«LA MIA FURIA era terribile. Non verso gli spadaccini fuori dalla porta di Dior che non l’avevano udita arrampicarsi fuori dalla finestra, né verso il custode del canile che dormiva quando lei aveva portato via i cani dai loro recinti. Né verso le sentinelle che non l’avevano degnata di un’occhiata mentre guidava i cani giù per la collina, né verso il soldato che l’aveva aiutata ad agganciarli alla slitta che lei aveva caricato.
«No, la mia furia era rivolta allo sciocco che aveva creduto che quella ragazza si sarebbe rintanata dentro un castello mentre un’altra goccia di sangue veniva versata per lei.
«Ora ci trovavamo sui bastioni di Aveléne, scrutando attraverso le merlature in direzione del Mère scintillante nella valle gelata lì sotto.
«“È uscita all’alba” riferì Aaron. “Nella neve, diretta a nord-est verso la Strada della Vergine. Può seguirla fino a Santa Michon se…”
«“No” lo interruppi accigliato. “Procederà sul fiume.”
«Baptiste scosse il capo. “Secondo i nostri esploratori era diretta…”
«“Ha fatto dietrofront. Quella stronzetta è astuta come un gatto. E dopo aver dato un’occhiata alla mappa che avete nella sala, sa che il Mère la condurrà fino al monastero.”
«“Come lo sai, fratello?”
«Inspirai a fondo e dalle labbra mi uscì una nuvola di gelo tremante. “Le ho offerto una fiala del mio sangue, quand’eravamo a Winfael. Lei l’ha rifiutata. Così, quando le ho procurato quel nuovo cappotto a Guardiarossa, ho infilato la fiala nella fodera.” Scuotendo il capo, ricordai le lezioni del maestro Manogrigia. “Età e slealtà posso sempre prevalere su giovinezza e abilità, Lachance.”
«“Perdonami, Gabe” disse Baptiste. “Ma a che serve una fiala del tuo sangue?”
«“A percepirla.”»
Jean-François smise di scrivere e alzò lo sguardo dalla sua cronaca. «Percepirla, de León?»
Gabriel annuì. «Non avevo mai avuto un insegnante. Non avevo mai incontrato nessuno che potesse svelare i segreti della mia stirpe. Tuttavia nel corso degli anni avevo appreso qualche piccola invocazione; frammenti e sussurri, celati nelle pagine di Santa Michon e scoperti dal mio amore.»
«Ematomanzia» mormorò lo storico.
«Oui. E in cima alle mura di Aveléne mi protesi con la mente verso l’orizzonte e l’avvertii con certezza: un minuscolo pezzo di me dentro una prigione di vetro, diretto a nord lungo una strada di ghiaccio grigio.
«“Lei è sul fiume” dissi. “E i Morti la stanno seguendo.”
«“Le sentinelle hanno detto che aveva caricato la slitta di provviste” mormorò Baptiste. “Ma perfino correndo a tutta velocità, i Morti non potranno muoversi più rapidi di una slitta trainata da cani sul ghiaccio alla luce del giorno.”
«“Il giorno non durerà in eterno” ammonì Aaron.
«“Devo raggiungerla per l’imbrunire” dissi, scendendo lungo le scale. “È allora che la colpiranno. Mi serve il resto dei tuoi cani, Aaron. E una slitta. Più veloce che puoi.”
«“Verrò con te” dichiarò, e di nuovo mi meravigliai per la fiducia e l’affetto che il mio fratello nutriva per me.
«Gli sorrisi mentre scuotevo il capo. “Ha due ore di vantaggio. Devo essere più leggero che posso.”
«“Gabe, non puoi affrontare Danton e quell’esercito da solo.”
«Diedi una pacca all’elsa di Bevicenere. “Non sono da solo.”
«Baptiste scosse il capo. “Gabe…”
«“Non perderò tempo a discutere, fratelli. Solo la Vergine Madre sa cos’ho fatto per meritarmi amici veri come voi. Ma non avete abbastanza cani per seguirmi, né cavalli che possano galoppare in sicurezza su un fiume semicongelato. E ogni minuto che sprechiamo è un altro minuto in cui Danton si avvicina alla gola di quella ragazza. Perciò procuratemi quei cani. Per favore.”
