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LE MAMME MOSTRO

Cos’è la casa senza una mamma?

Alice Hawthorne

“La più colpevole è la mamma?” Così dice il titolo di un articolo del New York Daily News che torna a rimasticare il famoso “caso della bambinaia” che ha monopolizzato l’attenzione del pubblico dei media, dopo che la gente aveva cominciato a stufarsi delle stucchevoli elegie a Diana, principessa di Galles. Il Daily News ha dimostrato ancora una volta il vecchio detto: “La vox populi è per lo più un grugnito.” Il News dovrebbe soddisfare le esigenze della massa che non legge il New York Times o il Wall Street Journal, ma in realtà quasi tutti nel business della stampa li leggono tutt’e tre, oltre, naturalmente, al New York Post e al New York Observer. Ma senza il News forse non si verrebbe mai a sapere quel che non sta bene pubblicare. E che naturalmente è quello che ti parla delle oscillazioni dello Zeitgeist, dello spirito del tempo. E lo Zeitgeist adesso è incolpare le mamme per la morte dei loro bambini.

Questa è infatti la lezione del processo alla bambinaia. Louise Woodard poteva avere diciannove anni, poteva essere inesperta, assonnata al mattino e rintronata alla sera, ma la dottoressa Deborah Eappen è l’unica vera colpevole, perché lavorava tre giorni alla settimana come oftalmologa invece di starsene a casa a badare a tempo pieno al suo bambino. Poco importa se nei giorni in cui lavorava, tornava a casa a mezzogiorno per allattare il piccolo. E poco importa se negli altri giorni si tirava fuori il latte. Poco importa che fosse un medico che lavorava a orario drasticamente ridotto – un orario al quale a nessun interno sarebbe stato permesso lavorare. È lei l’unica colpevole dell’odioso crimine di infanticidio.

In un’epoca in cui quasi tutte le madri lavorano perché devono farlo è davvero straordinario che questo caso abbia provocato valanghe di telefonate ai vari talk-show di ascoltatori furiosi che chiamavano per urlare che la dottoressa Deborah Eappen si meritava la morte del suo bambino perché lo aveva lasciato solo con una bambinaia di diciannove anni.

Tanti saluti a venticinque anni di femminismo. E tanti saluti anche a quei compiaciuti commentatori che dicono che viviamo in “un’epoca di post-femminismo”. L’urlo primordiale è sempre: “Ammazza la mamma!” La mamma merita di essere lapidata per avere assunto una bambinaia.

Naturalmente, noi americane già sapevamo che le madri del welfare erano dei mostri. Il caro Bill Clinton, campione di donne e bambini, ha firmato la più disgustosa legge di previdenza sociale della storia americana – una legge più adatta all’Inghilterra di Dickens, una legge che praticamente riporta la casa di correzione nell’America del 2000. Ma naturalmente, noi sappiamo che gli americani poveri non meritano niente. La povertà, dopo tutto, è antiamericana. L’America ha abolito ogni definizione di poveri meritevoli (bambini, madri, cechi, zoppi) e ha deciso che solo loro pagheranno per il deficit del budget creato dai politici maschi. Dopo tutto i bambini danno voti – diversamente dai funzionari delle casse di risparmio e prestiti. Inoltre questi ultimi hanno dei lobbisti, che ovviamente i bimbi poveri non si possono permettere. Perciò non ci sono poveri meritevoli in questo nostro paese che anch’io finanzio lautamente con le tasse, ma non abbiamo nemmeno nessuna iniziativa di assistenza all’infanzia – per non parlare di assistenza vera e propria.

E dire che certi paesi reazionari – come la Belle France, ad esempio – hanno assistenza materna, asili nido e kindergarten, mentre in America ci affidiamo alla natura nuda e cruda, per cui gli asili nido vengono visti come “socialismo strisciante” e nessuno può permettere un socialismo strisciante, a meno che non si tratti dell’esercito e dei super-ricchi che evadono le tasse.

