«“VALOROSA?” PROPOSE DIOR.
«“No” risposi.
«“D’accordo, che ne dici di… Coraggiosa?”
«“È lo stesso di Valorosa.”
«“Cavalleria, allora?”
«“Quale coglione chiama il suo cavallo Cavalleria, Dior?”
«La ragazza roteò gli occhi. “Dice l’uomo che ha chiamato la sua spada Artileo.”
«“Avevo quindici anni, che cazzo vuoi da me?” ringhiai. “E ti ho detto di smetterla di parlare con Bevicenere della mia giovinezza. Per buona parte, lei nemmeno c’era.”
«“Se vuoi che Cenere la smetta di parlarmi di te, dovresti smetterla di prestarmela.”
«“Be’, qualcuno deve impedirti di addormentarti quando monti la guardia.”
«“È successo una volta in due settimane. Smettila di menarmela, merci.”
«Avevamo abbandonato la riva gelata del Volta e svoltato a nord su una strada lunga e solitaria. Due settimane a scarpinare per l’Ossway settentrionale e avevamo visto pochi segni di vita. Tutto era silenzioso tranne per i versi dei corvi affamati, e tutto era immobile tranne i mulinelli di neve cadente. Superammo patiboli pieni di ossa. Villaggi fantasma, abbandonati da qualunque essere vivente a parte i ratti ingrassati dai cadaveri. Gli involucri vuoti di castelli un tempo possenti. Campi di vecchi contadini che erano diventati fosse comuni, i corpi congelati dov’erano caduti. Perfino i Morti avevano abbandonato quel posto: restavano solo alcuni abbietti vagabondi a ostacolare i nostri passi, i migliori dei quali ora si trovavano in piccole fiale di vetro dentro le mie bisacce. Dio non si vedeva da nessuna parte.
«Ecco l’impero per salvare il quale mi ero tanto impegnato a combattere: un mare sempre più vasto di ghiaccio e oscurità, in cui la luce dell’umanità diventava sempre più fioca. Ma il Nordlund incombeva davanti a noi. E io sapevo che in quel mare coperto dalle ombre indugiavano alcune minuscole fiammelle.
«Avevo preso l’abitudine di prestare Bevicenere a Dior quando la ragazza montava la guardia la notte. Sapevo che lei non aveva la minima idea di come vibrare una spada, ma la lama le parlava durante le ore piccole, tenendola vigile mentre io rubavo un po’ di sonno. Riuscivo a dormire solo per brevi sprazzi, ma ero lieto per quel poco. Perché a essere sincero bastava Dior a portarmi vicino alla pazzia, non c’era bisogno di aggiungerci anche la privazione di sonno.
«“E Galanteria?” chiese.
«“No” risposi.
«“Cuoregrande?”
«“Orribile.”
«“Be’, se non ti piacciono le mie proposte, sentiamo le tue” ringhiò la ragazza. “Non possiamo continuare a chiamarla Gezabele.”
«“Abbassa la voce, porca puttana.”
«Dior parlò di nuovo, con un tono più profondo di due ottave. “Come? Così?”
«“È un cavallo. Non le frega un cazzo di come la chiamiamo.”
«“È audace. È forte. È leale.” Dior diede una grattatina affettuosa alla giumenta dietro le orecchie. “Merita un nome che dica qualcosa di ciò che è in realtà.”
«“Se è così che funzionano i nomi, perché tu non ti chiami Irritare a morte Gabriel?”
«Dior sbuffò. “Sei proprio insopportabile, cazzo.”
«“Sì, anche quello funzionerebbe.”
«Le mie labbra si incurvarono in un sorriso segreto e riprendemmo a camminare. Ma proseguendo, presto scoprii che quel sorriso stava svanendo. Gli alberi morti si diradavano lentamente e nel turbinio della neve riuscii a vedere cosa c’era più avanti. Era inevitabile, certo: avevo rimuginato per giorni su cosa fare in proposito. Ma avevo sperato che saremmo arrivati più lontano prima che quella particolare secchiata di cazzi ci colpisse in piena faccia.
