Avvertenza
Quest’opera si basa su un manoscritto autentico, una specie di libro di bordo redatto in lingua araba da Abu Obeid el-Jozjani, discepolo di Avicenna, che visse al suo fianco per venticinque anni.
Per motivi pratici, alcune note a piè di pagina sono redatte come “note dell’autore”, per distinguerle chiaramente dai commenti personali di Jozjani.
Il libro è diviso in makama. Nell’antica lingua araba, questo termine serviva a designare il raduno della tribù. Più tardi fu usato per indicare le serate in cui i califfi omayyadi e abbassidi della prima epoca invitavano presso di loro gli uomini pii per ascoltare dalla loro bocca racconti edificanti. Il senso si è progressivamente ampliato, fino a indicare la cantilena del mendicante che doveva esprimersi in una lingua scelta, man mano che la cultura letteraria, un tempo privilegio della corte, si diffondeva tra il popolo.
La Persia ai tempi di Avicenna era soggetta all’occupazione araba da più di tre secoli. Numerose dinastie si disputavano i frammenti di quello che era stato un impero. Quelle predominanti, che tentarono di impadronirsi del potere, erano due: i Samanidi e i Buyidi. Ma sullo sfondo una terza dinastia stava per trarre profitto da quelle divisioni: i Ghaznawidi, di ascendenza turca, che imporranno il loro dominio su quasi tutto il paese.
Dal punto di vista religioso, le fazioni erano tre, tutte derivanti dall’Islam: lo sciismo, il sunnismo e l’ismailismo. I sunniti sostenevano di interpretare la pura ortodossia e giudicavano gli altri eretici.
In quell’universo complesso, apparve uno dei più grandi spiriti del nostro tempo ed edificò la sua opera immortale.