«IN REALTÀ, L’ASCESA fu confusa. Dei momenti in cui cercavo di precedere l’alba scalando quella guglia di granito nero, temendo l’istante in cui avrei potuto sentire la fioca luce del giorno irradiarsi nel cielo a est, rammento solo freddo, un freddo più pungente di tutti. Dita intirizzite, ogni respiro che mi faceva dolere i denti, un bruciore ai polmoni, il pensiero vago che una mossa falsa potesse decidere il mio destino che mi svolazzava in fondo alla mente come una lucciola fastidiosa. Ma soprattutto la mia testa traboccava di ricordi sul tradimento dei miei fratelli: la spada di Manogrigia puntata contro la mia gola, Finch, de Séverin e gli altri che mi gettavano a terra come un cane, e l’amara consapevolezza che Chloe aveva conosciuto il destino di Dior fin dall’inizio.
«“Non sono più quella ragazzina, Gabe. So cosa sto facendo. E se non posso dirti tutto, allora ti prego di perdonarmi. Ma Dio del cielo, a dirti la verità, è meglio che tu non sappia tutto.”
«La piccola Chloe Sauvage. Una credente, fino al midollo.
«Sormontai la sommità del pilastro con l’oscurità ancora alle spalle. Il sangue che mia sorella mi aveva dato era l’unico motivo per cui ero riuscito in quella scalata. E prendendomi un momento per radunare le forze nel cortile dell’Armeria, guardai gli antichi edifici di Santa Michon attorno a me. La Grande Biblioteca. Il Priorato. Un posto a cui un tempo avevo votato la mia vita e che ora ero intenzionato a distruggere. Perfino quando mi aveva esiliato, non avevo mai voluto che l’Ordine scomparisse. Avevo creduto ancora in ciò che faceva. Ma ora volevo bruciare quel luogo fino a ridurlo in fottuta cenere.
«L’alba era una promessa timorosa ai margini del mondo e da un momento all’altro le campane della Cattedrale potevano dare inizio alla loro orrenda canzone. Ma solo uno sciocco si dirige verso una battaglia a mani nude, e una mano che impugna una spada ne vale diecimila giunte in preghiera.
«Mi arrampicai sulle pareti dell’Armeria come avevo fatto da ragazzo e le tegole, anche se quelle vecchie erano state rimpiazzate, venivano comunque via facilmente. Mi intrufolai giù nella forgia, dedicai un momento a riscaldarmi le mani congelate presso i fuochi e lasciai che parte del freddo fuoriuscisse dalle mie ossa. Poi entrai nella sala principale, con quelle file di spade stupende forgiate dalle mani dei fabbri dei Santi, e presi una lama lunga in ciascuna mano. La prima era una bellezza, con l’angelo Gabriel sulla guardia e un ben noto versetto del Voto di Santa Michon sulla lama: “Sono il fuoco che infuria tra questo e la fine di tutto il mondo”.
«Ma la seconda lama era una meraviglia, con l’angelo Mahné sull’elsa, le falci gemelle sguainate e la testa della morte che sorrideva, una cupa promessa dei Lamenti incisa su tutta la lunghezza: “Sono la porta che tutti apriranno. La promessa che nessuno infrangerà”.
«Mi infilai abiti nuovi: tunica, cappotto, bandoliera e stivali dai tacchi d’argento. E come la resa dei conti dell’inferno, avanzai verso la Cattedrale.
«Si innalzava nei cieli scuri e sembrava guardarmi torvo mentre mi avvicinavo. Il vento del Nord mi spingeva indietro, sferzando il cappotto attorno a me. Gli angeli nella fontana mi fissavano con disapprovazione mentre salivo le scale: non ero diretto verso le albaporte a est, ma a quelle del vespro a ovest. Le porte per i morti. Per ben due volte i miei presunti fratelli avevano cercato di rendermi tale. E ora avrei fatto in modo di restituire loro il favore. Lì avrei seppellito tutto quanto.
