Nei giri
delle nere celebrità
bianche fanciulle cadono
come pallide susine da un albero
di là da una parete ad alta tensione
recintata per uccidere
facendo diventare la cosa
più eccitante 6-1 .
LANGSTON HUGHES, Yellow
Anche se New York Beat non venne mai terminato, la vita di Basquiat a quel punto era diventata il soggetto perfetto per un film su Downtown, come una specie di versione estrema del Cercasi Susan disperatamente di Susan Seidelman6-2: personaggi, atmosfera, ambiente e sensibilità erano gli stessi. Il fatto in sé che fosse stato scelto come star del film era sintomo della raggiunta visibilità. Oltre ad essere un personaggio conosciuto nel circuito dei club, Basquiat si stava facendo una reputazione come rubacuori. Fu a quell'epoca che Basquiat e Madonna, giovani artisti ambiziosi dello stesso scenario, divennero amanti.
«Frequentavo i nightclub già prima di diventare un artista», disse ad Anthony Haden-Guest. «Ero un ragazzo onnipresente, sai com'è…». Disse pure che era sempre piaciuto alla donne. «Il perché non lo so. Ero un ragazzino adorabile»6-3.
Quell'anno Basquiat aveva già eliminato la cresta bionda e aveva dei dreadlocks che s'acconciava in vari modi. «Potrebbe essere messo nella Hall of Fame dei capelli», dice Nancy Brody6-4, che si ricorda che il giorno in cui si conobbero Basquiat indossava una tuta verde da paracadutista ed era attrezzato di un piccolo registratore rosso.
Alto più o meno un metro e settantacinque, Basquiat da ragazzino correva, e aveva la grazia degli atleti. Il suo carisma e il sex-appeal attraevano donne di ogni età. Basquiat era consapevole del proprio potere, e la sua sicurezza spesso diventava impertinenza. Ma non sembrava mai del tutto a suo agio nella propria pelle.
La sua andatura strascicata e sicura, così come il suo balbettare, erano un espediente protettivo che lo aiutava a tenersi lontano da quelle attenzioni che sì desiderava, ma che non sempre riusciva a sostenere. Si divertiva a ritrarre se stesso come un barbone, non solo come modo per denunciare il razzismo di cui spesso si considerava vittima, ma come omaggio al movimento beat. Come un sacco di altri giovani artisti, idolatrava Jack Kerouac. Ma l'identificazione di Basquiat con i barboni aveva un qualcosa di più profondo. Anche all'apice del successo si sentiva come privato di quelli che erano i suoi diritti civili. E rinnegava risolutamente la propria famiglia. Quando la gente gli chiedeva delle sue origini, faceva finta di essere un teppista di strada, e i suoi amici restavano sempre spiazzati quando scoprivano che il padre era un ragioniere borghese.
«La prima volta che vidi suo padre in giacca e cravatta con una racchetta da tennis restai sconvolto», dice Vincent Gallo. «Jean s'era creato questa identità di povero teppista cresciuto nel ghetto che aspirava realmente alle tipiche cose borghesi»6-5. Basquiat somigliava al padre più di quanto avrebbe voluto ammettere. E se prendeva in giro il suo modo di comportarsi, lo imitava nella scelta delle donne. Tranne che per una o due brevi storie, tutte le amanti di Basquiat furono bianche. E molte di loro bionde. «Mi piacerebbe scrivere un libro su com'è andare a letto con tutte le affascinanti queens del Lower East Side», disse scherzando a una sua fidanzata.