«“Merda” mormorai. “Il Ròdaerr.”
«Di fronte a noi, la strada scendeva fino a una sponda ripida e un ampio fiume. Il ponte era stato abbattuto e dalla riva spuntavano pietre d’ormeggio gemelle, una delle quali macchiata dall’impronta di mano insanguinata. Il Ròdaerr era largo solo ottanta iarde. Ma era comunque un problema.
«“Dovrebbe essere piuttosto facile da attraversare” disse Dior. “È congelato.”
«“Non del tutto” replicai. “E questo è un problema.”
«“Ne abbiamo più di uno?”
«Guardai le nevi cadenti, rabbrividendo nel freddo che mi penetrava fino alle ossa. “Alla fine l’inverno profondo ci ha raggiunto. Ogni fiume a nord dell’Ūmdir sta per congelarsi.” Incontrai gli occhi della ragazza e scossi il capo. “Non possiamo raggiungere Santa Michon così, Dior.”
«“Ma se i fiumi sono congelati… questo ci renderà più facile viaggiare, non più difficile.”
«“Più facile per noi” annuii. “E per le cose che ci danno la caccia. Stanno per arrivare le notti più fredde dell’anno. La Bestia di Vellene supererà il Volta e ci arriverà su per il culo con tutta la forza che riuscirà a radunare lungo il tragitto. Danton si muove più veloce di noi. E sa dove siamo diretti. Non raggiungeremo Santa Michon prima che ci sia addosso.”
«“C’è qualche posto dove possiamo ripararci?”
«Sospirai, tirando fuori la mia vecchia mappa dalle brache. Era malridotta, macchiata dall’acqua e spiegazzata, tuttavia le linee dell’impero erano ancora visibili sulla pergamena. Picchiettai contro una stellina nera sulle rive del Mère.
«“Château Aveléne” mormorò Dior. “Cosa c’è lì?”
«“Forse, solo forse, un fuoco abbastanza brillante da ridurre Danton in cenere.”
«“Quel sentiero conduce attraverso la selva settentrionale. Saoirse ci aveva avvertito di non andare là. Diceva che la Piaga era di gran lunga peggiore, che…”
«“Siamo mendicanti, Dior: non possiamo scegliere. Ma dopo la ripassata che ci ha dato a San Guillaume, la Bestia penserà che siamo a pezzi. Che stiamo fuggendo per salvarci la vita. E in verità è proprio quello che stiamo facendo. Sono venuto a nord per uccidere questo bastardo e tutta la sua maledetta famille, e sono stanco di scappare. Ti fidi di me?”
«La ragazza incontrò i miei occhi e annuì. “Mi fido di te, mon ami.”
«Guardai il tratto di ghiaccio grigio davanti a noi. “D’accordo, allora. Questa è la nostra strada.”
«“Una che potrebbe frantumarsi proprio sotto i nostri piedi.”
«“Esatto. Perciò andrò io per primo.”
«Dior sollevò un sopracciglio, spostando lo sguardo da me al fiume congelato, poi ancora su di me. “Non essere stupido, Gabriel.”
«“Posso trovare un percorso sicuro. Sono cresciuto nel Nordlund. Conosco il ghiaccio.”
«“Andrò io per prima. Sono più veloce. E più intelligente, anche se in modo più discreto. Ecco perché non voglio rimanere bloccata su questa sponda a tenere il cavallo mentre tu te la svigni da solo.”
«“L’hai mai fatto prima?”
«Lei scrollò le spalle. “Il fiume Lashaame si congela in inverno. Una volta ci tennero una fiera.”
«“Molli ragazze di città. Tsk.”
«Lei ridacchiò, pulendosi via la neve dalla redingote. “Dimmi cosa fare, allora, bifolco.”
