VIII

AI CANCELLI

«MI SVEGLIAI E fui accolto da una legione di diavoletti che faceva baldoria dentro il mio cranio. Molti si alternavano per prendermi a calci il cervello con scarponi chiodati arrugginiti, anche se pareva che uno fosse strisciato nella mia bocca, avesse vomitato e fosse morto. Mi arrischiai ad aprire gli occhi e fui ricompensato da un fascio di luce così accecante che per un attimo pensai che il sine die fosse finalmente terminato e il sole fosse tornato nel cielo nella sua piena e benedetta gloria.

«“Porca di quella puttana” gemetti.

«Il braccio era guarito come se non si fosse mai rotto. Allungai la mano verso il collo, poi giù tra le brache, ma non trovai alcuna traccia di ferite. La sete era appollaiata sulla mia spalla come un amico indesiderato, gazza e uccello mimo. Scacciai il ricordo di curve pallide e labbra rosse come sangue quando alla mia porta risuonarono colpi che sembravano i calci di uno stallone infuriato.

«“Chevalier de León?” I cardini gemettero quando la cameriera fece capolino nella stanza. Ero steso a letto a torso nudo, le brache slacciate e pericolosamente abbassate. La finestra era senza paletto. Dopo una timida occhiata alla mia pelle tatuata, la ragazza abbassò lo sguardo. “Perdonate, chevalier. Ma il vescovo vuole vedervi.”

«“Che o-ora è?”

«“Mezzogiorno passato.”

«Guardai a occhi stretti la caraffa che aveva in mano. “Quella è a-altra vodka?”

«“Acqua” rispose lei porgendomela. “Pensavo che ne avreste avuto bisogno.”

«“Grazie, mademoiselle.” Presi un sorso lungo e lento, poi mi rovesciai il resto sulla faccia. La soffocata luce diurna entrava dalla finestra aperta come una lancia incandescente. Le mie viscere cominciarono a emettere dei rumori, quasi preferissero trovarsi all’esterno e potessero scovare da sole la via d’uscita se mi fossi rifiutato di mostrargliela.

«“Chevalier” disse la ragazza con voce tremula. “I Morti sono ai cancelli.”

«Mi trascinai in piedi con un gemito, scostandomi i capelli fradici dalla faccia. “Niente paura, mademoiselle. Avete uomini in abbondanza e perfino forti mura. Pochi abbietti non…”

«“Non si tratta di abbietti.”

«Alzai lo sguardo a quelle parole. I miei battiti indolenti accelerarono. “Ah no?”

«La ragazza scosse il capo, gli occhi sgranati. “Il vescovo vi prega di venire al più presto.”

«“D’accordo, d’accordo… Dove sono le mie brache?”

«“Le state indossando, chevalier.”

«“… Sette Martiri, non mi sento le gambe.” Spinsi le nocche contro gli occhi. Il mio cranio martellava come se fosse stato fottuto tre volte.

La ragazza si avvicinò mentre cercavo di raddrizzarmi e, con il suo aiuto, lo feci barcollando, tenendomi la fronte e sibilando di dolore. “Volete che vada a prendervi altra acqua?”

«“Qual è il tuo nome, mademoiselle?”

«“Nahia.”

«E, con un sospiro, scossi il capo. “Pensa solo a trovare la mia pipa, Nahia.”

«Dieci minuti dopo, arrancavo nel fango verso il cancello meridionale di Dhahaeth, le spalle ricoperte di nevischio gelato e ratti attorno ai calcagni. Nahia mi seguiva, torcendosi le mani. Mi ero infilato il cappotto, fortunatamente asciutto, e gli stivali, purtroppo ancora umidi. Ma mentre indossavo l’equipaggiamento, non potei fare a meno di ricordare giorni passati. Giorni gloriosi. E, con Bevicenere alla cintura, speravo di sembrare un minimo più imponente di quanto mi sentivo.

«Il vescovo era al cancello. Nella luce fievole, i ragazzi della milizia sembravano ancor meno impressionanti della notte precedente. La notizia del mio nome senza dubbio si era diffusa tra i loro ranghi. Ovviamente lo stesso valeva per le storie sulle mie rottinculate da ubriaco nella taverne la sera prima.

«“Grazie all’Onnipotente” esordì il vescovo. “Chevalier, è giunta la rovina su…”

«“Stringete in mano i gioielli, Vostra Grazia.”

«Un urlo giunse dall’altro lato della palizzata, una voce che fece tremare gli uomini attorno a me. “Portatelo fuori! Possiamo avere l’eternità, ma non la sprecheremo per infimo bestiame!”

«Misi piede sulle scale, vecchi chiodi che cigolavano, e salii fino a trovarmi sul legno ruvido e scheggiato della passerella. Abbracciai le ombre come vecchie amiche, nascoste dietro gli spuntoni più alti della palizzata, seguito dal vescovo con palese riluttanza. Lassù c’era una dozzina di uomini, rivestiti di logore armature di cuoio ed elmi arrugginiti da quattro soldi. Il coglione smilzo che mi aveva contraddetto la notte prima si trovava fra loro, assieme a un uomo che presumevo fosse il loro capo. Era un tizio corpulento, con la faccia spaccata e la pelle color noce, una pipa d’osso di balena tra le labbra. Mani callose. Mento sfregiato. L’unico vero soldato tra loro.

