«“GABRIEL.”
«Quel sussurro mi svegliò da sogni cupi, macchiati dal profumo del sangue. Il buio era in attesa quando aprii gli occhi, il corpo rigido e dolorante per il freddo. C’era calore alle mie spalle e la udii mormorare quando mi mossi, e per un attimo immaginai di essere tornato a casa, nel nostro letto e alla vita che avevamo costruito, con il canto del mare nelle orecchie. Ma la voce giunse di nuovo, non da dietro ma da fuori, nella notte oltre la grotta.
«“Gabriel.”
«Tolsi il mio cappotto da sopra noi due e lo rimboccai attorno alla schiena di Dior. La ragazza si agitò ancora, accigliandosi, con gli occhi che guizzavano sotto le palpebre chiuse. Sognava ratti e bocche di madri, immaginai. Trascinai l’ultimo ciocco nelle braci per riscaldarla e mi alzi in piedi. Poi, silenzioso come un gatto, sgusciai nel buio all’esterno.
«Il mondo era immobile e congelato, scuro come un sogno. Vidi il nastro argenteo del Volta lì sotto, con un sottile dirupo che portava a un precipizio solitario. E allora lei mi chiamò di nuovo, delicata come un sussurro.
«“Gabriel.”
«Seguii la sua voce, lungo la roccia gelida e su fino al bordo stesso di quel precipizio. E sull’altro lato del fiume, indietro sul gelido Volta, la vidi sulla riva. Solo un’ombra pallida nella fragile luce dell’alba, il volto incorniciato da lunghe ciocche nerissime. Un neo accanto a labbra scure, un sopracciglio inarcato come sempre. Si trovava fra i rami ricoperti di neve e le rovine di un regno un tempo verde, a osservarmi. E allora parlò, le labbra che si muovevano, la sua voce un sussurro caldo nella mia mente.
«“Mio leone.”
«“Mia vita” sospirai. “Come hai…”
«“Sempre, Gabriel. Io ti troverò sempre.”
«Mi guardò, al di là di quell’abisso scuro e gelido. I miei stivali si avvicinarono al precipizio. Il sole stava faticando per levare la testa sopra la fine del mondo, attraverso il sudario del sine die. Tutto l’orizzonte era del colore del sangue, come se il mondo intero stesse affogando dentro di esso. Bellissimo. Terrificante. E mi resi conto di non riuscire più a ricordare che aspetto avesse una vera alba.
«“Dimmi che mi ami.”
«“Io ti adoro.”
«“Prometti che non mi lascerai mai.”
«“Mai” mormorai. “Mai!”
«La sua mano si sollevò fino al viso, descrivendo con un’unghia lunga l’arco del suo labbro. Mi accorsi che stava piangendo, lacrime di sangue che le rigavano il viso. “Mi manchi così tanto…”
«“Eroe?”
«Mi voltai nel sentirmi chiamare dalla voce di Dior, che riecheggiava all’interno della caverna alle mie spalle. Tornai a guardare Astrid, in piedi su quella riva tetra, il vento che soffiava lunghe ciocche attorno alle sue curve pallide. Per un secondo tutto ciò che riuscii a fare fu non buttarmi dal precipizio per nuotare in quella distesa nera e gettarmi tra le sue braccia.
«“Se io posso trovarti” mi ammonì, “anche Danton può farlo.”
«“La prossima volta sarò pronto.”
«“Eroe?”
«Ora riuscivo a udire il lieve tremito nella voce di Dior. Lanciai un’occhiata verso la grotta.
«“Devo tornare indietro” sussurrai. “Sembra spaventata.”
«“Non è una tua preoccupazione, amore. Ricorda perché ci hai lasciato.”
«“Astrid, io…”
«La mia voce venne meno quando lei si voltò, scivolando via come un fantasma, nuda e pallida tra gli alberi. Non restava altro che una riva vuota e il precipizio fino al Volta. Con mani tremanti, mi asciugai le lacrime dalla faccia, mi ravviai i capelli e mi intrufolai tramite la crepa all’interno del calore della caverna. Dior era presso il fuoco, rannicchiata dentro il mio cappotto.
«“Eccoti qua” disse.
«“Eccomi qua. Stai bene?”
«Lei scrollò le spalle, come se stesse indossando un’armatura. “Pensavo che forse avessi…” Dior si accigliò, notando i miei occhi iniettati di sangue. Il mio volto smunto. “Tu stai bene?”
«“No. Ho sete.”
«La ragazza mi guardò con sospetto. “Sai… tu parli nel sonno.”
«“E tu russi. Ma non hai sentito me lamentarmi.” Lanciai un’occhiata all’alba che spuntava lì fuori mentre Dior emetteva piccoli versi oltraggiati. “Se sei sveglia, dovremmo metterci in marcia. La strada fino a Guardiarossa è lunga. E ho bisogno di trovare qualcosa da fumare.”
«Il suo volto si amareggiò a quelle parole e tutta la sua preoccupazione scomparve. “Devi alimentare la dipendenza, eh?”
«“Non si tratta di questo” ringhiai. “Non sono tua madre. Sono un sanguepallido, ragazza.”
«“Forse. Ma riesco ancora a vedere un’ombra che grava su di te.”
«“Questa cosa è nelle mie vene. È ciò che mi rende quello che sono. Non lo faccio per divertimento. Lo faccio perché devo. Devi pagare il dovuto alla bestia, per evitare che essa lo prenda da te.”
«“Ma la tua fucina, le tue sostanze chemistriche… erano nelle tue bisacce.”
«Sospirai, lanciando un’occhiata afflitta oltre il fiume. “Oui.”
«“Potremmo tornare a San Guillaume? Gezabele è ancora nelle stalle. Potre…”
«“No” la interruppi in tono perentorio. “Troppo pericoloso. E comunque Gezabele è fuggita durante la battaglia. Ormai si troverà a miglia di distanza. Ho fatto visita a Guardiarossa anni fa e lì ci sono persone che si muovono in luoghi bui. Se arriviamo al Mercato notturno, troverò ciò che mi serve.”
«“E cosa succede se non ci riesci?”
«Deglutii forte. Il bruciore si era già diffuso sotto la mia pelle e presto si sarebbe allargato alla spina dorsale, fino ad arrivare alla punta delle dita. Lanciai un’occhiata alle labbra di Dior, il mento a punta lì sotto, quella sottile vena pulsante appena più in basso della mascella. Afferrai Bevicenere dalla parete. “Muoviamoci.”»