«“Cammina lentamente” sorrisi. “Tieni le gambe larghe. Se il ghiaccio si crepa e tu colpisci l’acqua, il freddo ti toglierà il fiato dai polmoni. Se dovesse succedere, non perdere la testa. Scalcia verso l’alto. Girati e dirigiti dalla stessa parte da cui sei entrata. Hai ancora quella tua infilzaporci?”
«Dior scosse il capo. “Quelle stronze me l’hanno portata via a Guardiarossa.”
«“Ecco.” Tolsi il pugnale con tanto di fodero dal cinturone. “Se finisci in acqua, conficcalo nel ghiaccio e issati fuori. Solo, stai attenta alla corrente.”
«Lei soppesò la lama, guardando la septistella sbalzata sul pomolo e l’angelo Eloise con le ali spiegate sull’elsa. “È bellissimo” mormorò.
«Annuii. “Forgiato dal miglior fabbro che Santa Michon abbia mai conosciuto. Possiedo quella lama da diciassette anni. L’ho portata nella Battaglia dei Gemelli. A Báih Sìde. Triúrbaile. Tuuve. Non molte persone nell’impero sono reputate degne di portare l’argentacciaio.”
«“Te lo ridarò dall’altro lato. Promesso.”
«“Tienilo. È tuo.”
«Dior fissò il pugnale che aveva in mano, facendo scorrere la punta delle dita sul cappotto che le avevo dato. Si portò i capelli davanti alla faccia e premette le labbra in una linea sottile.
«“Non starai per intenerirti, Lachance?”
«Ridacchiò, rimettendosi la sua armatura. “Sono dura come fottuta roccia, io.”
«“Basta che non affondi. Non ho alcuna voglia di tuffarmi per salvarti.”
«Allora sorrise. Perché sapeva che l’avrei fatto.
«Dior scivolò giù dalla riva e fece i suoi primi passi sul Ròdaerr. Si mosse accucciata, agile e impavida, spazzando via la neve dalla superficie gelata con i palmi mentre procedeva. Il ghiaccio era grigio pallido e diventava più scuro quanto più si assottigliava, e immaginai la corrente del fiume che scorreva ancora letale e rapida sotto quella crosta.
«Il suo percorso lungo il ghiaccio era errabondo, irregolare, e il cuore mi saliva in gola mentre osservavo. Ma finalmente raggiunse la sponda opposta e mi fece un cenno di trionfo con la mano.
«“Andiamo, vecchio!”
«“Ho trentadue cazzo di anni!”
«Lei spezzò un ramo da un albero lì vicino e lo tenne sollevato. “Un bastone da passeggio per te!”
«“Stronzetta.” Diedi una grattatina al mento di Gezabele. “D’accordo, ragazza. Il tramonto non aspetta i Santi.”
«Prendendo le redini, la condussi con cautela fino alla costa gelata. Sulle prime, la giumenta non sapeva come comportarsi con l’acqua gelida, ma mi seguì con fiducia mentre procedevo lentamente su quel grigio liscio come vetro. All’inizio fu facile: vicino a riva, il fiume era congelato in una massa solida. Ma più andavamo avanti, più la crosta si assottigliava, passando da grigio neve a un color ferro più intenso. Il ghiaccio ora gemeva lievemente sotto i nostri piedi, con chiari ticchettii che mi riecheggiavano nelle orecchie mentre minuscole fratture cominciavano ad apparire sotto i nostri piedi. Ma Dior non era una stupida e il percorso che aveva scelto era sicuro. Se non fosse stato per l’insistenza di Dio a ficcarmi il suo uccello nell’orecchio a ogni opportunità, la nostra situazione sarebbe stata d’oro come il dente migliore di un marinaio.
«Fu Gezabele a percepirli per prima, sbuffando e facendo scattare le orecchie all’indietro. Io captai qualcosa nel vento e inclinai la testa per ascoltare. E poi li udii, lievi come piume e rapidi come un coltello nel buio. Passi. Dietro di noi.
«“Gabriel!” urlò Dior.
