«A QUANTO PARE gli abiti da suora bruciano piuttosto bene.
«Dior rimase seduta a guardare mentre io accendevo un fuoco, abilmente assistito dai paramenti che avevo indossato durante la nostra fuga. Dopo essere scappati da Guardiarossa per noi c’erano stati solo boschi morti, fatica e freddo gelido, ed entrambi eravamo stati troppo stanchi e malmessi per parlare un granché. I boschi attorno a noi erano marciti da tempo, congelati, ma, mentre la luce del sole iniziava a diminuire, trovammo un posto per fermarci, una quercia antica con una grande cavità al centro. Due rami si sollevavano dai suoi lati e mi ricordò un uomo penitente con le braccia spalancate e la testa gettata all’indietro a guardare il cielo.
«Cercai cibo nella penombra per un po’ prima di trovare quello che mi serviva: minuscoli funghi bruni che spuntavano dal tronco di un pino caduto. Li macinai fino a ridurli in poltiglia, poi bollii i rimasugli nel mio fornello e porsi l’infuso fumante a Dior.
«“Cos’è?” mi chiese.
«“Ombrapigra.” Indicai i brutti lividi che aveva in faccia. “Potrebbe disorientarti per un po’, ma aiuterà con il dolore.”
«Tirai fuori un paio di pagnotte alle patate e mangiammo in silenzio per qualche minuto. Di notte faceva un freddo pungente e i fiocchi di neve sfrigolavano quando le scintille si levavano verso l’alto, falene pallide che danzavano attorno alle fiamme. C’era qualcosa di pacifico in tutta quella situazione, ma sapevo che quella serenità sarebbe stata fugace. Inquisizione a parte, Danton era ancora sulle nostre tracce e perfino in quell’istante doveva essere in cerca di un modo per superare il Volta. Poteva volerci tempo. Diavolo, poteva essere necessario che l’intero fiume gelasse. Ma l’inverno profondo ora soffiava con il suo freddo pungente alle nostre calcagna e, più prima che poi, avremmo avuto di nuovo la Bestia di Vellene alla gola.
«“Sei tornata per me.”
«Dior alzò lo sguardo quando parlai. Teneva stretto il proprio tè, con gli occhi sulle fiamme danzanti. Volto e labbra erano neri e bluastri, e aveva sangue secco sotto le unghie rotte.
«“Nel Priorato” mormorai. “Sei tornata per me.”
«“Ma certo.”
«“Pensavo di averti detto che è meglio essere un bastardo che uno sciocco.”
«“E io pensavo di averti detto che non sei mio padre. Non dirmi cosa fare, vecchio.”
«Ridacchiai a quelle parole. Lei ricambiò con un debole sorriso, ma presto degenerò in un ghigno.
«“Ho deciso che te lo dovevo” replicò. “È stata la mia stupidità a farci finire in quella merda. E tu mi avevi avvertito. Sul fidarmi di quegli stronzi ingrati sulla chiatta. Mi avevi detto di tenere la testa bassa e io non ho ascoltato. Non so perché l’ho fatto. Perché non ho ancora imparato la lezione. Tutti tradiscono. Tutti se ne vanno.”
«“Non tutti. Non sempre.”
«“Tu stavi per farlo.”
«Inspirai a fondo e annuii. “E mi dispiace per questo, Dior. Davvero.”
«“Non serve dispiacersi.” Scrollò le spalle. “Sono io la stupida che continua a commettere gli stessi errori aspettandosi che accada qualcosa di diverso.”
«La esaminai, dall’altro lato del fuoco scoppiettante. I pugni serrati. Le minuscole scintille di rabbia nei suoi occhi. E mi resi conto che non stava più parlando di me. “Ti riferisci a Lashaame.”
«Lei incontrò il mio sguardo. “Te l’hanno raccontato, eh? Quelle stronze di inquisitrici ti hanno detto cos’ho fatto?”
«“Una versione della storia.” Mi strinsi nelle spalle. “Una a cui non ho dato credito.”
