IX

PIÙ DOLCE E PIÙ OSCURO

«NON RIUSCII A prendere sonno, quella notte. Mi coricai nella Caserma, ascoltando i cigolii delle vecchie travi di quercia sul soffitto. I veri Santi d’argento avevano celle individuali al piano superiore, mentre noi iniziati alloggiavamo in un dormitorio comune. C’erano più brande del necessario, abbastanza per almeno cinquanta persone. Ma quando tornammo dalla messa, ad accompagnarmi furono appena una dozzina.

«Mi stesi con la testa che mi girava. Nell’arco di una giornata, mi erano state donate le cose migliori che avessi mai posseduto, ero stato ammesso in un Ordine sacro e avevo votato la mia vita a Dio. Ma avevo anche visto un membro di quello stesso Ordine essere ucciso in un rituale prima che potesse soccombere alla pazzia dentro di lui e avevo appreso che prima o poi quel medesimo destino sarebbe toccato anche me. Non era questione di se, ma di quando.

«“Il primo giorno è uno dei più strani.”

«Guardai l’iniziato sulla branda accanto alla mia. Era quello che aveva stretto forte la mano di frère Yannick prima che lui si accostasse all’altare: l’apprendista del fratello morto. Era un ragazzone dai capelli biondo-rossicci, e il suo accento formale mi fece capire che era di origini elidaene. I suoi occhi azzurri scintillarono quando mi scrutò di traverso. Riuscii a vedere che erano arrossati a causa delle lacrime.

«“Una giornata davvero indimenticabile” concordai.

«“Vorrei poterti promettere che andrà meglio. Ma non so mentire.”

«“Non ti biasimo per questo” dissi annuendo. “Mi chiamo Gabriel de León.”

«“Theo Petit” rispose il ragazzo, stringendomi la mano.

«“Le mie condoglianze per il tuo maestro. Pregherò per la sua anima.”

«Allora i suoi occhi lampeggiarono e la voce si indurì. “Risparmia le preghiere per te stesso, ragazzo. E spera di vivere abbastanza da affrontare la sua stessa scelta. E di mostrare lo stesso coraggio nel compierla.” Theo soffiò sulla lampada, facendo piombare la stanza nell’oscurità. Rimasi steso lì al buio, lo sguardo fisso verso l’alto. Mi mossi e mi rigirai finché de Coste non bofonchiò dal letto di fronte al mio.

«“Vai a dormire, Zotico. Ne avrai bisogno domattina.”

«Non potevo immaginare quanto le parole di Aaron si sarebbero dimostrate vere. Il mattino successivo fui svegliato dalle campane della Cattedrale con l’impressione di non aver dormito affatto. Ero per metà impaziente e per metà terrorizzato, domandandomi cosa sarebbe successo. Il tatuaggio sulla mano doleva, insanguinato, e, dopo una cupa albamessa, frère Manogrigia mi donò un barattolo di unguento dall’odore dolce. “Angeligrazia” spiegò. “L’argento nell’inchiostro implica che guarirà più lentamente di una normale ferita. La ’grazia ti aiuterà finché il tuo sangue non avrà fatto il suo lavoro. Ora seguimi. E lascia qui la spada. Non è il tuo uccello: ogni tanto puoi staccare la mano da lì.”

«Eseguii l’ordine del mio maestro e lo seguii nell’aria mattutina. Ricordo che quel giorno era così freddo che avevo la sensazione che le palle mi fossero strisciate dentro il corpo. La fioca luce del mattino nel monastero era fragile e bellissima, e mentre attraversavamo il ponte di corda verso la sagoma della Disfida potevo sentire le farfalle darsi battaglia nel mio stomaco. Arciere sfrecciò nell’aria gelida attorno a noi, lanciando il suo richiamo a Manogrigia mentre si librava in alto.

«“Maestro… dove stiamo andando?” chiesi.

«“Alla tua prima prova.”

«“E cosa mi dovrei aspettare da questa prova?”