«Mi voltai, stringendo gli occhi quando li individuai: un ragazzo lacero, un vecchio, una donna giovane e robusta. Tre abbietti stavano arrancando lungo le rive congelate alle mie spalle, mani e bocche nere di sporcizia e sangue vecchio.
«Di solito quella non sarebbe stata nulla più di un’esercitazione quotidiana con la spada. Come ho detto, ci eravamo imbattuti in alcuni sanguefreddo marci lungo la strada. Però nessuno di quei bastardi era apparso mentre eravamo nel mezzo di un fottuto fiume ghiacciato.
«Sfoderai Bevicenere e la spada scintillò nella mia mano mentre il ragazzino putrefatto muoveva il primo passo sul ghiaccio.
«“S-s-scappa, Gabriel.”
«“Sono solo tre” bofonchiai. “Perché diavolo dovrei scappare?”
«“Perché lei lo f-farà.”
«Me ne resi conto troppo tardi. Ero troppo abituato a cavalcare con Giustizia, capisci. Ma Gezabele non era un coraggioso sosya allevato nel cuore di Santa Michon per non temere i Morti. E dopo il massacro a San Guillaume, sembrava odiarli e temerli più di molti altri animali. Così, quando colse una bella zaffata di quegli abbietti nel vento, sbuffò e si impennò, e al diavolo il percorso di Dior: Gezabele partì a rotta di collo lungo il ghiaccio.
«I ticchettii divennero schiocchi, poi rumori di ghiaccio che si frantumava. Profonde crepe bianche si diffusero come ragnatele quando mille libbre di giumenta terrorizzata galopparono sopra la lastra che ricopriva il fiume. Gli abbietti stavano scattando verso di me, il vecchio bastardo che scivolava e cercava appigli, il ragazzo che balzava a quattro zampe come un lupo, gli artigli che si conficcavano nella superficie congelata. Sentii il ghiaccio spostarsi, muovendosi sotto di me come la tolda di una nave sbattuta dalla tempesta mentre Dior urlava un avvertimento e la voce di Bevicenere mi risuonava nella testa: “Scappa, maledetto idiota!”.
«Mi voltai e scattai, slittando sulla superficie che andava in pezzi. Davanti a me, il ghiaccio si stava rompendo: lo vidi cedere sotto le zampe posteriori di Gezabele e la giumenta nitrì quando toccarono l’acqua. Un pezzo di ghiaccio si frantumò sotto i miei tacchi d’argento, io incespicai e balzai su una superficie cedevole. E poi l’intero mondo crollò sotto i miei piedi.
«Feci un balzo, librandomi in aria mentre quell’appoggio cedeva. Ma non arrivai abbastanza lontano. La superficie si capovolse e andò in pezzi quando la colpii, frantumandosi in folli motivi a spirale nell’istante in cui i miei stivali vi passarono attraverso, seguiti dal resto di me, con Bevicenere che ruggiva nella mia testa mentre mi scivolava fra le dita e finiva a slittare lungo il ghiaccio. E con una breve imprecazione oscena, mi immersi nel gelido Ròdaerr.
«Il trauma mi colpì con forza nel petto e, come avevo promesso a Dior, tutto il fiato lasciò i miei polmoni. Mi ero incrinato il cranio sul ghiaccio mentre sprofondavo e sentii sangue in bocca quando il freddo mi perforò fino alle ossa. Passarono alcuni secondi prima che tornassi in me, mi scrollassi di dosso quel trauma e mi guardassi attorno nell’oscurità, scalciando verso l’alto in direzione della luce. Ma imprecai quando battei di nuovo la testa contro il ghiaccio sopra di me. Con un tuffo al cuore, mi resi conto che la corrente mi aveva catturato e mi stava trascinando a valle, lontano dal buco in cui ero caduto.
«Scalciai con vigore e vibrai pugni con tutta la forza che avevo, scheggiando il ghiaccio. Ma non avevo aria nei polmoni e nella mia visuale apparvero punti neri intanto che continuavo a colpire la superficie.
