Con la primavera mia sorella ha aperto la casa a tutti, forse per trovare un lavoro a Barbara: un via vai di ospiti fra gli infissi che non si chiudono ermeticamente e le aste delle tende che si sfilano dai montanti e cascano, il mio senso di ordine borghese minacciato, sconosciute che si addormentano sui cuscini del divano buttati sul pavimento… Girano mazzi di chiavi tra amiche tornate dalla Cina e dal Belgio. Irene sparisce di punto in bianco una settimana per riapparire una sera, le trovo che hanno organizzato una cena con degli uomini che non conosco e uno di loro è in cucina e affetta cipolle con Barbara toccandole il fianco col fianco. So cosa prova. Ma ho imparato a non andarmene di casa come una furia per attirare la sua attenzione, mi metto in un angolo a bere con qualcuno, un’amica di Irene, e la scenetta di mia moglie e lo sconosciuto visti di spalle mi fa provare un violento interesse per tutti, sfioro polsi, rido con una sconosciuta che avevo scambiato per una ex di mia sorella, la stringo a me impulsivamente, le donne mi sembrano tutte lesbiche, marziali, asciutte e bassine, a parte una spilungona silenziosa… In questa confusione perenne una sera suonano il campanello, mi affaccio allo spioncino e vedo, sul pianerottolo, grandangolare, mia cognata Daniela.
Apro la porta e Daniela, intimorita e fredda, appoggiato prima un trolley turchese contro lo stipite, si sporge maldestramente e mi bacia vicino alle labbra, io aggiusto la sua mira e ci diamo un mezzo bacio sulla bocca mentre arriva un po’ di fresco dalla finestrella sulla tromba delle scale. Incollo i palmi delle mani sulle sue guance rosa, lei esita, le do un bacio su una palpebra chiusa e vorrei baciarle tutta la faccia, provo la spaesante impressione che sto baciando Barbara: l’anima di Barbara è migrata nel corpo di Daniela.
Non è un sogno anche se l’ho scritto come un sogno confuso. Ci sono momenti in cui le identità e i significati mulinano come polvere battuta da un tappeto.
Le voci di Barbara e Irene ci trasportano dall’ingresso alla cucina, dove ci aspettano dei mini-cannoli su un vassoio di cartone dorato: loro due sapevano, «Ah ah guarda che faccia, sepolto tra le donne», si scherza, ulteriore confusione, non riesco a decidere cosa ci faccia Daniela qui da noi a Milano, all’ottavo piano.
Rivedo la scena come una commedia frastornante, senza parole, un cartello da cinema muto a dare l’unica informazione cruciale: