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NEVE ROSSA

«“SONO ARRIVATI DURANTE il g-giorno, Gabriel.

«“Lo so” dissi, dirigendomi verso il cancello di Dhahaeth.

«“Perfino in un paesucolo come questo, un Principe Sempiterno che si mette a rischio sotto il sole di mezzogiorno… dev’essere proprio deciso a trovare questo ragazzo prima che lo faccia qualcun altro. Dobbiamo seguirli. Dobbiamo a-a-andare a fondo sulla verità, la v-verità di questa faccenda.

«“È sempre così piacevole” dissi, guardando la lama, “quando insisti a ripetermi roba che so già.”

«“Avresti dovuto dare ascolto a Chloe, Gabriel. Allora e adesso, a-allora e adesso. Pensa a tutto ciò che ci saremmo p-potuti risparmiare se tu avessi…

«“Fa’ silenzio, Cenere” l’ammonii.

«“La colpa è mia q-quanto…

«Infilai di nuovo Bevicenere nel fodero, mettendo a tacere la sua voce mentre il cancello si spalancava. Dall’altra parte mi attendevano i miliziani, la cameriera della taverne e altri abitanti, tutti che mi fissavano con orrore e meraviglia. Du Lac scese dal camminamento e lanciai uno sguardo alla ruota attorno al collo del vescovo, poi lo fissai negli occhi. “Merci per l’assistenza, Vostra Grazia.”

«Du Lac ebbe la decenza di mostrare vergogna. “Sembravate avere la situazione sotto controllo…”

«“Da che parte sono andati?”

«“… Chi intendete?”

«“Quelli nella taverne la notte scorsa, bacchettone impomatato” ringhiai. “La donna bassa con la chioma folta. Il prete. Il ragazzo. Si sono diretti a nord come avevano detto?”

«“Vi chiedo perdono, ma…”

«“Oui, chevalier” si inserì la cameriera. “Sono andati a nord.”

«“Merci, mademoiselle Nahia.” Annuii e le passai accanto. “Lo ripeto, hai un sangue che vale la pena fumare.” Lanciando un’occhiata sulla passerella, urlai ai miliziani: “Se non è un problema, terrò il vostro acciarino, capitaine”.

«L’uomo brizzolato assentì. “Con la mia benedizione, chevalier. Dio vi accompagni.”

«“Preferirei che si facesse i cazzi suoi, se fa lo stesso.”

«Mi diressi verso le stalle e mercanteggiai per una sella, provviste e briglie per rimpiazzare quelle che avevo perso quando il povero Giustizia era morto. Probabilmente avrei potuto risparmiare qualche reale, ma andavo troppo di fretta per tirare sul prezzo.

«Per quanto fosse rotta e confusa, Bevicenere aveva detto il vero. I vampiri erano creature che vivevano per sempre se giocavano bene le proprie carte. Di rado gli ancien erano stupidi, e non erano mai avventati. Non riuscivo a credere che una creatura vecchia quanto Danton avesse corso un rischio del genere. E se il giovane Dior era importante al punto che un figlio del Re Sempiterno gli stava dando la caccia…

«Sellai Gezabele e mi avviai di buona lena verso il cancello nord di Dhahaeth. Chloe e il suo gruppo avevano un bel vantaggio e avrei dovuto galoppare rapido per raggiungerli. Lo squarcio che Danton mi aveva aperto sulla faccia si stava lentamente richiudendo, ma le costole rotte mi facevano ancora male a ogni respiro. Il sole scuro spandeva una luce fioca sulla strada davanti a me e il mezzogiorno autunnale era tetro come un tramonto d’inverno.

«Sapevo che decenni prima quella era stata campagna coltivata a grano, che un tempo quelle terre ondeggiavano di steli d’oro scintillante. Ora le poche fattorie che erano riuscite a rimanere a galla coltivavano le uniche cose che potevano: patate e altri tuberi, e grandi campi ondulati di funghi. Quelli spuntavano ovunque. Strati di marierbe luminose crescevano su steccati e rocce. Pallidi filamenti di asfixia si avvolgevano attorno ad alberi morti da tempo e folte macchie di enormi boleti sconfinavano sulla strada fangosa.