«Il custode del canile lavorò rapidamente, spogliando una slitta fino all’osso affinché potessi muovermi più leggero. Io rimasi assieme ai miei fratelli sul molo congelato, con il Mère che serpeggiava sotto la neve cadente e la gente di Aveléne che osservava dalla cima delle mura. Senza dubbio si sentivano in colpa per aver chiuso un occhio e lasciato che Dior se ne andasse da sola. Ma soprattutto erano consapevoli che quella ragazza aveva attirato l’ombra lontano dalle loro mura, che si era gettata oltre il bordo per risparmiarli dal massacro. E adesso sollevarono le voci in un clamore lungo quella pietra antica, risuonando da qualche parte nel vuoto del mio petto.
«“Buona fortuna, de León!”
«“Che la Vergine Madre ti benedica!”
«“Avanti, Leone!”
«“AVANTI, LEONE NERO!”
«Baptiste mi cinse con le braccia, abbracciandomi con forza. “L’angelo Fortuna sia con te, Leoncino. Che Dio e tutta la sua schiera celeste veglino su di te.”
«“Merci, fratello. Bada a questo bel ragazzo per me.”
«Ma Aaron non volle ricambiare il sorriso che gli scoccai. “Questa è follia, Gabriel.”
«“Definiamola temerarietà. È sempre stata quella, la mia natura. Ora dimmi addio, fratello, e augurami buona fortuna. Se desideri pregare per lei, non ti maledirò.”
«“Per lei, ma non per te?”
«“Lui non ascolta, Aaron” sorrisi tristemente. “Non l’ha mai fatto.”
«Aaron mi fece scivolare una bandoliera sopra la spalla, traboccante di bombargento, acqua santa e fiale di sanctus. E poi mi attirò in un abbraccio, stringendo forte. “Ricorda, Gabe” sussurrò. “Non ha importanza in cosa riponi la fede. Ma devi avere fede in qualcosa.” Mi baciò la fronte, gli occhi scintillanti. “Buona fortuna. Sii veloce.”
«Avevo il vento alle spalle quando uscii di gran carriera, come se la bufera stessa mi spronasse. I cani erano dell’intrepida razza nordlundiana nota come “lancieri”, e correvano veloci, trainando la slitta che fendeva il ghiaccio con un sibilo mentre ci precipitavamo lungo l’ansa congelata del Mère.
«Le sponde del fiume sulle prime erano sporgenze e dirupi – il buon basalto nero delle ossa della mia patria –, e la neve fresca di fronte a noi non recava segni di orme o tracce. Ma poche ore dopo, più a monte, quelle rupi lasciarono spazio a pianure e boschi morti e congelati, e vidi gli archi gemelli delle lame della slitta e una moltitudine di orme di cani deviare dalle sponde sul ghiaccio stesso: la pista di Dior, poco ma sicuro. Aveva condotto la slitta oltre le rocce e sopra il fiume, sperando di nascondere le proprie tracce. Ma sapevo che un segugio abile come Danton non si sarebbe lasciato ingannare da uno stratagemma così semplice, e poco dopo le sue tracce si persero tra quelle delle creature che la seguivano: una truppa numerosa che, uscita dai boschi, la stava inseguendo lungo il Mère. Mi figurai i sanguenobile e gli abbietti che Danton aveva con sé, guardai le magre provviste che trasportavo e la lama spezzata che tenevo alla cintura. In verità, non sapevo se sarebbe stata sufficiente. Ma quando c’è ben poco che puoi fare, fai quel poco che puoi.
«Un falco delle nevi attraversò il cielo sopra di me, screziato di bianco e grigio ferro, lanciando grida nell’aria gelida. I miei lancieri continuavano a correre nelle nevi accecanti. Adesso il vento era cambiato, un ululato che da nord tagliava come una spada lungo il letto del Mère, la neve come lame di rasoio. Tenevo il colletto alzato attorno alla faccia, il tricorno tirato giù, ma gli occhi bruciavano ancora, le lacrime si congelavano sulle guance e il freddo mi mordeva le nocche.
«Il sole annerito ora stava calando verso il suo riposo e una notte senza lune attendeva dietro le quinte, tuttavia non c’era ancora alcun segno della mia preda. Ma mentre l’astro diurno si abbassava sull’orizzonte e lunghe ombre si sfocavano nella luce soffusa, il mio cuore sobbalzò quando lo vidi in lontananza: il debole ribollire di polvere sollevata da centinaia di piedi. E mi resi conto che li avevo raggiunti, entrambi. L’orda di Danton era alle calcagna di Dior, che fuggiva come se alle spalle avesse il diavolo in persona.
