Capitolo XI

DE PRINCIPATIBUS ECCLESIASTICIS1

[1] Restaci solamente al presente a ragionare de’ principati ecclesiastici, circa quali tutte le difficultà sono avanti che si possegghino; perché s’acquistano o per virtù o per fortuna, e sanza l’una e l’altra si mantengono: perché sono sustentati da li ordini antiquati nella religione, quali sono stati tanto potenti e di qualità ch’e’ tengono e’ loro principi in stato2 in qualunque modo si procedino e vivino. Costoro soli hanno stati e non li difendono; hanno sudditi e non li governano. E gli stati, per essere indifesi, non sono loro tolti; ed e’ sudditi, per non essere governati, non se ne curano, né pensano né possono alienarsi3 da loro. Solo adunque questi principati sono sicuri e felici; ma essendo quelli retti da cagione superiori,4 alle quali mente umana non aggiugne,5 lascerò il parlarne: perché, essendo esaltati e mantenuti da Dio, sarebbe officio di uomo presuntuoso e temerario discorrerne. Nondimanco, se alcuno mi ricercassi6 donde viene che la Chiesa nel temporale sia venuta a tanta grandezza – con ciò sia cosa che7 da Alessandro indreto e’ potentati italiani, e non solum quelli che si chiamavano e’ potentati,8 ma ogni barone e signore, benché minimo, quanto al temporale la esistimava poco, e ora uno re di Francia ne trema,9 e lo ha possuto cavare di Italia e ruinare e’ Viniziani – la qual cosa,10 ancora che sia nota, non mi pare superfluo ridurla in buona parte alla memoria.

[2] Avanti che Carlo re di Francia passassi in Italia, era questa provincia11 sotto lo imperio del papa, Viniziani, re di Napoli, duca di Milano e Fiorentini. Questi potentati avevano ad avere12 dua cure principali: l’una, che uno forestieri non entrassi in Italia con le arme; l’altra, che veruno di loro occupassi più stato.13 Quegli a chi si aveva più cura erano papa e Viniziani: e a tenere indreto e’ Viniziani, bisognava la unione di tutti li altri, come fu nella difesa di Ferrara;14 e a tenere basso il papa, si servivono de’ baroni di Roma, e’ quali sendo divisi in due fazioni, Orsine e Colonnesi,15 sempre vi era cagione di scandolo in fra loro, e, stando con le arme in mano, in su li occhi al pontefice,16 tenevano il pontificato debole e infermo. E benché e’ surgessi qualche volta alcuno papa animoso, come fu Sisto,17 tamen la fortuna o il sapere non lo possé mai disobligare da queste incommodità.18 E la brevità della vita loro ne era cagione; perché in dieci anni che, ragguagliato,19 uno papa viveva, a fatica ch’e’20 potessi abbassare una delle fazioni; e se, verbi gratia,21 l’uno aveva quasi spenti e’ Colonnesi, surgeva un altro, inimico agli Orsini, che gli22 faceva risurgere; e li Orsini non era a tempo a spegnere.23 Questo faceva che le forze temporali del papa erano poco stimate in Italia.

[3] Surse di poi Alessandro VI, il quale, di tutti e’ pontefici che sono mai stati, mostrò quanto uno papa e col danaio e con le forze si poteva prevalere;24 e fece, con lo instrumento del duca Valentino e con la occasione della passata de’ Franzesi, tutte quelle cose che io discorro di sopra nell’azioni del duca.25 E benché la ’ntenzione sua non fussi fare grande la Chiesa, ma il duca, nondimeno ciò che fece tornò a grandezza della Chiesa: la quale dopo la sua morte, spento il duca, fu erede delle sua fatiche.