«“Ti hanno detto che ho ucciso qualcuno?”
«“Un vescovo.”
«“Non era un vescovo: era un bastardo. Un fottuto…”
«La sua voce si spense e lei serrò la mascella, voltandosi di nuovo verso il fuoco. Allora sembrò stanca e abbattuta, con tutto il peso del mondo sulle sue spalle. Era come se vedessi una crosta che lei voleva disperatamente grattarsi. Ma non avevo idea di quanto potesse sanguinare se l’avesse staccata.
«“Non devi raccontarmelo, Dior. Non ti giudicherò male.”
«Lei sospirò e si portò i capelli a coprire gli occhi. Avevo notato che lo faceva quando voleva che la gente smettesse di guardarla. Uno scudo bianco come cenere che la nascondeva dal mondo, come quel maledetto cappotto magico. “Ricordi che avevi chiesto cosa volevo essere da grande?”
«“Pericolosa” annuii. “E oggi hai dimostrato di esserlo, poco ma sicuro.”
«“Era una menzogna, però. Non mi è mai importato davvero essere pericolosa. Non volevo essere sola, tutto qui. È così che morì mia madre, sai. Perfino io la abbandonai alla fine.” Intrecciò le dita macchiate di sangue e abbassò la voce. “Tutti se ne vanno. Perfino io.”
«Dior sputò nel fuoco. Io rimasi tranquillo e immobile, ascoltando e basta.
«“Dopo la morte di mia madre, mi aggregai a quella banda dei bassifondi di cui ti ho parlato. Eravamo dieci e vivevamo in un magazzino nel porto di Lashaame. Quel posto era gestito da un vecchio scassinatore. Si faceva chiamare l’Angusto. Era un bastardo scorbutico come te, ma Dio… amavo quel posto. Lui ci dava dei lavori, prendeva una quota, ci rimetteva in sesto. Ci insegnò perfino a leggere con una vecchia copia dei Testamenti. Per anni, sembrò quasi che fossimo una famille.”
«“Sembra un posto… interessante.”
«“Era istruttivo” sorrise lei. “Lì imparai il gioco. Lavori nelle ombre. Truffa e scappa. Trappole per vermi e specchietti per le allodole.” Si mordicchiò un’unghia per un momento e la sua voce calò d’intensità. “C’era una borseggiatrice nel gruppo dell’Angusto. Rapidissima come un coltello. Anche lei era solita vestirsi da ragazzo, ma la individuai subito. Indossava un vecchio cappello a cilindro e un gilet, come la gente ricca.” Dior accennò un sorriso. “Si faceva chiamare Plutos. Non sapevo che le ragazze potessero amare altre ragazze. Sapevo solo che mi piaceva stare con lei. E una notte, lei e io eravamo sedute sul tetto del magazzino a parlare e a ridere, mi toccò la guancia e mi disse che ero bellissima. Poi mi baciò.” Dior scosse il capo, facendo scorrere le dita sulle labbra. “Nessuno mi aveva mai baciata a quel modo prima. Non sapevo che si potesse essere baciati a quel modo. Fu come… se il mio intero corpo fosse polvere e lei fosse fiamma. Uno di quei baci che paragonerai sempre a qualunque altro verrà dopo, sai?”
«Accennai un sorriso. “Oui.”
«“Ma riuscivo a vedere un’ombra che gravava su di lei.” Dior mi lanciò un’occhiata. “Proprio come la vedo su di te. Plutos faceva degli incubi. E a volte si svegliava piangendo. Volevo aiutarla, migliorare le cose. Le chiedevo sempre cosa c’era che non andava, ma ci volle quasi un anno prima che me ne parlasse. Di un uomo. Un prete. Si chiamava Merciér.” Dior sputò quel nome come veleno. “Era l’idolo della città. Il guardiano dei poveri. Vescovo di Lashaame. Si era fatto le ossa gestendo l’orfanotrofio cittadino. Plutos un tempo aveva abitato lì, prima di andare a vivere con l’Angusto.” Dior ridacchiò e si passò il pollice sulle cicatrici lungo i palmi. “A quanto pare, all’idolo della città piacevano le ragazzine. E quando Plutos era più giovane, lui…”
«Scossi il capo e ringhiai: “Fottuto bastardo”.