«Riuscii a udire una voce all’interno, alzata in preghiera. Una donna a cui avevo insegnato l’arte della spada, di cui ero arrivato a fidarmi, che avevo considerato amica.
«“La santa coppa spande sacra luce; la man fedele il suo mondo ricuce. Ed al cospetto dei Martiri Sette, un mero uomo fin a notte…”
«Le porte si spalancarono con un boato tonante sotto il mio calcio, sbattendo contro le pareti mentre entravo nella Cattedrale. Le campane cominciarono a suonare quando il coro tacque e i fratelli in prima fila scattarono in piedi, sgranando gli occhi nel vedermi; Finch e de Séverin, il sanguegiovane, il serafino Argyle e un mucchio di fabbri, sentinelle e fratelli del Focolare, e da ultimo Manogrigia, con l’occhio verde pallido strabuzzato per lo stupore. Chloe si trovava al centro della Cattedrale, le braccia levate verso la statua del Redentore, recitando dall’antico tomo sul leggio accanto a sé. Dior era stesa sull’altare, legata come un giovane Santo sul punto di ricevere l’Egida. Era ricoperta da vesti bianche, i capelli color cenere scostati dai brillanti occhi azzurri, lo sguardo rivolto su Chloe pieno di fiducia totale. Ma si girò quando avanzai lungo la navata, le spade in mano.
«“Lasciatela andare!”
«“Gabriel” mormorò Chloe.
«“Gabe?” si accigliò Dior. “Cosa stai…”
«“Dior, vogliono ucciderti!”
«“Nel nome dell’Onnipotente, eliminatelo!” tuonò Manogrigia.
«Quattro Santi mi caricarono e io ringraziai in silenzio l’angelo Fortuna che gli altri membri del monastero dovessero trovarsi fuori per la Caccia: non ero sicuro di poterne affrontare più di così. Tuttavia quella forza da ancien mi bruciava nelle vene assieme alla furia verso quei bastardi: fratelli al cui fianco avevo combattuto e sanguinato, che ora cercavano di uccidermi. Non arrivarono uno alla volta come nelle rappresentazioni teatrali, no: tutti assieme, con le unghie e con i denti, ma la navata non era abbastanza ampia per più di due contemporaneamente. Il sanguegiovane determinato giunse per primo, de Séverin al suo fianco con quella forza da Dyvok nel braccio della spada. Ma non era solo nei racconti da taverne e nelle canzoni da menestrello che venivo definito lo spadaccino più abile dell’Ordo Argent: mi ero guadagnato quella parte della mia leggenda, poco ma sicuro. E per quanto loro fossero affamati, forti e rapidi, lasciai quei Santi d’argento in pozze del loro stesso sangue e merda, stesi sul pavimento di pietra nera della Cattedrale. Poi fu la volta di Finch… il piccolo Finch con gli occhi scompagnati fissi nei miei. Il sangue Voss dentro di lui era diventato denso nel corso degli anni e avvertii la sua mente insinuarsi nella mia, cercando di vedere i miei colpi prima che li portassi per ribattere con i propri. Ma malgrado tutti i suoi difetti e le sue debolezze, il vecchio serafino Talon mi aveva addestrato bene. Evocai un muro di rumore nella mia testa, lasciando una minuscola crepa attraverso cui Finch potesse scrutare: quanto bastava per vedere la finta con cui immaginavo di attaccarlo. Ma la mia non fu una finta, bensì un colpo vero, e la contromossa che aveva approntato rimase lettera morta quando le mie spade gli perforarono pancia e petto.
«Finch gemette di disperazione e sputò sangue mentre estraeva quel maledetto forchettone d’argento dal cappotto e me lo scagliava verso la gola. Io però gli afferrai il polso, udii l’osso spezzarsi e gli rivoltai contro l’arma. E, con il forchettone conficcato sotto al mento fino all’impugnatura, lo lasciai trafitto e sanguinante sulle piastrelle della Cattedrale.
