Amarcord Mario Monti. 2011

Una cosa che pochi ricordano è Mario Monti.

Improvvisamente è successo che l’Italia stava fallendo a causa dello spread. Nessuno sapeva cos’era lo spread. Tutti presto ebbero un’opinione personale sullo spread. Se ne parlava senza alcuna cognizione di causa, ma si sapeva, come per l’ebola, l’antrace e altre cose che succedono, incombono e terrorizzano, che era arrivato.

La colpa di tutto era Berlusconi.

Nel mistero del mondo nuovo, era accaduto qualcosa di quasi irreparabile. Eravamo sull’orlo del baratro. Ci voleva un salvatore.

Ci voleva una parusia.

Tutti o quasi erano innamorati del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Sulle copertine di tutti i giornali c’era Giorgio Napolitano. Pure sul Time, c’era. Un’idea molto diffusa era che la politica italiana era fatta da incapaci totali ma sottomessi a un bravo maestro che era Giorgio Napolitano e che, con autorevolezza, riusciva a tenere insieme una specie di classe di scemi parlamentare.

Così esploso lo spread toccava a Napolitano fare qualcosa.

Prima di tutto bisognava mandare via Berlusconi perché ormai pensava solo alla figa. Ma prima ancora scegliere le modalità della parusia e chi avrebbe interpretato il ruolo del pacificatore dei tempi ultimi.

Circolava la voce di Mario Monti.

Mario Monti era il preside della Bocconi.

La Bocconi è un’università milanese allora ritenuta il top per affrontare un mondo sempre più irreale. Come nel Medioevo, si considerava questo mondo e la nostra vita su di esso qualcosa di provvisorio, sopra la quale non c’era però il Regno dei Cieli ma la speculazione finanziaria.

Questo è vero tuttora e continuerà a esserlo fino a che il mondo intero non prenderà coscienza di questo e ci sarà una rivolta planetaria, oppure il surriscaldamento globale.

Mario Monti non sorrideva mai. Nessuno riusciva a immaginare Mario Monti bambino. Nessuno riusciva a credere che Mario Monti potesse essere stato bambino. Mario Monti era sempre grigio.

Aveva il loden.

Il loden grigio di Mario Monti è stato per poco tempo il mito di un’era senza miti. Dava affidamento. Giorgio Napolitano elesse Mario Monti senatore a vita il 9 novembre 2011. Era il segno che qualcosa stava per cambiare.

Era il segno che avremmo potuto di nuovo sperare.

Giorgio Napolitano era stato uno dei massimi dirigenti del Partito Comunista Italiano, il più grande partito comunista del mondo dopo quello dell’Unione Sovietica. Poi nel 1989 è crollato il Muro di Berlino e a catena sono successi degli eventi che hanno portato alla disintegrazione velocissima dell’Unione Sovietica e al senso dell’esistenza di un partito comunista italiano. Così si decise che il Partito Comunista Italiano, il PCI, non sarebbe stato più il Partito Comunista. Lo decise Achille Occhetto, allora presidente dello stesso partito, lo stesso anno.

Molti furono disperati.

Molti piansero.

Molti se ne andarono e fondarono Rifondazione Comunista, ma già c’era la percezione oggi fortissima di un flusso di valori scaduto che andava a riversarsi nel grande mare in cui adesso affondiamo tutti.

Un mare etrusco.

Un mare che non esiste da tempo.

Mentre sussiste l’annegamento.

Così il PCI divenne PDS, Partito Democratico della Sinistra, dove “democratico” stava a indicare sia la presa di distanza da certi autoritarismi se non velleitarismi rivoluzionari del PCI sia l’inglobamento dell’altro grande partito italiano con il quale l’Italia aveva fino allora giocato alla politica, la Democrazia Cristiana. Per decenni l’Italia ha vissuto giocando alla politica con l’elemento prevalente dello scontro tra due partiti che alla fine si sono uniti. Una volta uniti, sono andati al governo con il nome di Ulivo, che metteva insieme tanti frammenti governativi del passato, fino ad arrivare al nome attuale, almeno nell’istante in cui sto scrivendo, che è PD.