«Era piegata sopra la slitta, urlando ai suoi cani: “Correte! CORRETE!”; spronati dalla paura dei Morti, i segugi si precipitavano sul ghiaccio come fulmini. Quando però la luce del sole scomparve, i Morti divennero più forti e corsero più veloci, avvicinandosi sempre più al loro premio. Per primi venivano gli abbietti, come bestie pungolate dalle fruste dei loro padroni. Poi i sanguenobile, quegli orrendi cugini e figli che Danton aveva radunato per aiutarlo, tutti Cuordiferro. E per ultima la Bestia di Vellene. Ora riuscivo a vederla, se stringevo gli occhi. La mia rabbia avvampò quando lo ricordai fuori da casa mia, testimone silenzioso delle atrocità che sarebbero accadute all’interno, la notte in cui suo padre aveva bussato tre volte alla mia porta.
«Dovevo sangue alla sua famille. E giurai che quella notte, quella notte avrei cominciato a ripagare il conto.
«La pipa era piena contro le mie labbra e inalai il colore dell’omicidio nei polmoni. L’intera notte prese vita, ogni senso in fiamme, l’odore di cani e sudore fresco, il suono di passi tonanti e battiti galoppanti, la vista del nemico davanti a me e della lama che portavo, ora sfoderata e scintillante nella mia mano. Ma con un tuffo al cuore vidi l’ultimo alito di tramonto fuggire dal cielo e nella mia mente riecheggiarono ricordi della mia giovinezza nelle sale di Santa Michon: una delle prime lezioni che avessi mai appreso, prima che il mio nome diventasse leggenda, il mio amore bruciasse come una fiamma estiva e il mio orgoglio ponesse fine a tutto quanto.
«I Morti corrono veloce.
«Adesso erano vicinissimi a Dior, con gli artigli protesi. Capii che l’avrebbero presa molto prima di me e, in preda alla disperazione, urlai il suo nome. Lei si girò a guardarmi attraverso la neve cadente e pensai di poter finalmente scorgere paura nei suoi occhi. Invece vidi un bagliore affilato come vetro e nato dai bassifondi. Non era la salvatrice di un impero o la discendente di una divinità, bensì un ratto di strada. Una ragazza che era cresciuta in vicoli sudici e tuguri marci lontano da lì, che era sopravvissuta grazie a intelligenza e astuzia, una ladra, truffatrice e incorreggibile bugiarda.
«L’acciarino che aveva preso in prestito avvampò e le sue micce cominciarono ad accendersi. Il pugnale d’argento che le avevo dato guizzò e i cani che trainavano la sua slitta furono liberati. Il fiato lasciò i suoi polmoni quando lei balzò via, trascinata dai segugi lungo il ghiaccio e lontano dalla slitta mentre quella ondeggiava e si ribaltava alle sue spalle, con i barili che aveva caricato e acceso adesso rovesciati sul ghiaccio e marchiati con piccole X… le falci gemelle di Mahné, l’angelo della morte.
«“Ignis nero” mormorai.
«“Attenti!” tuonò Danton. “ATTENTI!”
«La polvere si accese e scoppi assordanti squarciarono la valle, rischiarando a giorno l’oscurità. Gli abbietti più vicini furono avvolti o fatti a pezzi dall’esplosione. Ma quando l’onda d’urto colpì il ghiaccio, riverberando a tal punto che la sentii sotto di me, mi resi davvero conto della genialità del piano di Dior. La superficie ghiacciata del Mère si infranse in spirali spettacolari proprio come quando Fortuna era scattata sul Ròdaerr. E proprio come avevo fatto io quel giorno, la legione di Danton si ritrovò immersa sotto il pelo dell’acqua, nelle profondità gelide del fiume che lì sotto scorreva ancora.
«“Trappola per vermi” sorrisi.
«Almeno cento, compresi due sanguenobile, precipitarono quando l’intera lastra sotto di loro andò in pezzi. Solo pochi ebbero la presenza di spirito di urlare quando l’acqua lavò via la carne dalle loro ossa e la morte da tempo negata li avvolse finalmente tra braccia amorevoli.
«Ma altri fra cui Danton si sparpagliarono, deviando da quel baratro e saltellando sulla superficie che andava in pezzi. Come ombre rapide e letali, danzarono lungo il ghiaccio che si rompeva più vicino alla riva, dove il fiume era congelato fino al letto, e lì continuarono l’inseguimento. Lo stratagemma di Dior aveva scavato un solco sanguinante nella forza di Danton, tuttavia restavano ancora decine di vampiri – buona parte dei sanguenobile e tra loro la Bestia in persona –, e adesso l’azzardo di Dior era stato svelato.