Jean-Michel stratificava le sue storie così come stratificava i suoi lavori. Lo faceva spontaneamente, con un stravagante mix di istinto e verve. E come nei suoi lavori, si ripetevano tematiche e schemi prevedibili. Basquiat era incapace di mantenere un unico punto focale. L'interruzione sembrava essere una compulsione costante. Le sue storie d'amore iniziavano in modo ossessivo: l'artista stava alle calcagna della sua preda fintanto che non la conquistava. A quel punto abbandonava il confuso oggetto del desiderio. Poi, di colpo, provava a riaccendere la relazione. Il secondo tentativo – una sorta di ritorno del fidanzato prodigo – era una duplice vittoria, e a volte il balletto del lascia e prendi andava avanti per anni. Le sue donne sembravano accettare che Basquiat fosse diverso, che non gli si potessero applicare le normali regole. Ogni altro sentimento veniva travolto dalla costante paura del tradimento. Non era in grado di tollerare una sola sconfitta emotiva, che fossero amici, amanti o galleristi. Alla fine sarebbe tornato sempre al suo mentore o all'uomo che considerava un surrogato del padre: Andy Warhol.
La sua relazione con Eszter Balint, attrice ungherese di quattordici anni, fu una mis-en-scène singolarmente picaresca. Forse era un segno dei tempi il fatto che il rapporto dell'artista ventenne con una minorenne venisse considerato del tutto ammissibile.
La Balint, che abitava con la troupe dello Squat Theater fondato dal padre, Stephan Balint, conobbe Basquiat nel 1980. A quel tempo il teatro, che si trovava in un fatiscente magazzino affacciato sulla Ventitreesima, era anche un club. Graziosa e precoce brunetta, che in seguito avrebbe interpretato Stranger Than Paradise di Jim Jarmusch, film cult del 1984, la Balint era appena rientrata da un tour teatrale in Europa. Quella notte era lì che camminava diretta verso il teatro quando venne fagocitata da una folla di gente sudata che s'era raccolta per guardare una competizione di danza.
I tre giudici erano Deborah Harry, Glenn O'Brien e Anya Phillips, membro dei Contortions. Il poco spazio era intasato di gente che se ne stava in piedi spalla contro spalla. Il vapore annebbiava i vetri del terrazzino che si affacciava sulla Ventitreesima. Il primo premio erano cinquanta dollari, un poster e un album autografato dei Contortions. I primi a sfidarsi erano stati i soliti ragazzetti e teppistelli che frequentavano i club, ballando prevedibilmente in coppia. «Jean sbucò fuori da solo», dice la Balint. «Faceva questa strana danza da solo. Era indiscutibilmente il più fico e originale»6-6.
La coreografia di Basquiat, un misto di eleganza naturale e boogie-woogie be-bop e stilizzato, entusiasmò il pubblico. Ma arrivò secondo. Come sempre Jean-Michel era squattrinato. Voleva i soldi e non un album autografato e un poster. Quando la Phillips gli diede il disco, Basquiat era stizzito. «Non voglio questo disco, mami», annunciò. Poi gettò il disco per terra e ci saltò sopra. Senza aggiungere altro uscì dal club. Difficile dire quale delle performance fece più effetto: l'assolo o il discorsetto con cui rifiutò il premio.
La Balint lo incontrò di nuovo quando iniziò a frequentare il Mudd Club, dove Basquiat suonava con i Gray. Aveva l'aria da artista. Di tanto in tanto se ne stava sdraiato sul palco suonando qualunque cosa avesse sotto mano, mentre gli altri Gray gli facevano un beat di sottofondo. «Era molto sperimentale. Alcune cose erano veramente buone, altre erano per come venivano»6-7, dice la Balint. «All'epoca mi ispiravo a John Cage», avrebbe dichiarato in seguito Basquiat al «New York Times». «Facevo musica che non era veramente musica. Cercavamo di essere incompiuti, abrasivi, singolarmente belli»6-8. Cose che avrebbe potuto dire anche di se stesso.
A quel tempo la Balint aveva una cotta per l'amico d'infanzia di Basquiat Danny Rose, che aveva una particina in Stranger Than Paradise in cui interpretava il suo fidanzato. Cosa che non scoraggiò Basquiat. «Mi seguiva letteralmente dappertutto», dice la Balint. «Io ero lì che ballavo in cerchio con degli amici ed eccolo che spuntava. Era veramente affascinante e bello»6-9. Basquiat abitava sempre nel grande loft di Maripol, all'angolo tra Bleecker e Broadway. Una notte si portò Eszter a casa. «Rientrai la mattina e loro erano lì, talmente carini. Se ne stavano insieme a letto a scherzare»6-10, dice Maripol, che cercò di fargli la predica sulle misure anticoncezionali.