«“Capitaine” annuii.

«“Chevalier” grugnì lui, guardando oltre le mura. “Bella giornata per incontrare il creatore.”

«La voce dell’uomo era salda, la mascella serrata. Ma tutti i suoi compagni sembravano sul punto di farsela nelle brache. E guardando tra i pali, vidi la causa di quella paura. In mezzo alla strada c’era una carrozza. Era di ottima fattura: vernice nera lucida e finiture dorate, due lanterne che lanciavano una luce pallida come le lune tra il nevischio. Ma invece che da cavalli, la carrozza era tirata da una dozzina di abbietti. Ciascuno era stato una ragazza adolescente, prima di essere ucciso. Laceri e marci, fissavano gli uomini sulle mura con gli occhi morti colmi di fame. E seduto al posto di guida c’era qualcosa di ancora più affamato.

«Anch’esso aveva la forma di una giovincella. Ma a differenza dei sanguefreddo che tiravano la carrozza, era di una bellezza perfetta. Indossava un corsetto di cuoio, una gonna a mezza ruota e stivali alti. Le sue labbra avevano una patina scura e lucente, i profondi occhi azzurri erano contornati di kajal e incorniciati da lunghi capelli neri. La sua pelle era bianca come la morte, il mento chiazzato da tenui macchie di omicidio.

«“Dyvok, scommetto” grugnì il capitaine.

«“No” replicai, esaminando quel sanguefreddo. “È una Voss.”

«“Ancien?” chiese il vescovo tremando.

«Scossi il capo. “Solo una novellina, a giudicare dall’aspetto.”»

All’improvviso lo storico picchiettò la penna sul quaderno che aveva in grembo.

«Sul serio?» Gabriel sospirò. «Di nuovo?»

«Come a un bambino, de León» disse il vampiro. «Come riuscisti a capire la stirpe di quella vampira semplicemente guardandola?”

«Forse perché non ero un cacciatore alle prime armi? Voi Chastain viaggiate di rado in carrozza. I Dyvok erano ancora occupati a razziare l’Ossway, mentre gli Ilon erano troppo astuti per fare una comparsa tanto appariscente. Ma la genia del Re Sempiterno era diventata arrogante dopo i successi della sua famille nel Nordlund. “Tutti devono inginocchiarsi” era il motto della stirpe Voss, e i figli di Fabién si consideravano la stirpe reale tra i vampiri, destinati a governare la notte eterna seduti su troni fatti con le ossa del vecchio impero. Avvicinarsi a un paesucolo in una carrozza sgargiante trainata da una dozzina di cadaveri era esattamente nello stile dei Voss.»

Jean-François annuì. «E il termine che hai usato? Novellina?»

«Sai bene cosa cazzo è un novellino.»

«Tuttavia, gradirei che lo spiegassi.»

«Be’, e io gradirei un bicchiere di ottimo whisky e che una cortigiana con le tette da mille reali mi leggesse una favola della buonanotte, ma non otteniamo sempre ciò che vogliamo.»

Il vampiro lo guardò torvo. «Margot Chastain, Prima e Ultima del Suo Nome, imperatrice immortale di lupi e uomini, lo ottiene.»

Gabriel si rimangiò un insulto e prese un respiro per calmarsi. «Ci sono tre fasi nell’esistenza di un sanguefreddo. Tre età della vostra cosiddetta vita. I nuovi Morti sono detti novellini. Giovani, deboli a paragone degli altri, che si stanno ancora liberando di ciò che resta della loro umanità per trovare la propria strada nel buio. Dopo circa un secolo di omicidi, un novellino si può considerare un mediae: un vampiro nel pieno possesso dei propri doni, estremamente pericoloso e privo di qualunque cosa si avvicini alla moralità umana. Gli ultimi e più letali sono gli ancien. Gli anziani.»

«E a te basta un’occhiata per capire la differenza?»

«Con i novellini, a volte.» Il Santo d’argento scrollò le spalle. «Anche se non respirano più, fanno cose come sussultare dalla sorpresa. Battere le palpebre per abitudine. Alcuni si illudono perfino di poter vedere i mortali come qualcosa di diverso da cibo. Ma tutto quanto si disgrega. Tutto ha fine. E una volta diventati mediae, siete qualcosa di completamente diverso.»

«Qualcosa di più» annuì Jean-François.

«E molto, molto meno» replicò Gabriel.

Il vampiro fece scorrere le dita lungo le punte piumate del suo colletto, la luce delle lanterne che gli scintillava negli occhi scuri. «Quanto pensi che io sia vecchio, chevalier

«Abbastanza da non avere più nulla dentro di te» rispose Gabriel. E, non essendo disposto a partecipare a quel gioco, il Santo d’argento tornò al suo racconto. «Guardai la sanguefreddo dalla cima della palizzata, valutandola. Lei scese dalla cassetta, i talloni che affondavano nel fango semicongelato. Superò a grandi passi quelle vuote ragazze abbiette che trainavano la carrozza e si avvicinò alle mura di Dhahaeth tra il nevischio gelido, assolutamente imperturbata dalle frecce puntate sul suo petto.

