«ERA IL TARDO pomeriggio di quel primo giorno quando la incontrai. Mi ero ripulito dal sudiciume del viaggio nel lavatoio e aveva indossato il mio nuovo equipaggiamento. Tunica e brache di cuoio nero, stivali pesanti al ginocchio con i tacchi in argento. Le suole erano sbalzate con la septistella e mi resi conto che avrei lasciato il segno dei Martiri ovunque camminassi. Nel gettar via i miei vecchi vestiti, in un certo senso avevo abbandonato ciò che ero stato. Non avevo ancora idea di cosa sarei potuto diventare. Ma mentre tornavo alla Caserma, trovai ad attendermi l’abate Khalid, negli occhi un sorriso che faceva il paio con quello onnipresente sul suo volto da tagliagole. “Vieni con me, Leoncino. Ho un regalo per te.”
«Seguii l’abate fino alla portineria, stupito dalla semplice taglia di quell’uomo. Era una montagna che camminava, con lunghe trecce annodate che gli scendevano lungo la schiena come serpenti senza controllo. Il montacarichi ondeggiò nel vento gelido durante la nostra discesa e io lo osservai di lato, con gli occhi che vagavano sulle cicatrici orizzontali che dividevano le guance.
«“Ti domandi come me le sono procurate” disse lui, fissando la fredda valle sottostante.
«“Le mie scuse, abate” dissi abbassando lo sguardo. “Ma frère Manogrigia… ha detto che noi sanguepallido siamo in grado di guarire come nessun uomo normale può fare. La notte in cui mi ha preso dal mio villaggio, ero stato ferito tanto in profondità che il coltello aveva colpito l’osso. Ma ora resta a malapena un segnetto.”
«“Guarirai ancora più velocemente man mano che crescerai e il tuo sangue diventerà più denso. Tuttavia condividiamo alcune debolezze dei nostri padri maledetti; l’argento ci fa molto male, per esempio, e il fuoco lascia il segno su di noi. Ma tu ti stai chiedendo cosa mi abbia sfregiato a tal modo, giusto?”
«Annuii senza parlare e incontrai il suo sguardo verde, bordato di kajal.
«“Il buio brulica di orrori, de León. E anche se in queste notti sono i sanguefreddo a preoccuparci particolarmente, i fratelli dell’Ordine d’argento hanno dato la caccia a ogni genere di male, e sono stati cacciati a loro volta.” Passò un dito sulle cicatrici. “Queste mi furono donate dagli artigli di una danzavespro. Un mostro maledetto che poteva assumere la forma di bestia e di uomo. La spedii nell’inferno che si meritava.” Il suo sorriso sfregiato si allargò di poco. “Ma lei si rifiutò di andarsene senza un bacio d’addio.”
«Toccammo terra e, con una risatina, Khalid mi diede una pacca sulla spalla e mi guidò avanti, mentre cento domande si affollavano dietro i miei denti.
«La stalla era intagliata nel cuore del pilastro della Cattedrale, supportata da colonne di pietra scura. Dentro puzzava, come tutte le stalle, di cavallo, paglia e sterco. Ma fin dalla notte in cui avevo bevuto il sangue di Ilsa, potevo giurare che i miei sensi si fossero affinati; così, sotto quella puzza ordinaria, colsi una zaffata di morte. Di decomposizione. Due ragazzi stavano sellando una giumenta saura irsuta vicino all’ingresso; erano sūdhaemici dalla pelle scura, come Khalid. Il primo aveva all’incirca la mia età, l’altro forse un anno in meno. Avevano un fisico prestante, indossavano vestiti in tessuto rustico e portavano i ricci scuri tagliati corti. A giudicare dagli occhi nocciola e dalla linea della mascella di entrambi, immaginai che fossero parenti.
«“Serenalba, Kaspar. Kaveh.” L’abate annuì al ragazzo più grande, poi a quello più giovane accanto a lui. “Questo è Gabriel de León, una nuova recluta dell’Ordine.”
«“Serenalba, Gabriel” disse Kaspar, stringendomi la mano. “Sacrogiorno, Kaspar.” Annuii e guardai suo fratello. “Kaveh?”
«“Le mie scuse” si inserì Kaspar. “Mio fratello è nato senza lingua. Non parla.”
