossero stati lasciati lì da giganti dell’Epoca leggendaria. Il fiume scorreva fra i pilastri di granito che aveva intagliato, come un serpente di zaffiro scuro. E su quei possenti piedistalli mi attendeva il monastero di Santa Michon.

«A un cenno del capo di Manogrigia, Aaron tolse dalla tracolla un corno bordato d’argento e suonò una lunga nota che attraversò la valle. Dall’alto risposero campane, e le farfalle mi danzarono nello stomaco mentre cavalcavamo lungo scisto ricoperto di funghi in direzione del pilastro centrale. La sua base era cava, l’ingresso sigillato da cancelli di ferro lavorato a rappresentare la septistella. Colsi il caratteristico odore dei cavalli provenire dall’interno e mi resi conto che i Santi d’argento avevano costruito lì le loro stalle.

«Accanto ai cancelli, un’ampia piattaforma di legno venne calata su pesanti catene in ferro. Dopo aver consegnato i nostri cavalli a due giovani stallieri, il maestro Manogrigia si mise sulla spalla l’abbietto che aveva catturato, poi si diresse al montacarichi seguito da Aaron e me. La piattaforma ondeggiava pericolosamente durante la salita, a cento piedi, poi duecento dal suolo della valle. Da quell’altezza, potevo vedere i monti Angeledei a nord-ovest, quella grande dorsale di granito ricoperta di neve che divideva Nordlund da Talhost.

«Arciere ci volava attorno durante l’ascesa e io mi ritrovai a stringere le ringhiere con una forza tale da sbiancare le nocche. Non ero mai salito così in alto. Invece di guardare giù, rivolsi lo sguardo sopra di me, verso un luogo che pensavo potesse esistere solo in una fiaba. Un monastero nel cielo.

«“Vertigini, Zotico?” mi canzonò Aaron.

«Io lanciai un’occhiata al ragazzo biondo, serrando la stretta. “Smettila, de Coste.”

«“Ti aggrappi a quella ringhiera come alle tette di tua madre.”

«“In realtà sto immaginando le tette di tua madre. Anche se mi hanno detto che preferisci quelle di tua sorella.”

«Manogrigia borbottò di darci una calmata. De Coste tenne a freno la lingua, guardandomi storto per il resto della salita. Ma a me non fregava davvero nulla. Dopo tre settimane in cui ero stato trattato come una macchia che sporcava gli stivali di Aaron, reputavo la compagnia di quel coglione altolocato piacevole come un caso di pidocchi all’inguine.

«La piattaforma si arrestò cigolando. Alla nostra sinistra, un tizio con i denti pronunciati in abiti di cuoio nero manovrava il verricello. I suoi capelli erano lunghi e unti, e notai che non aveva argento sulle mani. “Serenalba, custode Logan” annuì Manogrigia.

«L’uomo magro si inchinò e parlò con una pesante cadenza dell’Ossway. “Sacrogiorno, buon frère.”

«Guardando in basso, ipotizzai che fossimo a quasi cinquecento piedi dal suolo della valle grigia. Il maestro Manogrigia continuò a guardarmi torvo finché non staccai le dita dalla ringhiera. “Non avere paura, Leoncino.”

«“Non ne ho se non guardo giù” risposi, cercando di mostrare un sorriso.

«“Guarda avanti, piuttosto, ragazzo.”

«Scostai dagli occhi i capelli scompigliati dal vento e sospirai. “Questo sì che è uno spettacolo…” Davanti a noi incombeva una cattedrale, la prima che avessi mai visto in vita mia. La nostra minuscola cappella a Lorson era sembrata un palazzo ai miei giovani occhi, ma quella… quella era una vera casa di Dio. Un enorme pugno circolare di granito nero, con guglie che trafiggevano il cielo. Nel cortile c’era una fontana di pietra pallida, adornata da un anello di angeli: Chiara, l’angelo cieco della misericordia. Raphael, angelo della saggezza. Sanael, l’angelo del sangue, e il suo gemello Gabriel, da cui prendevo il nome, angelo del fuoco. La muratura della cattedrale era fatiscente, alcune delle finestre sigillate con assi di legno, ma non avevo comunque mai visto nulla di così sublime. Numerosi operai erano al lavoro su di essa come cimici su un tronco caduto e i cornicioni erano decorati da gargolle sogghignanti. Enormi doppie porte erano situate sulla facciata orientale e su quella occidentale, e nella pietra sopra le albaporte c’era un magnifico rosone di vetro colorato.