«Lei veniva trascinata lungo il ghiaccio dai suoi cani, aggrappandosi disperatamente all’imbracatura tagliata. Io mi piegai in avanti, urlando ai miei lancieri di correre più veloce, sterzando attorno al baratro nel ghiaccio in pezzi del fiume e proseguendo rapidamente. Ma adesso Danton era davvero infuriato e lui e la sua coorte si avvicinavano sempre più.
«“Avevo detto che ti avrei dato la caccia per sempre, ragazza!”
«“F-fottiti!” farfugliò lei, reggendosi con tutte le sue forze.
«“Devi dire ‘per piacere’, amore!”
«“Danton!” ruggii. “Affrontami, codardo!”
«Ma la Bestia mi ignorò, si limitò a lanciarsi un’occhiata alle spalle e a concedermi un sorriso omicida. Ero ancora troppo lontano per aiutare Dior, riuscivo a stento a mantenere il ritmo mentre i vampiri guadagnavano terreno a ogni passo. Se l’avessero raggiunta, quei sanguenobile potevano tenermi occupato mentre la Bestia fuggiva con Dior, e tutto questo non sarebbe servito a nulla. Udii di nuovo il verso di quel falco delle nevi da qualche parte nel buio sopra di noi e la voce di Bevicenere mi riecheggiò nella mente sopra il clamore delle mie pulsazioni.
«“Avanti, Gabriel! D-dobbiamo salvarla! AVANTI!”
«E poi accadde l’inevitabile. I cani di Dior continuarono a correre, terrorizzati dai Morti, incuranti della ragazza che si trascinavano dietro. Scattarono verso un cumulo di neve alto un piede o due sopra il ghiaccio e lo aggirarono. Ma Dior strillò quando fece un’ampia curva a causa delle briglie, chiudendo gli occhi mentre sbatteva contro il cumulo. La sua stretta venne meno e, con il suono di fruste schioccanti, l’imbracatura si staccò, facendola ruzzolare lungo distesa e poi uscire dall’altra parte del cumulo di neve, rotolando fino a fermarsi dal lato opposto. Sbatté la faccia sul ghiaccio, lacerandosi la fronte, con sangue su mani e guancia. Gridai in preda all’orrore mentre Danton ululava in segno di trionfo, con i suoi sanguenobile che calavano verso la ragazza caduta, i suoi abbietti che scattavano con gli artigli protesi.
«Uno dei sanguenobile – un tizio anziano vestito da gentiluomo di campagna – la afferrò per il colletto come se pesasse quanto una piuma. Dior imprecò graffiandogli la faccia e il vampiro urlò quando le sue dita gli dipinsero linee cremisi lungo la guancia. E dove il sangue della ragazza gli baciò la pelle, sbocciò un fuoco incandescente e accecante. Quello barcollò all’indietro ululando, la carne da Cuordiferro scavata da grossi squarci cinerei dal semplice tocco del sangue di Dior.
«Una bombargento scoppiò tra gli abbietti, facendone a pezzi alcuni. Ne esplose una seconda e poi una terza, volteggiando dalla mia mano e illuminando la notte, con argento caustico che ustionava pelle e occhi dei Morti. Il gregge di Danton si sparpagliò mentre scagliavo un’altra raffica, balzando dalla mia slitta e urlando: “DIOR!” mentre la ragazza strillava: “GABRIEL!” e si rimetteva in piedi. Un bruto alto e dagli occhi morti fece per afferrarla quando lei scattò verso di me attraverso il fumo argenteo, la redingote elegante che si lacerava nel pugno del vampiro. Un abbietto le balzò addosso, cercando di gettarla a terra. Ma di nuovo lei fece guizzare le mani bagnate di sangue e la creatura si ritrasse con la carne carbonizzata dove si era riversato il liquido.
«Dior riuscì ad arrivare al mio fianco e si gettò tra le mie braccia, la faccia viscida di rosso. Bevicenere cantò nell’aria, falciando gli abbietti alle sue spalle e lasciandoli in pezzi fumanti sul ghiaccio. Io scagliai l’acqua santa e le bombargento, facendomi largo tra la marmaglia che mi caricava a testa bassa, occhi senz’anima e bocche spalancate. Dior attaccò con il pugnale d’argentacciaio mentre io abbattevo altri abbietti nella neve insanguinata ed entrambi ci mettemmo schiena contro schiena intanto che il canto della lama mi risuonava nella testa: acciaio come madre, acciaio come padre, acciaio come amico. Uccidevo quei bastardi da quando avevo sedici anni, e uno dei primi che avevo ammazzato era una Principessa Sempiterna: non esisteva al mondo alcun modo per cui potessi cadere sotto i denti di poche decine di quei bastardi avendo in corpo un’intera dose di sanctus, con il braccio della spada integro e la furia di un vedovo, di un padre non più tale che ardeva in me. E anche se feci un fottuto massacro rosso di quei cani, sapevo che non era affatto un trionfo. Danton e i suoi sanguenobile si tenevano in disparte, osservandomi utilizzare quello che restava del mio arsenale, indietreggiando sul ghiaccio ora che non avevo nient’altro da lanciare, nessun asso nella manica.