«Il più giovane mi fissava come sfidandomi e riuscivo a capire il perché. Nelle parti superstiziose dell’impero, tale condizione poteva essere considerata come la corruzione della stregoneria, e il neonato bruciato con sua madre accanto. Ma la mamma mi aveva spiegato che un tale ragionamento era pura follia, dettato dalla paura. Che l’Onnipotente amava tutti i suoi figli, e che dovevo impegnarmi a fare altrettanto. E così gli porsi una mano. “Be’, non sono comunque una persona molto interessante con cui parlare. Serenalba, Kaveh.”
«L’espressione corrucciata del ragazzo si ammorbidì a quelle parole e, quando ci stringemmo la mano, le sue labbra si incurvarono in un sorriso.
«L’abate Khalid fece un grugnito d’approvazione, e lanciò un urlo baritonale nelle stalle. “E una serenalba anche a te, priora Charlotte. Sorelle novizie.”
«Seguii lo sguardo dell’abate e vidi mezza dozzina di figure attorno a una pila di sacchi di biada. Capii che erano sorelle del Priorato di sopra. Erano tutte coperte da vesti e cappucci da novizie bianchi come colombe, tranne una donna dall’aspetto severo in abito nero, che era in piedi mentre le altre stavano sedute. Era anziana, così magra da essere quasi smunta. Quattro lunghe cicatrici le attraversavano il viso, orizzontali e verticali, come se fosse stata aggredita da un animale selvatico.
«“Sacrogiorno, abate.” La donna lanciò un’occhiata alle sue pupille. “Date l’augurio, ragazze.”
«“Sacrogiorno, abate Khalid” cantarono le sorelle all’unisono.
«“Questo è Gabriel de León” disse Khalid. “Un nuovo figlio dell’Ordo Argent.”
«Tenni il capo chino in segno di rispetto, ma guardai le sorelle attraverso le ciglia. Erano tutte giovani. Stavano sedute sui sacchi con blocchi di carta in grembo e pezzetti di carboncino in mano. Mi resi conto che stavano disegnando i cavalli. Notai tra loro una novizia così esile da sembrare quasi una bambina, con grandi occhi verdi e pelle lentigginosa. E, seduta di fronte a loro, come un angelo caduto sulla terra, c’era una delle ragazze più belle che avessi mai visto.»
Jean-François roteò gli occhi e si appoggiò contro lo schienale della sedia.
Gabriel alzò lo sguardo e si accigliò. «Qualche problema?»
«Non ho detto nulla, Santo d’argento.»
«Ho appena udito un chiaro gemito, sanguefreddo.»
«Ti assicuro che è stato il vento.»
«Fottiti» ringhiò Gabriel. «Lei era bellissima. Oh, forse non come quelle che troveresti appese in una pinacoteca o ad abbellire il braccio di un ricco bastardo. Non era di quelle bellezze che avvolgi nella seta o nascondi dentro un salotto dorato. Ma riesco ancora a ricordare quando la vidi, quel pomeriggio. Sono passati tanti anni, eppure sembra solo ieri.» Gabriel rimase così immobile da sembrare uno specchio del vampiro di fronte a sé.
Perfino il mostro pareva consapevole del peso nell’aria e rimase seduto paziente finché il Santo d’argento non ricominciò a parlare.
«Era più grande di me. Diciassette anni, supponevo. Aveva un neo appena a destra delle labbra, messo lì come dalla Vergine Madre in persona. Un sopracciglio era più alto dell’altro, conferendole una costante aria di lieve sdegno. La sua pelle era color latte, la guancia come la curva di un cuore spezzato. Non c’era alcuna perfezione in lei. Ma la sua asimmetria suscitava… fascino. Aveva il volto di un sussurro udito a malapena, di un segreto non condiviso. Sedeva con un blocco di pergamena in grembo, impegnata nello stupendo disegno di un grosso castrone nero.
«L’abate Khalid guardò il suo lavoro. Era difficile capirlo a causa delle cicatrici, ma mi resi conto che il suo sorriso era sincero. “Hai un occhio acuto, e la mano ancora di più, novizia.”
«La ragazza abbassò lo sguardo. “Voi mi onorate, abate.”
«“È l’Onnipotente a guidare le nostre mani” si inserì la priora Charlotte con un’occhiata di disapprovazione alla giovane sorella. “Noi siamo semplicemente i suoi intermediari.”
«La ragazza alzò lo sguardo sulla priora e annuì. “Véris.”
