«Cosa è successo a tuo padre?» domandò Amy.
Erano di nuovo in slitta, la neve che fioccava lenta ma continua.
Ty le lanciò un’occhiata. Amy si era congedata a malincuore da Beth e Hunter ed era chiaro che sarebbe rimasta volentieri a pranzo con loro.
«È un cowboy della vecchia generazione» le rispose lui a quel punto, nel tono più impersonale possibile. «Uno di quelli a cui piace domare i cavalli con un metodo poco ortodosso.»
«E sarebbe?» domandò Amy, incuriosita.
«Metti la sella su un puledro selvaggio, lo monti, lo lasci scalciare fino a quando è sfinito poi lo costringi a fare quello che vuoi. È un sistema molto pericoloso. Ma a mio padre non si può mai dare consigli. Fa sempre quello che vuole. Un giorno un cavallo l’ha disarcionato, fratturandogli alcune vertebre.»
Amy sospirò, scuotendo il capo. «Dev’essere stato terribile per un uomo così attivo trovarsi inchiodato a una sedia a rotelle.»
Ty non fece commenti, limitandosi ad alzare le spalle. Quell’atteggiamento la lasciò per un lungo istante senza parole.
«Che cosa è successo fra te e tuo padre?»
Ty non rispose. Il tono di lei era dolce, lo sguardo comprensivo. Un vero e proprio invito a confidarsi. Amy era entrata all’improvviso nella sua vita e in poco tempo era riuscita a cambiare il suo piccolo mondo. Con l’albero di Natale in salotto, con il profumo di pane fresco, il suo entusiasmo nuovo di zecca per i cavalli, la tenerezza che dimostrava nei confronti di suo figlio, gli stava facendo desiderare una vita diversa.
Proprio come quando era stato bambino. Aveva desiderato, desiderato, desiderato...
E a Natale aveva desiderato ancora più intensamente. Forse per via dell’atmosfera magica che si creava in quei giorni.
L’attesa dei regali.
La gioia di aprirli.
O forse perché in quella piccola comunità ai piedi delle Montagne Rocciose il Natale era un vero e proprio avvenimento che si festeggiava con feste, balli, gare sportive, maratone di cucina, concorso per le case meglio decorate, pranzi e cene fra parenti e vicini.
Ty rammentò che nei periodi natalizi lui e suo padre erano sempre stati inclusi in tutti quei divertimenti, ricevuto tanti inviti da avere solo l’imbarazzo della scelta. Ma il fatto di essere stato spettatore di come le altre famiglie festeggiavano il Natale lo avevano reso più dolorosamente consapevole di ciò che mancava nella sua vita. La gioia di una famiglia unita, di genitori che si volevano bene, la compagnia di fratelli e sorelle.
E così aveva desiderato, desiderato...
I suoi desideri, però, non si erano mai avverati.
Peggio ancora, il giorno che suo padre, all’età di diciassette anni, gli aveva dato quel pacco di lettere che aveva ritrovato all’arrivo di Amy, le sue speranze erano morte per sempre.
O, almeno, questo era quanto aveva creduto.
In quei pochi giorni, invece, aveva scoperto che una scintilla di quella speranza era rimasta accesa, e la presenza di Amy sembrava avere attizzato il fuoco sotto la cenere.
In ogni caso la parte più razionale di lui non provava alcun desiderio di ricadere nello stato emotivo dell’infanzia e dell’adolescenza, di rischiare nuove delusioni e sofferenze.
«Lasciamo perdere, Amy» le rispose freddamente. Ma se ne pentì subito vedendo l’espressione triste e delusa di lei, e provò l’impulso di raccontarle tutto. Anche se poi avrebbe giudicato come un segno di debolezza un comportamento del genere.
Non c’era posto per la debolezza nel suo mondo senza speranza, si ammonì.
D’altra parte non sopportava quell’espressione ferita negli occhi di Amy. Forse se le avesse mostrato le lettere lei avrebbe smesso di fargli domande...