«“Ero furibonda per quello che le aveva fatto. Dissi che avremmo dovuto calpestare quello stronzo. Farlo fuori… estinguerlo come una dannata candela. Ma perfino dopo tutto quello che le era successo, Plutos credeva ancora. In Dio. Nei Testamenti che l’Angusto era solito leggerci. Mi trascinava a messa ogni prièdi. Uccidere un prete era peccato, diceva. Stava a Dio giudicarlo. Non a noi.
«“Ma io la convinsi che almeno potevamo dare una bella ripassata a Merciér. Uomo del clero. Riccone. Plutos meritava una qualche rivalsa dopo ciò che le aveva fatto quello stronzo. Così una notte ci intrufolammo nella sua villa mentre lui si trovava a una funzione privata. Stavamo ripulendo il posto ed eravamo a metà dell’opera quando il bastardo tornò a casa. Si era dimenticato gli occhiali, lo stupido porco. Saremmo potute fuggire. Uscirne pulite. Ma quando Plutos posò gli occhi su di lui… diede di matto.
«“Come ho detto, era rapidissima con quel suo coltello. Lo estrasse e si avventò su di lui. Urlando. Pugnalando. Lo trafisse una dozzina di volte prima che cadesse. Quando ebbe terminato, lasciò il coltello conficcato fino all’impugnatura nelle sue parti basse.” Adesso la voce di Dior era solo un sussurro, prossima alle lacrime. “Ero incredibilmente spaventata. Tutta la mia facciata, tutte le mie chiacchiere sull’essere pericolosa… cazzo…” Fissò di nuovo quelle mani macchiate. “Sai quanto sangue c’è dentro una persona?”
«Annuii e risposi a bassa voce: “Ho un’idea”.
«“Cercai di trascinarla via. Di squagliarcela da lì. Ma Plutos fissava il sangue sulle proprie mani. E mentre se ne stava lì a tremare e a piangere, Merciér si trascinò in piedi e le conficcò quel coltello nel petto. Una volta. Due. Cercai di toglierglielo e lui mi provocò brutti tagli sulle mani prima che la perdita di sangue avesse la meglio. Ma quando cadde rimase a terra, così io afferrai Plutos e corsi, trascinandomela dietro fino al covo di Angusto. La deposi a terra e tutti i nostri amici vennero fuori. Allora Plutos… era semplicemente stesa lì cercando di respirare e c’era così tanto fottuto sangue e io volevo solo che si fermasse. Così premetti le mani sopra i buchi, urlando che qualcuno, chiunque mi aiutasse.”
«“Avevi i palmi tagliati” mormorai, guardando le sue cicatrici. “Il tuo sangue…”
«Dior annuì. “Fu allora che appresi cosa potevo fare. Lì, in un luogo che chiamavo casa, circondata da persone che consideravo la mia famille, salvando la ragazza che credevo di amare. E tutti fissarono pallidi come fantasmi quando le ferite di Plutos si chiusero, e lei si mise a sedere e mi guardò battendo le palpebre su quegli occhi in cui ero solita sprofondare.” Dior scosse il capo e le colarono lacrime lungo le guance. “E mi chiamarono strega. Tutti quanti. Perfino… perfino lei. Plutos mi guardò come se fossi stata io a ferirla, non a salvarla. Cercai di prenderle la mano, di dirle che l’amavo, e lei si ritrasse come se l’avessi scottata. Come se… avesse paura di me.”
«Annuii, ricordando il terrore negli occhi di Ilsa, la notte in cui avevo appreso cos’ero. “So come ci si sente.”