Nel gennaio del 1981 ricominciarono le riprese di New York Beat e Basquiat tornò nell'ufficio della produzione sopra il ristorante, che era proprio dietro l'angolo dello studio di Robert Rauschenberg. Tutte le mattine la troupe arrivava e trovava Eszter e Jean-Michel ancora addormentati nell'alcova in fondo all'ufficio6-11. «Con i pastelli a olio aveva disegnato sopra il letto delle automobili, degli autobus e un'ambulanza», ricorda la Balint. A volte la coppia veniva svegliata da John Lurie o da Rosen che chiamavano Basquiat con il suo soprannome: «Willie Mays». La Balint recitava in una scena di New York Beat, in una sfilata di moda che venne girata al Rock Lounge. Basquiat avrebbe voluto che fosse lei la ragazza con la quale andar via in automobile al tramonto, ma fu Deborah Harry a dare alla star il suo bacio-visivo finale. Poco tempo dopo Basquiat apparve come graffitista nel video di Rapture dei Blondie.
La Balint era innamorata cotta di Basquiat. «Bastava guardarlo negli occhi per leggere millenni di storie», dice. «Era talmente misterioso. E profondo»6-12. I due passavano le notti a vagare per club. Facevano colazione al Bini-Bon, l'intimo buco tra la Quinta e Seconda Avenue divenuto famoso quando Jack Henry Abbott sfogò la rabbia covata nel ventre della bestia accoltellando Richard Adan, un giovane attore che lavorava lì come cameriere. Andavano anche al 103, un coffee shop aperto 24 ore su 24 con tavoli disposti in una disordinata diagonale. Quella, come il Kiev, era tappa obbligata per quanti si disperdevano fuori dai club o per lo spinello dell'alba.
Altre notti se ne andavano al Bowlmor di University Place, che ogni settimana organizzava una notte rétro. La sala da bowling veniva trasformata in una scena di Leave It To Beaver6-13 o The Donna Reed Show6-14, con il popolo di Downtown vestito come le star delle sue amate sit-com dell'infanzia. Il Roxy, che era stato trasformato nella più calda pista di skateboard e pattini a rotelle, era un'altra delle mete. Finivano poi ovunque Basquiat decidesse di andare a passare la notte. A volte stavano nella stanza da letto della Balint allo Squat Theater, che non garantiva granché privacy. Basquiat sembrava concentrato solo su di lei. Ma proprio quando erano diventati così intimi da lasciar pensare alla Balint che lui fosse il suo fidanzato, Jean la informò che in effetti c'era un'altra: una giovane donna che si chiamava Suzanne Mallouk.
«Andiamo in bagno che devo parlarti», disse alla Balint una notte al Mudd Club. Tenuto conto dello stile di vita itinerante della coppia dovette sembrargli il luogo adatto per una rivelazione privata. «Ho conosciuto questa donna, e devo stare con lei», confessò. Alla Balint, a quell'epoca una quindicenne navigata, si spezzò il cuore. Ma disse a Basquiat che capiva. «Ero abbastanza sconvolta. Ma non mi cancellò dalla sua vita. Tornò da me. Cominciai a vederlo a periodi alterni. Diciamo che a modo suo si comportò in maniera gentile»6-15.
Soprattutto quando s'innescò un tira e molla tra gli affetti di Basquiat. «Mi ricordo la prima volta che mi chiamò dopo che avevamo rotto. Mi disse che lui e la sua fidanzata, Suzanne, avevano litigato. Lei era iperaggressiva e ossessiva e non lo faceva uscire». Una mattina la Mallouk andò anche allo Squat Theater e chiese di entrare.
Fecero una scenata. Lei disse: "Io ti amo, e so che mi ami"». Lei a quel punto insistette per andare a letto con Basquiat, ignorando la presenza della Balint. «Aveva un forte ascendente sulla loro relazione», dice la Balint. «E lui finiva sempre per tornare da Suzanne»6-16.