«Aveva la forma di una septistella, ogni punta narrava la storia di uno dei Sette Martiri. San Antoine, che separava il Sempremare. San Cleyland, che sorvegliava i cancelli dell’inferno. San Guillaume, che bruciava gli infedeli sulla pira. E ovviamente Santa Michon e il suo calice d’argento, tutta capelli biondi e occhi fieri, con lo sguardo che mi penetrava dentro l’anima.

«Un uomo ci attendeva in cima alle scale orientali, vestito con il cappotto di un Santo d’argento. Era di origine sūdhaemica, la pelle scura come mogano levigato, gli occhi verde chiaro bordati di kajal. Era più vecchio di Manogrigia, i capelli neri raccolti in lunghe trecce sinuose. Un’orrenda cicatrice orizzontale gli tagliava in profondità le guance, torcendo la bocca in un ghigno permanente privo di allegria, e c’erano stupendi tatuaggi argentei sulle sue mani. Aveva le spalle larghe come mio padre, ma irradiava una serietà che il mio genitore e i suoi pugni non avevano mai avuto. “Questo” pensai “è un condottiero di uomini.”

«Manogrigia si profuse in un inchino davanti a lui, così come de Coste.

«“Benvenuti a casa, fratelli. Ci siete mancati, a messa.” L’uomo possente si voltò verso di me, la voce profonda come il suono di un violoncello. “E benvenuto anche a te, giovane sanguepallido. Il mio nome è Khalid, alto abate dell’Ordo Argent. So che il viaggio fin qui è stato lungo. E che questa vita può non essere quello che immaginavi per te stesso. Ma è la tua vita, ora. Sei stato benedetto e maledetto allo stesso tempo, chiamato da Dio Onnipotente a questo compito sacro. Non devi tirarti indietro. Tu non puoi cadere. Perché, se lo farai, tutto ciò che conosciamo e amiamo subirà lo stesso destino.”

«Mi inchinai a lui. Non sapevo cos’altro fare. “Abate.”

«“Finché non avrai pronunciato i voti come frère a pieno titolo dell’Ordine, farai riferimento al tuo maestro. Agli iniziati non è permesso lasciare le caserme dopo la campana della sera, né visitare la sezione proibita della Grande Biblioteca. Più tardi terremo la vespermessa e avrai il tuo primo assaggio d’argento. Domattina inizierai l’addestramento.” Khalid guardò verso Manogrigia. “Possiamo scambiare una parola, buon frère?”

«“Per il Sangue, Abate. De Coste, mostra il posto al nostro Leoncino.”

«“Per il Sangue, maestro.” Aaron mi lanciò un’occhiata e ringhiò: “Seguimi”.

«Lasciammo Manogrigia a conversare con Khalid, e de Coste mi guidò lungo una delle ampie passerelle di pietra. Mi resi conto che un tempo tutti e sette i pilastri dovevano essere stati collegati in modo naturale, ma le mani del tempo avevano abbattuto gran parte di quei ponti, ora rimpiazzati da tratti di corda e legno. Invece di guardare la caduta vertiginosa, fissai il profilo degli stupendi edifici attorno a noi che si stagliavano contro il cielo e gli uomini che si aggiravano sulle mura. “A cosa servono tutte quelle gru? Agli operai?”

«“Ti rivolgerai a me con il titolo di iniziato, Zotico” replicò de Coste senza nemmeno guardarmi. “Quando frère Manogrigia è assente, io sono il membro anziano di questa compagnia.”

«Mi morsi la lingua. Ne avevo avuto abbastanza delle cazzate di Aaron. Ma era un mio superiore.