«Marciume. Cresceva. Si diffondeva.

«Mentre cavalcavamo verso nord, gli effetti del sanctus cominciarono a svanire, sostituiti dal doposbornia, e il dolore dei colpi ricevuti tornò a farsi sentire. Le terre coltivate si diradarono, e Gez e io raggiungemmo la strada aperta. Il fiume Ūmdir era un serpente d’argento in lontananza, e scorsi un folto bosco morto nella penombra a est, una collina sormontata da una torre di guardia in rovina. Superammo un cartello inchiodato a un olmo senza vita, ricoperto di funghi: MORTI PIÙ AVANTI.

«Bevicenere era un pesante conforto al mio fianco. Il pensiero del sangue che avevo estratto dal cuore di quella novellina era un conforto ancora maggiore. La sete strisciante stava nuovamente insinuandosi dentro di me con piedi rossi e felpati. La notte si avvicinava e udii lo scroscio dell’Ūmdir poco distante. Stringendo gli occhi nel buio, avvertii un tuffo al cuore. “Porca di quella puttana…”»

«Permettimi di indovinare» azzardò Jean-François. «Gli abitanti di Dhahaeth avevano distrutto il ponte.»

«Oui.» Gabriel si accigliò. «Quel coglione di un vescovo almeno avrebbe potuto avvertirmi. Quando raggiunsi la sponda del fiume, vidi solo pietre di attracco e alcune arcate rotte in mezzo all’acqua. Non mi ero imbattuto in nessun abbietto lungo la strada, perciò era evidente che interrompere quegli attraversamenti stava aiutando a tenere i Morti fuori dalla provincia. Ma il fiume era troppo rapido e profondo perché Gez potesse guadarlo.

«E, come se non bastasse, cominciò a nevicare. Abbassai il tricorno e diedi a Gez una mesta pacca. “Spiacente, ragazza. Avrei dovuto avvertirti che all’Onnipotente piace rompermi il cazzo a ogni opportunità.” La giumenta nitrì in risposta.

«Non c’era alcun segno di Chloe e della sua banda. Controllai la mappa in cerca dell’attraversamento più vicino e ripresi a cavalcare, seguendo una pista sterrata su per una collina ricoperta di vegetazione morta mentre l’oscurità si infittiva. Rievocai il volto della pia sorella della notte prima. Il suo sussurro mentre mi stringeva forte la mano: “È il Graal, Gabriel. Sto parlando del maledetto Graal”.

«Mi ero comportato da stronzo con lei e lo sapevo. Ero ancora in lutto per la morte di Giustizia, e anche stanco e ubriaco. Ma quella non era l’intera verità. La realtà era che la vista della mia vecchia amica aveva riesumato una fiumana di ricordi che da lungo tempo ritenevo sepolti. E adesso il passato stava risorgendo di nuovo, proprio come i Morti.»

«Per quale diavolo di motivo Danton voleva quel ragazzo?

«Il sole scuro era calato sotto l’orizzonte e la neve stava cadendo fitta quando mi addentrai nei boschi morti da tempo. Riuscii ad accendere la lanterna e la appesi alla sella di Gez. Ma sapevo che sarebbe bastato un passo falso per ripetere il funerale del giorno prima. “Forse è ora di fermarci per la notte, ragazza.”

«Allora un suono penetrò la tempesta. Battei le palpebre per scacciare la neve dagli occhi e inclinai la testa. Lo sparo di una pistola a ruota, potevo giurarci. Seguì un altro suono: una nota lunga, alta e ovattata, di quelle che una volta mi facevano volare su ali d’argento nelle fauci dell’inferno. E ricordai Chloe nella taverne la notte precedente. Un fucile in spalla. E un corno bordato d’argento alla cintura.

«“Merda” sibilai.