«Dior si asciugò le lacrime. “Mi consegnarono al magistrato. Fui accusata dell’omicidio di Merciér. Tutta Lashaame reclamava a gran voce il mio sangue. Mi appesero in uno di quei fottuti patiboli perché la gente potesse sputarmi addosso, lanciarmi merda. La Chiesa riferì la notizia all’Inquisizione e quelle puttane gemelle arrivarono per bruciare l’Ammazzavescovi. L’eretica. La strega.” Scrollò le spalle e masticò un’unghia frastagliata. “Allora comparvero sorella Chloe e gli altri. Mi tirarono fuori dalla gabbia nel cuore della notte e ce la filammo più veloce che potevamo. Nonostante tutta la merda che avevo affrontato, mi ritrovai a pensare che con loro ogni cosa sarebbe andata a posto. Sorella Chloe mi aveva salvato la vita. Bel era dolce come il miele. E Saoirse, lei…” Dior scosse il capo. “Ma succede sempre la stessa cosa. Ancora e ancora. Tutte le persone a cui tengo se ne vanno o vengono portate via. E, come un’idiota, io continuo a fare sempre la stessa cosa aspettandomi che il risultato sia diverso. Non so perché mi ostino. Non so perché non imparo la lezione e basta.”
«“Tu hai buon cuore, ragazza. Ecco perché.”
«“Per quanto mi è stato utile… Ho trascinato il mio sedere per mezzo impero con questa stronzata della profezia, e per cosa? Persone che mi rinchiudono in un patibolo o che mi legano a un palo per darmi fuoco? Dovrei essere semplicemente come te. Fare quello che mi serve. Prendere quello che voglio. E ’fanculo il resto.”
«“Tu non vuoi essere come me, Dior.”
«“Perché no? Te la cavi bene. Hai una moglie. Una figlia. Alcune persone che ti vogliono bene. Ma il resto del mondo? Be’… che si fotta.”
«Allora chinai il capo. Cercai di vedere quello che lei scorgeva in me. “Mia moglie era solita dirmi che i cuori si feriscono soltanto. Non si spezzano. Non so se ci credo ancora. So che questo mondo è crudele. Che le persone soffrono comunque, che siano santi o peccatori. Che, ogni volta che dai un pezzo di te a qualcuno, rischi che lo rompa. Che esistono ferite che non guariscono mai davvero e che a volte delle persone rimangono solo le loro cicatrici. So che il tempo ci divora vivi tutti quanti.”
«Dior mi osservò sfregare il tatuaggio sulle nocche, giocherellando con la mia vera.
«“Ho visto le cose peggiori che questo mondo può partorire, ragazza. Ho visto gente tenuta in gabbia e trattata come bestiame, per saziare la sete di mostri sputati dal ventre stesso dell’inferno. Ho visto eserciti di fedeli macellati come maiali mentre Dio stava in disparte e non faceva nulla. Ho visto genitori mangiare i propri figli. E non posso dirti che migliorerà. Non posso dirti che credo, come Chloe, che tu sarai quella che metterà a posto tutto ciò. Non ti mentirò a questo modo.” Staccai gli occhi dalle fiamme e guardai quelli della ragazza. “Quello che posso dirti è che l’unico paradiso che ho trovato in questo inferno è stato nelle persone che ho amato. Amici. Famille. Perciò devi continuare a pensare il meglio della gente, malgrado tu veda il peggio di noi. Aggrappati al fuoco che hai dentro, ragazza. Perché ti fa brillare. E quando si estinguerà, sarà per sempre. Sappi che commetterai errori. Che il tuo cuore si ferirà… diavolo, potrebbe perfino spezzarsi. Ma non rinchiuderlo nel petto.” Allungai la mano e strinsi la sua. “Rivolgi il tuo cuore al fottuto mondo.”
«Dior si toccò gli occhi e io vidi che in essi quel fuoco bruciava ancora. Era coperta di sangue, oui. Malconcia. Ma ancora indomita. Guardò le mie dita avvolte attorno alle sue, le ciglia che brillavano di lacrime non versate mentre leggeva il nome tatuato sopra di esse. “È il nome di tua figlia? Patience?”