«Thump.
«Crunch.
«Nulla.
«Ora venivo trascinato dalla corrente e lottavo, premuto contro il ghiaccio lì sopra. La superficie era liscia come vetro sotto i miei guanti, senza un appiglio, e imprecai quando, allungando una mano per prendere il coltello, mi ricordai di averlo dato a Dior. Intravidi una sagoma scura attraverso la crosta sopra di me: un’ombra indistinta e una voce flebile, a malapena udibile sopra il battito timoroso delle mie pulsazioni. Fra tutti i luoghi in cui ero stato, tutti gli orrori che avevo affrontato, sembrava idiota che potessi morire a quel modo: soffocato sotto una sottile lastra d’acqua congelata. Mi diedi dello stupido per non aver assunto il sacramento: se fossi stato appena saziato, sarei riuscito a farmi strada a pugni. Ma al momento neppure i colpi da sanguepallido erano abbastanza forti da liberarmi da quella tomba.
«Sbattei il pugno contro il ghiaccio, ancora e ancora, sentendo le crepe riverberare lungo quel grigio congelato. Adesso fiori neri sbocciavano nei miei occhi, bellissimi e paralizzanti: la pressione nel mio petto e la necessità di respirare bruciavano come fiamma.
«Le braccia amorevoli della corrente mi stavano trascinando e la luce era sempre più fioca. Tutto il fuoco stava scomparendo. Ogni speranza era perduta. L’inferno mi chiamava, quelle braccia eterne spalancate, ma supponevo che almeno lì sarei stato al caldo. E poi giunse un suono fragoroso e, oltre il velo sopra i miei occhi, vidi il ghiaccio sopra di me spaccarsi, andando in frantumi come se la sua superficie fosse stata colpita da una cometa. E anche se dentro di me non avevo fiato per urlare, ci provai comunque quando quattro piedi e mezzo di sideracciaio affilato attraversarono il ghiaccio e mi infilzarono la pancia.
«Fui strattonato fino a fermarmi all’improvviso, impalato da quell’acciaio con la bocca aperta per il dolore. Allora udii la voce di Bevicenere riecheggiarmi nella testa, come argento brillante in quel nero opprimente: “LOTTA!”.
«Strinsi gli occhi al buio e vidi che la lama aveva creato un reticolo di crepe nel grigio sopra di me. E pensai ad Astrid. A Patience. Con un ringhio furioso, distrussi i miei guanti e mi lacerai le nocche fino a farle sanguinare quando sbattei il pugno verso l’alto, una volta, due, tre.
«“Mi rifiuto di morire qui” dissi a me stesso.
«Thump.
«“Mi. Rifiuto.”
«Crunch.
«“Di morire qui.”
«Il mio pugno, dilaniato fino all’osso, passò attraverso le crepe e sentii qualcuno afferrarmi. Il dolore avvampò quando la lama mi fu strappata via dalla pancia. Distrussi il coperchio congelato della mia bara, con i polmoni in fiamme mentre i pezzi si staccavano; una luce fioca filtrò quando finalmente, scalciando e tirato da sopra, spinsi la testa in alto, nell’aria benedetta.
«“Gabriel!” tuonò Dior. “Reggiti a me!”
«Non riuscii a far altro che vomitare, infilzato e sanguinante mentre la ragazza mi conficcava le dita nel braccio e mi tirava all’indietro. Dior era prona, con Bevicenere conficcata nel ghiaccio come un chiodo da roccia, e finalmente mi estrasse da quel buio gelido per depormi sulla superficie accecante.
«“Reggiti!” supplicò Dior. “Reggiti, Gabe!”
«Stringendomi la pancia perforata, lasciai una lunga striscia cremisi sul grigio mentre lei mi trascinava verso la riva. E alla fine ci fermammo a pochi piedi dalle sponde congelate. Mi raggomitolai su me stesso sbavando sangue, le mani sul ventre, congelato e con la testa che mi ronzava.