«Diedi una pacca sulla groppa a Gez e ci affrettammo su per il versante sconnesso della collina. La cavalla da tiro non era energica, ma aveva tenacia e galoppò a testa bassa al buio. Udii di nuovo il corno e l’adrenalina mi inasprì la lingua, un afflusso di ricordi dalle notti a Santa Michon, il voto sulle mie labbra, i miei fratelli attorno a me, amore nel mio scudo e fiducia nella mia spada: “E al cospetto di Dio e dei suoi Sette Martiri, io qui giuro. Che il buio conosca il mio nome e disperi. Finché brucia, io sono la fiamma. Finché sanguina, io sono la lama. Finché pecca, io sono il santo. E sono argento”.

«Udii un urlo distante e vidi la torre di guardia in rovina innalzarsi davanti a me. Sagome scure si muovevano verso di essa attraverso il bosco morto, tutte occhi senza vita e zanne aguzze. Il corno suonò di nuovo, una nota argentina che si levava sopra il tonfo dei passi dei Morti. Poiché i Morti erano lì e procedevano veloci: almeno una dozzina di abbietti, attirati verso le figure che ora vedevo attraverso la neve cadente.

«Estrassi Bevicenere con una mano, l’altro pugno avvolto attorno alle redini di Gez.

«“Dove s-siamo, Gabriel?

«“Nella merda, Cenere” sibilai.

«“Ohhh. Un giorno qualunque, un g-giorno qualunque, allora?

«Riuscii a vedere Chloe in piedi alla base della torre in rovina: vibrava la spada contro un abbietto che si avvicinava come avrebbe fatto un boscaiolo con un albero. Combatteva con tutta la furia dell’inferno, ma era comunque una suora e quella lama era troppo grande per lei. Al suo fianco c’era il menestrello, la barbetta incrostata di neve, una torcia ardente in una mano, una lama lunga d’acciaio nell’altra. Dietro di loro, premuto contro le pareti fatiscenti della torre, c’era il giovane Dior. Stringeva un pugnale argentato e un sigaretto spento gli pendeva dalle labbra, i suoi occhi colmi di un furore gelido.

«“Indietro, empi bastardi!” urlò il menestrello.

«“Chloe!” tuonai.

«Non avevo idea di dove fossero la giovane osswayana o la sua leonessa, né il vecchio prete. Ma quei tre erano nella merda più profonda. Il menestrello era rapido con quella torcia e colpì un abbietto in piena testa, incendiandogliela con un urlo di trionfo. Chloe portava un attacco con la sua lama lunga a qualunque cosa si avvicinasse troppo e l’argentacciaio lacerava la carne dei Morti come paglia marcia. Ma gli abbietti erano troppo numerosi.

«Gez era coraggiosa o stupida, oppure si stava muovendo troppo veloce per rallentare. Andammo a sbattere contro un abbietto, sbalzandolo da terra. Ma quando gli altri Morti si voltarono verso di noi mostrando le loro zanne marce, la giumenta perse la calma e si impennò a tal punto che per poco non mi fece volare dalla sella.

«Almeno Bevicenere sembrava concentrata, adesso. “Non è un cavallo da guerra, idiota. A cosa stai giocando, in nome di Dio?

«Mi staccai dalle staffe proprio mentre un altro abbietto si avventava su di me dal buio. Avvertivo di nuovo la sete, e la luce della lanterna si muoveva frenetica e intermittente. Era un grosso azzardo e lo sapevo, ma non avevo molta altra scelta: dovevo tentare il tutto per tutto o sarei morto.

«“Gabe, attento!” urlò Chloe.

«“Dietro di te!” mi avvisò Bevicenere.

«Ruotai appena in tempo per tenere a bada mani artiglianti e il sanguefreddo si dimenò mentre gli squarciavo il petto. Perfino in situazioni del genere non ero a corto di trucchetti. Feci saltare il sigillo di una fiala di vetro e la lanciai. Due abbietti crollarono in uno scoppio di argento caustico, la pelle annerita e gli occhi che ribollivano quando la bomba d’argento squarciò l’aria.

