XI

COME FUNZIONANO LE STORIE

«“DELUDENTE” , ECCO LA parola che aleggiava sopra la mia testa quella notte. Se il maestro Manogrigia era rimasto scoraggiato dalle novità sul suo nuovo apprendista, lo nascondeva bene: quando mi aveva riaccompagnato alla Caserma, era stato stoico come sempre. Tuttavia, il cipiglio cupo del mastro fabbro Argyle, le labbra increspate della priora Charlotte, le parole del serafino Talon… nulla di tutto ciò voleva abbandonarmi. E mentre stavo seduto sul letto a pulir via il sangue dai miei stivali nuovi, udivo ancora la sua voce riecheggiarmi nelle orecchie: “Deludente”.

«“Avrei dovuto dare comunque un pugno a quella sua fottuta zucca” bofonchiai.

«“Bene, guarda cos’hanno lasciato indietro i vermi” giunse una voce.

«Alzai lo sguardo e trovai Aaron de Coste che mi fissava dalla porta della Caserma. Se ne stava con un altro iniziato, un ragazzo alto con i capelli scuri chiamato de Séverin, che aveva lo stesso atteggiamento da scopa su per il suo nobile culo di de Coste. Dal sorrisetto da stronzo sulla faccia di Aaron, la notizia della mia prova era già circolata tra gli altri iniziati.

«“Sapevo che eri di umili natali, Micetto” mi canzonò. “Ma non fino a questo punto.”

«“Vai a farti fottere, de Coste. Ti avverto, non ho la pazienza per questo.”

«“Suppongo che abbia senso” rifletté il nobilastro rivolto a de Séverin. “Popolani vampiri che fottono popolane umane. Fa tutto parte del grande affresco dei bassifondi?”

«Il suo scagnozzo ridacchiò mentre il fuoco dentro di me avvampava.

«“Mia madre non era una popolana. Faceva parte della casata dei de León.”

«“Oh, la madonna del castello, ne sono certo. Quello squallido buco da cui ti abbiamo trascinato fuori era la sua residenza estiva, allora?” Aaron si accigliò, come meditabondo. “Tugurio estivo, forse?”

«De Coste era più grande di me. Di tre anni, più o meno, e allora era di qualche pollice più alto. Non ero certo di poterlo sconfiggere, ma giurai a Dio che se avesse fatto un’altra battuta su mia madre, cazzo, ci avrei provato.

«“Quindi non ho una stirpe” sbottai. “Sono comunque un sanguepallido. Posso sempre combattere.”

«De Coste ridacchiò. “Sono sicuro che il Re Sempiterno sta tremando nei suoi stivali.”

«“E farebbe bene” sbraitai, tornando a pulire i miei.

«Il nobilastro si diresse alla sua branda e raccolse una copia dei Testamenti dal comodino. Ma continuò a fissarmi. “È così che ti vedi? Il piccolo, impavido Gabriel de León che si precipita verso il trono di cadaveri di Fabién Voss, e con la sua spada nuova salva tutto da solo il regno?” Aaron sogghignò. “Non hai proprio la più pallida idea di cosa sta accadendo, eh?”

«“So tutto quello che mi occorre. Che ero destinato a essere qui. E che quest’Ordine è l’unica vera speranza contro il Re Sempiterno.”

«“Noi non siamo la vera speranza contro un bel niente, Micetto.”

«Mi accigliai. “Che vuoi dire?”

«“Voglio dire che mio fratello Jean-Luc è un cavaliere dell’esercito imperiale a Augustin. La Falange dorata. Le forze che vengono radunate nella capitale annienteranno il Re Sempiterno prima che i suoi ibridi barcollanti riescano a raggiungere il Nordlund. Oh, la nostra causa può essere giusta, oui. Ma la triste verità è che nessuno a corte crede che i Santi d’argento faranno la differenza.” Aaron indicò la Caserma attorno a noi con il labbro arricciato. “L’unico motivo per cui questo monastero viene finanziato è perché l’imperatrice Isabella è affascinata dal misticismo e all’imperatore Alexandre piace farsi succhiare il cazzo dalla sua nuova moglie.”