«“In risposta alla tua domanda, l’Ordine d’argento ha ottenuto solo da poco il patrocinio dell’imperatore Alexandre. Questo monastero esiste da parecchi secoli, e per lunghi anni questi edifici sono stati lasciati a marcire. Non abbiamo sempre goduto del favore di cui beneficiamo ora.”

«Rimuginai su quelle parole per un momento, fissando con occhi da giovane popolano gli edifici attorno a noi. Erano di pietra scura, cupi e maestosi, disposti su guglie torreggianti sopra la valle del Mère come corone di antichi re. Non ero certo di cosa mi fossi aspettato di trovare in quell’Ordine sacro di uccisori di mostri, ma, per quanto fatiscente e pericolante, Santa Michon era il luogo più straordinario dove fossi mai stato.

«Aaron gesticolò verso l’edificio dietro di noi. “La Cattedrale è il cuore di Santa Michon. I fratelli vi si riuniscono per la messa due volte al giorno, al crepuscolo e all’alba. Se perdi la messa, poco dopo ti ritroverai a perdere anche i testicoli.” De Coste indicò a nord-ovest, verso una struttura dimessa con parecchie finestre. “La Caserma, dove ci corichiamo. Il refettorio è al piano più basso dell’edificio, così come le latrine e il lavatoio. I Santi d’argento trascorrono gran parte delle loro vite a Caccia, perciò di solito ti consiglio di approfittare dei bagni finché puoi. Ma un verme bifolco come te non riconoscerebbe un pezzo di sapone nemmeno se lo colpisse sui denti.”

«Roteai gli occhi mentre de Coste indicava la struttura più a sud: un edificio circolare con stendardi rosso sangue su cui era ricamata la septistella che sventolavano sulle mura.

«“La Disfida. Durante la tua permanenza a Santa Michon, trascorrerai gran parte del tempo addestrandoti là. Nella stella ti sarà insegnata la scherma. Il combattimento a mani nude. L’uso di armi da tiro. La Disfida è la fornace dove vengono forgiati i Santi d’argento.”

«La mia mascella si serrò a quelle parole e, ripensando a mia sorella, annuii. “Sono pronto.”

«Aaron ridacchiò. “Se durerai più di due settimane là dentro, invierò una missiva personale al sommo pontefice, definendolo un miracolo.” De Coste indicò con la testa un altro edificio, tondo e privo di tetto. “A nord c’è il Paniere. Il regno del buon frère Alber. Lì teniamo le scorte di cibo e i pollai, nonché la serra dove coltiviamo le erbe. A nord-est c’è il Priorato, dove dorme la Sorellanza.”

«“… Sorellanza?”

«Aaron sospirò come se in qualche modo avessi dovuto già sapere tutto ciò. “La Sorellanza d’argento di Santa Michon. Prima che il nostro Ordine trovasse il patrocinio della devota imperatrice Isabella, era loro compito mantenere in piedi il monastero.”

«Vidi piccole figure in lunghi abiti neri uscire dal grande edificio gotico. La stoffa svolazzava nel vento montano e veli di merletto si agitavano attorno ai loro volti. “Sono sanguepallido come noi?” domandai.

«“Non esistono sanguepallido femmina. L’Onnipotente ha ritenuto opportuno risparmiare alle sue figlie la nostra maledizione. Queste sorelle sono donne pie, devote all’Unica Fede e mogli dell’Onnipotente.”

«“Non mi ero aspettato di trovare suore in un Ordine di fratelli guerrieri.”

«“Hmm.” De Coste mi guardò di traverso. “E hai passato parecchio tempo tra fratelli guerrieri, Micetto?”

«Battei le palpebre a quel commento. “Io…”

«“La Grande Biblioteca.” De Coste indicò il sesto pilastro e uno stupendo edificio con finestre a vetri colorati e alti timpani in cima. “Una delle migliori raccolte di conoscenza e istruzione di tutto l’impero. All’interno c’è una sezione proibita, e se l’archivista Adamo dovesse beccarti solo a guardarla, ti scuoierà vivo e userà la tue pelle per rilegare i libri. Di solito consiglio di esaminare gli scaffali generici durante il tempo libero, ma dubito che tu sappia leggere.”

«“So leggere eccome.” Mi accigliai. “Mi ha insegnato mia madre.”