«Un grido riecheggiò sul granito nero, lo strepito di un falco delle nevi, e linee infuocate mi lacerarono la testa nell’istante in cui Inverno volò giù dai timpani. La bombargento che sollevai mi scivolò dalle dita quando una raffica di colpi di pistole a ruota risuonò dalla loggia del coro: le sorelle lì riunite scaricarono sulla mia schiena una dozzina di colpi d’argento. La bomba esplose accanto a me, squarciandomi la carne e accecandomi in una nube di argento caustico, e attraverso di essa caricai il mio vecchio maestro, il suo occhio acceso dalla furia, l’argentacciaio in mano.
«Quell’uomo mi aveva addestrato da quand’ero cucciolo. Mi aveva cantato l’inno della lama nella Disfida, giorno dopo giorno, fino a farmi sanguinare le dita, bruciare i polmoni e rendere le mie mani dure come ferro. E ora andammo a sbattere l’uno contro l’altro, come onde di un mare squassato dalla tempesta. Ricordai la gentilezza e la crudeltà che lui mi aveva mostrato. Che per me era stato un padre più di qualunque altro uomo. E in verità una parte di me lo amava ancora come se lo fosse, malgrado tutto.
«Danzammo avanti e indietro tra le panche, con la pietra che riecheggiava del canto delle nostre spade. Le sorelle in alto arrischiarono qualche sparo, ma molte adesso avevano paura di colpire l’abate. E anche se lui aveva una mano sola, io avevo mezza dozzina di proiettili d’argento nella schiena e il vecchio bastardo si stava rivelando un avversario alla mia altezza. Azzardai un’occhiata a Dior e vidi che stava cercando di liberarsi dai legacci. Chloe se ne stava ancora con le braccia sollevate, continuando a leggere in vecchio talhostico dal tomo, affrettandosi a recitare le ultime parole del Rito.
«“Chloe, non osare!”
«“Sorella Chloe, lasciami andare!” gridò Dior.
«“Mi dispiace” sussurrò Chloe, estraendo un pugnale di argentacciaio lucente dall’abito. “Ma tutto questo è stato predestinato, Dior.”
«“No, non farlo, lasciami andare!”
«“È a fin di bene, tesoro” sussurrò. “È la volontà di Dio. Tutto sulla terra e sotto il cielo è opera della sua mano.”
«“CHLOE!”
«Inverno planò dall’alto mentre urlavo, tagliandomi un sopracciglio con i suoi artigli. Ansimando, con il sangue negli occhi, sentii un altro colpo fortunato dalla loggia centrarmi dietro il ginocchio. Mentre barcollavo, Manogrigia colse quell’opportunità, trafiggendomi il petto e spingendomi all’indietro contro uno dei possenti pilastri di pietra.
«“Ti avevo ammonito sul voler essere un eroe, Gabriel” ringhiò, rigirando la lama. “Gli eroi muoiono in modi spiacevoli, lontano dalla casa e dal focolare.”
«Strinsi la sua mano in un pugno insanguinato, tenendola bloccata sull’elsa. Sbavando sangue, mi trascinai in avanti sulla sua spada fino ad avere la guardia premuta contro la pancia, poi con l’altra gli afferrai la gola. “Chi cazzo ti ha detto che ero un eroe?”
«Il vecchio sgranò l’unico occhio e aprì la bocca in un urlo mentre la carne della sua gola cominciava ad annerirsi. Cercò freneticamente di liberare la mano dalla mia stretta, ma io tenni duro, feroce e carico d’odio. Quell’uomo, quel mentore, quel mio padre aveva scelto di concedermi una morte da Santo d’argento; almeno supponeva di dovermelo, dopo tutto il sangue e l’affetto intercorsi tra noi.