«“Ciò che dovresti sempre aspettarti da questa vita, Leoncino. Sangue.” Manogrigia guardò verso il fiume che serpeggiava in basso tra i pilastri e sospirò. Era di umore fosco, ma non sapevo se fosse dovuto al Rito Rosso della sera prima o ad altri problemi. “Una parte di me ti invidia quest’oggi, ragazzo. Il primo assaggio è sempre il più dolce. E il più oscuro.”

«Non avevo idea di cosa intendesse, ma Manogrigia non sembrava essere nello stato d’animo per le domande. Mentre varcavamo le grandi doppie porte della Disfida, vidi che il terreno di addestramento di Santa Michon aveva la forma di una vasta arena: circolare, a cielo aperto. Era lastricata di granito, con una grande septistella lavorata in pallida pietra calcarea sulla sua superficie. Fantocci di addestramento e strani congegni erano disposti lungo il bordo, mentre stendardi con emblemi a me sconosciuti adornavano le pareti.

«Al centro della stella attendeva un gruppo, le ombre fioche allungate verso di me. Davanti a tutti c’era l’abate Khalid, in piedi a braccia conserte, il cappotto che si gonfiava al vento. Una bellissima spada in argentacciaio era fissata sulla sua schiena: a due mani e letale, più alta di me. L’omone annuì mentre ci avvicinavamo, e Manogrigia e io ci profondemmo in un inchino.

«“Serenalba, iniziato de León. Frère Manogrigia.”

«“Sacrogiorno, abate” rispondemmo.

«Khalid fece un cenno alle persone attorno a sé. “Questi sono i luminari dell’Ordine d’argento, de León. Sono venuti ad assistere alla tua Prova del Sangue. Conosci già la devota priora Charlotte, a capo della Sorellanza d’argento e signora dell’Egida.”

«Rivolsi un inchino a quella donna arcigna, tenendo gli occhi bassi. Era avvolta dalla testa ai piedi dal vestito nero da sorella e la sua pelle sembrava di cera alla fioca luce dell’alba, con quelle quattro cicatrici che tracciavano linee rosa acceso sul suo volto. Mi domandai distrattamente come se le fosse procurate quando lei mi rivolse un sottile sorriso esangue. “Serenalba, iniziato. La Vergine Madre ti benedica.”

«Khalid indicò con un cenno del capo un uomo anziano nerovestito accanto a lui. “Questo è l’archivista Adamo, responsabile della Grande Biblioteca e custode della storia dell’Ordo Argent.”

«Quel tipo mi guardò battendo le palpebre, con aria lievemente confusa dietro gli occhiali dalle lenti spesse. Aveva la pelle corrugata come un foglio fradicio e i capelli bianchi come le nevi della mia infanzia. La schiena era piegata per l’età e non riuscivo a vedere nessun tatuaggio argenteo trasparire oltre le macchie cutanee sulle sue mani.

«“Argyle Sadhbh” disse Khalid, indicando un tizio imponente nel gruppo. “Serafino dei fratelli del Focolare e mastro fabbro di Santa Michon.”

«L’uomo imponente incontrò i miei occhi, annuendo in segno di saluto. Era sicuramente originario dell’Ossway: una peluria rosso fiammante gli copriva il cuoio capelluto e la sua mascella era pesante come un blocco di granito. Ma il suo occhio sinistro era bianco latte, il lato sinistro del volto deturpato da una profonda ustione e, cosa più strana di tutte, la sua mano sinistra era di metallo, non di carne: un ingegnoso simulacro forgiato in ferro e assicurato all’avambraccio con un bracciale di cuoio. I suoi bicipiti erano spessi come le cosce di un uomo, la sua pelle chiara bucherellata di piccole cicatrici di scintille dovute alla forgia. Era un fabbro fino al midollo. “Iniziato” grugnì. “Che Dio possa concederti forza quest’oggi.”