«“Allora mi assicurerò di mandarti una lettera quando comincerà a fregarmene qualcosa.” Aaron fece di nuovo un gesto in direzione della Biblioteca. “I libri sono conservati al piano inferiore, mentre di sopra le sorelle d’argento lavorano nella rilegatoria. Assieme ai fratelli del Focolare, creano i tomi più belli dell’impero.” Alzò la mano per bloccare la mia domanda. “L’Ordo Argent è composto da due caste. I fratelli della Caccia sono sanguepallido come me e Manogrigia, uomini che si sporcano le mani braccando gli orrori nelle tenebre. I fratelli del Focolare sono uomini semplici, di fede, che si prendono cura della Biblioteca, forgiano le nostre armi e… altri strumenti. A questo proposito…” De Coste indicò un edificio esteso davanti a noi. Aveva poche finestre ma molti comignoli. Tutti sputavano fumo nero tranne uno, da cui si levava un sottile pennacchio di fumi rossi. “L’Armeria.” Aaron raddrizzò le spalle e si lisciò all’indietro i folti capelli biondi. “Seguimi. È qualcosa che vorrai vedere.”

«“Aspetta” dissi. “Cos’è quello?” Indicai una campata di pietra che spuntava dal pilastro della Cattedrale. Sembrava un ponte, solo che non conduceva da nessuna parte e terminava in un balcone senza parapetto, su un precipizio sopra il fiume Mère. Sul bordo c’era una grossa ruota da biga, bloccata in un’impalcatura di pietra: era come quella su cui il Redentore era stato scuoiato e che adesso decorava il collo di ogni prete e sacra sorella del regno.

«“Quello” disse Aaron “è il Ponte del cielo.”

«“A cosa serve?”

«Il giovane nobiluomo serrò la mascella. “Lo scoprirai presto.” De Coste si girò su tacchi argentei e marciò verso l’Armeria. Aprì con una spinta i grandi battenti decorati con la septistella e mi condusse nel vasto atrio. E lì esalai un sospiro di meraviglia.

«Lo spazio era illuminato da una miriade di sfere di vetro che pendevano dal soffitto. Non sapevo come, ma ciascuna brillava come una candela accesa. Era come se le stelle perdute della mia gioventù fossero tornate nel cielo, ammantando la sala in una luce color miele. Guardandomi attorno, vidi quel bagliore caldo giocare su una moltitudine di armi, allineate in ampie rastrelliere lungo le pareti.

«Scorsi spade come quelle portate da Manogrigia e de Coste, con l’acciaio intarsiato d’argento. Lame lunghe, spade bastarde, asce e martelli da guerra. Ma c’erano anche armi più strane, di cui avevo sentito solo sussurrare. Pistole a ruota, fucili e rivoltine, dalla stupenda fattura metallica con incisi passi delle scritture: IO SONO LA SPADA CHE SGOMINA IL PECCATORE. IO SONO LA MANO CHE ELEVA IN ALTO IL FEDELE. E SONO LA BILANCIA CHE SOPPESA ENTRAMBI ALLA FINE. COSÌ HA DETTO IL SIGNORE.

«Se prima di quel momento ero innamorato del monastero, adesso ne ero completamente affascinato. Ero stato allevato come figlio di un fabbro e un soldato, ricorda. Mi ero esercitato duramente nell’uso della lama, ma conoscevo anche l’arte di creare armi tanto magnifiche. I fabbri che lavoravano in quell’Armeria erano dei geni…

«“Aspetta qui” mi intimò de Coste. “Non toccare niente.” Il giovane varcò nuove doppie porte e dall’altra parte captai il suono familiare di martello e incudine. Notai figure in grembiuli di cuoio e braccia muscolose che scintillavano al fuoco della forgia. Provai nostalgia di casa a quella vista. Mi mancava mia sorella Celene, mamma, oui, perfino papà. Supponevo che avrei dovuto smettere di chiamarlo così nella mia testa ma, per i Sette Martiri, era più facile a dirsi che a farsi. Avevo trascorso la mia intera vita pensando a Raphael Castia come a mio padre. Non avevo mai immaginato di essere figlio di un vero mostro.