«Erano solo Morti novellini, ma le formiche numerose possono uccidere un leone. Bevicenere mi sussurrò un avvertimento quando un altro abbietto si gettò su di me attraverso il buio, un vecchio con i capelli incrostati di sangue. Avrebbe dovuto morire nel suo letto, quel tizio, circondato dai suoi cari. Invece la fine era giunta sotto una torre diroccata a sud dell’Ūmdir, la testa spiccata di netto con la mia spada che lampeggiava nel buio. Tirai una fiala d’acqua santa e udii un altro squillo del corno di Chloe mentre il vetro andava in frantumi e la carne dei Morti sfrigolava.

«Un uomo dagli occhi spiritati e dalle mani insanguinate riuscì a superare la torcia del menestrello e colpì Chloe da un lato. Lei lanciò un urlo quando la creatura le conficcò le zanne nel braccio, con la lama d’argentacciaio che le sfuggiva di mano.

«“Chloe!” gridò Dior.

«“Sorella!” ruggì il menestrello.

«L’uomo si precipitò a salvarla, solo perché un altro abbietto potesse colpirlo da dietro. Dior raccolse la torcia caduta e la conficcò nel sanguefreddo che si dibatteva. Uno strepito di dolore senz’anima risuonò nei boschi mentre il mostro veniva avvolto dalle fiamme, roteando le braccia mentre cadeva; sotto il mio sguardo stupito, il ragazzo rigirò la torcia tra le dita e si accese il fottuto sigaretto. Scagliai la mia ultima fiala di acqua santa e svuotai la pistola a ruota contro la faccia di un altro abbietto. Ma con così tanti nemici e la mia sete sempre più ardente, stavo cominciando a sospettare che potessimo essere decisamente fottuti.

«Allora udii un sussurro. Vidi un lampo di blu scurissimo e un nastro di rosso. Un abbietto crollò privo di testa, poi un secondo cadde all’indietro in preda a convulsioni, con vapore cremisi che si sollevava dai suoi occhi. Una figura adesso si muoveva tra i mostri, tagliente come il vento del Nord, rapida come il fulmine in una tempesta sul Sempremare. Lunghi capelli neri e una spada rossa, che si aprivano un varco tra gli abbietti come una dose di cattiva medicina.»

«“N-non startene lì impalato, Gabriel, combatti!

«Ricominciai a farlo, vibrando colpi contro i sanguefreddo mentre il nuovo arrivato guizzava tra gli alberi morti, spargendo gli abbietti come petali di fiori attorno ai suoi piedi. E mentre assieme eliminavamo gli ultimi mostri, seppi di che genere di creatura si trattava.

«La sanguenobile adesso era in piedi tra i cadaveri sparpagliati. Non sudava. Non respirava. Era vestita con una lunga redingote rossa e cuoio nero, una camicia di seta aperta sul petto color bianco osso, la gola avvolta in una sciarpa di seta rossa. Aveva il corpo di una fanciulla, anche se sapevo che non era nulla del genere; la spada che aveva in mano era alta e aggraziata come lei, e scintillava rossa gocciolando sulla neve insanguinata ai suoi piedi. I suoi capelli erano del blu scurissimo di una notte profonda e le arrivavano fino in vita, separati come tende dagli occhi della creatura morta. Ma la faccia era coperta da una maschera di porcellana pallida, dipinta come una nobildonna a un ricevimento invernale: labbra nere e occhi scuri bordati di kajal.

«Lanciai un’occhiata dietro di me, verso una Chloe ansante e sanguinante. “Lei è con te?”

«“Dio Onnipotente, no” replicò, recuperando la lama caduta.

«La nuova arrivata porse una mano esile a Dior. La sua voce era delicata come fumo di pipa, ma parlava con uno strano biascichio sibilante. “Vieni assssieme a noi, bambino. Oppure morirai.

«“Stai attento a costei, Gabriel. La s-sento… sbagliata.” Il sospiro di Bevicenere mi echeggiò nella testa mentre mi frapponevo tra la vampira e gli altri.

Per la prima volta, la sanguenobile voltò gli occhi verso di me. Le sue iridi erano sbiancate come lino vecchio. L’aria attorno a noi era gelida e il respiro mi usciva dalle labbra in nuvolette pallide. “Sta’ indietro” la ammonii.

«“Ssscossstati” mi ordinò lei, con voce bassa e velenosa.