«Annuii. “Fu Astrid a tatuarlo, dopo la sua nascita. Tutto il resto…” Tirai su le maniche per mostrare i bordi della mia Egida. “… Angeli, Vergini Madri e Martiri, alla fine nulla di tutto ciò aveva importanza. Volevo qualcosa che ne avesse.”
«Dior si mordicchiò il labbro, meditabonda. “Sai… Bevicenere me l’ha detto.” Lanciò un’occhiata alla lama al mio fianco. “Quello che l’Ordine d’argento fece a te e a tua moglie. Capisco perché tu non voglia tornare a Santa Michon. Non ti biasimo per voler tornare dalla tua famille, Gabriel. Non hai chiesto nulla di tutto questo. E non è la tua lotta.”
«“Se dobbiamo credere a ciò che diceva Chloe, la tua lotta riguarda tutti.”
«“Ma tu non credi.”
«Guardai nel fuoco e da qualcosa di vecchio dentro di me uscì un sospiro. “Non riesco a credere a un Dio che ci ama. Non dopo tutto quello che ho visto. Ma credo in questo: i miei amici sono la collina su cui morirò. Per un po’ ho dimenticato quella lezione. Ma ora giuro che non lo farò più. Perciò, se la tua destinazione è Santa Michon, ti accompagnerò.” Le strinsi la mano con tutta la mia forza. “Non ti lascerò.”
«A quelle parole lei sorrise. “Siamo amici, allora?”
«“Del tipo più strano. Ma oui. Amici.”
«Lei si scostò i capelli dagli occhi e increspò le labbra, pensierosa. “Sai… tu mi tratti in modo diverso. Ora che sai che non sono un ragazzo.”
«“No. Ti tratto in modo diverso adesso che so che non sei una stronza.”
«Lei rise, e guardarla mi fece ridere a mia volta. Riuscii a capire che con quella risata si stava liberando di un grosso peso interiore. Qualcosa che portava da parecchio tempo.
«“Ecco” sorrisi. “Ti ho preso una cosa.” Mi voltai verso l’involto che avevo sgraffignato dal negozio al porto di Guardiarossa. Era raccolto tra le pieghe di un pesante cappotto in pelliccia di volpe che avevo preso per me. Ma gettai il resto a Dior, un oggetto alla volta oltre le fiamme.
«“Nuove brache” mormorò lei. “E stivali!”
«“Non posso portarti in giro per le province vestita da suora. La mia reputazione per quel genere di stronzate è già abbastanza pessima. Ti ho preso anche una camicia. E questo.”
«I suoi occhi si illuminarono quando le porsi una redingote da gentiluomo dall’ottimo taglio. Era grigio neve, lunga fino al ginocchio e ricamata con bellissimi ghirigori dorati. Sui bottoni erano sbalzati motivi di minuscole rose e aveva uno spillone con lo stesso motivo per il foulard. La stoffa era resistente ma morbida, l’interno orlato di pelliccia, calda e pregiata. Era un cappotto degno di un nobile.
«“Era il più elegante che avevano” dissi. “Non ero sicuro del colore.”
«“No…” Lei posò su di me occhi luccicanti. “No, è perfetto.”
«“Provatelo, allora.”
«Con un sorriso ampio quanto il cielo, Dior si tolse gli abiti da suora. Sussultai nel vedere le ferite e i lividi lì sotto, ma la ragazza continuò a muoversi come se stesse danzando, infilandosi camicia e cappotto sulle spalle e allacciando i bottoni. Allargò le braccia, aggiustò il cappotto e fece una piroetta, lanciando un urlo di piacere.
«“Ci attirerai addosso tutta la foresta” ringhiai. “Stai gridando con tutto il fiato che hai in petto.”
«“Ma io non ho petto, ricordi?” Mi lanciò un po’ di neve con un calcio, poi effettuò un’altra piroetta aggraziata. “Ebbene? Come ti sembra?”
«Io sorrisi. “Magico.”»