«Mentre il pesante battente si chiudeva dietro Aaron, mi avvicinai alle spade lunghe, sorprendendomi per la loro bellezza. Ciascun pomolo era decorato con una septistella, ogni guardia una variazione del Redentore appeso alla sua ruota o di angeli in volo. Ma i motivi in argento su ogni lama erano come volute su pezzi di buon legno, ciascuno lievemente diverso dal successivo. Allungai la mano verso la spada più vicina e, quando sfiorai il filo con il dorso, ottenni in cambio un lieve dolore e una sottile linea rossa lungo la pelle. Affilatissima.

«“Hai ottimo gusto” giunse una voce profonda alle mie spalle.

«Mi voltai, stupefatto di trovare un giovane sūdhaemico che mi osservava. Era entrato nella sala da una seconda porta, flessuoso come un gatto e silenzioso come un topo. Aveva poco più di vent’anni, e la pelle color ebano come tutti i suoi compatrioti. Non portava alcun tatuaggio sulla pelle, ma i peli bruciati sugli avambracci e il grembiule di cuoio mi rivelarono che quel giovane uomo era un fabbro fino al midollo. Era alto, decisamente affascinante, con i capelli acconciati in corte treccine annodate. Attraversò la stanza ad ampie falcate e mi prese la spada di mano. “Chi ti ha detto come provare una lama del genere?” chiese, indicando con il capo il taglio che mi ero appena fatto.

«“La forza di uno spadaccino sta nel suo braccio. Ma la sua destrezza si trova nelle dita. Non le rischi sul filo di una lama. È stato mio padre a dirmelo.” Allora mi trattenni, serrando i denti. “Be’… l’uomo che credevo mio padre, almeno…”

«Lui annuì, con una lieve comprensione che traspariva dagli occhi. “Come ti chiami, ragazzo?”

«“Gabriel de León, mio signore.”

«Il giovane allora rise, un suono così profondo e fragoroso che l’avvertii nel petto. “Non chiamarmi signore. Sono solo un suo devoto servo. Baptiste Sa-Ismael, fratello del Focolare e pollice nero dell’Ordine d’argento, al tuo servizio.”

«“Pollice nero?”

«Baptiste sorrise. “È un’espressione del mastro fabbro Argyle. Dice che un uomo che ama far crescere le cose ha un pollice verde. Perciò noi che amiamo l’incudine, il fuoco e il dominio dell’acciaio…” Il fabbro scrollò le spalle. Fendette l’aria con la spada lunga e la guardò con un sorriso affettuoso. “Hai un occhio acuto. Questa è una delle mie preferite.”

«“Le hai forgiate tutte tu?”

«“Solo alcune. Le altre sono opera dei miei fratelli fabbri. Ogni lama in questa sala è stata fatta per reclute come te. Un minuscolo pezzo del cuore del suo creatore è infuso in ciascuna spada. E dopo essere stato forgiato, raffreddato e aver ricevuto un bacio d’addio, l’argentacciaio attende qui la mano del suo padrone.”

«“Argentacciaio” ripetei, gustando la parola sulla lingua. “Come viene creato?”

«Il sorriso di Baptiste si allargò. “Tutti noi tra queste mura abbiamo dei segreti, Gabriel de León. E quel segreto appartiene ai fratelli del Focolare.”

«“Io non ho segreti.”

«“Allora non ti stai impegnando abbastanza” ridacchiò lui.

«Sulle prime sospettai che mi stesse prendendo in giro, ma negli occhi del pollice nero c’era un calore che me lo rese subito simpatico. Incrociò le braccia e mi squadrò da capo a piedi. “De León, eh? Strano…” Baptiste si voltò verso le spade dietro di noi e si avviò lungo la fila. Quasi con venerazione, prese una lama dalla parete. Poi tornò da me e me la mise tra le mani. “Ho forgiato questa bellezza solo il mese scorso. Non sapevo per chi. Fino a ora.”