«Pensi non ci sia alcuna possibilità che possa andarmene prima di Natale?» gli chiese Amy preoccupata, cambiando argomento.
A quanto pareva, lei stava cominciando ad accettare che era meglio evitare qualsiasi coinvolgimento emotivo fra loro, e che trascorrere il Natale insieme sarebbe stato alquanto deludente, dedusse Ty.
«Temo di no» rispose.
«Allora avrò parecchio da fare... Domani è la vigilia di Natale» annunciò Amy allegramente.
Ty si rese conto di avere frainteso il significato della preoccupazione di lei.
Non lo era per il fatto di essere costretta a trascorrere il Natale con lui all’Halliday Creek Ranch, ma perché era decisa a festeggiarlo a modo suo.
«Che bisogno c’è di agitarsi?» replicò, fermando la slitta davanti a casa. «In fondo è un giorno come tutti gli altri.»
«Niente affatto!» ribatté Amy con fermezza.
Ty aspettò che lei entrasse in casa con il bambino poi si diresse nel granaio. Sistemò la slitta, strigliò i cavalli e si dedicò alla solita routine nella scuderia.
Non impiegò molto tempo, ma quando rientrò in casa si accorse che la trasformazione era già iniziata.
«Per favore, Ty, prima di toglierti la giacca ti spiacerebbe tagliarmi dei ramoscelli di pino? Mi piace il profumo di resina in casa e vorrei fare una ghirlanda per la tavola, con alcuni nastri e una candela.»
Dille di no, si ordinò Ty.
Non ci riuscì.
Per via del maltempo Amy era costretta a restare all’Halliday Creek Ranch e a fare buon viso a cattiva sorte. Ma era il primo Natale di Jamey e voleva festeggiarlo nel migliore dei modi, immaginò, rassegnato.
Con un sospiro, uscì di casa e tagliò dei rami nel bosco più vicino.
«Ne bastavano anche meno» disse lei, quando lo vide rientrare in casa. In ogni caso sorrise, osservando i rami. «Senti che meraviglioso profumo?»
«Sì... Ti serve dell’altro?»
«No, grazie. Togliti pure la giacca. Per via della mano ustionata mi serve il tuo aiuto qui in casa.»
Dille di no, si ripeté Ty.
Inutilmente.
Non se la sentì di spegnere l’espressione felice che c’era in quel momento nei begli occhi di lei. E poi Amy aveva ragione, naturalmente... Con quella mano fasciata, aveva bisogno di aiuto per realizzare quello che aveva in mente.
In altre circostanze, avrebbe addotto qualche scusa e rifiutato di collaborare. Ma per una volta decise di stare al gioco.
«Okay» si arrese. «Dimmi quello che devo fare.»
Mentre facevano uno spuntino, Amy glielo spiegò e inaspettatamente Ty si lasciò contagiare dall’entusiasmo di lei. Non solo approvò i progetti di Amy, ma si scoprì anche a fare del suo meglio per realizzarli.
Nel corso del pomeriggio decorarono il salotto con rami di pino e un gradevole profumo di resina si diffuse per tutta la casa.
Dopo che ebbero cenato fecero il bagnetto a Jamey, gli lessero insieme alcune favole e quando alla fine il bambino si addormentò, tornarono in salotto.
«La vigilia di Natale si avvicina... Non c’è tempo da perdere» disse Amy. «Voglio fare una casetta di pan di zenzero. Questa sarà una delle tradizioni che voglio per mio figlio. L’anno scorso con mia suocera ne abbiamo fatta una stupenda... Un villaggio intero. Quest’anno vedrò quello che posso fare» aggiunse dando un’occhiata ansiosa all’orologio.
«Mi spiace tanto, ma sono sicuro che nella mia cucina non ci sia nulla di quello che serve per realizzare una casetta di pan di zenzero» la avvertì Ty.
«Non ti preoccupare, ho portato con me da Calgary tutto l’occorrente.»
