Battiato che cade

Battiato è il senso della mia generazione.

Senza di lui, ben poco.

E uguale per la generazione anteriore alla mia. La mia generazione vuole nuovi valori – cantava qualche decennio fa – e lui ne ha espressi parecchi attraverso la sua levità ricca di incidenti sacri (incidente inteso qua come “ciò che incide”) e profondissimi. Personalmente amo Battiato da quando avevo 7 anni. So a memoria tutte le sue canzoni. E la sua discografia ufficiale, che è

1972 - Fetus (Bla Bla)

1972 - Pollution (Bla Bla)

1973 - Sulle corde di Aries (Bla Bla)

1974 - Clic (Bla Bla)

1975 - M.elle le “Gladiator” (Bla Bla)

1977 - Battiato (Dischi Ricordi)

1978 - Juke Box (Dischi Ricordi)

1978 - L’Egitto prima delle sabbie (Dischi Ricordi)

1979 - L’era del cinghiale bianco (EMI Italiana)

1980 - Patriots (EMI Italiana)

1981 - La voce del padrone (EMI Italiana)

1982 - L’arca di Noè (EMI Italiana)

1983 - Orizzonti perduti (EMI Italiana)

1985 - Mondi lontanissimi (EMI Italiana)

1988 - Fisiognomica (EMI Italiana)

1991 - Come un cammello in una grondaia (EMI Italiana)

1993 - Caffè de la Paix (EMI Italiana)

1995 - L’ombrello e la macchina da cucire (EMI Italiana)

1996 - L’imboscata (Polygram)

1998 - Gommalacca (Polygram)

1999 - Fleurs (cover + inediti) (Mercury Records)

2000 - Campi magnetici (Sony Music)

2001 - Ferro battuto (Sony Music)

2002 - Fleurs 3 (cover + inediti) (Sony Music)

2004 - Dieci stratagemmi (Sony Music)

2007 - Il vuoto (Universal)

2008 - Fleurs 2 (cover + inediti) (Mercury Records)

2009 - Inneres Auge - Il tutto è più della somma delle sue parti (nuove versioni + cover + inediti) (Universal)

2012 - Apriti sesamo (Universal)

2014 - Joe Patti’s experimental group (Universal)

2015 - Anthology - Le nostre anime (Antologia + inediti) (Uni versal)

Questa è come l’ho copia-incollata da Wikipedia, ma c’è parecchia altra roba. Io ad esempio avevo un suo rarissimo vinile “molle”, a un lato solo, degli anni sessanta, che era allora allegato alla NET (Nuova Enigmistica Tascabile), di Francesco Battiato e Gli Enigmisti, una chicca che nemmeno lui forse ricorda. Una volta, in un mio racconto per un’antologia scrissi così:

Tutti ascoltavamo Battiato senza vergognarci. Ascoltavamo anche Jovanotti ma di nascosto, perché Jovanotti era disimpegnato e stupido però ci piaceva, lo si ascoltava con le cuffie quando nessuno ti vedeva.

Battiato aveva lasciato esplodere il caleidoscopio che ormai nessuno riusciva più a tenere assieme. C’erano gli impegnati a oltranza che andavano all’università ascoltando l’audiocassetta di Guccini che diceva cose ortodosse a ciò che stava finendo, a ciò che era finito.

Battiato raccontava una contemporaneità di mondi che era piacevole sentire sospesi nell’aria, fluttuanti. Senza rabbia. Ma noi eravamo ancora irrigiditi in cose in cui non credevamo più perché il senso di adattamento dell’uomo è così forte che si industria a sopravvivere anche in habitat passati da tempo.

Volevamo primeggiare ma non sapevamo come. Allora ce lo dicevamo a vicenda, che primeggiavamo, in gruppi sempre più piccoli, dalle assemblee agli appartamenti, fino a che oggi ce lo diciamo da soli.

Battiato aveva sciolto con una bacchetta magica gli anni settanta e li aveva fatti ballare già fuori dagli anni ottanta. Noi eravamo accaniti in un’aula di via Festa del Perdono e lui ci portava leggero in un Oriente mitico, un Oriente galattico e pieno di riferimenti che si facevano strategia del ritmo.

Fin da bambino sapevo che Battiato non era lì.

I suoi dischi erano una finestra improbabile in un mondo che diventava sempre più improbabile, era la sola finestra possibile nell’esilio di tutto ciò che non è rimarcabile e ci assediava, stupidaggini sullo strutturalismo postmoderno.

E quando per strada t’incontro

mi viene una scossa nel cuore

anche se fuori si muore

m’innamoro

Mi piacevano le feste a cui non andavo mai. Lì si poteva fumare le canne e fare discorsi molto intelligenti contro il sistema. Si ascoltavano gruppi irlandesi impegnati e ciascuno andava in bagno ad ascoltare Jovanotti di nascosto per uscire dall’apnea dell’inverosimile. Ovviamente il pretesto era sempre il sesso ma anche l’ostentazione del primato gruppale che aveva in parte a che fare con il semplice senso di appartenenza, in parte con il desiderio di emergere anomali tra i pari. In fondo erano le solite storie che s’intrecciavano da sempre e da sempre si scioglievano per non rimanere soli a casa il sabato sera, anche se ciascuno si portava alle feste la sua solitudine e la propria piccola casa in un condominio parzialmente danzante e incline più al pettegolezzo che alla dialettica. La fine della spinta propulsiva dell’Unione Sovietica incontrava la cocaina solo per i più abbienti.

Per gli altri sigarette, fumo e vino nei bicchieri di plastica.

Poi arrivarono gli anni novanta, gli anni zero e quelli di adesso. Battiato è una delle poche cose che rimane. L’unica cosa che non apprezzo di lui è che non si fa scrivere i testi da me, specialmente adesso che l’immenso Manlio Sgalambro ha cambiato forma di energia. Comunque, in questo racconto volevo parlare di quanto a Battiato successe nel teatro Petruzzelli di Bari nel marzo del 2015. Durante una sua esibizione, mentre cantava l’ormai classico Voglio vederti danzare, cadde. Il video fu ripreso da molti e pubblicato su YouTube. Allora accadde che un tizio, uno della mia generazione, un cinquantenne, decise di allestire anche lui un set da piccolo Petruzzelli a casa sua e di convincere suo figlio a imitare Battiato che cade. Poi a sua volta pubblicò questo insolito omaggio su YouTube, seguito da migliaia di altri. Così, per una settimana, centinaia di bambini furono Battiato che cade. Ben presto tutti ci dimenticammo della cosa. Anche se fosse vera o falsa.

Come oggi sempre succede, dimentichiamo.