«“Queste sono stronzate, de Coste” ribattei.

«“E cosa ne sapresti tu, sanguefragile?” sospirò de Séverin.

«“So che Dio ha voluto che fossi qui. Mia sorella è morta per mano di questi mostri. E se posso fare qualcosa per fermarli, lo farò.”

«“Buon per te” disse Aaron. “Ma alla fine, nonostante tutta la tua fede e la tua furia, non sarai altro che piscia al vento. Voglio dire, guardati. La mia famille può far risalire la nostra dinastia a Maximille il Martire. Mia madre è la baronessa della provincia più ricca del Nordlund e…”

«“Eppure non le è dispiaciuto portarsi a letto un vampiro.”

«De Coste tacque mentre Theo Petit varcava la porta. Il ragazzone era vestito con i suoi abiti di cuoio, ma la tunica era slacciata e riuscii a vedere un accenno di inchiostro metallico lì sotto. Un angelo bellissimo era tatuato dalle nocche al gomito del suo avambraccio sinistro, mentre quello che sembrava un orso ringhiante era disegnato sul petto. Aveva in mano un piatto di zampe di pollo e si lasciò cadere sul letto, masticando rumorosamente. “Questa è la cosa buffa delle donne altolocate” meditò Theo. “Quando sono carponi, sono alla stessa altezza di tutte le altre donne.”

«“Sangue dei bassifondi e bocca dalla fogna” sogghignò de Séverin. “Poteva essere solo Theo Petit. La risposta alla domanda che nessuno ha posto.”

«“Qui siamo tutti bastardi dei Morti, Aaron. Siamo tutti merda sulla suola degli stivali dell’imperatore. Siamo tutti dannati.” Theo si ficcò in bocca una zampa di pollo e parlò a de Coste mentre masticava. “Perciò lascia perdere il sermone da nobile rampollo tormentato, eh?”

«Aaron si limitò ad accigliarsi. “Solo perché hai perso il tuo maestro a causa del sangirè, non hai il permesso di dimenticare le buone maniere, Petit. Io sono l’iniziato anziano di questa compagnia.”

«Theo smise di masticare per un momento, gli occhi che lampeggiavano. “Nomina di nuovo il mio maestro e potremmo dover mettere alla prova quella teoria, Aaron.”

«De Coste squadrò il ragazzone, ma non sembrava troppo desideroso di insistere. Invece si stese sul suo cuscino, borbottando sottovoce. “Cazzo moscio…”

«Theo ridacchiò e mise gli stivali sul letto. “Tua sorella ha un’opinione diversa.”

«Io sogghignai, prendendo appunti mentali.

«“Cosa cazzo ridi, Micetto?” ringhiò Aaron.

«Scoccai un’occhiata velenosa a de Coste, ma la questione per il momento sembrava accantonata. Incontrai lo sguardo di Theo, annuendo in segno di ringraziamento, ma il ragazzone rispose scrollando le spalle e basta: ipotizzai che l’alterco non fosse tanto dovuto alla mia difesa da parte di Theo, quanto al suo disprezzo nei confronti di de Coste. E così, in silenzio, ammaccato e ancora senza amici, tornai a pulire gli stivali, cercando di non pensare troppo al mio fallimento nella Disfida. Non avevo alcuna stirpe né doni, tranne ciò che tutti condividevamo. Non avevo appreso nulla di mio padre. Ma nonostante tutto ciò che Aaron aveva detto, malgrado la Prova, avevo ancora la sensazione di essere destinato a trovarmi lì. Dio mi voleva a Santa Michon. Sanguefragile o no.» Gabriel fece una breve pausa, fissandosi le dita intrecciate. «Ma vuoi sapere la cosa tremenda, sanguefreddo?»

«Dimmi la cosa tremenda, Santo d’argento» replicò Jean-François.