«“Questa è sœur Aoife” continuò Khalid. “Adepta della Sorellanza d’argento.” L’abate indicò una giovane sorella accanto a Charlotte, che mi osservava con occhi azzurri carichi di curiosità. Era snella, graziosa, con un accenno di riccioli ramati ai bordi del cappuccio. Teneva in mano una sottile scatola di quercia levigata e le sue unghie erano mangiate fino all’osso.

«“Sacrogiorno, iniziato.” Si inchinò. “La Vergine Madre ti benedica.”

«“La pia sorella ti assisterà nella prova di oggi. Per quanto riguarda il tuo maestro della prova” a questo punto Khalid condivise il suo sorriso da tagliagole con Manogrigia, “gli permetterò di presentarsi.”

«Lanciai un’occhiata al fratello in questione, in piedi accanto all’abate come una spiccata ombra nera. I suoi baffi grigio scuro erano così lunghi che li avrebbe potuti legare in un nastro sopra al cranio rasato, e gli occhi erano simili a buchi di latrina nella sua testa. Sembrava più vecchio di Khalid e Manogrigia: oltre la quarantina, ipotizzai. Era di corporatura esile, il colletto del cappotto allacciato alto e stretto attorno alla gola. A parte un lungo bastone di legno di frassino levigato, era disarmato. “Mi chiamo Talon de Montfort, serafino della Caccia” dichiarò l’uomo magro con un chiaro accento elidaeno. “Imparerai a odiarmi peggio della puttana che ti ha sputato dal suo ventre e del diavolo che ti ci ha schizzato dentro.”

«Colto alla sprovvista, rivolsi uno sguardo al mio maestro e poi a Khalid. Questo Talon era il serafino della Caccia: il secondo Santo più alto in grado all’interno dell’Ordine. Tuttavia, nessun bastardo al mondo parla a quel modo di mia madre. “Mia madre non era…”

«Stonk! fu il suono che fece il bastone di Talon sulle mie gambe.

«“Ahi!”

«“Durante questa prova, parlerai solo quando ti sarà richiesto. Mi sono spiegato?”

«“O-oui” riuscii a dire, massaggiandomi la coscia colpita.

«Stonk!

«“Oui cosa, stronzetto fottimaiali?”

«“O-Oui, serafino Talon” ansimai.

«“Splendido.” L’uomo magro guardò Manogrigia, poi gli altri luminari. “Potete prendere il vostro posto negli anelli, devoti fratelli e sorelle. Il tempo è freddo, ma non dovrebbe volerci molto. Prima che l’ora termini, la Prova sarà conclusa o il funerale sarà in corso.”

«Impallidii un po’ a quelle parole, ma il mio maestro mi diede una pacca sulla spalla. “Non aver paura. Dai ascolto all’inno, Leoncino.”

«Manogrigia si voltò e, con l’abate Khalid e la priora accanto, andò a mettersi sugli spalti. Argyle assistette l’archivista Adamo, stringendo la mano di ferro del fabbro e allontanandosi lentamente dalla stella. Venti freddi sussurravano fra Talon e me, gettandomi i capelli sugli occhi. Sorella Aoife era in piedi accanto al serafino, con la scatola di legno tra le mani. L’uomo magro mi guardò come un gufo che esaminava un topo particolarmente succoso e io guardai il bastone che aveva in mano come una vipera sul punto di colpire.

«“Cosa sai del sanguefreddo che ti ha generato, ragazzo?” chiese Talon.

«La domanda mi colse alla sprovvista, soprattutto perché non avevo una vera risposta. Allora ripensai a mia madre e avvertii una fitta di rancore nel petto. Tutti gli anni che aveva passato ad ammonirmi sulla mia fame e mai una volta mi aveva messo in guardia da ciò che ero in realtà. Immaginavo che provasse vergogna per quel peccato. Eppure avrebbe potuto dirmi qualcosa… “Nulla, serafino.”

«Stonk!

«“Ahi!”

«“Parla forte, frignone incestuoso!”

«Lanciai un’occhiata ai volti impassibili sulle tribune e alzai la voce. “Nulla, serafino!”