La Balint continuò ad essere amica e di tanto in tanto amante di Basquiat, ma non tornarono mai vicini come prima. La Balint si svegliò una mattina dopo avere passalo la notte con Basquiat e trovò Madonna nel loft. S'era latta viva per prendere delle sue cose. «Io rimasi a letto», racconta la Balint. «Era una specie di soap opera. Amava che una donna lo beccasse a letto con un'altra»6-17.
Come molte delle sue fidanzate, la Balint si ricorda di Basquiat con amore:
Per me era una genio. E aveva molte più qualità di quelle che lasciava vedere. Qualità che volevi scoprire e capire. Può sembrare sdolcinato a dirsi, ma aveva qualcosa di veramente speciale. Era così sincero. Tutto quello che faceva era spontaneo, senza alcuna premeditazione… Cosa che poteva anche essere dolorosa. Non aveva per niente tatto, e alcune delle cose che faceva erano decisamente offensive. Aveva tutti quei suoi demoni personali che avevano a che fare con la sua infanzia e con i suoi genitori. Non era un ragazzo equilibrato né felice. Ma la parola «carisma» sembrava essere stata inventata per lui. Fu parte di un periodo straordinario. Ma quello che fece lui andò oltre quello che fecero gli altri. Era a tutt'altro livello6-18.
La prima volta che Basquiat vide Suzanne Mallouk, con cui ebbe una delle due relazioni più romantiche della sua vita, fu all'inizio del 1980. Questa ragazza mezza palestinese alta e dalla pelle bianca, con i capelli neri come l'ebano e gli occhi verdi, barista in una bettola che si chiamava Night Birds, diventò subito un'ossessione. Era un'aspirante cantante. Il nome d'arte era Ruby Desire.
La Mallouk era nata a Toronto, in Canada. I suoi genitori erano emigrati dalla Palestina negli anni Quaranta. In qualche strano modo la sua infanzia faceva eco a quella di Basquiat. Sua madre diceva di essere una strega, e in effetti scagliava maledizioni contro i suoi nemici. A detta della Mallouk le origini mediorientali del padre influenzarono la «filosofia della sua infanzia, basata sul rispetto ottenuto con la paura»6-19. Cosa che, dice la Mallouk, includeva pene corporali. Diventata grande, Suzanne cominciò a sentirsi sempre più a disagio alla presenza del padre.
Come Basquiat, la Mallouk andò via di casa a quindici anni. «Dovevo scegliere se andare in una scuola cattolica femminile, dove avrei vissuto, o alla Scuola d'Arte, e così ovviamente scelsi la seconda»6-20. Dopo un aborto tornò a casa per un breve e triste interludio. Poi cominciò la fase punk in cui si radeva i capelli a zero, si faceva di speed e lavorava come lavapiatti. Cominciò anche ad essere ossessionata da un poeta di cui aveva letto su una rivista. Coincidenza volle che il poeta fosse René Ricard, il critico che avrebbe introdotto Jean-Michel Basquiat e Keith Haring nel mondo dell'arte con un articolo pubblicato su «Artforum» dal titolo The Radiant Child.
In basso: l'artista con Suzanne Mallouk (1986).
© Mark Sink
A diciott'anni la Mallouk prese i risparmi accumulati come lavapiatti, vendette le sue cose e prese un aereo per New York, sbarcando lì il giorno di San Valentino del 1980. Abitava in ostelli per gente di passaggio, tra cui il Martha Washington, e trovò un lavoro di giorno come cameriera al Max's Kansas City. Di notte lavorava in uno «squallido, squallidissimo bar che si chiamava Night Birds»6-21. Fu lì che Basquiat la vide la prima volta e ne rimase colpito all'istante, anche se non si misero subito insieme. «Avevo solo diciannove anni, e lui veniva lì e mi guardava», dice la Mallouk. «Pensavo fosse un barbone. Mi faceva paura». Basquiat non comprava nemmeno da bere. Di tanto in tanto interrompeva la sua silenziosa adorazione solo per i rifilare un quarto di dollaro nel jukebox. «Andò avanti così per tipo tre o forse sei mesi», dice la Mallouk. «Veniva tutti i giorni. E io lo ignoravo»6-22. Un giorno parlò dell'esotica barista con Debbi Mazar, truccatrice di New York Beat. (In seguito la Mazar sarebbe diventata una celebre attrice). Venne fuori che le due erano amiche, e Basquiat le chiese di presentargliela.