«Lo guardai, del tutto incredulo. “… Davvero?” Tra le mie mani tremanti c’era la spada più bella che avessi visto in vita mia. Eloise, l’angelo del castigo, era raffigurata sull’elsa, le ali che le ondeggiavano attorno come nastri argentei. Brillanti spirali d’argento si increspavano sull’acciaio più scuro della lama e riuscii a vedere splendidi passi dei Testamenti incisi per tutta la sua lunghezza: CONOSCETE IL MIO NOME, PECCATORI, E TREMATE. POICHÉ SONO GIUNTO TRA VOI COME UN LEONE TRA AGNELLI.

«Incontrai gli occhi scuri di Baptiste e lo vidi sorridere. “Credo di averti sognato, Gabriel de León. Forse il tuo arrivo era destino.”

«“Mio Dio” dissi meravigliato. “Ha… un nome?”

«“Le spade sono solo strumenti. Perfino quelle fatte di argentacciaio. E un uomo che dà un nome alla sua arma è uno che sogna che un giorno altri conoscano anche il suo nome.” Baptiste guardò attorno a noi, con gli occhi scintillanti mentre si sporgeva più vicino per sussurrare. “La mia arma la chiamo Elioluce.”

«Scossi il capo, incerto su cosa dire. Nessun figlio di un fabbro al mondo aveva mai sognato di possedere una spada tanto incomparabile. “Io non… non ho modo di ringraziarti.”

«Baptiste si adombrò. In quel momento i suoi occhi erano distanti, come persi in ombre lontane. “Usala per uccidere qualcosa di mostruoso.”

«“Eccoti qua…” giunse una voce.

«Mi voltai e trovai Aaron de Coste presso la porta da cui era uscito. L’umore cupo che si era posato sul fabbro Baptiste scomparve come se non ci fosse mai stato e lui attraversò la stanza a braccia spalancate. “Sei ancora vivo, bastardo!”

«Aaron sorrise mentre veniva avvinto nel forte abbraccio del fratello più grande. Era il primo sorriso genuino che mi pareva di vedere sul suo volto. “Felice di vederti, fratello.”

«“Ovvio! Si tratta di me!” Baptiste liberò Aaron dal suo abbraccio, arricciando il naso. «Dolce Vergine Madre, puzzi di cavallo, però. Credo che sia ora di un bagno.”

«“È quello il mio intento. Non appena avrò messo a posto questo lurido paesano. Tu” ringhiò Aaron. “Micetto. Vieni a prendere il tuo dannato equipaggiamento.” De Coste aveva tra le braccia indumenti di cuoio nero, un pesante cappotto e stivali robusti con tacchi in argento come i suoi. Senza tante cerimonie, lasciò cadere tutto quanto sul pavimento. Ma io non avevo alcun interesse per nuovi stivali o brache. Invece sollevai la mia nuova, magnifica spada, valutandone l’equilibrio.

«L’argentacciaio scintillava nella luce fioca e l’angelo sulla guardia sembrava sorridermi. L’incertezza che avevo provato nel mettere piede nel monastero si attenuò, il pensiero di casa mi fece soffrire un po’ meno. Sapevo di avere molto da imparare; che, in un posto del genere, dovevo camminare prima di poter correre. Ma la verità era che malgrado il peccato da cui ero nato, il mostro che viveva dentro di me, avevo comunque l’impressione che Dio fosse al mio fianco. Quella spada ne era la prova. Era come se i fabbri di Santa Michon sapessero del mio arrivo. Come se fossi destinato a trovarmi lì. Abbassai lo sguardo sulle bellissime scritture sulla mia lama nuova, pronunciando le parole tra me: “Poiché sono giunto tra voi come un leone tra agnelli”, poi aggiunsi in un sussurro: “Artileo”.

«“Artileo” ripeté Baptiste, accarezzandosi il mento. “Mi piace.” Il fabbro mi porse una cintura, un fodero, un pugnale d’argentacciaio affilato come la lama che mi aveva donato, con l’angelo della vendetta che spiegava le ali lungo l’elsa. E guardando la spada che avevo in mano, giurai che ne sarei stato degno. Che con essa avrei ucciso qualcosa di mostruoso. Che non avrei solo camminato. Non avrei solo corso.

«No, cazzo: in quel posto avrei volato.»