«Ipotizzai che non avesse avuto più di tredici anni quando era stata uccisa, il suo corpo era rimasto intrappolato a un anno o due dalla soglia della maturità. Il suo sorriso era affilato come un rasoio mentre guardava i miliziani sulla passerella. La paura nei suoi confronti si diffuse tra le mura come una nebbia pallida. “Tutti voi state per morire” dichiarò.

«Uno degli uomini più giovani perse le staffe a quelle parole. Tirò un colpo di balestra con un improvviso twang. Andò a segno, ma il dardo sbatté semplicemente contro il petto della sanguefreddo come se fosse fatta di legno duro. Con gli occhi fissi sul ragazzo che le aveva sparato, la vampira sollevò una mano e si staccò il proiettile dal petto. Labbra nere si schiusero e lei leccò la punta con una lunga lingua abile. “Tu sarai il primo, ragazzo” promise.

«“Tirate!” urlò il capitaine.

«Le balestre cantarono e un’altra dozzina di quadrelli seguì il primo. Ma la sanguefreddo rimase dov’era. I dardi la colpirono in più punti, però di nuovo non ebbero quasi alcun effetto. Uno la centrò in piena faccia, lasciando soltanto un graffio nella sua guancia di porcellana. E quando quella pioggia terminò, lei abbassò tristemente lo sguardo sui buchi del suo abito, staccando un altro proiettile e gettandolo nel fango. “Adoravo questo abito…”

«“Oui” mormorai. “È sicuramente Voss.”

«“Colpi con la pece!” urlò il capitaine. “Pronti!”

«I miliziani ricaricarono. Ma le punte dei nuovi quadrelli erano avvolte in stracci di tela intinti nel catrame. Gli arcieri di Dhahaeth si radunarono attorno a barili in fiamme, pronti a rendere infuocati i loro colpi. La sanguefreddo esitò a quella vista. Poteva aver fatto scena nel rimanere immobile davanti a quella pioggia, ma se c’è una cosa che tutti i Morti temono è il fuoco. Un piccolo tremito di coraggio percorse le mura nel notare la sua esitazione.

«E poi la portiera della carrozza si socchiuse.

«Una figura scese nel fango, chiudendo la portiera con delicatezza. Attraverso il nevischio, riuscii a vedere che era vestita come una persona facoltosa: redingote scura, camicetta di seta, una sciabola stupenda alla cintura. Un lungo mantello da duellante di folta pelliccia di lupo pendeva da una spalla, foderato di raso rosso. Capelli scuri erano leccati all’indietro dalla fronte pallida in una netta attaccatura a V. Era bello quanto un letto pieno di angeli caduti. Ma le sue labbra erano macchiate di rosso e gli occhi simili a fori di coltello neri nel cranio. Si unì alla compagna e le prese la mano sottile nella sua, e io fui attraversato dalla testa ai piedi da un fremito di rabbia perfetta.

«“Quello è un ancien” mormorai.

«“… Lo conoscete?” domandò il capitaine.

«Annuii, non credendo alla mia fortuna. “È la Bestia di Vellene.”

«Un mormorio si diffuse tra le mura. Il vescovo du Lac divenne pallido come le ossa di un bambino.

«“Il mio nome è Danton Voss” dichiarò il maschio. “Figlio di Fabién e Principe Sempiterno.”

«Il sanguefreddo tirò i bordi spiegazzati delle sue maniche e scostò una ciocca di capelli scuri ribelli dalla fronte. Le ragazzine abbiette che tiravano la carrozza rimasero immobili, in un silenzio mortale. Ora sapevo che erano tutte progenie della Bestia, controllate dalla volontà immortale del loro creatore. Molto probabilmente anche la piccola femmina era stata trasformata da lui, ma la sua Transizione era avvenuta prima che avesse la possibilità di marcire.

«Il mostro posò lo sguardo su du Lac e arricciò il labbro alla vista della ruota appesa intorno al collo del vescovo sulla sua catenella d’argento. “Portatelo da me, Vostra Grazia. Altrimenti verrò dentro io a prenderlo.”

«Potevo sentire il potere in quella voce. Freddo come una tomba e secolare. Gli altri miliziani rivolsero occhiate inquiete nella mia direzione. Avevo visto i cadaveri impalati intorno alle fortificazioni: quegli uomini avevano già affrontato i Morti in precedenza. Ma era evidente che nessuno aveva mai fronteggiato nemici come questi, e ancora più chiaro che nessuno aveva intenzione di morire per me.

«“Pensate che dica davvero?” mi chiese il vescovo.

«“Credo proprio di sì” replicai.

«Il capitaine guardò i suoi ragazzi e gli uomini più anziani che guidava: tutti quanti stavano tremando. Masticando la pipa d’osso di balena, soffiò un pennacchio di fumo grigio nell’aria. “Allora credo che siamo fottuti.”»