«Lui annuì. “Ora, ho bisogno di porti questa domanda come il mondo aveva bisogno che tua madre ti ci cagasse dentro, ma sei esperto nei misteri divini della chemistria?”

«Il mio cuore accelerò a quelle parole. La chemistria era un’arte oscura, di cui nel mio villaggio si parlava in toni sommessi. Mia madre una volta mi aveva detto che era qualcosa a metà tra alchimia, stregoneria e follia. Ma, per andare sul sicuro, scossi il capo.

«Talon sospirò. “Allora lascia che illumini la tua cosiddetta mente, scopafuretti dal cervello pieno di sperma. I nemici che affronterai nella Caccia sono le creature più letali sotto il cielo di Dio. Sanguefreddo. Fatati. Insonni. Danzavespro. Caduti. Ma l’Onnipotente non ti ha lasciato privo di strumenti in questa notte senza fine. E noi ti insegneremo come crearli tutti. Polvere di ignis nero, che esplode con tutta la furia del cielo grazie a una sola scintilla. Argento caustico, per bruciare la carne dei tuoi nemici come acido. Regiscudo. Angeligrazia. Fantasmalito. Luttospina.” Dall’interno del suo cappotto, Talon estrasse una fiala di polvere color scarlatto scuro. “E per ultimo il dono più grande di tutti.”

«Mi si seccò la bocca. Era la stessa polvere che avevo visto fumare a Manogrigia e de Coste lungo la Strada dell’agrifoglio; i loro occhi si erano riempiti di rosso sangue mentre la inalavano. “Cos’è quello, serafino?”

«“Questo, demente pozza di piscio, è sanctus. Un distillato chemistrico dell’essenza nelle vene dei nostri nemici. Attraverso di esso, alleviamo la sete oscura ereditata dai mostri che ci hanno generato. E accediamo ai doni che Dio ci ha concesso per aiutarci a rimandarli all’inferno.”

«“Intendete dire che è…”

«Annuì. “Sangue di vampiro.”

«“Che io sia fottuto” mormorai.

«“I Testamenti indicano la sodomia come un peccato mortale, perciò preferirei di no.” Talon mi rivolse un rapido sorriso. “Ma sei molto grazioso, de León, e apprezzo l’offerta.”

«Ridacchiai, pensando che stesse facendo una battuta.

«Stonk!

«“Ahi!”

«“Il sanctus è il sacramento di santa Michon. L’arma più forte di un sanguepallido contro la notte senza fine e le nostre stesse nature dannate. Oggi comincerai a usare questo e i tuoi doni. E il nostro primo passo, mio miserabile verginello, è determinare a quale delle quattro stirpi apparteneva l’uccello immortale di tuo padre. Ma prima di iniziare…” Rigirò il bastone tra le punte delle dita e si accigliò. “Devi darmi il permesso di farlo.”

«Deglutii, massaggiandomi la gamba. “Il permesso, serafino?”

«“È proibito ai sanguepallido usare i propri doni sui loro simili senza consenso, pena la fustigazione. Siamo fratelli in armi, scopo e sangue, e dobbiamo fidarci l’uno dell’altro altro sopra ogni cosa, de León. Tu acconsenti?”

«Guardai verso sœur Aoife, incerto. “Che succede se non lo faccio?”

«Stonk!

«“Ahi!”

«“Tu. Acconsenti?”

«“Acconsento!”

Talon annuì, stringendo gli occhi. Allora provai una sensazione molto strana. Come dei polpastrelli che mi sfioravano il cuoio capelluto. Come un sussurro, che mi scivolava attraverso gli occhi. Sussultai come se stessi guardando il sole, la testa che ondeggiava. “Cosa… c-cosa state facendo?”

«“Tutti i vampiri hanno abilità comuni che i sanguepallido ereditano. Ma ciascuna stirpe ha dei talenti unici.” Talon indicò uno degli emblemi sconosciuti alla parete: un corvo bianco che portava una corona dorata. “I Cuordiferro. I sodali della stirpe Voss. Hanno la carne come acciaio. Può deviare l’argento. I più anziani tra loro riescono perfino a resistere alla furia della fiamma. Ma molto più preoccupante è la loro capacità di leggere la mente degli uomini più deboli.”