Fu un corteggiamento lento, tenuto conto della vertiginosa rapidità della maggior parte degli incontri che si facevano a Downtown. Ogni notte passava da casa della Mallouk tornando dal lavoro. Una notte salì da lei per un tè:
Non aveva una casa e diventammo amici. Mi disse che dormiva nel parco. E così gli dissi di trasferirsi da me come coinquilino. Non pagava l'affitto. Era totalmente al verde. Gli dicevo: «Devi trovarti un lavoro, aiutami a uscire fuori di qui», e lui mi rispondeva: «Diventerò un artista famoso!». E io gli ridevo dietro. E lui continuava a disegnare sul pavimento di casa mia. Era un disastro totale, peggio di un bambino, matite colorate dappertutto6-23.
La Mallouk racconta che all'inizio erano soltanto coinquilini:
Jean-Michel dormiva per terra sui cuscini. Ero totalmente innamorata di lui, ma ero timidissima e terrorizzata dal sesso e non volevo andare a letto con lui. A volte diventava aggressivo con me, e io iniziavo a piangere, e lui la smetteva. Non aveva dove altro andare e pensavo mi stesse solo usando, così facevamo delle liti tremende in cui gli dicevo di andarsene, ma lui non se ne andava6-24.
Intanto Basquiat continuava a disegnare con costanza, e Diego Cortez comprava più disegni che poteva. Dice la Mallouk:
In quello Jean-Michel non era organizzato. C'erano disegni su tutto il pavimento, e Diego veniva regolarmente a prenderseli. Così iniziai a tenere un quaderno in cui facevo firmare Diego in modo che sapessimo cos'è che aveva preso6-25.
Estenuata, la Mallouk scappò in Canada. All'inizio Basquiat si rifiutò di lasciare l'appartamento:
Era molto depresso, e tutto quello che aveva di suo erano una macchinina di latta piena di matite colorate e una radiolina. Erano le sole cose che aveva al mondo. Per cui le mise nella stanza, e si sdraiò sui cuscini e rimase lì a dormire e a piangere per circa una settimana6-26.
Old Tin, il nome della ditta che costruiva questi giocattoli antichi che in seguito Basquiat avrebbe collezionato, divenne una costante dei suoi lavori.
Il tono della relazione era cambiato: Suzanne era la magnifica preda e Jean-Michel era il brillante infantile vagabondo. Continua la Mallouk:
Non riuscivo a liberarmene. Lo amavo, ma pensavo fosse solo un parassita. E così me ne andai. Subaffittai l'appartamento a un altro artista, Stephen Lack [attore che è in Scanners di David Cronenberg, nda]. Ma Jean-Michel non se ne andava. Rimase con Stephen finché non venne sua moglie, e a quel punto iniziò a dormire qua e là6-27.
Ricorda Lack:
C'era una vecchia automobile disegnata con il fango sulla finestra dell'appartamento. Alla fine Suzanne si trasformò in una specie di moglie piagnucolosa dell'artista. Le demmo circa cinquanta lavori che Jean aveva lasciato nell'appartamento e conservammo il frigorifero su cui aveva disegnato. Erano la sua eredità6-28.
Subito dopo che la Mallouk ebbe lasciato la città, Basquiat intraprese una breve storia con una sua amica artista che si chiamava Patti Anne Blau. Lei stessa si descrive come una graziosa ragazzetta ebrea che veniva da Long Island e che studiava alla Parsons6-29. Conobbe Basquiat tramite un'amica, Allison Ross, che usciva con Wayne Clifford. I quattro se ne andavano in giro per club nella Nova gialla e sgangherata della Ross. Basquiat diede alla Blau il suo numero di telefono, che cambiava più o meno una volta a settimana, dicendole di chiamarlo e dirgli se rimediava dell'erba. Lei lo andò a trovare all'ufficio della produzione di New York Beat in Great Jones Street.