«Si può sapere come diamine sei riuscita a sistemare tanto bagaglio in quella specie di scatola di sardine che è la tua auto?»
«Sono una donna molto organizzata» rispose lei con una risatina. «So bene come sfruttare gli spazi. Se solo volessi, credo proprio che riuscirei a fare entrare un elefante in quella macchina.»
«Ti auguro di tutto cuore di non doverci mai provare...» commentò Ty, con una punta di divertimento nella voce.
«Credo di potercela fare in un’ora.»
«A sistemare l’elefante?»
«No, a preparare il pan di zenzero» rise lei. «Così stanotte si raffredderà e domani io potrò tagliarlo e modellarlo.»
«Se devo essere sincero, a quest’ora non ho voglia di mettermi a fare del pan di zenzero» si costrinse a dire Ty. A essere sincero, nemmeno il giorno seguente.
Tantomeno un intero villaggio.
«D’accordo, dovrei riuscire a farcela da sola» replicò Amy, dando un’occhiata dubbiosa alla mano fasciata.
«Okay, ti aiuterò» si arrese Ty con un sospiro.
«Davvero?»
«Ma solo una casa. Niente villaggio» stabilì lui.
Un’ora, però, si dimostrò insufficiente anche per quel progetto limitato.
La prima infornata di pan di zenzero, infatti, finì bruciata a causa della cattiva regolazione della temperatura del forno.
Grazie al cielo, la seconda risultò fragrante e dorata al punto giusto e Amy la mise subito a raffreddare sulla credenza.
«Ecco fatto» annunciò soddisfatta. «Grazie per l’aiuto. Adesso sei libero di fare quello che fai di solito alla sera per rilassarti.»
Ottima idea, pensò Ty. Andò in salotto, prese un libro e si sedette sul divano.
Nell’aria aleggiava l’aroma di pan di zenzero misto a quello dei rami di pino.
C’era l’albero di Natale in un angolo e i giocattoli di Jamey sparsi sul tappeto.
E poi c’era Amy, seduta a poca distanza da lui, che guardava fuori dalla finestra.
«Continua a nevicare» gli disse.
«Ho visto» rispose Ty distrattamente, cercando di concentrarsi sulla lettura.
Per quanto cercasse, non riusciva a ignorare la presenza di lei.
«Cosa diamine è un esametro dattilico?» le chiese a un certo punto.
Lei si voltò a guardarlo, sorpresa. «Non ne ho la più pallida idea» mormorò. «No, aspetta... È la più antica e importante forma metrica della poesia greca e latina, usato soprattutto per la poesia epica» aggiunse, dopo aver frugato fra i ricordi liceali.
«Grazie» annuì Ty.
«Ma cosa stai leggendo?» gli domandò, incuriosita.
«A dire il vero, leggo sempre un paio di libri contemporaneamente... Uno impegnativo e l’altro rilassante. Questo è un poema epico greco» la informò.
Amy si sedette accanto a lui, che le lesse alcuni brani del poema. A un certo punto arricciò il naso. «Possiamo passare alla lettura rilassante?»
«Speravo me lo chiedessi» le rispose, accennando un sorriso.
Si alzò e da uno scaffale prese il volume di Lonesome Dove e le lesse alcuni dei suoi brani preferiti.
Poi discussero di un mucchio di argomenti, fino a quando non si addormentarono entrambi.
Fu un movimento di lei a svegliarlo alcune ore più tardi.
Amy aprì gli occhi e sorrise.
«È la vigilia di Natale» disse, con l’espressione piena di gioia di una bambina.
«Se proprio vogliamo essere precisi, la vigilia inizierà al prossimo tramonto» le fece notare lui.
«Lo so, ma non vedo l’ora di fare la casetta di zenzero per Jamey e...» Si interruppe, colpita da un’idea improvvisa. «Se hai un tacchino nel congelatore in cantina, dobbiamo scongelarlo subito.»
«Mi spiace, non ho nessun tacchino.»