«E ancora quasi una dozzina di sanguenobile da uccidere.
«Si aprirono a ventaglio attorno a noi mentre arretravamo, circondandoci lentamente. Ne conoscevo alcuni di nome, per la loro reputazione sanguinaria. Un bruto dalla barba scura chiamato Maarten il Macellaio, che indossava una cotta di maglia e portava una grossa spada a due mani fra pugni come martelli. Un’altra guerriera di nome Roisin la Rossa, rapida e scaltra, con il corpo avvolto da abiti di cuoio orlati di pelliccia e i capelli acconciati in ammazzatrecce. Una donna snella con capelli dorati come grano e occhi rosso sangue chiamata Liviana. Un ragazzo noto solo come Prendo, che non poteva aver avuto più di dieci anni al momento della morte, vestito con eleganti abiti chiari e macchiato di sangue.
«Erano tutti Cuordiferro, ognuno padre o madre di decenni di omicidio, un incubo da uccidere da soli, tanto più con dieci fratelli accanto. E alla loro testa un Principe Sempiterno, figlio del loro terribile signore in persona. Il macellaio di mille fanciulle, il segugio del sangue del Re Sempiterno, la Bestia di Vellene, ora avanzava verso di me sul ghiaccio mentre i suoi compagni chiudevano lentamente il cerchio attorno a noi.
«“Ti avevo avvisato, Santo d’argento” disse. “Avresti dovuto rimanere sepolto.”
«Digrignai le zanne. “Tuo padre avrebbe dovuto uccidermi quando ne aveva l’opportunità, bastardo.”
«“Ma lui ti ha ucciso, de León. Non sei l’eroe per cui sono state cantate ballate, lo chevalier che ha sconfitto eserciti immortali, l’uomo diventato leggenda. Davanti a me non vedo nemmeno il ragazzo che eliminò la mia cara sorella.” Danton scosse il capo e il cerchio si strinse ancora. “Un’ombra è tutto ciò che resta di te. Un bastardo vuoto, un beone e un disgraziato, imbevuto d’alcol e dallo spirito spezzato.” Danton sollevò la lama, il filo della sciabola scintillante. “Ma potresti ancora vivere per vedere l’alba, de León. Hai dei conti in sospeso con il mio tremendo padre nell’Est, giusto? Debiti non pagati?” Ci girò attorno, dietro il muro dei suoi sanguenobile, il sorriso color rosso rubino. “La tua Patience? La tua Astrid? Sonnecchiavi in cantina mentre mio padre faceva quello che voleva con tua moglie, tuttavia sono certo che tu abbia immaginato le dolci sofferenze che le ha donato prima di seppellirla nella terra accanto a te. E sono ancora più sicuro che non ci sia nulla che tu desideri di più che rivedere il mio Re.”
«Il cuoio sull’elsa di Bevicenere stridette quando la strinsi forte.
«“Ti offro un’opportunità di vendetta” proseguì Danton. “Metti via la spada e fatti da parte. Consegnami la ragazza e potresti vivere per portare a termine il tuo giuramento. Non occorre che tu muoia per lei, de León. Poiché in definitiva cos’è Dior Lachance per te?”
«Lanciai un’occhiata alla ragazza alle mie spalle, coperta di sangue e tremante. Occhi grandi e azzurri, bordati di lacrime.
«“Gabe…” sussurrò lei.
«E allora capii la verità. Su tutto quanto. Non aveva importanza la vendetta che avevo giurato, né la vita che mi era stata sottratta, né il dolore senza fine nel mio petto. Perché, perfino nelle ore più cupe, quel dolore mi faceva capire che ero ancora vivo. Era come mi aveva detto il mio amore, come aveva sempre detto. I cuori si feriscono soltanto. Non si spezzano mai.
«E alla fine seppi che non mi sarei rimangiato nulla di tutto ciò. Non la felicità che conoscevo allora, né il dolore che provavo in quel momento. Non tutte le ore desolate trascorse senza di loro, il dolore delle mie labbra prive del bacio di Astrid, il vuoto delle mie braccia che non potevano cingere Patience. In quei pochi istanti in cui le avevo avute, e solo allora, ero stato immortale. Perché loro erano immacolate. Ed erano mie.