«Sapevo che non avrei dovuto assumere quell’aria imbambolata. Sulla strada per Santa Michon, Manogrigia mi aveva detto che i Santi d’argento prendevano voti di celibato, per timore che potessimo perpetuare la malvagità della nostra nascita e creare altri abomini sanguepallido come noi stessi. Dopo ciò che avevo fatto a Ilsa, confesso che quell’idea mi stava bene. Se ci provavo, riuscivo ancora a vedere il terrore nei suoi occhi, e la paura di averle fatto del male mi ossessionava. Non avevo alcun desiderio di toccare un’altra ragazza in tutta la mia vita… e poi quelle non erano solo ragazze: erano novizie della Sorellanza d’argento. Presto sarebbero state sposate con Dio stesso.
«Tuttavia, qualcosa in lei mi attirava. Mentre la osservavo, i suoi occhi guizzarono in alto e incontrarono i miei. Non distolsi lo sguardo. Ma, sorprendentemente, neanche lei.
«“Bene, sacrogiorno, devote figlie.” Khalid si inchinò. “Che la Vergine Madre vi benedica.”
«“Serenalba, abate.” La priora schioccò le dita. “Tornate al lavoro, ragazze.”
«Spostai lo sguardo e l’abate mi diede una pacca sulla spalla, conducendomi nel cuore della stalla. E tutti i pensieri di sorelle dai capelli corvini fuggirono dalla mia testa a ciò che trovai lì. Una moltitudine di cavalli attendeva in un recinto ampio. Erano pony della tundra dal Talhost, la razza robusta nota come “sosya”. Più piccoli dei loro cugini elidaeni, i sosya hanno manti irsuti e stomaci di ferro, particolarmente adatti agli anni di privazione che erano seguiti al sine die. Quei bastardi masticavano di tutto. Una volta incontrai un uomo che giurava che il suo sosya gli avesse mangiato il fottuto cane. Quegli animali sembravano dei purosangue. Ma mentre me ne stavo lì ad ammirarli, colsi di nuovo quella zaffata di decomposizione. E, alzando lo sguardo, scoprii finalmente la sua origine.
«“Madre e Vergine…”
«Due abbietti sanguefreddo erano appesi al soffitto. Un maschio maturo, esile e marcio, e un ragazzo non più grande di me. Avevano la pelle pallida, gli abiti a brandelli, e i loro occhi arsero di fame e malignità quando si posarono su di me.
«“Non temere, de León” disse Khalid. “Legati con l’argento, sono inermi come neonati.”
«Guardando con attenzione, vidi che i vampiri erano appesi a catene d’argento e ondeggiavano simili a orridi lampadari. Gli stallieri, le sorelle e perfino gli animali stessi sembravano del tutto indifferenti. E alla fine compresi perché i sanguefreddo si trovavano lì. “Li tenete per i cavalli…”
«“Proprio così.” L’abate annuì. “Le creature di Dio non sopportano la presenza dei mostri della notte. Ma queste cavalcature sono fatte per portarci in battaglia contro l’oscurità. Perciò le esponiamo a queste creature da subito e spesso, affinché possano abituarsi alla malvagità dei senzamorte.” Khalid mi rivolse uno dei suoi sorrisi sfregiati. “Hai una mente acuta, Leoncino.”
«Annuii nel capire la saggezza di quella pratica. L’abate mi porse alcune zollette di zucchero: erano un lusso da quando tutti i raccolti erano venuti a mancare, ma uno che Santa Michon poteva ancora permettersi grazie al patrocinio dell’imperatrice. “Scegli, figliolo.”
«“Sacrosanto?”
«Khalid annuì. “Un dono, per le tue prove a venire. E bada a scegliere bene, ragazzo. Questo cavallo ti porterà in battaglia contro tutti gli orrori che chiamano casa il buio.”
«“Ma allora… come dovrei decidere?”
«“Fidati del tuo cuore. Saprai qual è quello giusto.”
«La mia famille non aveva posseduto nemmeno una pecora quand’ero bambino. Solo i nobili potevano sognare di avere animali eleganti come quelli. Stupito per la fortuna che nello stesso giorno mi aveva regalato una spada e un destriero, entrai nel recinto. E lì nella calca lo trovai. Il suo sguardo era cupo come la notte, il suo manto irsuto, del colore dell’ebano più scuro. La criniera era legata in trecce spesse, così come la coda, che si mosse da un lato all’altro mentre mi avvicinavo. Mi resi conto che era lo stesso castrone che stava disegnando quella talentuosa novizia e, lanciando un’occhiata nella sua direzione, trovai di nuovo i suoi occhi scuri su di me. Sembrò irritarsi quando mi avvicinai al cavallo. Tuttavia lo feci.
