I mondiali

Un mio amico al bar che c’è fuori dal supermercato di Precotto, a Milano, vicino alla fermata della metro mi ha detto che è contro i mondiali.

Io ho fatto sì, con la testa.

Faceva freddo e camminavamo veloci sul marciapiede pieno di gente, stando attenti come al solito a non urtare contro qualcuno che parlava al cellulare o lo usava per ascoltare musica, per non dire di quei microscopici e reiterati all’impossibile casi di ordine pubblico in cui qualcuno inchioda per leggere gli sms, creando scontri potenzialmente letali tra carrozzine e cani, pericolose spinte in mezzo alla strada di bambini e anziani o semplicemente blocchi in cui c’è chi sospira impaziente, rattristato, in quanto pedone, di non avere un clacson ed è obbligato a sostituirlo con le solite imprecazioni, generalmente mai riferite direttamente all’untore del pubblico andare, ma con commenti sul mezzo. E dove andremo a finire. E così non è più possibile, ma quanta maleducazione.

Facevamo dunque slalom, io e il mio amico, per andare a prendere un caffè, che è sempre una delle cose migliori da fare quando in realtà non ce l’hai, la cosa da fare, allora si segue la convenzione. Per un istante ho pensato che tutta la città stesse andando a prendere il caffè.

Il caffè è un’invenzione meravigliosa.

Ma anche il tè.

Per essere, per stare.

Con agilità olimpica ho superato in un balzo una signora con due borse della spesa piene di carta igienica e null’altro, probabilmente acquistate in offerta speciale perché diversamente non si capiscono delle cose. Mi sono ritrovato così davanti a una coppia che sembrava essersi incontrata un giorno al bar di Guerre Stellari, di quelle che mettono un misto di simpatia e orrore, con una forte preponderanza per il secondo. Dipende da molte cose. Ad esempio dalla colonna sonora. In questo Lucas era stato molto accorto. Aveva usato uno swing che metteva allegria buffa. Invece la colonna sonora di una città è mediamente irritante, è un’orchestra infinita dove ognuno suona quello che vuole senza saperlo fare, usando uno strumento che gli hanno dato o si è procurato a caso, oppure suona perché è obbligato o ancora non suona ma si aggira per il palco tra gli strumentali, che uno spiritoso potrebbe piuttosto chiamare spiritualizzati. Comunque, la coppia. Lei, malgrado il freddo straordinariamente in maglietta a maniche corte, era tarchiata, con la minigonna e le calze nere strappate, i capelli biondi e un piercing all’occhio destro con una grossa perla, grossa ma non come i suoi seni, sproporzionati all’inverosimile nella volumetria del tutto. I seni erano coperti da una camicia gialla con scritto PER FAVORE NON TOCCARE. A lei era appiccicato un tipo allampanato, con la mano proprio sopra la scritta sulla maglietta della ragazza, giacca grigia da impiegato ma con colori asimmetrici, a chiazze grigie e marroni, pantaloni strappati e, strano particolare, una cravatta Disney con una moltitudine psichedelica di facce di Pippo.

Forse un regalo.

Un tipo particolare.

Una coppia particolare.

Si sono fermati per baciarsi come fa la gente quando arriva un messaggio al telefonino. Sono riuscito a scartare pure loro e dopo pochi passi il mio amico mi ha raggiunto.

Abbiamo trovato il posto e malgrado il freddo abbiamo deciso di stare all’aperto, sotto uno di quei funghi luminosi rossi che fanno caldo. Abbiamo ordinato il caffè e siamo stati zitti perché comunque eravamo già felici di essere arrivati al bar e aver trovato un tavolo libero fuori, cosa che non è affatto scontata. Il motivo del nostro desiderio di sederci all’aperto è che io e il mio amico fumiamo, quindi un giorno moriremo.

La prospettiva ci preoccupa ma non molto.

Un altro mio amico per dire non fumava ed è morto lo stesso.

Credo che ci siano milioni di esempi.

Questa cosa della morte arriva.

Ma basta così.

Siamo rimasti un po’ in silenzio.

Come sempre.

Pensavo all’ultima cosa che il mio amico aveva detto arrivando al bar.

Quella sui mondiali.

Quando è arrivato il cameriere abbiamo ordinato il caffè. Il mio amico giocava a Tetris. Di base è sempre stato un conservatore. Ha curato un Tamagotchi fino al 2013. Credo che quel pulcino sia finito nel Guinness dei Primati. Io invece pensavo che a ben guardare questa cosa di essere contro i mondiali è un po’ una cazzata. Mi ricordavo la vittoria dell’Italia nel lontano 1982.

Allora c’era un presidente della Repubblica che fumava (la pipa; comunque è morto) ed era felice e tutta l’Italia era felice come lui e faceva i caroselli in piazza con le bandiere tricolori e si cantava.

Io ero molto piccolo e mi ricordo solo che ero felice.

Felice. Allora ho guardato il mio amico e gli ho detto che io non è che ero contro i mondiali.

Mi ha guardato stupefatto.

“E chi c’è che ti piace, dei mondiali”?

Io non capivo.

“Fammi un esempio,” mi ha detto.

“Cioè?”

“Ti piace Obama?”

“Cosa?”

“Ti piace Putin?”

“I mondiali...” ho detto a bassa voce.

“Ti piace la Merkel”?

Lo guardavo.

“Quelli che hanno i soldi, tutti i soldi.”

“Chi?”

“I mondiali.”