«E non aveva importanza il Dio a cui avevo voltato le spalle, né il padre che avevo maledetto e il cielo che avevo sfidato. Perché alla fine non conta in cosa riponi la fede. L’importante è che tu abbia fede in qualcosa.
«Mi tolsi il guanto con i denti e avvolsi con la mano scoperta quella di Dior. “Io non ti lascerò mai” promisi.
«Cominciò come una brace; solo una scintilla contro un’esca, piccola e limitata. Ma come l’erba schiarita dall’estate della mia giovinezza, la scintilla iniziò a bruciare, e quel bruciore divenne una fiamma che mi percorse il braccio, fino al palmo della mano che ora stringeva quella di Dior. La sentii come fuoco nel tatuaggio che Astrid aveva tracciato sulla mia pelle. Come le sue labbra sulle mie. E allentando la stretta e guardando la septistella sul mio palmo, la notai ardere di luce: non fredda e argentea come ai vecchi tempi, bensì rovente e cremisi. Strappandomi via il cappotto e poi la tunica al di sotto, scorsi il leone sul mio petto bruciare della stessa luce furiosa: rosso come il calore della forgia del mio patrigno, come il sangue che avevo versato e visto versare a mia volta, come tutti i fuochi che sicuramente bruciano nel cuore colmo d’odio dell’inferno.
«Sollevai la mano che avvampava. E li vidi tremare. “Quale di voi empi bastardi vuol essere il primo a morire?”
«“Uccidetelo” sibilò Danton. “Uccidetelo e portatemi la ragazza.”
«I vampiri esitarono, la luce cremisi riflessa in occhi stretti.
«“Obbeditemi!” tuonò la Bestia. “Siete dieci e lui uno!”
«Dior sollevò il pugnale. “Intendi due, bastardo.”
«“Conta di nuovo, ragazza.”
«Un sussurro scivolò lungo il ghiaccio. Danton si voltò con aria torva mentre una figura ora familiare avanzava dalle nebbie vorticanti. Ciocche color blu notte ricadevano folte fino in vita. La lunga redingote rossa le schioccava attorno nel vento ululante, la camicia di seta aperta sul torace pallido. Si era creata una nuova maschera: porcellana bianca con l’impronta di una mano insanguinata sopra la bocca e ciglia orlate di rosso. E dietro quegli occhi pallidi, privi di ogni luce e vita.
«Liathe sembrava non essersi ripresa del tutto dal nostro scontro a San Guillaume, il suo petto ancora rovinato dal bacio di Bevicenere, le mani ancora annerite dal tocco della lama. Ma impugnava comunque spada e flagello, scolpiti dal suo stesso sangue, che scintillavano rossi nella mia luce ardente.
«“Chi sei tu?” ringhiò Danton.
«“Chiamaci Liathe.”
«La Bestia di Vellene assottigliò le labbra. Riusciva a percepire il potere in quella creatura, per quanto ferita. “Allora fatti da parte, Liathe. Questa preda appartiene alla stirpe Voss.”
«“Non lo faremo” replicò lei. “La bambina viene con noi.”
«“Noi?” sbraitò Danton. “Sei solo una, cugina. Sai chi sono? Conosci il mio terribile re e padre, nei cui affari ora ti stai immischiando?”
«La vampira gettò la testa all’indietro, le lunghe ciocche fluenti nel vento che ululava. “Conosssciamo Fabién. Lo conossscevamo molto prima che avanzasssse pretessse sssulla sssua corona vuota. Molto prima di te, Danton.” Venne avanti, sollevando la lama di sangue. “Ssstanotte berremo il sssangue del tuo cuore, Principino. Ssstanotte tuo padre piangerà un altro figlio.”
«Il volto di Danton si contorse per la furia e forse per una minima traccia di paura. Ma un principe della stirpe Voss non si sarebbe fatto fermare quand’era così vicino al proprio premio, e sospettavo non avesse alcun desiderio di spiegare a suo padre che il Graal gli era strappato proprio dalla punta delle dita da un’altra sanguisuga. E così si girò verso il suo circolo oscuro e ringhiò con tutto il peso del sangue sovrano nelle sue vene: “Massacratela! E io in persona prenderò la ragazza!”.