E va bene, le mamme del welfare sono mostri, ma che dire delle mamme laureate imprenditrici? E delle donne che hanno rimandato la maternità per finire gli studi, che hanno fatto il primo figlio sui trenta-quarant’anni e lavorano part-time? Be’, adesso sappiamo che sono mostri anche loro. Perché? Perché non stanno a casa a tempo pieno. A quanto pare, tutte le mamme sono mostri – tanto le indigenti quanto le colte meritano solo di vedere morire i loro bambini.

Un momento. Si può sapere cosa diavolo è successo? Siamo nel 1898 o nel 1998? Pare importi poco. Per quel che riguarda la maternità potremmo benissimo essere nell’Inghilterra dickensiana o nella Norvegia ibseniana o nella Persia di Hammurabi. Le madri sono per definizione dei mostri. Sono mostri o perché sono povere, o perché sono ricche. Quando si tratta di madri, non c’è nessuna situazione vincente.

La povera Louise era carina, ma piuttosto incompetente. Forse ha effettivamente scrollato il piccolo Martin – la perizia medica non lo ha stabilito con certezza. Dopo tutto era inglese, e agli inglesi piace fustigare i bambini; un paio di scossoni per loro non sono niente. Ma Deborah era ancora peggio di Louise. Era la moglie di un medico (e un medico lei stessa, ma chi se ne frega?) che aveva scelto di lavorare.

Tutt’e due queste donne sono state completamente distrutte. Nessuno pensa di inveire contro l’altro dottore di casa Eappen – quello col pene – e nessuno strepita che il figlio di quest’uomo meritava di morire. E non si parla mai nemmeno di Matty. È solo un bambino morto. E i bambini morti non hanno né voti né lobbisti. No, l’unica cosa che interessa a tutti quanti, è stabilire quale delle due donne sia colpevole.

La mamma o la bambinaia? La signora o la tigre? Le donne per definizione sono sempre colpevoli. O sono colpevoli di abbandono o sono colpevoli di abuso. Nessuno si pone domande sul ruolo del padre o dei nonni. Se ci vuole un villaggio per allevare un figlio, come sostiene il bestseller di Hillary Clinton, allora il villaggio consiste solo di due persone: la madre mostro e la au-pair mostro. Tutti gli altri non c’entrano. (Compreso un governo che penalizza le madri lavoratrici con la politica fiscale, la politica sull’immigrazione e la mancanza di assistenza quotidiana).

Come deve sentirsi la dottoressa Deborah Eappen per avere prima perduto suo figlio e poi per dover affrontare questo coro di arpie (visto che a odiare le donne spesso sono donne). Prova a immaginare il trauma di perdere il tuo bambino, il trauma di rivivere questo dolore durante il processo, per poi dover affrontare anche il trauma del processo sui giornali. La dottoressa Deborah aveva scelto il suo lavoro perché le permetteva flessibilità di orario. E così aveva fatto pure il marito, il dottor Sunil Eappen. Ma nessuno dà la colpa a lui. Visto che ci siamo spinti così avanti verso il matrimonio paritario, allora come mai nessuno qui parla di coppia? Solo le donne sono implicate. Bambinaia e madre affrontano la morte davanti al plotone d’esecuzione dei giornali.

Se il processo alla bambinaia viene usato come cartina di tornasole del cambiamento sociale, allora dobbiamo arrivare alla conclusione che ben poco è cambiato. Non c’è da stupirsi se la nuova generazione è piena di giovani donne che vogliono stare a casa coi loro bambini. Hanno visto cosa è accaduto alle loro stanche madri lavoratrici, e quel che hanno visto non è piaciuto loro. Se tutto il progresso femminista dipende (come io credo) dalla dialettica madre-figlia, allora siamo pronte per una nuova generazione di mamme casalinghe, con problemi più vicini a quelli delle nostre nonne che ai nostri. Feminine Mystique di Betty Friedan sarà importante nel 2013 quanto lo è stato nel 1963 – e le nostre nipoti dovranno di nuovo riunirsi in gruppo e ricominciare daccapo le riforme femministe.

Non c’è da stupirsi se il femminismo ha avuto continui alti e bassi dai tempi di Mary Wollstonecraft. Non abbiamo mai risolto il problema fondamentale che ci affligge: chi ci aiuterà a crescere i figli?