«“Salve, ragazzo” mormorai.
«L’animale prese la zolletta che gli offrivo. Con un nitrito, mi premette il muso contro la faccia per cercarne ancora e io accarezzai il pelo ispido della sua guancia, ridendo di gioia.» Gabriel scosse il capo. «I cinici affermano che non esiste l’amore a prima vista. Ma io amai quel fottuto cavallo nel momento stesso in cui lo incontrai. E dandogli un’altra zolletta, seppi che mi ero fatto un amico per la vita.
«“Come ti chiami?” domandai, affascinato dalla sua bellezza.
«“Si chiama Giustizia.”
«Voltandomi, vidi che a parlare era stata la novizia, ora furibonda. Ma prima che potessi chiedere cos’avevo fatto per attirare la sua ira, la voce della priora fendette l’aria. “Sorella novizia Astrid, taci!”
«“No!” I disegni caddero quando la ragazza si alzò, e notai che ciascuno ritraeva proprio quel cavallo. “Perché questo popolano dovrebbe avere la custodia di Giustizia? Io…”
«Le parole della ragazza furono interrotte dallo schiaffo della priora. “Come osi assumere questo tono con me?” la redarguì Charlotte. “Una sorella del Priorato d’argento non possiede nulla. Non desidera alcun bene materiale. E obbedisce ai suoi superiori.”
«“Io non sono una sorella del Priorato d’argento” sbraitò la ragazza con aria di sfida.
«Sussultai quando la priora fece finire in ginocchio la ragazza con un altro ceffone, il volto sfregiato distorto mentre ringhiava: “Continua con questa insolenza e non lo sarai mai!”.
«“Bene! Non ho mai voluto essere qui!”
«“Questo è evidente! Ma esistono due posti al mondo per una figlia bastarda, Astrid Rennier! In ginocchio davanti all’altare di Dio oppure supina in un bordello!”
«Un silenzio terribile calò sulle stalle. Astrid fissava la priora, furibonda. Io guardai verso Khalid, ma mi bastò un’occhiata per capire che non sarebbe intervenuto. Così, dato che ero uno stupido… “Chiedo perdono” dissi. “Se il cavallo appartiene alla gentile demoiselle…”
«“Lei non è una demoiselle” ribatté la priora. “È una sorella novizia del Priorato d’argento. Non possiede nulla tranne i vestiti che ha indosso. E non merita nulla, tranne la punizione che le è dovuta. E a meno che tu non voglia condividerla, farai meglio a tenere a freno la lingua.”
«“Lascia perdere, de León” ordinò Khalid.
«Guardai incerto l’abate. La priora infilò una mano dentro la manica e tirò fuori una cinghia di cuoio sulla cui punta era fissato un piccolo sperone di ferro. “Implora il perdono di Dio” intimò alla ragazza.
«La novizia continuò a guardarla torva. “Io non imploro nu…” Le sue parole si tramutarono in un grido strozzato quando la cinghia impattò contro la sua schiena.
«“Imploralo, figlia del peccato!”
«La ragazza alzò la testa e strillò infuriata: “Fottiti”.
«Un rantolo si levò tra le novizie. Io ero stupefatto dall’odio negli occhi della ragazza, sbigottito dalla sua testardaggine. Ma soprattutto ero nauseato dalla violenza perpetrata nei suoi confronti. Sapevo cosa voleva dire subire un maltrattamento del genere. Conoscevo il coraggio necessario per sopportarlo senza emettere un suono. La cinghia cadde altre sei volte, tuttavia lei si rifiutò di cedere. Infine, temendo che lei non avrebbe implorato finché non fosse rimasta uccisa, lo feci io al suo posto. “Priora, vi prego, fermatevi! Se dev’essere inflitta una punizione…”
«Dita salde afferrarono il mio braccio tanto forte da farmi sussultare. Voltandomi, trovai l’abate Khalid dietro di me. “Non ti riguarda, iniziato.”