«I sanguenobile obbedirono, muovendosi come uno stormo di corvi, neri e rapidi. Ebbi solo il tempo di vedere Liathe che sollevava la lama di sangue e tirava all’indietro il flagello, poi Danton fu su di noi. Alzai Bevicenere per intercettare la sua carica e urlai a Dior: “Dietro di me!”, mentre la Bestia arrivava. La sua sciabola impattò contro la mia lama e volarono scintille quando si baciarono. Ci fissammo per un momento sopra l’acciaio incrociato, occhi ardenti di odio puro.
«“Stanotte dormirai all’inferno, de León” sibilò lui.
«“Questo è l’inferno, Danton” sorrisi. “E il diavolo ama i suoi simili.”
«E poi cominciò per davvero.
«L’ultima volta che ci eravamo affrontati, io ero affamato, debole, e lui mi aveva infilzato come un porco. Nell’occasione precedente, con il sole oscurato nel cielo, gli avevo staccato il braccio all’altezza del gomito e avevo strappato il cuore dal petto di sua figlia. Ma ora non ci sarebbero state scuse, niente che lasciasse a desiderare. La notte era gelida e nera come il peccato, l’intero potere della Bestia a sua completa disposizione. Tuttavia io ardevo come un faro, l’Egida brillava e l’inno di sangue mi risuonava nelle vene. Nessuna pietà, nessuna tregua, il mio debito sospeso sopra di noi come la lama di un boia, e un’ombra pallida, una bellezza di inverni smussati e albe senza luce al mio fianco.
«“Mio leone” sussurrò lei.
«Giuro che le percepii. I miei angeli. Il loro amore. Il loro calore.
«E pervaso da quello ero indistruttibile.
«Ma purtroppo lo era anche la pelle del mio avversario. Erano trascorsi anni da quando avevo affrontato un avversario del genere: un ancien Cuordiferro, un principe dei Morti. La sua pelle era pietra quando la colpivo, Bevicenere mi veniva quasi sbalzata di mano a ogni colpo, e, anche se crepe profonde apparivano sulla sua pelle di marmo dopo ogni spadata portata a segno, avevo la sensazione di scalfire una montagna. La lama di Danton guizzava rapidissima, riflettendo la rossa luce ardente della mia Egida; benché il bagliore lo costringesse a tenere gli occhi socchiusi e lo bruciasse quando si avvicinava per colpire, lui lo faceva comunque, come un tuono, come il mostro che era: un tetro signore delle carogne, troppo gravato dal peso dei secoli per essere sopraffatto dalla mia sola fede.
«Bevicenere lo colpì alla gola e gli staccò un brandello di pelle. La sua risposta mi perforò la spalla e il sangue colò sulla neve e sul leone ardente che avevo sul petto. Allungai una mano verso di lui, cercando disperatamente di afferrarlo e scatenare il mio dono del sangue. Ma la Bestia di Vellene conosceva il destino capitato allo Spettro in rosso, sapeva che, se gli avessi messo le mani addosso, avrebbe potuto incontrare la sua fine. E così si teneva a distanza, girandomi attorno come un serpente e ritraendosi quando mi avvicinavo, tanto da staccarmi quasi la mano all’altezza del polso quando provai a prenderlo.
«Sorrise agitando un dito. “Impara un trucco nuovo, cane.”
«“Non sono un cane, sanguisuga. In queste vene scorre il sangue dei leoni.”
«“Tu sei debole, de León. Tanto debole da non essere nemmeno riuscito a difendere ciò che avevi di più caro. E io ti farò assistere mentre ti porto via qualcun altro.”
«Dietro di me, Dior sollevò il suo argentacciaio. “Ti strapperò il cuore e lo brucerò, bastardo.”
«La Bestia rise e ci scontrammo di nuovo, facendo piovere scintille e sangue nel buio. Udivo urla alle mie spalle, il suono di ringhi e acciaio; non sapevo come se la passasse Liathe, ma non potevo arrischiare un’occhiata per accertarmene. Danton attaccò ancora e ancora: la sua sciabola mi lasciò uno squarcio profondo fino all’osso nel torace, un altro sul braccio, e sentii il peso fiacco di muscoli tagliati via dall’osso a cui erano ancorati; il mio braccio sinistro pendeva inerme, la mia velocità diminuiva.
«La voce di Bevicenere risuonò nella mia testa, spronandomi ad andare avanti, lucente come argento. “Ci conoscevano, Gabriel. La l-lama che tagliava l’oscurità in due. L’uomo t-temuto dagli immortali. Si sono ricordati di noi. Perfino dopo tutti questi anni.” La dama argentea sorrise nella mia mente. “E anch’io.”