«Del pollo?»
«Nemmeno. Il mio congelatore è pieno di quello che allevo, cioè manzo.»
«Non riesco a immaginare un pranzo di Natale a base di bistecche.»
«Io sì... A proposito, sto morendo di fame» mormorò Ty. Si alzò e andò in cucina a preparare del caffè e dei toast.
Dopo colazione uscì di casa per la solita routine mattutina nelle scuderie.
Quando rientrò trovò Jamey che giocava sul tappeto del salotto e Amy che stava cercando di tagliare il pan di zenzero con una mano sola.
Impietosito, si offrì di aiutarla. Seguendo le sue istruzioni, tagliò il pane in quadrati e triangoli.
«Adesso la casa è pronta per essere assemblata» annunciò Amy a un certo punto.
Ty si rese conto di non volere pensare a come costruire una casa insieme ad Amy. Una casa vera, non di pan di zenzero... No, lui non voleva legami di alcun genere. Tantomeno la responsabilità di una famiglia propria.
Assaggiò un ritaglio di pane e ne diede un pezzetto anche a Jamey.
«Ehi! Non è da mangiare!» intervenne Amy, fingendosi seccata.
Ty la ignorò. Alzò i vari pezzi di biscotto in modo da formare le pareti della casa.
Poi, alquanto soddisfatto, posò l’ultimo pezzo in cima agli altri.
«Allora? Che ne dici?» le domandò.
«Non sembra affatto una casa» rispose lei, scuotendo il capo.
«E cosa sembra?»
«Non lo so... Una scatola.»
«Per via del tetto piatto, immagino. E se lo mettiamo cosi?» le chiese inclinandolo e mangiando un altro pezzo di biscotto.
«Ty! Smettila di mangiare o non resterà più niente!» protestò Amy. «Così sembra...»
«La casetta di Hansel e Gretel» concluse lui a quel punto allegramente.
«Ha più l’aria di una capanna» rise Amy.
«Perfetto. La capanna del presepio.»
Come risposta lei gli diede un pugno scherzoso su un braccio.
«Ehi, io sono un cowboy, non un ingegnere edile!» insorse Ty. In ogni caso si sforzò di sistemare meglio le pareti e il tetto della casetta. «Sono sicuro che sembrerà più bella quando avremo ritagliato la porta e le finestre.»
Alla fine, con un po’ di pazienza, con la glassa bianca per simulare la neve e i bottoncini di zucchero colorato, la casetta assunse un aspetto migliore.
«Mi piace» sorrise Amy, osservandola.
Era ben lungi dall’essere perfetta, di sicuro non del tipo che avrebbe riscosso l’approvazione di Cynthia. Non aveva insomma l’aria di uno chalet svizzero e sembrava pronta a crollare da un momento all’altro. Ma quello che la rendeva speciale era l’impegno che ci aveva messo Ty per aiutarla a costruirla.
In quel momento si rese conto di non avere mai trascorso una vigilia di Natale più bella, in cucina con Ty e con Jamey che aveva le mani e il naso sporchi di glassa.
Altri preparativi natalizi nel corso di quella giornata le sembrarono altrettanto soddisfacenti.
Ty prese lo slittino nel granaio e tutti e tre si divertirono un mondo a scivolare sul pendio della collina. Costruirono un pupazzo di neve, con due sassi al posto degli occhi, una carota per naso e un vecchio cappello da cowboy come copricapo e Amy pensò che erano anni che non trascorreva una giornata così speciale.
Dopo che ebbero cenato, quando Jamey si fu addormentato, lei si chiuse nella camera degli ospiti. In casa non era riuscita a trovare della carta da regalo, per cui avrebbe dovuto arrangiarsi con il grosso rotolo da macellaio che aveva trovato in cantina.
Prima di partire da Calgary aveva comprato i regali per Jamey, un trenino e alcune automobiline che incartò con cura.
E per Ty?, si chiese, accigliandosi.
