Agneta si è presa quindici giorni di ferie e adesso stiamo sempre insieme. Abbiamo poco da fare e non molto di cui parlare. Ascoltiamo Radio Match. I conduttori parlano simultaneamente in inglese e svedese e trasmettono molto rock e country. Scopiamo duetre-quattro volte al giorno. Sono un po’ spompato, ovviamente, ma non importa. Conosco diversi giochet-
ti e ce la spassiamo. A volte divento morboso e le chiedo della sua vita erotica precedente. Niente. Non ne vuole parlare. Ho pensato che potrei scrivere due romanzi in serie: Molto cuore, con Gloria all’Avana. E L’amante svedese, con Agneta a Stoccolma. Chissà, magari verrebbero fuori due romanzi interessanti. Gloria parla di tutto e facilita le cose, mentre Agneta è una tomba, questa stronza. Non direbbe una parola sui suoi amanti per nulla al mondo. Uno scrittore può fare congetture, ma i fatti reali risultano più convincenti. Se ti inventi tutto non c’è gusto. E va bene, forse non potrò mai scrivere L’amante svedese, ma almeno mi diverto. Continuo a insistere perché impari a fare i pompini. A mamar. Non ad amar, bensì a mamar. Meglio che niente, visto che nel culo non c’è verso di schiaffarglielo. Si inalbera persino se ci provo con un dito. Soltanto un dito.
«È la prima volta che lo faccio con la bocca. Perché non mi credi?».
«Non ti credo».
Invece le credo benissimo, ma mi piace provocarla. La sera del primo giorno di ferie, preparo da bere: vodka, succo di pomodoro, tabasco, limone e sale.
«Ah, un Bloody Mary».
«Si chiama così?».
«Sì. È la prima volta che lo bevo».
«Io invece lo bevo da quando sono nato. Me lo davano con il biberon. Però non sapevo si chiamasse così».
«Non ci credo».
«Sul serio. Sono nato in un bar. Mio padre aveva un bar ristorante e noi abitavamo nel retro, dietro la cucina».
«Ohh».
«Sono cresciuto tra ubriaconi e puttane. Mi offrivano un gelato o una cocacola se ballavo il cha cha cha o il mambo. Fin da piccolo ho preso l’abitudine dell’esibizionismo».
«Un ballerino è un artista».
«E cos’è un artista se non un esibizionista? Un buon artista si spoglia nudo davanti a tutti. E gli piace».
Assaggia il cocktail.
«Che buono. Delizioso».
«A Cuba lo facciamo con il rum. Non lo hai mai assaggiato? E allora come fai a sapere che si chiama così?».
«In teoria. Conosco molte cose soltanto in teoria». A volte restiamo in silenzio per ore. Leggo. Ho trovato dei libri in spagnolo in una biblioteca qui vicino. Hanno qualche centinaio di libri per ogni lingua. Persino in cinese, coreano, giapponese. Di tutto. Perfetto. In spagnolo ne hanno almeno trecento. I classici della letteratura. È incredibile come questi svedesi si interessino di tutto. Se uno si leggesse tutti quei trecento libri, avrebbe già i classici della letteratura in testa. Agneta si inventa qualcosa da fare: lava, pulisce, cucina piatti particolari, mi fa un maglione, invasa piante di fiori. Ha organizzato una festa con musica salsa a casa di un’amica supersexy, che ha amanti contemporaneamente a Parigi-Stoccolma-GöteborgSan Pietroburgo. Ho dovuto ballare senza sosta, con tre donne che si alternavano, dalle sei del pomeriggio alle tre del mattino. Poi, ho passato diversi giorni con dolori muscolari alle gambe. Il bello di tutta la faccenda è che la supersexy Birgitta è partita subito per la tangente con qualche bicchiere di whisky – e mi è parso che in cucina si sia sniffata qualcosa, per giunta – e mi diceva “Oh, macho, macho” e intanto mi
strofinava contro le tette (ovviamente grosse e belle tette originali made in Sweden). E mi smaneggiava come se io fossi il pane e lei la panettiera. Tremenda, la Birgitta. Agneta si scompisciava dalle risate e mi diceva in spagnolo:
«Le hai detto che è un ballo macho. E lei ti ha preso sul serio».
Birgitta non mi ha dato tregua per tutta la festa. Si attaccava al collo e per poco non mi mordeva. Appoggiava le tette e mi stringeva forte. Mi sussurrava all’orecchio: “Oh, Peter, no problem. Agneta is my friend”. Al termine della festa, Birgitta voleva organizzare un viaggio all’Avana: “Partiamo tutti insieme, mi piace troppo. Macho. È un ballo da macho. Andiamoci. All’Avana con i macho”.
Ma di solito ce ne stiamo da soli e in silenzio. O ascoltiamo un po’ di musica operistica. Le ho detto ventimila volte che non sopporto l’opera, che tutt’al più metta della musica sinfonica. Niente da fare. Insiste. Ogni tanto, per rompere il silenzio, le racconto qualcuna delle mie peripezie. Se non mi conviene rivelare che le ho vissute io, dico: “Questa è successa a un amico”. Non c’è bisogno di dire sempre la verità. In effetti ho avuto una vita intensa, ma buona parte è impubblicabile. Top secret. Molte delle storie che le racconto preferisco ripulirle dai risvolti sessuali. Così mi risparmio i suoi attacchi di gelosia. Malgrado ciò, intuisce che le sto nascondendo alcune parti delle varie storie, e dice:
«Certe volte riesci a mentire improvvisando sul momento».
«Iooo?! Nooo!!».
«Sì, tu. Non fingerti stupito. Proprio tu. Sei capace di mentire con estrema facilità».
«Ehhh... sì. Tutti sappiamo mentire. Le bugie le diciamo tutti».
«No».
«Ah, no? Tu non dici mai una bugia? La svedese perfetta».
«Non sono perfetta. È che non mi piace farlo. Potrei, però mi risulta difficile mentire».
«Io dico solo qualche piccola bugia, minima, e a fin di bene».
«Non è vero. Tu inventi bugie sul momento, e lo fai molto bene. Riesci a farle sembrare verità».
«E allora, sarei pericoloso?».
«Mi fai un po’ paura, Pedro Juan».
«Non temere, amore mio. A quelli cui voglio bene non dico bugie».
«Ecco, questa è una bugia su un’altra bugia».
«Oggi sei molto perspicace».
«Non so cosa pensare. Mi preoccupa e mi spaventa che tu sia così».
«Ti rivelerò il segreto: guardami negli occhi. Quando pensi che stia mentendo, guardami negli occhi».
«Sì, sì».
Suppongo voglia dire “no, no”. Sa perfettamente che nessuno rivela gratuitamente il codice per aprire la propria cassaforte.