«Effettuammo una finta, uno scarto e infine un affondo, infondendo in quel colpo tutto ciò che avevamo. Bevicenere divise la notte in due come aveva fatto un tempo, descrivendo un arco tra i fiocchi di neve cadenti verso il petto della Bestia. Con velocità ringhiante e sinuosa, Danton sollevò la sciabola deviando Bevicenere e, invece di spaccare il suo cuore morto da tempo, la lama rotta gli perforò la spalla, penetrando fino all’elsa. La Bestia ruggì di dolore, mostrando zanne insanguinate. Ma in quell’istante compresi la mia follia, la stessa di Saoirse sulle mura di San Guillaume. La mia lama era bloccata nella pietra della sua carne, la sua mano stretta attorno alla mia sull’elsa. I suoi artigli fischiarono mentre fendevano l’aria, diretti verso la mia gola, e Dior urlò il mio nome mentre cercavo di staccarmi. Quelle grinfie mi tagliarono il mento quando ruzzolai all’indietro e atterrai sul ghiaccio con uno scrocchio.
«Adesso la Bestia torreggiava sopra di me, ansimando mentre strappava via Bevicenere. Le sue mani fumarono a quel tocco e, con un’imprecazione oscena, la gettò via nell’oscurità. E poi venne avanti, affondando la lama verso il mio cuore. Io rotolai di lato e gli diedi un calcio al ginocchio con i tacchi d’argento, ottenendo uno scrocchio e una bestemmia. Ma lui vibrò la lama ancora e ancora, accecato dalla mia Egida e dalla sua furia, e alla fine portò a segno un colpo: mi infilzò il bicipite, bloccandomi il braccio sinistro contro il ghiaccio. Ruggii di dolore, allungando la mano libera verso la gola quando lui mi si gettò addosso. Lottai mostrando le zanne, l’alito che sibilava attraverso i miei denti. Tutto ciò che mi serviva era un momento, un secondo con le mie dita attorno al suo collo.
«“Ti u-ucciderò, bastardo” sbraitai.
«“Bastardo?” Mi rivolse un sorriso rosso rubino mentre si sporgeva in avanti. “No, mezzosangue, non sono un bastardo, io. Sono della stirpe Voss. Il sangue dei re. Sono un Principe Semp…”
«Il vampiro grugnì quando Bevicenere gli attraversò la schiena. Gli occhi neri si spalancarono e lui fissò istupidito la lama di sideracciaio rotta che gli spuntava dal petto, meravigliato da come Cenere avesse avuto la meglio sulla sua carne.
«Ma era comunque il figlio di Fabién Voss, un ancien Cuordiferro, e il bastardo non morì. Ringhiò alla ragazza che lo aveva trafitto: Dior, ora in piedi dietro di lui come un ladro nella notte. Lei aveva il respiro ansante e irregolare, le mani lustre di sangue mentre strappava via la lama. La Bestia si impennò verso di lei, rapida come un serpente, furibonda.
«Tuttavia barcollò quando la ferita nel suo petto iniziò a fumare, e vidi che la lama di Bevicenere stava facendo lo stesso, come se il sangue su di essa bruciasse. E infine compresi che il sangue sulla lama non era di Danton, ma di Dior, i palmi tagliati e il sangue del Redentore stesso spalmati sulla punta spezzata di Bevicenere.
«Danton si afferrò il petto ed eruttò in fiamme; l’urlo che gli squarciò la gola proveniva dritto dalle viscere dell’inferno. Dior vibrò di nuovo la spada, non con maestria ma comunque con estrema rapidità. E Bevicenere, forgiata in un’epoca remota da mani leggendarie, e adesso benedetta dal sangue del Graal in persona, gli tagliò la gola da un orecchio all’altro. La Bestia barcollò all’indietro cercando di urlare, di imprecare, di supplicare tra i resti del suo collo mentre quelle fiamme si propagavano, mentre la sua carne diventava cenere, mentre incespicava e cadeva sul ghiaccio. Il suo corpo fu percorso da spasmi perché la cosa dentro di lui – quel terribile animus che aveva alimentato il suo cadavere per innumerevoli anni – si rifiutava di abbandonare il suo involucro rotto. Ma il fuoco rivendicò il possesso della sua pelle. E il temuto tempo della sua carne. E per il terrore nel suo ultimo urlo gracidante, mi piace credere che il terribile imperatore dell’inferno stesso abbia rivendicato la sua fottuta anima.
«Mi trascinai in piedi tremante, fissando l’esile ragazza ricoperta di sangue davanti a me. “Sommo Redentore” sussurrai.
«“Adulatore” ansimò lei.
«La Bestia di Vellene era morta.»