[1] Considerate le difficultà le quali s’hanno a tenere uno stato occupato di nuovo, potrebbe alcuno maravigliarsi donde nacque che Alessandro Magno diventò signore della Asia in pochi anni e, non2 la avendo appena occupata, morì: donde pareva ragionevole che tutto quello stato si ribellassi; nondimeno e’ successori di Alessandro se lo mantennono e non ebbono, a tenerlo, altra difficultà che quella che in fra loro medesimi per propria3 ambizione nacque. Rispondo come e’ principati de’ quali si ha memoria si truovono governati in dua modi diversi: o per uno principe e tutti li altri servi, e’ quali come ministri, per grazia e concessione sua, aiutano governare quello regno; o per uno principe e per baroni e’ quali non per grazia del signore, ma per antichità di sangue, tengono quel grado. Questi tali baroni hanno stati e sudditi propri, e’ quali gli riconoscono per signori e hanno in loro naturale affezione. Quelli stati che si governano per uno principe e per servi hanno el loro principe con più autorità, perché in tutta la sua provincia non è uomo che riconosca alcuno per superiore se non lui; e se ubbidiscono alcuno altro, lo fanno come ministro e offiziale; e a lui portano particulare amore.4
[2] Li esempli di queste dua diversità di governi sono, ne’ nostri tempi, el Turco e il re di Francia. Tutta la monarchia del Turco è governata da uno signore: li altri sono sua servi; e distinguendo il suo regno in sangiacchi,5 vi manda diversi amministratori e gli muta e varia come pare a lui. Ma il re di Francia è posto in mezzo di una moltitudine antiquata di signori in quello stato, riconosciuti da’ loro sudditi e amati da quegli: hanno le loro preminenze, non le può il re tòrre loro sanza suo periculo.6 Chi considera adunque l’uno e l’altro di questi stati, troverrà difficultà nell’acquistare lo stato del Turco, ma, vinto che fia, facilità grande a tenerlo. Così per avverso troverrà per qualche respetto più facilità a potere occupare il regno di Francia, ma difficultà grande a tenerlo.
[3] Le cagioni delle difficultà, in potere acquistare il regno del Turco, sono per non potere essere chiamato da’ principi di quel regno, né sperare, con la rebellione di quegli che elli ha d’intorno, potere facilitare la tua impresa; il che nasce da le ragioni sopraddette: perché, sendogli tutti stiavi e obligati, si possono con più difficultà corrompere e, quando bene si corrompessino, se ne può sperare poco utile, non potendo quelli tirarsi dreto e’ populi per le ragioni assegnate. Onde a chi assalta el Turco è necessario pensare di averlo a trovare tutto unito, e gli conviene sperare più nelle forze proprie che ne’ disordini di altri. Ma vinto ch’e’ fussi, e rotto alla campagna in modo che non possa rifare eserciti, non si ha a dubitare di altro che del sangue del principe: el quale spento, non resta alcuno di chi si abbia a temere, non avendo gli altri credito con e’ populi; e come el vincitore avanti la vittoria non poteva sperare in loro, così non debbe dopo quella temere di loro.
[4] El contrario interviene ne’ regni governati come quello di Francia: perché con facilità tu7 puoi entrarvi guadagnandoti alcuno barone del regno, perché sempre si truova de’ mali contenti e di quegli che desiderano innovare. Costoro, per le ragioni dette, ti possono aprire la via a quello stato e facilitarti la vittoria: la quale di poi, a volerti mantenere, si tira dreto infinite difficultà, e con quelli che ti hanno aiutato e con quelli che tu hai oppressi. Né ti basta spegnere el sangue del principe, perché vi rimangono quelli signori, che si fanno capi delle nuove alterazioni: e non gli potendo né contentare né spegnere, perdi quello stato qualunque volta venga la occasione.8
[5] Ora, se voi considerrete di qual natura di governi era quello di Dario, lo troverrete simile al regno del Turco: e però9 ad Alessandro fu necessario prima urtarlo tutto e tòrgli la campagna.10 Dopo la qual vittoria, sendo Dario morto, rimase ad Alessandro quello stato sicuro per le ragioni di sopra discorse; ed e’ sua successori, se fussino stati uniti, se lo potevano godere oziosi: né in quello regno nacquono altri tumulti che quegli che loro propri11 suscitorno.