«Ma anche se la sua volontà premette contro le mie spalle come piombo, non cedetti. “Do la caccia alla tua specie da quando ero ragazzo, sanguisuga. Dovrai sforzarti di più di così.”

«Allora i suoi occhi vagarono sul mio corpo, soffermandosi sulla lama spezzata tra le mie mani. “Avevamo sssentito dire che eri morto, Sssanto d’argento.”

«“Perché parli al plurale, puttana sacrilega?”

«La sanguenobile ridacchiò piano, come se avessi detto qualcosa di divertente. Rivolse di nuovo gli occhi morti verso Dior, le unghie affilate scintillanti mentre gli faceva cenno di avvicinarsi. “Vieni assssieme a noi, bam…

«Una luce ardente penetrò fra gli alberi. Spettrale e brillante. Mi guardai alle spalle e vidi il vecchio prete arrancare nella nostra direzione, con la ruota che aveva indossato attorno al collo ora nel pugno. Teneva il simbolo sacro in alto, recitando le scritture come un marinaio sbraitava bestemmie. “Sono giunto tra voi come un leone tra agnelli!

«La luce si spandeva dalla sua ruota come da una lanterna a specchio. La sanguenobile sussultò quando la colpì e i suoi occhi pallidi come la morte si strinsero di fronte a quel bagliore. Per un attimo rimasi meravigliato, ricordando le notti in cui la mia fede risplendeva luminosa come quella del prete, in cui la vista dei tatuaggi sulla mia pelle era sufficiente ad accecare i Morti. E mentre il vecchio correva verso di noi, un ruggito risuonò tra gli alberi. Vidi la leonessa rossa della taverne precipitarsi fuori dall’oscurità, distorcendo il muso sfregiato nel mostrare le zanne. La guerriera osswayana correva dietro di lei nella neve, l’elmo cornuto sulla testa e quella stupenda ascia da battaglia in pugno.

«Alla vista della leonessa e della luce ardente del prete, la sanguenobile sibilò. Il suo sguardo pallido era ancora fisso su Dior, ma la paura del sant’uomo stava sopraffacendo la sua volontà e il gelo nell’aria diminuì quando il prete fece infine irruzione nella radura, tenendo in alto la ruota.

«“Io ti bandisco!” tuonò il vecchio. “Nel nome dell’Onnipotente, vattene!”

«“Missserabile prete” ringhiò la creatura, sollevando la mano per schermarsi dalla luce. “Tu…”

«“E io vi dico, figli miei, che sono la luce e la verità!” Il vecchio venne avanti con la ruota nel pugno rugoso. “Tu non hai alcun potere qui!”

«Un altro sibilo uscì da quella fredda maschera dipinta. La leonessa ruggì di nuovo e corse più vicino. Il corpo della sanguefreddo parve percorso da tremiti. E mentre l’animale balzava verso di lei con gli artigli protesi, la vampira allargò il cappotto attorno a sé e si dissolse in un nugolo di minuscole ali: mille falene rosso sangue fuggirono nell’oscurità, svanendo tra la neve cadente. Deglutii forte, in bocca il sapore di polvere e ossa.

«Era finita.

«Feci spaziare lo sguardo sulle persone lì riunite. Chloe si teneva il braccio nel punto in cui l’abbietto l’aveva morsa, il volto distorto dal dolore. Il menestrello si inginocchiò accanto a lei, bianco per la preoccupazione. La guerriera mi fissò con l’ascia che scintillava nella luce morente della ruota del vecchio prete.

«Ma io avevo occhi solo per il ragazzo. Era accucciato nel fango, teneva ancora stretta forte la torcia ardente e un sigaretto fumante gli pendeva dalle labbra.

«“Demente rigurgito di una baldracca, per poco non ci f-facevi uccidere. Nei nomi di Dio, cosa…

«Feci scivolare Bevicenere nel fodero per zittirla. Squadrai il ragazzo da capo a piedi. Non sembrava che ci fosse nulla di particolare in lui. Tuttavia, malgrado quello che la mia lama poteva aver detto, non ero uno stupido.

«“Allora, qual è la tua fottuta storia?”»