«“Abate, questa crudeltà va oltre…”
«La sua stretta si serrò, così decisa che percepii le mie ossa gemere. “Non. Ti. Riguarda.”
«Mi sentii come un cane. Avevo l’amaro in bocca e provavo freddo allo stomaco. Ma con quella stretta schiacciante sul braccio ed essendo solo un ragazzo, non osavo parlare di nuovo. Charlotte continuò a colpire e le cicatrici sul suo volto assunsero un colore violaceo per la rabbia. Mi si rivoltò lo stomaco mentre quegli orrendi schiocchi risuonavano nel silenzio. E infine, come chiunque avrebbe fatto, la ragazza cedette. “Per pietà di Dio, basta!”
«“Implori il perdono dell’Onnipotente, Astrid Rennier?”
«Crac.
«“Oui!”
«Crac.
«“Supplica, allora!”
«“Mi dispiace!” urlò lei. “Prego Dio di perdonarmi!”
«Finalmente la priora si fermò e disse con voce gelida: “Alzati”.
«Continuai a guardare inerme mentre la ragazza in lacrime impiegava un momento per raccogliere le forze. Poi si alzò in piedi a fatica, le braccia avvolte attorno al corpo. Spostai lo sguardo tra le novizie e nei loro occhi vidi paura nei confronti della priora. Ma soprattutto paura di Dio. Ce n’era solo una che sembrava realmente preoccupata: la ragazzina con gli occhi verdi e le lentiggini, che fissava Astrid con la stessa pietà che io stesso provavo nel cuore. Ma era evidente che la priora Charlotte non ne aveva alcuna. “Imparerai a stare al tuo posto, figlia del peccato. Mi hai sentito?”
«“O-oui, priora” mormorò la ragazza.
«“Questo vale per tutte voi!” Charlotte girò attorno alle sue pupille con occhi lampeggianti di fervore. “Siete promesse a Dio, ora. Servirete lui e la Sua Chiesa come mogli devote. O ne risponderete a me e all’inferno stesso!”
«La donna mi guardò torvo, come per sfidarmi a replicare. Ma anche se le parole si agitavano dietro i miei denti, l’abate Khalid mi teneva ancora il braccio. Così rimasi in silenzio.
«“Le mie scuse per questo spettacolo indecoroso, abate” disse Charlotte a labbra strette.
«“Non sono necessarie, priora” replicò Khalid. “Le pecore che si smarriscono cadono preda dei lupi.”
«“Proprio così.” La donna esile annuì bruscamente a quella citazione dai Testamenti, quindi si girò verso le novizie. “Venite, ragazze. Trascorreremo la giornata in silenziosa contemplazione. Sorella novizia Chloe, assisti la sorella novizia Astrid.”
«La ragazzina lentigginosa annuì, poi aiutò la compagna novizia a raccogliere le sue cose. Le mani di Astrid stavano tremando. Incontrò brevemente il mio sguardo, un’occhiata fugace e appannata, macchiata di lacrime. Fu solo quando scomparvero alla vista che Khalid lasciò andare la presa sul mio braccio.
«“Una volontà ferrea ti sarà utile nella Caccia, giovane fratello” disse piano. “E un cuore buono si dimostrerà uno scudo contro i pericoli della tenebra. Ma se dovessi mai rimettere in discussione i miei ordini, ti trascinerò alla ruota e ti fustigherò la schiena fino a scorticartela. Sei un servo di Dio. Ma ora sei un mio soldato. Capisci?”
«Fissai Khalid negli occhi per vedere se fosse arrabbiato, ma il suo tono era pratico e lo sguardo saldo. L’abate dell’Ordo Argent non si infuriava. Non alzava la voce. Fu in quel momento che imparai che un vero condottiero non ne aveva bisogno.
«“Oui, abate.” Mi inchinai.
«Khalid annuì, come se la questione fosse già dimenticata. Osservando il cancello da cui erano uscite le sorelle, mormorò: “La priora Charlotte è una donna pia, devota all’Onnipotente e alla Vergine Madre. E se oggi è irascibile, devi perdonarla. La messa di questa sera sarà dolorosa per te, sanguegiovane. Ma per quasi tutti noi sarà un’agonia”.
«“Perché? Cosa succederà alla messa di stasera?”
«“Qualcuno morirà, de León.” Khalid sospirò e guardò fuori, nel freddo. “Un brav’uomo.”»