«Quella notte ero steso a letto. Le mie ferite erano solo un ricordo e riflettevo su quello che de Coste mi aveva detto su suo fratello nell’esercito. Sul fatto che il restauro del monastero fosse solo un capriccio dell’imperatrice. E il mio primo pensiero non fu per le persone che potevano essere risparmiate se il Re Sempiterno fosse stato annientato dalla Falange dorata. Non fu per i soldati che potevano morire per sconfiggerlo o per il semplice orrore del confitto. No, il mio primo pensiero fu pregare che la guerra non fosse finita per quando vi fossi arrivato.» Gabriel sospirò e incontrò gli occhi dello storico. «Riesci a crederci? Avevo davvero paura di perdermela.»

«Non è il desiderio di tutti i giovani con le spade? Ottenere gloria o una morte gloriosa?»

«Gloria» sbuffò Gabriel. «Dimmi una cosa, vampiro. Se la morte è così gloriosa, come mai viene inflitta tanto spesso e a buon mercato dagli uomini più inutili?» L’ultimo Santo d’argento scosse il capo. «Non avevo idea di cosa mi aspettava. Nessun indizio su cosa avrebbero fatto di me. Ma sapevo che quella adesso era la mia vita. E così giurai di nuovo di trarre il meglio dalla situazione. A prescindere da cosa dicesse Aaron, sentivo nelle ossa che Santa Michon sarebbe stata la salvezza dell’impero. Credevo realmente di essere stato scelto, che tutto – l’omicidio di mia sorella, ciò che avevo fatto a Ilsa, il sangue maledetto e bastardo nelle mie vene – facesse parte del piano di Dio. E io confidavo in lui: se avessi recitato le mie preghiere, lodato il suo nome e seguito la sua parola, tutto sarebbe andato bene.» Gabriel ridacchiò, fissando la septistella sul suo palmo. «Ero davvero un coglione.»

«Rincuorati, de León.» La voce del sanguefreddo era delicata come il raschiare della sua penna. «Non eri da solo nelle tue speranze. Ma nessuno è in grado di sconfiggere un nemico che non può morire.»

«Le nevi a Augustin non erano imbrattate di rosso solo per il sangue mortale. Quella notte moriste a frotte, sanguefreddo.»

L’altro scrollò le spalle esili. «I nostri morti restano morti, Santo d’argento. I vostri risorgono contro di voi.»

«E voi credete che sia un bene? Dimmi, non vi domandate mai dove finisca tutto questo? Dopo che i mostri che avrete generato avranno prosciugato queste terre da ogni uomo, donna e bambino, morirete di fame. Abbietti e sanguenobile, senza distinzione.»

«Per questo è necessaria una guida salda.» Dita pallide sfiorarono i lupi ricamati sulla redingote del vampiro. «Un’imperatrice con la lungimiranza di costruire, invece di distruggere. Fabién Voss è stato saggio a imbrigliare i sanguemarcio come un’arma. Ma il loro tempo è al termine.»

«Gli abbietti sono in proporzione di cinquanta a uno rispetto a voi. Ci sono quattro stirpi principali di sodali e tutte hanno come servitori degli eserciti di cadaveri. Pensi che quelle vipere saranno disposte a disfarsi delle loro legioni senza uno scontro?»

«Possono combattere quanto vogliono. Perderanno.»

Allora Gabriel guardò il mostro con occhi freddi e calcolatori. L’inno di sangue gli riverberava ancora nelle vene, affinandogli la mente così come i sensi. Il volto del sanguefreddo era di pietra, i suoi occhi come oscurità liquida. Ma perfino la roccia più spoglia può narrare una storia a quelli che hanno gli strumenti per vederla. Malgrado tutto – il massacro, il tradimento, la sconfitta –, Gabriel de León era un cacciatore che conosceva la sua preda. E in un batter d’occhio vide la risposta, chiara e netta come se il mostro avesse vergato le parole su quel dannato quaderno. «Ecco perché cercate il Graal» mormorò. «Pensate che quel calice possa darvi la vittoria contro le altre stirpi.»