A passi felpati scese in cucina, prese il guanto da forno bucato, lo rammendò e lo incartò. Lo stesso fece con due libri che aveva in valigia.
Regali rimediati, semplici. Ma fatti con il cuore e quindi nell’autentico spirito del Natale, si disse, mentre li sistemava sotto l’albero, avvolti in quella carta da pacco poco elegante.
«E adesso, come per ogni vigilia che si rispetta, è l’ora della cioccolata» annunciò guardando Ty, semiaddormentato sul divano.
Lui borbottò qualcosa, ma non disse di no.
Amy stava mescolando latte e cacao in cucina quando squillò il telefono.
«Ti spiace rispondere?» le chiese Ty dal salotto.
Amy sollevò il ricevitore. Salutò Beth e parlò con lei alcuni minuti prima di riagganciare.
«Chi era?» le domandò Ty.
«Beth» rispose Amy, raggiungendolo in salotto. «Le avevo detto che molto probabilmente sarei rimasta qui a Natale e così ci ha invitati a pranzo. Loro ce l’hanno il tacchino.»
«Siamo appena stati a trovarli» replicò lui, senza guardarla.
«Vuoi dire che hai intenzione di rifiutare l’invito? Non vuoi pranzare con tuo padre il giorno di Natale?» ribatté, incredula.
Lui non rispose.
«Io invece voglio andarci» dichiarò Amy in tono battagliero, incrociando le braccia. «Ho dei regali di Natale anche per loro.»
«Com’è possibile? Sono giorni che tu sei bloccata qui.»
«Gli ho fatto io qualcosa. E poi ho già detto a Beth che saremmo andati.»
«Non avresti dovuto. Non ho nessuna intenzione di andare da loro a Natale.»
«Ma...»
«Mi spiace, è fuori discussione» tagliò corto Ty.
«Oh, questa poi! Mi sembri Edwin!»
Dall’espressione di lui, Amy si rese conto che non aveva gradito il paragone.
«Ascolta, non siamo marito e moglie, e nemmeno una coppia. Per cui non dobbiamo prendere decisioni insieme» puntualizzò Ty freddamente.
Amy riconobbe che l’osservazione fatta da Ty era più che corretta, ma si rese conto di non essere più la stessa donna che era stata con Edwin... Dipendente, remissiva, lieta di evitare qualsiasi confronto e discussione, a costo di annullare la propria personalità.
«Hai ragione» convenne. «Non dobbiamo prendere decisioni in comune. Andrò alla fattoria senza di te.»
«E come?» replicò lui, accigliandosi.
«Guiderò la slitta.»
«Con una mano sola?»
«Proprio così. E con l’altra terrò in braccio Jamey.»
«Troppo pericoloso.»
«Allora ci andrò a piedi.»
«Dov’è finita la ragazza che aveva paura anche della sua ombra?» domandò Ty. A quanto pareva, era riuscito nel suo intento... Era sbocciata la donna.
Una donna che sapeva il fatto suo e che non aveva paura a tenergli testa.
Pronta a guidare una slitta con una sola mano o camminare per alcune miglia su un sentiero innevato.
Anziché rispondere, Amy sospirò e si sedette accanto a lui.
«Ti spiacerebbe dirmi cosa c’è che non va fra te e tuo padre?» gli domandò. Doveva assolutamente fargli capire che poteva fidarsi di lei.
In quel momento si rese conto che quello era anche l’unico regalo che desiderava da Ty.
Il dono della sua fiducia.
Ma c’era anche un’altra cosa che le stava a cuore...Voleva fargli capire che non era più solo.
Questa era anche la ragione per cui gli aveva decorato l’albero di Natale. Preparato il pane in casa. Realizzato la casetta di pan di zenzero. Accettato l’invito di Beth e Hunter.
Per regalare a Ty qualcosa che non aveva mai avuto.
Un Natale in famiglia.
E adesso, seduta accanto a lui, in silenzio, attese con ansia la sua risposta.