«Ma io non gli dovevo nulla del genere. Non una morte da uomo, bensì da mostro: un mostro che mi aveva tagliato la gola e consegnato alle acque, un mostro che era rimasto a guardare mentre una sposa dell’Onnipotente macellava una ragazza sedicenne nella casa di Dio. E il sangue gli ribollì nelle vene, e vapore si levò cremisi e vorticante dal suo occhio, e la carne della sua gola si tramutò in cenere nel mio pugno. Devastato, fumante, si accartocciò al suolo: l’abate dell’Ordo Argent, morto per mano mia.
«“Au revoir, padre” sussurrai.
«Mi strappai via la sua lama dalla pancia mentre Inverno planava di nuovo giù dalle travi, strepitando di rabbia per la morte del suo padrone. Uno schiocco sordo risuonò quando vibrai il colpo per poi zoppicare in una nuvola di piume svolazzanti. Degli spari riecheggiarono dalla loggia e io scagliai una manciata di bombargento, sparpagliando sorelle intere o a pezzi tra gli scoppi accecanti. E poi mi diressi all’altare, con gli occhi rosso sangue ora fissi su Chloe.
«La sorella era in piedi sopra Dior con il coltello d’argentacciaio sollevato, e la sua voce vacillò quando mi fissò con grandi occhi verdi e parlò con labbra esangui. “Gabriel, tutto questo era prede… urrrgh!”
«Le conficcai la spada nel petto, bloccandola contro il leggio e il tomo aperto su di esso. Chloe afferrò la lama, tagliandosi i palmi e ricoprendoli di sangue, con un’espressione di totale incredulità in volto… come se perfino lì, in quel momento, si aspettasse che Dio intervenisse.
«Era sempre stata una credente, la piccola Chloe Sauvage.
«“N-no…” boccheggiò. “Tutta l’opera della Sua mano conc-corda con il Suo p-progetto…”
«Mi avvicinai e le sussurrai fra zanne scoperte: “Che si fotta il suo progetto”.
«Lei cercò di parlare, con una linea cremisi che le colava lungo il mento mentre si accasciava all’indietro sul tomo ed esalava l’ultimo respiro. Mi girai e strappai i legacci che fissavano Dior all’altare. Lei balzò tra le mie braccia e la strinsi con tutte le mie forze, tremante e prossimo alle lacrime per il sollievo.
«“Stai bene?”
«“Sto bene” mormorò lei, guardando con occhi sgranati dall’orrore il corpo di Chloe. “Lei… aveva intenzione di uccidermi. Perché mai l’avrebbe fatto?” Scosse il capo con le lacrime agli occhi. “Perché?”
«“Non è colpa tua, tesoro. Il rituale esige il sangue vitale del Graal per porre fine al sine die.” Mi voltai con un ringhio e sputai tra denti insanguinati. “Questo fottuto libro…”
«Rovesciai il leggio con un calcio, facendolo finire sul pavimento. Il corpo di Chloe ruzzolò e la costola dell’antico tomo si incrinò, rompendo e sparpagliando le vecchie pagine sulla pietra insanguinata. Presi una candela accesa dall’altare, pronto a farla cadere tra i resti del libro.
«Dior mi afferrò il polso e mi guardò negli occhi. “… Funzionerebbe?” sussurrò.
«“Non m’interessa” replicai.
«E lasciai cadere la candela.
«Le fiamme si propagarono, la cartapecora bruciò, il rituale su di essa si ridusse in pezzetti bruciacchiati e ceneri. Restammo lì fianco a fianco, Dior e io, a guardare il fumo sollevarsi alla luce delle vetrate colorate. E non provai nemmeno un briciolo di rimorso. Avrei trovato un altro modo per porre termine alla notte infinita, per mettere in ginocchio il Re Sempiterno. Oppure sarei caduto nel tentativo. Perché ci sono prezzi troppo alti per essere pagati.
«Osservai la ragazza accanto a me. La collina su cui sarei morto. La spalla su cui avrei pianto. Non avevo idea di ciò in cui credessi, tranne che credevo in lei.
«“Cosa facciamo ora?” chiese Dior piano.
«Alzai lo sguardo sul Redentore e sospirai. “Suppongo che dovresti venire a conoscere mia sorella.”»