[4] Venne di poi papa Iulio e trovò la Chiesa grande, avendo tutta la Romagna ed essendo spenti e’ baroni di Roma e, per le battiture di Alessandro, annullate quelle fazioni; e trovò ancora la via aperta al modo dello accumulare danari, non mai più usitato da Alessandro indreto.26 Le quali cose Iulio non solum seguitò, ma accrebbe, e pensò a guadagnarsi Bologna27 e spegnere e’ Viniziani e a cacciare e’ Franzesi di Italia:28 e tutte queste imprese gli riuscirno, e con tanta più sua laude, quanto lui fece ogni cosa per accrescere la Chiesa e non alcuno privato. Mantenne ancora le parti Orsine e Colonnese in quelli termini le trovò. E benché fra loro fussi qualche capo da fare alterazione, tamen dua cose gl’ha tenuti fermi: l’una, la grandezza della Chiesa, che gli sbigottisce; l’altra, il non avere loro cardinali, e’ quali sono origine de’ tumulti in tra loro: né mai staranno quiete qualunque volta queste parti abbino cardinali, perché questi nutriscono, in Roma e fuori, le parte, e quelli baroni sono forzati a difenderle; e così, da la ambizione de’ prelati, nascono le discordie ed e’ tumulti in tra e’ baroni.29

[5] Ha trovato adunque la santità di papa Leone questo pontificato potentissimo: il quale30 si spera, se quegli lo feciono grande con le arme, questo con la bontà e infinite altre sua virtù lo farà grandissimo e venerando.

1 I principati ecclesiastici. Su questo tema si veda lo studio d’insieme di E. Cutinelli-Rendina, Chiesa e religione in Machiavelli, Pisa-Roma, Istituti poligrafici editoriali internazionali, 1998, pp. 93-117.

2 Machiavelli introduce l’ultimo e specialissimo tipo di principato, quello ecclesiastico. In tale tipologia il principe rimane «in stato», resta cioè al potere, anche se non si comporta adeguatamente; vi è mantenuto dalle istituzioni consolidatesi nella fede religiosa fin da tempi antichissimi. Sul tono di questo esordio rinvio al commento di Luigi Russo: «Ora discorre dei principati ecclesiastici, contro i quali Machiavelli appunterà la sua ironia mordente, perché si sostengono per forza trascendente […]. E però si colloca, in questo capitolo, opportuna la trattazione della politica temporale, e non sovramondana, di papi come Alessandro VI e come Giulio II […]; egli osteggiò, nei suoi scritti, la Chiesa, per una ragione più strettamente politica: essa impediva la formazione di una potente monarchia italiana».

3 «alienarsi»: passare sotto il dominio di altri. Il verbo ha qui il suo proprio valore giuridico: ‘alienare’ è l’atto di chi ceda ad altri la proprietà. Nel principato ecclesiastico i sudditi non pensano né possono passare sotto un dominio diverso da quello del principe naturalmente insediato e il cui potere è fondato sugli «ordini antiquati nella religione».

4 «superiori»: invariabile; da una ragione di ordine superiore.

5 «non aggiugne»: non perviene, non arriva. Il verbo ricorre già nell’esordio del cap. VI (cfr. Rinaldi VI, n. 9). Vedi inoltre «aggiugnere al papato»: cap. XVI, § 2. – «essendo esaltati»: elevati al principato.

6 «mi ricercassi»: mi chiedesse.

7 «con ciò sia cosa che»: dal momento che. Cfr. cap. VIII, n. 13.

8 «quelli che si chiamavano…»: non soltanto i cinque maggiori stati italiani (Milano, Venezia, Firenze, Stato della Chiesa, Regno di Napoli: li elencherà poco dopo).

9 «uno re di Francia ne trema»: sul primato politico attribuito da Luigi XII al Papato, rispetto agli altri stati italiani, cfr. cap. VII, n. 11.

10 «la qual cosa»: e tale argomento. Paraipotassi relativa, necessaria a riprendere, dopo il lungo inciso, la materia «donde viene che la Chiesa … sia venuta a tanta grandezza».

11 «questa provincia»: la penisola italiana. Si noti che il ragguaglio storico rimonta, naturalmente, all’annus horribilis nella storia moderna italiana, ossia il 1494 della ‘passata’ in Italia di Carlo VIII.

12 «avevano ad avere»: dovevano avere. Stilema tipicamente machiavelliano che tornerà efficacemente nella Mandragola IV, 2 (battuta 24). Cfr. qui cap. VII, n. 37.