«Capii all’improvviso cos’era la sensazione che percepivo: il serafino era nella mia fottuta testa. Ora lo avvertivo come un’ombra dentro il mio cranio. Ma, rapida com’era arrivata, la sensazione terminò.

«“Devi imparare a proteggere meglio i tuoi pensieri, piccolo guardone impotente” mi ammonì Talon. “Oppure i membri dei Voss te li strapperanno da quella testa di merda.”

«Battei forte le palpebre, rendendomi conto che il padre di Talon doveva essere stato uno di quei Cuordiferro, e che lui ne aveva rivendicato i doni. Allora mi interrogai di nuovo su mio padre. Chi era? Quali doni mi aveva concesso il suo sangue maledetto? L’idea che Talon potesse introdursi nella mia testa a suo piacimento mi innervosiva, ma allo stesso tempo una parte di me era eccitata che un dono del genere potesse appartenere anche a me.

«Il serafino indicò un altro stendardo, su cui erano ricamati due lupi neri e due elaborati cerchi rossi: le lune gemelle, Lánis e Lánae. “La stirpe Chastain. I Pastori. Questi sanguefreddo esercitano la loro volontà sui componenti del mondo animale. Vedono attraverso i loro occhi. Li controllano come burattini. I più anziani possono perfino assumere la forma delle creature più oscure di terra e cielo. Pipistrelli. Gatti. Lupi. Non fidarti di nessuna bestia quando dai la caccia a un Chastain, ragazzo. Poiché gli occhi della notte sono al loro servizio.”

«Il serafino indicò con il capo un terzo stendardo: uno scudo a forma di cuore decorato da uno stupendo intreccio di rose e serpenti. “La stirpe Ilon. I Sussurri. Una dinastia più pericolosa di un sacco pieno di serpenti sifilitici. Tutti i vampiri possono piegare i deboli di cuore alla loro volontà. Ma gli Ilon sanno manipolare ogni genere di emozione. Accrescere rabbia. Instillare paura. Infiammare passione. E il cacciatore che non può fidarsi del suo stesso cuore non può fidarsi di nulla.”

«Talon mosse la verga verso l’ultimo stendardo. Un campo azzurro adornato da un orso bianco e uno scudo spezzato. “La stirpe Dyvok. Gli Indomiti. In possesso di una forza per cui perfino gli altri ripugnanti bastardi della notte si cagherebbero nelle calzamaglie. Queste creature possono dilaniare uomini fatti e finiti a mani nude. I loro antichi sono in grado di abbattere le mura di un castello a pugni e di far tremare la terra sotto i loro stivali. Perfino gli altri sanguefreddo sembrano bambini inermi accanto a loro.” Mi girava la testa quando Talon si voltò verso la giovane donna accanto a lui. “Devota sœur?”

«Aoife aprì la scatola di quercia ed estrasse una pipa d’argento decorata. Era fatta a forma di Naél, l’angelo dell’estasi, con le mani a coppa per creare il fornelletto. Mentre osservavo, Talon versò una minuscola dose di sanctus nei palmi dell’angelo. “Ora, il mostro che ha ingravidato tua madre apparteneva a una di queste quattro stirpi. E tu possiedi il suo dono di sangue, seppure in forma minore. Ricordi la prima volta che hai mostrato qualche strana capacità? Avevi una particolare affinità per gli animali da bambino? L’abilità di convincere gli altri a lasciarti fare le cose a modo tuo? Forse sapevi cosa avrebbero detto prima che parlassero?”

«Mi morsi il labbro. “Mia sorella Amélie. Fu uccisa da un sanguefreddo e tornò nel nostro villaggio come una degli abbietti. La respinsi a mani nude.”

«“Hmm.” L’uomo magro annuì. “Dyvok, forse. Lo stesso sangue maledetto che scorre nel nostro abate. Molto bene. Cominceremo da lì.”