PD vuole dire Partito Democratico.

Tutta questa massa poliforme si era opposta, dal 1993, a Forza Italia, il partito lampo fondato da Silvio Berlusconi, un imprenditore che pian piano ha conquistato tutto e poi il potere e poi il modo di essere degli italiani.

Per anni, gli italiani sono stati pro o contro Berlusconi.

Tutte le conversazioni vertevano su di lui.

Lui era la salvezza o la maledizione.

Lui era tutto.

Anche e specialmente per chi lo avversava, che aveva sempre di più, come linea politica, l’essere appunto contro Silvio Berlusconi senza se e senza ma. Fatto sta che Silvio Berlusconi è stato il padrone di molte imprese italiane prima nell’edilizia e poi nel campo televisivo e in quello editoriale.

Oggi l’editoria ad esempio appartiene quasi tutta a Silvio Berlusconi, anche buona parte di quella che è contro Silvio Berlusconi. Anche chi scrive, che è stato sempre contro Silvio Berlusconi, ha pubblicato per anni per Einaudi, che è stata una delle colonne portanti della storia dell’editoria italiana di sinistra, ma che a un certo punto è stata comprata da Berlusconi. Quindi chi scrive, cioè io Aldo Nove, è stato per anni mantenuto da Berlusconi parlandone e scrivendone malissimo.

Molti italiani hanno fatto questo.

Comunque stavamo parlando di Mario Monti che, scacciato Berlusconi e senza alcuna consultazione elettorale come da allora è diventato status quo, il 16 aprile 2011 è diventato presidente del Consiglio.

Allora si è capito che ci sarebbero stati tempi duri ma l’Italia ce l’avrebbe fatta. “Ce l’avrebbe fatta cosa” non si sa.

Ma ce l’avrebbe fatta.

Quasi tutti eravamo affascinati da questo nuovo presidente del Consiglio.

La parola d’ordine era “austerità”.

Lo fu già nel 1974. Ne accennò anche l’ultimo Berlinguer. Ma adesso di più.

C’era la percezione che avevamo esagerato.

Come ci fosse stata una sbornia colossale di decenni a cui avremmo riparato disintossicandoci finalmente. Una sbornia di illusioni e di soldi gettati che ci avevano ridotti male. Era come salire su una nuova barca.

Mario Monti era il capitano.

Era come una specie di capo di un’Avis necessaria.

Dovevamo svenarci.

Per non morire.

Per salvarci.

Per salvare gli altri.

Mario Monti sarebbe stato gentile.

Col cazzo. Il suo governo si rivelò in poco tempo un incubo. Il più oscuro in una matrioska di incubi che da decenni ci portava altrove da noi. Ormai quasi completamente scomparso dalla scena politica e dalla memoria degli italiani, di Mario Monti si ricorda una sua apparizione televisiva in cui la conduttrice e scrittrice Daria Bignardi (che come scrittrice ha al suo attivo:

Non vi lascerò orfani, Milano, Mondadori, 2009. ISBN 9788804585381

Un karma pesante, Milano, Mondadori, 2010. ISBN 9788804601982

L’acustica perfetta, Milano, Mondadori, 2012. ISBN 9788804616214

L’amore che ti meriti, Milano, Mondadori, 2014. ISBN 9788804634799

Santa degli impossibili, Milano, Mondadori, 2015. ISBN 9788804655381

) gli mise un cagnolino in mano. Lì per lì Mario Monti fece finta di essere felice e dichiarò che lo avrebbe volentieri aiutato ma poi, mesi dopo, rivelò che Daria Bignardi non lo aveva avvisato e quel cane gli aveva dato profondamente fastidio.

Era un cane triste.

Aveva la faccia di un italiano.