«“Riesci a sentirmi?” Dior mi strinse forte la mano, gli occhi spiritati. “Gabriel?”
«“Porca… di q-quella… p-p…”
«Sentii delle mani armeggiare con le tasche del mio cappotto e battei le palpebre alla luce debole del sine die. Potevo sentire il sapore del mio stesso sangue, vetri rotti nella pancia, il cuore che si dibatteva contro le costole.
«“Ecco. Ecco, inspira…”
«Lei mi premette la pipa contro le labbra e il sapore del sanctus, un rosso dolce e pietoso, si riversò dentro di me. Tossii schizzando sangue sulla brina, poi presi la pipa dalla mano tremante di Dior e inalai ancora. Avvertii quella maledetta forza e il dolore diminuì, permettendomi di respirare più facilmente. Premetti la mano contro la pancia sventrata e del sangue mi colò tra le dita.
«“Tu…” Guardai Dior a occhi socchiusi, i miei denti appiccicosi. “T-tu…”
«“È tutto a posto” disse lei. “Ti ho preso, Gabe. Sei salvo.”
«“Tu… mi hai infilzato… c-cazzo.”
«“Aspetta… non sarai irritato con me, ora?”
«“Irritato?” tossii, sputando altro sangue. “Mi hai infilzato!”
«“Non è stata colpa mia!”
«“L’hai fatto per errore?”
«“No.” Lei si accigliò e scrollò le spalle. “È stata un’idea di Bevicenere.”
«Guardai torvo la lama, ora conficcata nella neve al fianco della ragazza. “Ma davvero…”
«“L’avevo afferrata solo per rompere il ghiaccio” spiegò Dior. “Però la corrente ti aveva catturato. Dovevamo tenerti fermo perché potessi liberarti con i pugni. Così lei mi ha detto di… sai…” La ragazza unì indice e pollice della mano sinistra a formare un cerchio, poi vi infilò ripetutamente l’indice destro. La dama argentata sull’elsa della spada mi sorrideva come sempre.
«“Stronza” sibilai.
«Dior sussultò con aria compassionevole. “Fa male?”
«“Mi. Hai. INFILZATO!”
«“Che cazzo, non fare il bambino. Domani non ci sarà nemmeno un segno. Sai, molta gente riserverebbe un ‘merci’ alla ragazza che le abbia salvato la vita, de León.”
«Il trauma stava scomparendo, la paura di essere quasi affogato ridotta a un lieve riflusso. Da coglione scorbutico qual ero, non avevo ancora capito che quella ragazza aveva appena salvato il mio misero culo e che il minimo che potevo fare era non comportarmi come una completa testa di cazzo. “Merci” dissi accigliato.
«Lei increspò le labbra, si alzò e mi offrì la mano. “Alzati, vecchio.” Dior mi trascinò in piedi e io gemetti di dolore.
«Con una mano contro la pancia sanguinante, mi guardai attorno battendo le palpebre nella luce fioca. “Cos’è successo agli abbietti?”
«Dior indicò con la testa il ghiaccio in frantumi. “Sono andati sotto. Tutti e tre. Senza nemmeno un suono.” Scosse il capo, sconvolta. “Ma è stato come se si… sciogliessero.”
«“E invece…”
«Udii zoccoli pesanti scrocchiare sulla neve fresca. Togliendomi i capelli dagli occhi con una mano insanguinata, vidi Gezabele avanzare lungo la sponda congelata verso di noi, un po’ zuppa, un po’ scossa, ma all’apparenza non in pessime condizioni. “Che Dio mi fulmini” sospirai. “Sei la stronza più fortunata che abbia mai incontrato.”
«Dior incontrò il mio sguardo ed entrambi pensammo la stessa cosa.
«“Trovato!” urlò.
«“Trovato…” annuii.
«Zoppicai fino al fianco della giumenta, grattandole un orecchio con una mano insanguinata mentre Dior le gettava le braccia attorno al collo.
«“Fortuna.”»