13 È la politica dell’equilibrio instaurata dall’abile sistema di alleanze tessute da Lorenzo il Magnifico e più tardi mitizzata da Guicciardini nell’esordio della Storia d’Italia.

14 I più temibili, per la capacità di sbilanciare gli equilibri in virtù delle maggiori risorse o del maggior prestigio, erano i Veneziani e il papa. Tutti gli altri dovettero coalizzarsi per difendere Ferrara dalle mire espansionistiche di Venezia: la guerra durò dal 1482 al 1484 e si concluse con il trattato di Bagnolo (cfr. supra, cap. II, n. 6).

15 Cfr. cap. VII, nn. 8, 15 e 16.

16 «con le arme in mano, in su li occhi»: essendo sempre pronti al conflitto e tenendo perciò il pontefice sotto controllo. I commentatori intendono «in su li occhi» come ‘sotto gli occhi del pontefice’, cioè mostrandosi a lui sempre pronti alla guerra e dunque minacciosi e temibili.

17 Sisto IV, papa dal 1471 al 1484, «animoso» avversario di Lorenzo il Magnifico e sostenitore della congiura dei Pazzi.

18 «incommodità»: queste debolezze insite nel Papato.

19 «ragguagliato»: calcolata in media la durata del pontificato di ciascun papa. Si noti che la «brevità della vita» indica qui brevità di regno.

20 «a fatica che»: a stento <accadeva> che.

21 «verbi gratia»: per esempio.

22 «surgeva un altro»: veniva un nuovo papa, un successore. – «gli»: i Colonna.

23 E comunque non aveva più tempo per ridimensionare anche il potere degli Orsini.

24 «si poteva prevalere»: poteva acquistare prestigio per sé, servendosi del danaro e delle armi.

25 Rinvio interno, all’indietro, al cap. VII.

26 Il modo di accumulare denaro per il papa consiste nella vendita di cariche ecclesiastiche: questa l’interpretazione di Chabod, riprodotta anche da Martelli 2006, il quale tuttavia sottolinea come non si dovesse aspettare Alessandro VI per una simile pratica. E tuttavia, nell’ottica machiavelliana, l’uso che ne fece Alessandro VI è particolare: infatti egli non si limitò alla ‘vendita’ dei benefici ecclesiastici, ma impiegò tale disponibilità in chiave politica, stringendo alleanza con la Francia grazie allo scioglimento del matrimonio di Luigi e alla concessione del cardinalato a George d’Amboise (cfr. cap. VII, nn. 10 e 46, e già cap. III, n. 36).

27 «pensò a guadagnarsi Bologna»: provvide a impadronirsi di Bologna l’11 novembre 1506.

28 Cfr. cap. III, nn. 9 e 34.

29 Giulio II mantenne deboli gli Orsini e i Colonna, così come li aveva lasciati Alessandro VI. Benché tra quelle fazioni vi fosse talora un esponente capace di determinare una rivoluzione, essi furono ostacolati dalla grandezza della Chiesa che incuteva timore e dalla mancanza di cardinali. Qui l’analisi politica di Machiavelli si fa stringente: la presenza di cardinali, che possono aspirare al pontificato, acuisce le contese tra le due fazioni. I cardinali sostengono e accendono la propria «parte», e i «baroni», ossia i gentiluomini-clienti legati all’una o all’altra fazione, sono costretti a prendere le armi.

30 «il quale»: ‘e costui’, cioè papa Leone X (paraipotassi relativa). Diversamente Inglese e Rinaldi: «il quale» = il pontificato. Come si è detto supra (cap. X, n. 1) e nell’Introduzione, il cap. XI reca tracce di una originaria natura conclusiva, sia nell’impostazione del discorso, ossia la trattazione di questi specialissimi principati ecclesiastici, sia nell’esaltazione del ruolo che potrà assumere papa Leone X, ossia Giovanni de’ Medici. Osserva giustamente Inglese che l’encomio a Leone X, concepito in questa forma ottativa («si spera»), non potrà essere di molto successivo all’elezione di Giovanni de’ Medici al soglio pontificio.