Basquiat iniziò a flirtare con la Blau, ma lei si teneva a distanza dal giovane artista selvaggio. «Gli dissi: "Stammi a sentire, io non è che esco con tutti i tizi neri che incontro". Ero terrorizzata». Ma più lei lo rifiutava, più lui la corteggiava con passione. «Una notte tornai tardi da un party, e lo trovai seduto fuori, sugli scalini di casa mia. Pensavo fosse molto attraente, e questo era già di per sé un valido motivo per dirgli di no»6-30. Cortez, che stava allestendo una mostra in uno spazio alternativo che si chiamava P.S.1, invitò sia la Blau sia Basquiat al suo loft. Appena la Blau vide i lavori di Basquiat cominciò a cedere alle sue avance. Racconta lei:
Era una cosa che in qualche modo lo elevava rispetto all'ambiente dei club. Mi ricordo della prima volta che andammo a letto insieme, dopo il party di Capodanno di Keith Haring al Mudd Club. Ero con Allison e avevamo girato qualcosa come altri cento party che non decollavano, e così eravamo finite al Mudd Club. E Jean-Michel venne verso di me e mi ficcò la lingua in bocca, e a quel punto andammo via6-31.
Finirono al loft di Jeff Bretschneider, uno spacciatore che gestiva una specie di salone aperto 24 ore su 24, dove si imbatterono in un gruppo di amici, tra cui Leisa Stroud, John Lurie e Arto Lindsay. «Ci facemmo di un po' di droghe e andammo via. E mi ricordo di essere andata con lui a casa sua, che era sulla Terza, tra la Prima Strada e Avenue A. Fu un'incredibile maratona di sesso. Restai con lui per qualcosa come tre giorni»6-32. A stento uscirono dall'appartamento. Una notte presero una limousine per andare a vedere il film Reds. «Era veramente un ragazzo fuori dal comune. Si svegliava nel bel mezzo della notte convinto che la gente gli stesse rubando i soldi»6-33, ricorda. Ma il romantico interludio con la Blau ebbe a sua volta un suo interludio. Tra il Capodanno e la mostra New York/New Wave del febbraio 1981, Jean-Michel andò ai Caraibi con un'altra fidanzata. Racconta la Blau:
Ero letteralmente sconvolta. Quando tornò a New York mi chiamò e mi disse che era stato malissimo e che aveva pensato continuamente a me. Disse di incontrarci al Gallo Nero, su West Broadway. E che voleva essere il mio fidanzato6-34.
Prima del grande incontro, la Blau andò all'Astor Palace e si fece un taglio punk cortissimo. Un'ora dopo incontrò Basquiat. Ma appena lei si tolse la sciarpa, lui le disse che sembrava G.I. Joe. «Aspetta un mese che i capelli mi ricrescano», gli disse lei. Ma intanto che i capelli crescevano Suzanne rientrò nel quadro. Basquiat era andato a Toronto per riportarla a New York. «Era totalmente preso da sé», dice la Blau. «Per essere la fidanzata di Basquiat dovevi essere senza personalità, senza bisogni, niente di niente. Dovevi servirlo e basta. Era una specie di tromba d'aria. Se eri come lui voleva che fossi, allora andava bene»6-35.
Intanto Basquiat aveva terminato i soldi che s'era fatto prestare da Glenn O'Brien e Maripol. L'artista dovette ricominciare a fare arte per strada. Adesso era lì che trovava come rifornirsi: cartoline, gommapiuma e cianfrusaglie abbandonate. «La prima cosa che mi misi a fare furono le finestre che incontravo lungo la strada», raccontò a Tamra Davis. «Usavo il telaio come cornice, e dipingevo il vetro». Dipingeva anche sulle porte. «E poi, quando finalmente riuscivo a rimediare qualche soldo, andavo a comprare delle tele»6-36.