«Guardai verso gli spalti; Khalid incontrò i miei occhi e mi rivolse un cenno. Il pensiero che potessi condividere la stirpe di un uomo tanto potente scatenò ancora una volta le farfalle nel mio stomaco. Talon batté il bastone sul terreno tre volte. Udii lo stridore lubrificato di pietra su pietra e vidi il centro della septistella aprirsi.

«Si sollevò un piedistallo di granito scuro su cui si trovava lo stesso abbietto che Manogrigia aveva trascinato al monastero da Lorson. La sua carne era una devastazione, chiazzata e grigia; la sua bocca una fossa di rasoi. Una catena d’argento lo legava al pavimento, il metallo che sfrigolava dove toccava la pelle marcia. Guardando negli occhi vuoti dell’abbietto, mi ritrovai al villaggio nel giorno in cui mia sorella era tornata a casa.

«Altri segmenti della septistella si aprirono e, sui piedistalli che si sollevavano, vidi un branco di meticci mezzo lupo e mezzo cane, trattenuti da catene d’acciaio. Stavano per impazzire e ringhiavano all’abbietto al centro della stella. Ma il mostro fissava solo me, gli occhi pieni di una fame sconfinata e senza età.

«Talon sollevò quella pipa d’argento con la canna lunga verso le mie labbra. “Inala a fondo” mi consigliò. “Come santa Michon raccolse il sangue del Redentore sulla ruota e trasformò il peccato del suo omicidio nella causa sacra di Dio, così anche noi ricreiamo il nostro stesso peccato. I più grandi eroi sono forgiati dai più grandi orrori.”

«Lanciai un’occhiata al mio maestro, poi a sœur Aoife, ancora incerto. I suoi brillanti occhi azzurri incontrarono i miei e, sotto il velo, vidi le labbra della sorella muoversi. Articolando le stesse parole che mi aveva detto Manogrigia: “Dai ascolto all’inno”.

«Il mio cuore batteva rapido. C’era paura nel mio stomaco. Ma se quella era una prova, ero determinato a non fallire davanti agli occhi di ogni luminare dell’Ordine. Il serafino Talon mise la pipa tra le mie labbra, poi usò l’acciarino e mi ordinò di inspirare… inspirare

Jean-François stava disegnando sul quaderno, la sua voce un mormorio sommesso. «Il primo assaggio è sempre il più dolce. E il più oscuro.»

«Così aveva promesso Manogrigia» concordò Gabriel. «Se solo avessi saputo allora ciò che so adesso… Avrei corso fino a tornare dalle braccia di mia madre, sbattendomi la porta alle spalle per tenere fuori la tenebra, i mostri che la infestavano e gli uomini che vi si aggiravano su tacchi d’argento. Perché non fu un eroe quello che Talon forgiò allora, quando inspirai quel meraviglioso veleno nei polmoni. Creò una catena. Una che non spezzerò mai.

«Lo vidi spuntare tra le mani argentee di quell’angelo. Un sottile filo scarlatto che danzava sulla mia lingua. Lo avvertii abbattersi su di me, pesante come piombo e leggero come le piume, infiammando tutto il mio corpo. E dentro di esso udii le prime note di una sinfonia, splendenti come il paradiso e rosse come il sangue. “Dai ascolto all’inno, Leoncino.”

«“Oh, Dio” ansimai. “Oh, dolce e benedetto Redentore…”

«Non so per quanto tempo persi me stesso. Lottai per cavalcare quell’onda sanguinosa, per riportare sotto controllo i miei sensi, inondati di cremisi bollente. Ricordo solo il suono che infine mi trascinò su, fuori da tutto ciò. Sotto quella sinfonia rosso sangue, un altro rumore stava crescendo, tanto distinto da scuotermi, tanto fragoroso da svegliarmi. Metallo su pietra.

«Aprii gli occhi e lo vidi. Il mio cuore sussultò e palpitò nel petto.

«L’abbietto mi stava caricando.»