«Le favole non suscitano alcun interesse nella mia imperatrice, Santo d’argento. Ma la tua storia sì.» Il mostro picchiettò il quaderno che aveva in grembo. «Perciò sii così gentile da riprendere a raccontare. Eri un quindicenne. Il mezzosangue bastardo di un padre vampiro, trascinato dallo squallore di provincia alle mura inespugnabili di Santa Michon. Sei cresciuto e sei diventato un campione dell’Ordine, proprio come avevi giurato. Intonavano canzoni su di te, de León. Il Leone Nero. Il detentore di Bevicenere. Uccisore del Re Sempiterno. Come fa un individuo di così umili natali a diventare una leggenda?» Il labbro del mostro si arricciò. «E poi precipitare così in basso?»

Gabriel guardò verso la fiamma della lanterna, la bocca una linea sottile. Il fumo di sangue si agitava dentro di lui, affinando non solo la mente ma pure la sua memoria. Fece scorrere un pollice lungo le dita tatuate, la scritta PATIENCE incisa sotto le nocche. Gli anni alle sue spalle sembravano semplici momenti, tutti cristallini. Riusciva a sentire l’odore di campanule argentee nell’aria, a vedere la fiamma della candela riflessa nella sua mente. Poteva percepire fianchi lisci ondeggiare sotto le sue mani. Occhi scuri di desiderio e labbra rosse come ciliegie, schiuse contro le sue, unghie che gli graffiavano la schiena nuda. Allora udì un sussurro, caldo e disperato, e gli fece eco senza pensarci, con le parole che gli scivolavano fuori dalle labbra in un sussurro. «Non possiamo farlo.»

Jean-François inclinò la testa. «No?»

Gabriel batté le palpebre e si ritrovò in quella fredda torre assieme alla creatura morta. Poteva sentire sapore di cenere. Udire le urla di mostri che avevano ingannato la morte per secoli, liberati infine dalla sua mano. E incontrò lo sguardo del sanguefreddo, la sua voce tinta di ombra e fiamma. «No» disse.

«De León…»

«No. In questo momento non desidero parlare oltre di Santa Michon, se ti compiace.»

«Non mi compiace affatto.» Un lieve cipiglio guastò la fronte perfetta di Jean-François. «Desidero ascoltare dei tuoi anni nel monastero dei sanguepallido. Del tuo apprendistato. Della tua ascensione.»

«E udrai ogni cosa a tempo debito» ringhiò Gabriel. «Abbiamo tutta la notte, tu e io. E tutte le notti a seguire che ci serviranno, scommetto. Ma se cerchi informazioni sul Graal, allora dovremo tornare al giorno in cui lo trovai.»

«Non è così che funzionano le storie, Santo d’argento.»

«Questa è la mia storia, sanguefreddo. E se ne ho diritto, queste saranno le ultime parole che pronuncerò in terra. Dunque, se questa dev’essere la mia ultima confessione e tu il mio sacerdote, fidati: conosco il modo migliore per rivelare il conto dei miei fottuti peccati. Quando il racconto sarà terminato, saremo tornati a Lorson. A Charbourg. Alle nevi rosse di Augustin. E oui, perfino a Santa Michon. Ma per il momento parlerò del Graal. Di come giunse a me. Di come lo persi. E di tutto quello che intercorse. Credimi quando dico che alla fine la tua imperatrice avrà le sue risposte.»

Jean-François della stirpe Chastain era contrariato, un accenno di zanne nel suo ringhio silenzioso. Ma alla fine il mostro fece scorrere le dita affusolate sopra le penne che portava alla gola e acconsentì inclinando il mento. «Molto bene, de León. Fai come vuoi.»

«L’ho sempre fatto. Quella è stata la metà del fottuto problema.» L’ultimo Santo d’argento si appoggiò allo schienale della poltrona e congiunse le dita contro il mento. «Dunque» sospirò di nuovo. «Tutto cominciò con la tana di un coniglio.»