[6] Ma gli stati ordinati come quello di Francia è impossibile possederli con tanta quiete. Di qui nacquono le spesse ribellioni di Spagna, di Francia e di Grecia da’ romani, per gli spessi12 principati che erano in quelli stati: de’ quali mentre durò la memoria, sempre fu Roma incerta di quella possessione. Ma spenta la memoria di quelli, con la potenza e diuturnità dello imperio, ne diventorno sicuri possessori: e poterno anche quelli di poi, combattendo in fra loro, ciascuno tirarsi dreto parte di quelle provincie secondo l’autorità vi aveva presa dentro; e quelle, per essere e’ sangui de’ loro antiqui signori spenti, non riconoscevano se non e’ Romani.13 Considerato adunque tutte queste cose, non si maraviglierà alcuno della facilità ebbe Alessandro a tenere lo stato di Asia, e delle difficultà che hanno avuto gli altri a conservare lo acquistato, come Pirro14 e molti: il che non è nato da la poca o da la molta virtù del vincitore, ma da la disformità del subietto.
1 Per quale ragione il regno di Dario, che era stato occupato da Alessandro, dopo la morte di quello non si ribellò ai suoi successori.
2 Il non, pleonastico a rigor di logica, conferisce un tono colloquialmente rafforzativo: quasi non avendo fatto a tempo a completarne l’occupazione. – La «maraviglia» è il sentimento che domina l’intera costruzione del periodo: meraviglia per la rapidità della conquista macedone, meraviglia per l’improvvisa morte del giovanissimo condottiero, meraviglia per la mancata ribellione dell’impero assoggettato.
3 Il ramo b della tradizione reca «per ambizione propria», e così Martelli nell’ed. nazionale, dando a «propria» il valore di ‘particolare’, in luogo del significato di ‘loro propria’, dei diadochi successori di Alessandro.
4 Emendando il testo sulla base della situazione testuale nel ms. A, Martelli stampa: «perché tutta la sua provincia non è alcuno che riconosca per superiore se non lui; e se obbediscono alcuno altro, lo fanno come ministro e officiale e non li portano particolare amore». Nella presente edizione si è preferita la lezione assunta a testo da Inglese e derivata dai manoscritti Monacense e Gothano, ritenendo tra l’altro inaccettabile il radicale mutamento di soggetto: «tutta la sua provincia […] riconosca / e se obbediscono»; altre ragioni per tale scelta sono discusse in Ruggiero 2007. Il mutamento di punto di vista, determinato dall’inserzione della negazione non (e non li portano), non modifica sostanzialmente il contenuto del pensiero machiavelliano. Scriveva Inglese 1994, nell’introduzione: «e non gli portano (a lui, ministro e ufficiale) un amore particolare. Ovvero: e a lui (solo a lui, al principe e sovrano) portano un amore particolare. Nonostante lo spostamento del punto d’osservazione, le due soluzioni sono indifferenti, sul piano concettuale».
5 «sangiacchi» vale tanto per i governatori provinciali che per le province da essi amministrate (sangiaccati o «sangiacchie», come infatti corregge il Monacense).
6 La lucida analisi del particolarismo feudale individua i pericoli del sovrano che voglia sottrarre i benefici («preminenze») alla moltitudine di signori consolidati dal tempo («antiquata») nei propri feudi.
7 Riferito con valore indefinito a un ipotetico principe conquistatore.
8 Dopo la vittoria, intervengono difficoltà sia con coloro che hanno favorito la conquista, sia con coloro che ne sono stati oppressi: cfr. cap. III, note 5-6. I feudatari sono pronti a capeggiare nuovi colpi di stato («nuove alterazioni») e il principato nuovo può essere facilmente perduto non appena si presenti l’occasione.
9 «però» = per hoc, per tale ragione.
10 «tòrgli la campagna», sconfiggere i suoi eserciti in maniera così radicale da impedire la ricostituzione di manipoli che potessero stare efficacemente in campo. Poco prima, più esplicitamente, «rotto alla campagna in modo che non possa rifare eserciti».
11 «loro propri» = essi stessi. Cfr. supra n. 3.
12 «spesse» = frequenti. – «spessi» = numerosi.
13 Cancellato il ricordo degli antichi signori con la stabilità e la durata del dominio, Roma divenne stabile padrona anche delle province più riottose; in seguito anche i condottieri romani, combattendo fra loro durante le guerre civili, ebbero dalla propria parte quelle province nelle quali la loro autorità si era maggiormente consolidata; e a quel punto i popoli provinciali non riconoscevano per signori se non quei promagistrati romani che più durevolmente le avevano governate, quasi come principi autonomi.
14 Sia in Giustino che nella vita plutarchea di Pirro, il condottiero epirota appare miglior generale che non capace dominatore dei territori conquistati. Qui Machiavelli, a differenza delle fonti antiche, ne attribuisce la responsabilità non a difetto personale, ma alla «disformità del subietto», cioè alla differente condizione socio-politica dei vari territori conquistati.