Veronica Moser
Chi ha visto Salò o le 120 giornate di Sodoma di Pasolini capisce.
Chi ha letto Le 120 giornate di Sodoma di Sade capisce. Ma chiunque intuisce il valore simbolico della merda usato come alimento. La merda fa schifo e dunque, sul piano simbolico, ingerirne significa aderire al presente, sfidarlo, trasformarlo in chiave reazionaria e al contempo spudoratamente ottimista. Trattenendola però senza nessuna elaborazione, restituendola dopo averla fatta propria senza che si trasformi in altro. È come un lutto non elaborato. Sul piano in cui erotismo e cibo si fondono nel simbolico lacaniano. Vuol dire oltrepassare un limite.
L’ultimo tabù prima della morte.
Veronica Moser è la più famosa mangiatrice di merda del mondo.
Ha incominciato circa una quarantina di anni fa. In un’intervista ricorda il giorno in cui propose al fidanzato, che le pisciava in bocca da tempo, di farlo con la merda.
La prima volta vomitò.
Ma l’esperienza fu così forte che decise di ripeterla, e allora non passa giorno in cui non assuma la sua razione di merda. Veronica Moser si considera, oltre che un’attrice porno estrema, un’artista ma anche un interessante oggetto di studi scientifici. Dopo decenni di merda mangiata, afferma, è lei stessa merda, perché se l’uomo è ciò che mangia la metafora non offre vie di scampo.
Merda vivente.
Nel panorama dell’assolutamente già tutto visto, le prodezze di Veronica Moser fanno ormai parte di una storia di merda che ha preso il largo. Istituzionalizzatasi nel casellario dei generi pornografici, Veronica appare come un monumento da rispettare ma ormai superato. In Giappone regna il quantitativo. Nessuno ne parla ma in Rete si trovano con estrema facilità video di amatori del genere che si fanno cagare in bocca da decine di donne. Ovviamente vale anche il contrario e l’opposto al contrario. Quindi in Rete si trovano video di
1) Uomini che si fanno cagare in bocca da donne
2) Donne che si fanno cagare in bocca da uomini
3) Donne che si fanno cagare in bocca da donne
4) Uomini che si fanno cagare in bocca da uomini.
La quantità dicevamo è fondamentale.
Esiste un vero e proprio Guiness World Records. Ingerire tutto è la base. In Germania vi è un’inclinazione maggiore alla sperimentazione. Esiste a Berlino un’agenzia dove uomini si iscrivono per stipulare un contratto secondo il quale devono alimentarsi fino alla morte solo delle urine e delle feci delle mistress. Il tutto ripreso da telecamere e venduto on line. Solitamente, gli adepti di questa mistica al contrario vengono legati a terra in una struttura a binari dove scorre un cesso in fondo al quale si trova il ricevente legato e con un morso bdsm apribocca con chiusura a scatto, così da poter essere riaperto solo una volta ricevuto e deglutito interamente il quanto.
La vecchia Veronica Moser, intanto, pioniera surclassata dai tempi, continua la sua sperimentazione in video a carattere sempre più vagamente circense, dove gli escrementi vengono trattati certo in modo creativo ma privi ormai dell’impatto che la loro apparizione mediatica destò nei decenni precedenti. Prova quindi a inventarsi improbabili passaggi di merda da culo a culo attraverso dilatatori anali collegati da un tubo di gomma o organizza plurimi passaggi di escrementi, sempre più ridotti a marrone poltiglia, di bocca in bocca, con decine di partecipanti specialmente anziani. Ciò mentre, questa volta in Brasile, fioriscono film di cene a base dei piatti più disparati ma conditi infine con la merda, esattamente come in Sade e Pasolini, ma tutto in un’atmosfera goliardica. Goliardia che si trasforma, in recenti produzioni europee, in indifferenza. Gruppi di donne conversano tranquillamente di tutto fino a che, senza interrompere la conversazione, una di loro non sente l’impellenza del bisogno e scarica il risultato nella bocca del fremente cesso umano sottostante.
Nuovi generi estremi hanno fatto intanto capolino nel sistema voyeuristico globale. Ad esempio il prolasso, ossia l’estroflessione dell’intestino dall’ano in seguito a manipolazione eccessiva dello stesso. Ancora di più furoreggia l’apparentemente più pacato ma saturo invece di sottintesi inquietanti genere cash: migliaia di filmati in cui un uomo ferma per strada sconosciute (spesso nei paesi dell’Est europeo) sventolando mazzette di soldi e sottolineando loro che in pochi minuti possono ottenere molto di più di quello che guadagnerebbero lavorando normalmente per mesi, passando così dall’iniziale richiesta di esibizione del seno alle pratiche più estreme. Il tutto avviene prima in strada e poi nel più vicino angolo appartato.
Rendere pubblico ciò che tale non dovrebbe essere è un altro dei residuali piaceri dell’Occidente. Anche qua il centro di produzione sovrano è la Germania, e in particolare Berlino. Donne nude con le mani e i piedi legati che vengono frustate in mezzo alla strada, cercando di procedere in qualche modo tra la folla o inculate nei sottopassaggi della metropolitana, con tanto di avventori che riprendono con il telefonino o si riprendono faccia a faccia con l’inculata, sorridenti a fianco della sua smorfia di dolore. Tutto questo e altro ancora è immediatamente reperibile in qualunque motore di ricerca porno, e chi non conoscesse motori di ricerca porno basta che digiti “motori di ricerca porno” su Google. Tutto è alla portata di tutti in ogni istante. Un tutto ormai sofferente dei limiti del corpo stesso. E torniamo così a Sade e Pasolini. Il corpo ha dei limiti, evidenti. Sade, malato di mente e privo di freni inibitori grazie anche al fatto che le sue erano solo immaginazioni, poteva raccontare, nei rotoli in cui scrisse Le 120 giornate di Sodoma (nascosti nella prigione della Bastiglia dove era l’unico prigioniero lo storico giorno in cui venne presa), di un assassinio al quale seguiva l’estrazione a mani nude del cuore della vittima. Cuore usato poi come oggetto masturbatorio fino a che, una volta che fosse infarcito di sperma, non veniva poi reinserito nel corpo del morto, reso alfine redivivo grazie a pratiche tra il taumaturgico e le nuove speranze in una chirurgia in grado ormai di rendere il corpo umano un giocattolo sottoponibile a infiniti esperimenti.
Come nei campi nazisti.
Altra cosa rimane invece il cinema, tutt’oggi limitato dalla mortalità degli attori, raramente sfidata se non in casi estremi e non comunque di pubblica diffusione (gli snuff movies non sono ovviamente reperibili nell’oceano di porno che invade le case di tutti i dodicenni di oggi, massimi consumatori di quanto appena descritto, e di molto altro ancora, in un gioco sfinito e triste all’eccesso).
Veronica Moser, la più grande mangiatrice di merda della storia del porno estremo, è intanto il lume di una piccola parte della nostra storia sommersa. Come lo è anche la sua omonima americana. Una bambina. Vittima, insieme ad altre 11 persone, della strage di uno squilibrato a Denver, nel 2012. In Internet gira una sua foto mentre sorride leccando un gelato.
Aveva sei anni, Veronica Moser.
Era bellissima.